Come riuscì Banting a scoprire l'insulina di Angelo Viziano

Come riuscì Banting a scoprire l'insulina Come riuscì Banting a scoprire l'insulina Un'idea balenata nel 1920: un anno di esperimenti sui cani, finalmente il primo diabetico che guarisce Bantinjr. Fred Banting è scomparso. L'ex-garzone di fattoria, lo scienziato che giovanissimo ha dato ai diabetici la gioia di vivere è tragicamente perito in un disastro aviatorio. Bisogna riportarsi a poco meno di due decenni addietro per comprendere l'importanza eccezionale della scoperta di Banting, per afferrarne tutto il valore, anche se la portata terapeutica dell'insulina, dopo una prima strabiliante esaltazione, è stata poi ridotta ad una valutazione più circoscritta. Contro la fame intensa del diabetico si combatteva con l'arma della dieta rigorosa. L'ipoalimentazione, escogitata da Guelpa e perfezionata da Alien, era, difatti il miglior mezzo per ritardare i fenomeni conclusivi, purtroppo infaustamente conclusivi, della malattia. L'esaurimento si protraeva forse più lento, forse più occulto; ma, se lo ritardava, non escludeva il classico coma, transito alla morte. L'intossicazione dell'organismo, dovuta alla mancata utilizzazione degli zuccheri introdotti ed alle conseguenti alterazioni del ricambio, fatalmente sopraggiungeva a chiudere il quadro delle sofferenze dei diabetici. Una malattia intercorrente, una malattia infettiva, banale per altri organismi, talvolta precipitava gli eventi, anticipava l'esito letale. Certe cellule del pancreas... Si pensava già allora, si sapeva sì che il pancreas — una ghiandola che versa succhi digestivi nell'intestino — doveva essere incriminata nell'insorgenza del diabete. Minkowski l'aveva dimostrato, vedendo istituirsi la malattia nei cani ai quali aveva asportato sperimentalmente il pancreas. Non si ignorava neppure, per merito di Langerhans, che la stessa ghiandola contiene certi piccoli aggruppamenti di cellule, sparsi nel suo complesso, certe isolette che si differenziano dalla restante formazione e che non sono munite di canale escretore, come le altre parti secernenti i succhi digestivi. E' a questi isolotti che Banting rivolse la sua attenzione, giustificata dalle osservazioni preceden temente messe in luce da altri scienziati, tra cui Mores Baron; il quale aveva notato questo fatto: quando il condotto escretore principale del pancreas, collettore di tutti i piccoli dotti, viene ad essere occluso per la presenza di calcoli il tessuto pancreatico acinoso a monte di esso degenera; a tale atrofia non partecipano, però, gli isolotti scoperti da Langerhans. D'altra parte anche la legatura chirurgica sperimentale dei dotti escretori aveva portato al medesimo effetto. Ciò significava che quelle piccole zone superstiti dovevano avere una funzione indipendente, magari quella antidiabetica, visto che gli animali cosi trattati non si erano ammalati di diabete. Già si era pensato da altri studiosi che il pancreas oltre alla secrezione esterna, cioè ai succhi che versa con i suol' canaletti nell'intestino, possedesse una secrezione interna, la capacità, in altri termini, di formare degli ormoni, delle sostanze utili alla combustione degli zuccheri ed alla loro trasformazione in materiale propizio al ristoro dell'organismo. Merito di Banting fu di avere innanzitutto insistito che l'ormone antidiabetico doveva essere racchiuso proprio nelle isolette di Langerhans, anche nel momento in cui Mac Leod, con la sua alta autorità scientifica, affermava che il valore del pancreas nella funzione antidiabetica consisteva soltanto in un suo potere svelenatore del sangue che in esso passa a purificarsi. Ironia della sorte: fu proprio nel laboratorio di Mac Leod che Banting potè dare poco dopo la dimostrazione inoppugnabile del suo asserto, riuscendo ad estrar-' re la sostanza intuita, che prese nome di isletina e poi, latinamente, di insulina. Lo zucchero nel sangue Banting, nelle tetre camerette concessegli a stento dal grande luminare della fisiologia, lavorò con l'aiuto, dapprima scettico, ma successivamente entusiasta sino all'abnegazione, di Best, un laureando in medicina assai esperto nei dosaggi delle sostanze circolanti nel sangue. E di prima importanza doveva essere la continua ricerca dei mutamenti del valore dello zucchero nel sangue degli animali in esperimento, diabetizzati dal bisturi di Banting, con l'asportazione del pancreas, e curati con la siringa iniettante dosi di insulina. Era Best che annunciava a Banting il crescendo del diabete nei cani di mano in mano che aumentava nel loro sangue la percentuale dello zucchero; era Best che mandava per primo grida di giubilo di volta in volta che le sue provette segnalavano una discesa di quella glicemia in seguito all'inoculazione delle dosi di insulina. Banting, meno biochimico, più pratico, osservava direttamente gli animali e gioiva nel vedere ritornar fiato in quelle bestiole inconsapevoli, che prima egli stesso aveva portate all'orlo del sacrificio. Nel balenio del suo intimo trionfo era la speranza più grande, immensa, un tempo quasi assurda, di guarire migliaia e milioni di uomini diabetici disseminati in ogni parte del mondo. Quali siano state le illusioni ed i disinganni delle prime prove per l'estrazione dell insulina può dirlo ai profani soltanto la penna di Paul de Kruif. Noi ci domandiamo, invece, perchè proprio Banting, allora giovanissimo, avviato a divenire chirurgo attraverso al lavoro dei primi pochi anni di laurea e costretto ad un lettorato universitario per far fronte alle esigenze quotidiane della vita, privo di mezzi per sostenere spese di esperimenti, scarsamente allenato alle ricerche di laboratorio, sia riuscito ad ottenere ciò che altri scienziati già in alta fama non avevano raggiunto. Innanzitutto Banting possedeva una forza di perseveranza eccezionale, propria di certa gente venuta come lui dalla campagna. L'idea scientifica balenatagli in una sera d'autunno, nel 1920, lo avvinse; il piano di studio si chiarì nella sua mente, la tecnica operatoria non gli mancava. Il grande Mac Leod si convinse a concedergli un lotto di cani e due stanzette ed un assistente, il laureando Best. Il fulcro dell'originalità di Banting fu di aver compreso che i precedenti ricercatori, i negldoprtripasttenizinoghletecocasimescrsupsdivanacostebmmCoginesedoe qumconeatziesveglsalepobpgicntodmduuzcdilssNtarcnPalasmmderdcmulsdtctcdeliptgmtltsnsbmsanns e e o o l e o e l -' e e e ò a o o n i a e t i e di ù e rinsaiù a e ei quali non erano riusciti ad ottenere la guarigione del diabete con gli estratti totali di pancreas, non dovevano aver pensato al fatto probabile, poi dimostrato, che la tripsina presente negli estratti pancreatici fosse capace di distruggere l'ormone antidiabetico. L'uomo-conigllo Finché il pancreas normalmente funzionante è in sito nell'organismo, la tripsina ed altre eecrezioni, di mano in mano che vengono formate o che abbondano nella ghiandola, si inoltrano nei canaletti di scarico e passano nell'intestino; non vengono, perciò, a contatto con l'insulina, che, fabbricata dalle isolette di Langerhans si diffonde per capillarità direttamente nel sangue. Ma quando si estraggono dalla poltìglia del pancreas prelevato dall'organismo i succhi nel loro complesso, la tripsina accostandosi all'Insulina la distrugge. Bisognava, quindi, trovare il modo di prelevare l'insulina, evitandone la contaminazione con le altre sostanze secrete dallo stesso pancreas. L'impresa di Banting e di Brest ebbe naturalmente alcune tappe; ma esse si sono avvicendate in modo impressionabilmente rapido. Cominciate le esperienze nel maggio del 1921, dopo poche settimane già era stata accertata la presenza dell'ormone antidiabetico là dove Banting aveva prognosticato e si era riusciti ad estrarne, per quanto ancora in maniera rudimentale, piccole quantità atte a convalidare l'azione terapeutica nei cani. L'eliminazione della tripsina fu attuata in forma sempre più razionale; dapprima legando i dotti escretori del pancreas nel cane vivente, in modo da far degenerare gli acini secernenti la tripsina stessa, ed utilizzando successivamente le isoiette rimaste sole ed integre; poi ricorrendo a pancreas di embrioni di vitello, nei quali la tripsina non ha ancora preso allog gio; infine servendosi di un processo di estrazione dai pancreas normali mediante alcool acidificato, capace di distruggere 1 succhi digestivi e sciogliere l'insulina in modo da averla a diretta portata di mano. Tutto ciò avvenne in meno di un anno; sicché nel febbraio 1922 un medico, un compagno d'infanzia di Banting, l'uomo-coniglio, come si autodefiniva Joe Gilchrist, diabetico verso l'estremo, sostenne il primo esperimento umano nel suo stesso corpo. E Gilchrist si sentì liberare da tutti i malanni Nel maggio cominciavano a contarsi su larga scala i casi di vera riviviscenza di diabetici in coma Rapido corse il mondo l'annuncio e convulsa fu la richiesta del nuovo medicamento. Mentre il Premio Nobel veniva, conferito agli scopritori, altissima si levava la benedizione di moltitudini di sconosciuti ridonati alle gioie familiari. qptpdlirmilpcmncmcIvrcnLsdcagmsenrecocsdrizlepccetGitctlcrcddlrdtstppsVdUn surrogato autarchico? La nuova arma nelle mani dei medici non poteva, però, essere adoperata con disinvoltura; dosi eccessive avrabbero potuto portare a situazioni non meno gravi dello stesso coma diabetico. Gilchrist stesso aveva avuto un allarme il giorno in cui si era iniettata una quantità troppo forte di insulina; lo zucchero nel suo sangue si era abbassato assai al di sotto della soglia normale ed aveva dato luogo ad una crisi ipoglicemica. Se l'era cavata con una pronta iniezione di glucosio. L'esatto dosaggio dell'insulina caso per caso, la tempestività della somministrazione dovevano essere e rimangono i cardini della cura. Sono passati ormài gli anni. La insulina oggi ha conquistato campo d'azione anche in altre malattie, che vanno dalla semplice magrezza a certe forme morbose mentali. Accorgimenti di tecnica terapeutica ne permettono cosi l'impiego a vantaggio di molti altri malati oltre i diabetici. Con questa arrendevolezza l'insulina si è forse voluta far perdonare un addebito: quello di non essere una cura definitiva antidiabetica, come ci si era illusi nei primi tempi, bensì una terapia di sostituzione — sempre strabiliante ad ogni modo — atta a riparare volta per volta, giorno per gior no, l'insufficienza del pancreas nella formazione del proprio ormone ed a permettere ai diabetici di consumare di tanto in tanto pasti quasi normali, senza pericoli, anzi con vantaggio. Unico guaio della cura prolungata insulinica è il costo, che, tuttavia, è ora ben lontano dalle cifre iperboliche raggiunte nei primi anni. Altro guaio consiste nella necessità, per molti Paesi, del rifornimento dall'estero. In Italia già molto è stato fatto per una idonea attrezzatura industriale; mentre si spera di trovare qualche prodotto similare atto a sostituì re l'insulina stessa. Se si pensa che alcune sostanze analoghe all'insulina sono state già riscontrate in alcuni vegetali e nel lievito di birra la speranza non sembre rà azzardata. Il problema sarebbe stato, però, meglio risolto se, come altri ormoni, l'insulina ci avesse offerta la possibilità di una sua cristallizzazione, di una sua preparazione per via sintetica, attraverso la magia dei nostri studiosi di biochimica. Angelo Viziano sC—Vz Come riuscì Banting a scoprire l'insulina Come riuscì Banting a scoprire l'insulina Un'idea balenata nel 1920: un anno di esperimenti sui cani, finalmente il primo diabetico che guarisce Bantinjr. Fred Banting è scomparso. L'ex-garzone di fattoria, lo scienziato che giovanissimo ha dato ai diabetici la gioia di vivere è tragicamente perito in un disastro aviatorio. Bisogna riportarsi a poco meno di due decenni addietro per comprendere l'importanza eccezionale della scoperta di Banting, per afferrarne tutto il valore, anche se la portata terapeutica dell'insulina, dopo una prima strabiliante esaltazione, è stata poi ridotta ad una valutazione più circoscritta. Contro la fame intensa del diabetico si combatteva con l'arma della dieta rigorosa. L'ipoalimentazione, escogitata da Guelpa e perfezionata da Alien, era, difatti il miglior mezzo per ritardare i fenomeni conclusivi, purtroppo infaustamente conclusivi, della malattia. L'esaurimento si protraeva forse più lento, forse più occulto; ma, se lo ritardava, non escludeva il classico coma, transito alla morte. L'intossicazione dell'organismo, dovuta alla mancata utilizzazione degli zuccheri introdotti ed alle conseguenti alterazioni del ricambio, fatalmente sopraggiungeva a chiudere il quadro delle sofferenze dei diabetici. Una malattia intercorrente, una malattia infettiva, banale per altri organismi, talvolta precipitava gli eventi, anticipava l'esito letale. Certe cellule del pancreas... Si pensava già allora, si sapeva sì che il pancreas — una ghiandola che versa succhi digestivi nell'intestino — doveva essere incriminata nell'insorgenza del diabete. Minkowski l'aveva dimostrato, vedendo istituirsi la malattia nei cani ai quali aveva asportato sperimentalmente il pancreas. Non si ignorava neppure, per merito di Langerhans, che la stessa ghiandola contiene certi piccoli aggruppamenti di cellule, sparsi nel suo complesso, certe isolette che si differenziano dalla restante formazione e che non sono munite di canale escretore, come le altre parti secernenti i succhi digestivi. E' a questi isolotti che Banting rivolse la sua attenzione, giustificata dalle osservazioni preceden temente messe in luce da altri scienziati, tra cui Mores Baron; il quale aveva notato questo fatto: quando il condotto escretore principale del pancreas, collettore di tutti i piccoli dotti, viene ad essere occluso per la presenza di calcoli il tessuto pancreatico acinoso a monte di esso degenera; a tale atrofia non partecipano, però, gli isolotti scoperti da Langerhans. D'altra parte anche la legatura chirurgica sperimentale dei dotti escretori aveva portato al medesimo effetto. Ciò significava che quelle piccole zone superstiti dovevano avere una funzione indipendente, magari quella antidiabetica, visto che gli animali cosi trattati non si erano ammalati di diabete. Già si era pensato da altri studiosi che il pancreas oltre alla secrezione esterna, cioè ai succhi che versa con i suol' canaletti nell'intestino, possedesse una secrezione interna, la capacità, in altri termini, di formare degli ormoni, delle sostanze utili alla combustione degli zuccheri ed alla loro trasformazione in materiale propizio al ristoro dell'organismo. Merito di Banting fu di avere innanzitutto insistito che l'ormone antidiabetico doveva essere racchiuso proprio nelle isolette di Langerhans, anche nel momento in cui Mac Leod, con la sua alta autorità scientifica, affermava che il valore del pancreas nella funzione antidiabetica consisteva soltanto in un suo potere svelenatore del sangue che in esso passa a purificarsi. Ironia della sorte: fu proprio nel laboratorio di Mac Leod che Banting potè dare poco dopo la dimostrazione inoppugnabile del suo asserto, riuscendo ad estrar-' re la sostanza intuita, che prese nome di isletina e poi, latinamente, di insulina. Lo zucchero nel sangue Banting, nelle tetre camerette concessegli a stento dal grande luminare della fisiologia, lavorò con l'aiuto, dapprima scettico, ma successivamente entusiasta sino all'abnegazione, di Best, un laureando in medicina assai esperto nei dosaggi delle sostanze circolanti nel sangue. E di prima importanza doveva essere la continua ricerca dei mutamenti del valore dello zucchero nel sangue degli animali in esperimento, diabetizzati dal bisturi di Banting, con l'asportazione del pancreas, e curati con la siringa iniettante dosi di insulina. Era Best che annunciava a Banting il crescendo del diabete nei cani di mano in mano che aumentava nel loro sangue la percentuale dello zucchero; era Best che mandava per primo grida di giubilo di volta in volta che le sue provette segnalavano una discesa di quella glicemia in seguito all'inoculazione delle dosi di insulina. Banting, meno biochimico, più pratico, osservava direttamente gli animali e gioiva nel vedere ritornar fiato in quelle bestiole inconsapevoli, che prima egli stesso aveva portate all'orlo del sacrificio. Nel balenio del suo intimo trionfo era la speranza più grande, immensa, un tempo quasi assurda, di guarire migliaia e milioni di uomini diabetici disseminati in ogni parte del mondo. Quali siano state le illusioni ed i disinganni delle prime prove per l'estrazione dell insulina può dirlo ai profani soltanto la penna di Paul de Kruif. Noi ci domandiamo, invece, perchè proprio Banting, allora giovanissimo, avviato a divenire chirurgo attraverso al lavoro dei primi pochi anni di laurea e costretto ad un lettorato universitario per far fronte alle esigenze quotidiane della vita, privo di mezzi per sostenere spese di esperimenti, scarsamente allenato alle ricerche di laboratorio, sia riuscito ad ottenere ciò che altri scienziati già in alta fama non avevano raggiunto. Innanzitutto Banting possedeva una forza di perseveranza eccezionale, propria di certa gente venuta come lui dalla campagna. L'idea scientifica balenatagli in una sera d'autunno, nel 1920, lo avvinse; il piano di studio si chiarì nella sua mente, la tecnica operatoria non gli mancava. Il grande Mac Leod si convinse a concedergli un lotto di cani e due stanzette ed un assistente, il laureando Best. Il fulcro dell'originalità di Banting fu di aver compreso che i precedenti ricercatori, i negldoprtripasttenizinoghletecocasimescrsupsdivanacostebmmCoginesedoe qumconeatziesveglsalepobpgicntodmduuzcdilssNtarcnPalasmmderdcmulsdtctcdeliptgmtltsnsbmsanns e e o o l e o e l -' e e e ò a o o n i a e t i e di ù e rinsaiù a e ei quali non erano riusciti ad ottenere la guarigione del diabete con gli estratti totali di pancreas, non dovevano aver pensato al fatto probabile, poi dimostrato, che la tripsina presente negli estratti pancreatici fosse capace di distruggere l'ormone antidiabetico. L'uomo-conigllo Finché il pancreas normalmente funzionante è in sito nell'organismo, la tripsina ed altre eecrezioni, di mano in mano che vengono formate o che abbondano nella ghiandola, si inoltrano nei canaletti di scarico e passano nell'intestino; non vengono, perciò, a contatto con l'insulina, che, fabbricata dalle isolette di Langerhans si diffonde per capillarità direttamente nel sangue. Ma quando si estraggono dalla poltìglia del pancreas prelevato dall'organismo i succhi nel loro complesso, la tripsina accostandosi all'Insulina la distrugge. Bisognava, quindi, trovare il modo di prelevare l'insulina, evitandone la contaminazione con le altre sostanze secrete dallo stesso pancreas. L'impresa di Banting e di Brest ebbe naturalmente alcune tappe; ma esse si sono avvicendate in modo impressionabilmente rapido. Cominciate le esperienze nel maggio del 1921, dopo poche settimane già era stata accertata la presenza dell'ormone antidiabetico là dove Banting aveva prognosticato e si era riusciti ad estrarne, per quanto ancora in maniera rudimentale, piccole quantità atte a convalidare l'azione terapeutica nei cani. L'eliminazione della tripsina fu attuata in forma sempre più razionale; dapprima legando i dotti escretori del pancreas nel cane vivente, in modo da far degenerare gli acini secernenti la tripsina stessa, ed utilizzando successivamente le isoiette rimaste sole ed integre; poi ricorrendo a pancreas di embrioni di vitello, nei quali la tripsina non ha ancora preso allog gio; infine servendosi di un processo di estrazione dai pancreas normali mediante alcool acidificato, capace di distruggere 1 succhi digestivi e sciogliere l'insulina in modo da averla a diretta portata di mano. Tutto ciò avvenne in meno di un anno; sicché nel febbraio 1922 un medico, un compagno d'infanzia di Banting, l'uomo-coniglio, come si autodefiniva Joe Gilchrist, diabetico verso l'estremo, sostenne il primo esperimento umano nel suo stesso corpo. E Gilchrist si sentì liberare da tutti i malanni Nel maggio cominciavano a contarsi su larga scala i casi di vera riviviscenza di diabetici in coma Rapido corse il mondo l'annuncio e convulsa fu la richiesta del nuovo medicamento. Mentre il Premio Nobel veniva, conferito agli scopritori, altissima si levava la benedizione di moltitudini di sconosciuti ridonati alle gioie familiari. qptpdlirmilpcmncmcIvrcnLsdcagmsenrecocsdrizlepccetGitctlcrcddlrdtstppsVdUn surrogato autarchico? La nuova arma nelle mani dei medici non poteva, però, essere adoperata con disinvoltura; dosi eccessive avrabbero potuto portare a situazioni non meno gravi dello stesso coma diabetico. Gilchrist stesso aveva avuto un allarme il giorno in cui si era iniettata una quantità troppo forte di insulina; lo zucchero nel suo sangue si era abbassato assai al di sotto della soglia normale ed aveva dato luogo ad una crisi ipoglicemica. Se l'era cavata con una pronta iniezione di glucosio. L'esatto dosaggio dell'insulina caso per caso, la tempestività della somministrazione dovevano essere e rimangono i cardini della cura. Sono passati ormài gli anni. La insulina oggi ha conquistato campo d'azione anche in altre malattie, che vanno dalla semplice magrezza a certe forme morbose mentali. Accorgimenti di tecnica terapeutica ne permettono cosi l'impiego a vantaggio di molti altri malati oltre i diabetici. Con questa arrendevolezza l'insulina si è forse voluta far perdonare un addebito: quello di non essere una cura definitiva antidiabetica, come ci si era illusi nei primi tempi, bensì una terapia di sostituzione — sempre strabiliante ad ogni modo — atta a riparare volta per volta, giorno per gior no, l'insufficienza del pancreas nella formazione del proprio ormone ed a permettere ai diabetici di consumare di tanto in tanto pasti quasi normali, senza pericoli, anzi con vantaggio. Unico guaio della cura prolungata insulinica è il costo, che, tuttavia, è ora ben lontano dalle cifre iperboliche raggiunte nei primi anni. Altro guaio consiste nella necessità, per molti Paesi, del rifornimento dall'estero. In Italia già molto è stato fatto per una idonea attrezzatura industriale; mentre si spera di trovare qualche prodotto similare atto a sostituì re l'insulina stessa. Se si pensa che alcune sostanze analoghe all'insulina sono state già riscontrate in alcuni vegetali e nel lievito di birra la speranza non sembre rà azzardata. Il problema sarebbe stato, però, meglio risolto se, come altri ormoni, l'insulina ci avesse offerta la possibilità di una sua cristallizzazione, di una sua preparazione per via sintetica, attraverso la magia dei nostri studiosi di biochimica. Angelo Viziano sC—Vz

Luoghi citati: Brest, Italia