I VIVERI IN SCATOLA Dai funghi alla carne di pesce di Antonio Antonucci

I VIVERI IN SCATOLA Dai funghi alla carne di pesce I VIVERI IN SCATOLA Dai funghi alla carne di pesce Uva diretta a indicare la polpa de! esce; abbiamo invece della carne ei.a c (dal nostro inviato) MORBEGNO, febbraio. Se il principio autarchico è un anto, verso cui salgono oggi i ringraziar.enti degli onesti e — a mezza voce — anche quelli degli altri, il settore che si riferisce al'n.'imentazione merita uno sguaro particolare, onde i lettori non i stupiranno se sostiamo presso un vasetto di funghi. Ir. realta, siamo venuti a vedee molto di più, un vero e proprio atto rivoluzionario nelle relazioi — diremo così — fra sardine e himica, per cui si è giunti ad strarre la carne dal pesce. Ne si tratta di un gioco di paole, o di espressione approssima propria, come tale riconociuta e approvata dal Consiglio Superiore di Sanità Pubblica, con utte le caratteristiche buone dela carne di bue mentre non possiede quelle cattive che fanno tremare gli uricemi, gli artritici, i eumatizzanti. In più, possiede joio, utile alle ghiandole digestive, fosforo, di cui anche i massimi ervelli hanno sempre bisogno. Non basta ancora: questa carne uò essere anche mangiata di veerdì, perchè priva totalmente di rasso, vanto che non si può ascriere a nessun pesce. I funghi? Ber! Ma, prima di occuparci di tale rande realizzazione autarchica, on sarà male un po' di anticamea nello spirito che l'ha preparaa, anche perchè incontreremo reazzazioni minori. Eccoci quindi fermi di fronte a n vasetto di funghi. E' una speie di bottiglia trasparente e dal ollo tozzo, dove, in un liquido uttora limpido, nuotano, sia pure on una certa angustia, pezzetti i funghi che hanno 70 anni di età che si potrebbero mangiare tut'oggi, se non fosse per il peccato i distruggere un cimelio storico. Settant'anni or sono, l'Italia, unificata da poco, possedeva energie umane di primissimo ordine, avoratori a tutta prova e capitali carsissimi, impigriti anche dalla vcgFvsriffidenza. Non era il caso di penare a banche che finanziassero iccole industrie, e, d'altronde intervento bancario era consideato dalle persone savie come una pecie di peste, o come un dio sigente i cui tentacoli costituivano più una soffocazione che un abbraccio. Forse pensavano male ma erano tipi siffatti da odiare le ambiali come il verme nel frutto. In quel volgere di tempo, un valtellinese, reduce dalli America, già industrialmente rigogliosa, pensò di iniziare a Morbegno (Sondrio) una lavorazione dì commestibili conservabili e, per non ricorrere ad aiuto altrui, partì da quelli meno costosi: i funghi. Sorridete, al pensiero di quelli che vi offre oggi il mercato? E' giusto: oggi, un suo pronipote, paga i funghi a 14 lire al chilo quando riesce a sottrarli all'appetito di Milano e delle città minori dove salgono a 20 lire e anche più, ma allora essi godevano di una fama pessima per la facilità con a quale avvelenavano intere famiglie, e una gerla piena, del peso di circa trenta chili, costava un soldo, o se vogliamo essere più ampollosi, cinque centesimi di lira! Una questione di bontà Forse coloro che glieli vendevano, lo consideravano un pazzo, ma non lo era, a giudicare dal medagliere che risplende accanto al vasetto storico per testimoniare l'entusiasmo dei mercati, dei re, degli imperatori. In realtà, il valtellinese, per la qualità intrinseca della sua terra, vanta prodotti ottimi, sia che ne spuntino, sia che vengano trasformati in carne. Allora, ai funghi, seguirono il camoscio, la pernice, il capriolo, le lepri, le allodole, i tordi e selvaggina in genere, ridotta oggi alle sole allodole (come produzione locale) perchè il rimanente non fu in grado di riprodursi alla velocità con la quale le macchine lo inghiottivano. Poi vennero gli ortaggi, cetrioli, carciofi, carote, eccetera. Tutta questa bella roba sfruttava un principio inespresso di valorizzazione autarchica, tanto più meritevole di elogio in quanto non si affidava quasi affatto al mercato interno, troppo provvisto di merce fresca per cercare quella conservata, e ancora troppo diffidente verso i prodotti dell'industria, specialmente se di casa propria. Per quanto riguarda spe- dccdldmpcdctlvacssfpntfdqcNnpilsicrfbIpdcificànientè" i"funghi,"in"taìune~zò „. „A „„„i,„ ;„ ♦„„„,• t; ; ne ed anche m tempi recenti, i rappresentanti dovevano mangiarne dl fronte al possibile acquirente, restando con lui quel tanto necessarij a dimostrare che non se- guivano avvelenamenti o spasimi viscerali. E allora, che cosa ne faceva l'iniziatore? Esportava. Dove? Dove sembrava assurdo compe tere con organizzazioni gigante¬ sche, appoggiate da una pubblici tà brutalizzante e da prezzi apparentemente imbattibili. Era un'esportazione per capillarità. Il conoscere „ com.e galantuomo faceva premio su 1 caratteri di scatola, urlanti dai muri e dai giornali. Si cercava il prodotto in quanto ottimo. anche se non celebre, e la padrona di casa era certa di provocare n sorriao soddisfatto degli ospiti , ff , Vallpllino Mnrh» Ti^SSff!*.> ^e^%PZleV^mr°. ™ lettere aite. < facKea in moi1 ocgno (Italy) for... ». In altre, \ niente Italy, basta Morbegno. ! E, in Morbegno (Italy), non si impacchettavano soltanto i prodoti ti già citati, ma anche polli, an ; ! il produttorejtipasti, olive di Sicilia, migliori del ile rinomatissime Manzanillas spa- W antipasti tenevano conto dei gusti dei vani popoli Jperchè, mentre la Svizzera non vuole olio e preferisce l'agrodolce, l'Africa e il Sud-America vogliono il piccantissimo, mentre la Francia tende al blando... Tutto, cioè, si valorizzava e si valorizza, battendosi con la bontà sostanziale della merce che troverà sempre amatori affezionati. ... e di a e l i i e a e i o o pazienza Noi possediamo anche un prodotto squisito chiamato bottarga, composto di uova di tonno insaccate e seccate, ricco di fosforo, indicato nella tubercolosi e stimolante eccellente per la fissazione delle vitamine nell'organismo umano. Ecco, scatole di bottarga pronte a varcare i confini. • . Ma che cosa c'entrano i tonni con la Valtellina, zona montuosa, dove brontolano i torrenti e nei cui pressi c'è un lago celebre, il tutto però di acqua dolce? I tonni sono stati invitati sul luogoi da quello stesso principio di valorizzazione autarchica per cui abbiamo cominciato 1' anticamera con i funghi e la finiremo con le salse. Le salse debbono essere straniere. Ma questa mostarda francese (aceto, senape, funghi, pepe, garofano, cannella) non ha niente da invidiare a quella autentica. E sta persino nascendo la famosa Worchester, malgrado la difficoltà d'identificare e dosare quella trentina d'intrugli che la compongono., E' una questione di pazienza. Nelle sardine, per esempio, esistono duemila varietà di molecole proteiche, tra le quali bisognava identificare, per sopprimerle, quelle che conferiscono l'odore di pesce. E sono state trovate, Anche le sardine sono qui per invito. Così, com'è stata invitata la chimica per prenderle in considerazione e trasformare i residuati fino al massimo rendimento. Abbiamo già detto: carne dal pesce. Il merito è di un pronipote di quel primo valtellinese, il quale nel 1936 cominciò a pensarci su con volontà ostinata, come non si direbbe dal suo sguardo tranquillo di sognatore temperato dallo sport. Incise nella sua anima e continuamente ammonitrici dalle pareti dello stabilimento, lo incitavano le parole del Duce: «Realizzare il massimo possibile di autonomia nella vita economica della Nazione », « La scienza ci dà le armi per il nostro riscatto economico * e dopo quattro anni di lotta, è giunto ora alla mèta, come vedremo nel prossimo articolo. Un precedente storico Per adesso, osservando il brodo scuro-che decanta ed aspetta le ultime diavolerie che lo condenseranno, possiamo confortarci del suo colore, ricordando l'episodio di Enrico di Lorena, duca di Guisa. Si legge nella storia di Enrico III: « Caussade Saint-Mégrin, gentiluomo bordelese ebbe la impudenza di dire che la duchessa di Guisa lo aveva amato... Giunse il pettegolezzo ai parenti del marito e ai migliori amici di lui ; gli uni e gli altri lo tormentarono tanto che, per liberarsi delle loro insistenze, egli promise di trarre vendetta. E, infatti, un mattino alle quattro, egli entrò nella camera della moglie, con un pugnale nella mano destra e, nella sinistra, una scodella d'argento piena di un liquido nerastro. Svegliata la duchessa che dormiva profondamente, le rimproverò in poche parole la sua condotta e le disse, con un viso e un tono di voce dove si potevano scoprire tutti i sintomi del furore e della disperazione, di scegliere il genere di morte: o il pugnale o il veleno nella scodella d'argento... ». La povera donna, dopo avere tentato inutilmente di commuovere con lagrime e preghiere il giustiziere implacabile, si decise per il veleno, inghiottendolo con raccapriccio sino all'ultima goccia. Poi, umilmente raccolta nel suo inginocchiatoio, attese la morte chie pllrmptdsgvopitccddfdvnnddendo al cielo quel perdono che ia terra le negava. Ma il duca, più che alla moglie, voleva dare una lezione a chi non si occupava dei fatti propri e la peccatrice ebbe agio di pentirsi continuando a vi-vere, perchè il liquido nerastronella scodella d'argento altro »tonera c7ie tm oftimo brodo concen- Irato di carne... Antonio Antonucci I VIVERI IN SCATOLA Dai funghi alla carne di pesce I VIVERI IN SCATOLA Dai funghi alla carne di pesce Uva diretta a indicare la polpa de! esce; abbiamo invece della carne ei.a c (dal nostro inviato) MORBEGNO, febbraio. Se il principio autarchico è un anto, verso cui salgono oggi i ringraziar.enti degli onesti e — a mezza voce — anche quelli degli altri, il settore che si riferisce al'n.'imentazione merita uno sguaro particolare, onde i lettori non i stupiranno se sostiamo presso un vasetto di funghi. Ir. realta, siamo venuti a vedee molto di più, un vero e proprio atto rivoluzionario nelle relazioi — diremo così — fra sardine e himica, per cui si è giunti ad strarre la carne dal pesce. Ne si tratta di un gioco di paole, o di espressione approssima propria, come tale riconociuta e approvata dal Consiglio Superiore di Sanità Pubblica, con utte le caratteristiche buone dela carne di bue mentre non possiede quelle cattive che fanno tremare gli uricemi, gli artritici, i eumatizzanti. In più, possiede joio, utile alle ghiandole digestive, fosforo, di cui anche i massimi ervelli hanno sempre bisogno. Non basta ancora: questa carne uò essere anche mangiata di veerdì, perchè priva totalmente di rasso, vanto che non si può ascriere a nessun pesce. I funghi? Ber! Ma, prima di occuparci di tale rande realizzazione autarchica, on sarà male un po' di anticamea nello spirito che l'ha preparaa, anche perchè incontreremo reazzazioni minori. Eccoci quindi fermi di fronte a n vasetto di funghi. E' una speie di bottiglia trasparente e dal ollo tozzo, dove, in un liquido uttora limpido, nuotano, sia pure on una certa angustia, pezzetti i funghi che hanno 70 anni di età che si potrebbero mangiare tut'oggi, se non fosse per il peccato i distruggere un cimelio storico. Settant'anni or sono, l'Italia, unificata da poco, possedeva energie umane di primissimo ordine, avoratori a tutta prova e capitali carsissimi, impigriti anche dalla vcgFvsriffidenza. Non era il caso di penare a banche che finanziassero iccole industrie, e, d'altronde intervento bancario era consideato dalle persone savie come una pecie di peste, o come un dio sigente i cui tentacoli costituivano più una soffocazione che un abbraccio. Forse pensavano male ma erano tipi siffatti da odiare le ambiali come il verme nel frutto. In quel volgere di tempo, un valtellinese, reduce dalli America, già industrialmente rigogliosa, pensò di iniziare a Morbegno (Sondrio) una lavorazione dì commestibili conservabili e, per non ricorrere ad aiuto altrui, partì da quelli meno costosi: i funghi. Sorridete, al pensiero di quelli che vi offre oggi il mercato? E' giusto: oggi, un suo pronipote, paga i funghi a 14 lire al chilo quando riesce a sottrarli all'appetito di Milano e delle città minori dove salgono a 20 lire e anche più, ma allora essi godevano di una fama pessima per la facilità con a quale avvelenavano intere famiglie, e una gerla piena, del peso di circa trenta chili, costava un soldo, o se vogliamo essere più ampollosi, cinque centesimi di lira! Una questione di bontà Forse coloro che glieli vendevano, lo consideravano un pazzo, ma non lo era, a giudicare dal medagliere che risplende accanto al vasetto storico per testimoniare l'entusiasmo dei mercati, dei re, degli imperatori. In realtà, il valtellinese, per la qualità intrinseca della sua terra, vanta prodotti ottimi, sia che ne spuntino, sia che vengano trasformati in carne. Allora, ai funghi, seguirono il camoscio, la pernice, il capriolo, le lepri, le allodole, i tordi e selvaggina in genere, ridotta oggi alle sole allodole (come produzione locale) perchè il rimanente non fu in grado di riprodursi alla velocità con la quale le macchine lo inghiottivano. Poi vennero gli ortaggi, cetrioli, carciofi, carote, eccetera. Tutta questa bella roba sfruttava un principio inespresso di valorizzazione autarchica, tanto più meritevole di elogio in quanto non si affidava quasi affatto al mercato interno, troppo provvisto di merce fresca per cercare quella conservata, e ancora troppo diffidente verso i prodotti dell'industria, specialmente se di casa propria. Per quanto riguarda spe- dccdldmpcdctlvacssfpntfdqcNnpilsicrfbIpdcificànientè" i"funghi,"in"taìune~zò „. „A „„„i,„ ;„ ♦„„„,• t; ; ne ed anche m tempi recenti, i rappresentanti dovevano mangiarne dl fronte al possibile acquirente, restando con lui quel tanto necessarij a dimostrare che non se- guivano avvelenamenti o spasimi viscerali. E allora, che cosa ne faceva l'iniziatore? Esportava. Dove? Dove sembrava assurdo compe tere con organizzazioni gigante¬ sche, appoggiate da una pubblici tà brutalizzante e da prezzi apparentemente imbattibili. Era un'esportazione per capillarità. Il conoscere „ com.e galantuomo faceva premio su 1 caratteri di scatola, urlanti dai muri e dai giornali. Si cercava il prodotto in quanto ottimo. anche se non celebre, e la padrona di casa era certa di provocare n sorriao soddisfatto degli ospiti , ff , Vallpllino Mnrh» Ti^SSff!*.> ^e^%PZleV^mr°. ™ lettere aite. < facKea in moi1 ocgno (Italy) for... ». In altre, \ niente Italy, basta Morbegno. ! E, in Morbegno (Italy), non si impacchettavano soltanto i prodoti ti già citati, ma anche polli, an ; ! il produttorejtipasti, olive di Sicilia, migliori del ile rinomatissime Manzanillas spa- W antipasti tenevano conto dei gusti dei vani popoli Jperchè, mentre la Svizzera non vuole olio e preferisce l'agrodolce, l'Africa e il Sud-America vogliono il piccantissimo, mentre la Francia tende al blando... Tutto, cioè, si valorizzava e si valorizza, battendosi con la bontà sostanziale della merce che troverà sempre amatori affezionati. ... e di a e l i i e a e i o o pazienza Noi possediamo anche un prodotto squisito chiamato bottarga, composto di uova di tonno insaccate e seccate, ricco di fosforo, indicato nella tubercolosi e stimolante eccellente per la fissazione delle vitamine nell'organismo umano. Ecco, scatole di bottarga pronte a varcare i confini. • . Ma che cosa c'entrano i tonni con la Valtellina, zona montuosa, dove brontolano i torrenti e nei cui pressi c'è un lago celebre, il tutto però di acqua dolce? I tonni sono stati invitati sul luogoi da quello stesso principio di valorizzazione autarchica per cui abbiamo cominciato 1' anticamera con i funghi e la finiremo con le salse. Le salse debbono essere straniere. Ma questa mostarda francese (aceto, senape, funghi, pepe, garofano, cannella) non ha niente da invidiare a quella autentica. E sta persino nascendo la famosa Worchester, malgrado la difficoltà d'identificare e dosare quella trentina d'intrugli che la compongono., E' una questione di pazienza. Nelle sardine, per esempio, esistono duemila varietà di molecole proteiche, tra le quali bisognava identificare, per sopprimerle, quelle che conferiscono l'odore di pesce. E sono state trovate, Anche le sardine sono qui per invito. Così, com'è stata invitata la chimica per prenderle in considerazione e trasformare i residuati fino al massimo rendimento. Abbiamo già detto: carne dal pesce. Il merito è di un pronipote di quel primo valtellinese, il quale nel 1936 cominciò a pensarci su con volontà ostinata, come non si direbbe dal suo sguardo tranquillo di sognatore temperato dallo sport. Incise nella sua anima e continuamente ammonitrici dalle pareti dello stabilimento, lo incitavano le parole del Duce: «Realizzare il massimo possibile di autonomia nella vita economica della Nazione », « La scienza ci dà le armi per il nostro riscatto economico * e dopo quattro anni di lotta, è giunto ora alla mèta, come vedremo nel prossimo articolo. Un precedente storico Per adesso, osservando il brodo scuro-che decanta ed aspetta le ultime diavolerie che lo condenseranno, possiamo confortarci del suo colore, ricordando l'episodio di Enrico di Lorena, duca di Guisa. Si legge nella storia di Enrico III: « Caussade Saint-Mégrin, gentiluomo bordelese ebbe la impudenza di dire che la duchessa di Guisa lo aveva amato... Giunse il pettegolezzo ai parenti del marito e ai migliori amici di lui ; gli uni e gli altri lo tormentarono tanto che, per liberarsi delle loro insistenze, egli promise di trarre vendetta. E, infatti, un mattino alle quattro, egli entrò nella camera della moglie, con un pugnale nella mano destra e, nella sinistra, una scodella d'argento piena di un liquido nerastro. Svegliata la duchessa che dormiva profondamente, le rimproverò in poche parole la sua condotta e le disse, con un viso e un tono di voce dove si potevano scoprire tutti i sintomi del furore e della disperazione, di scegliere il genere di morte: o il pugnale o il veleno nella scodella d'argento... ». La povera donna, dopo avere tentato inutilmente di commuovere con lagrime e preghiere il giustiziere implacabile, si decise per il veleno, inghiottendolo con raccapriccio sino all'ultima goccia. Poi, umilmente raccolta nel suo inginocchiatoio, attese la morte chie pllrmptdsgvopitccddfdvnnddendo al cielo quel perdono che ia terra le negava. Ma il duca, più che alla moglie, voleva dare una lezione a chi non si occupava dei fatti propri e la peccatrice ebbe agio di pentirsi continuando a vi-vere, perchè il liquido nerastronella scodella d'argento altro »tonera c7ie tm oftimo brodo concen- Irato di carne... Antonio Antonucci

Persone citate: Duce, Enrico Iii, Irato