La controprova di Alfredo Signoretti
La controprova La controprova H colossale sforzo dell'impero [mbritannico contro l'Italia mirava parallelamente e conseguentemente alla liquidazione del fattore italiano e ad un mutamento delle posizioni diplomatiche specialmente nel settore mediterraneo: gli stati che si erano fatti notare per il loro atteggiamento di simpatia verso le Potenze dell'Asse avrebbero dovuto far marcia indietro mentre qualche nazione proclive ad abbracciare la tesi inglese avrebbe dovuto ricevere dagli avvenimenti la spinta decisiva a tuffarsi nel baratro per la gloria e per gli interessi di Sua Maestà Britannica. Londra ha fame di carne da cannone secondo una tradizione secolare che in questa guerra ha ricevuto per la prima volta un rude colpo; è vero che le armate di Wavel sono abbondantemente rifornite di gente dei dominions, di mercenari indiani, polacchi, francesi; è vero che i greci hanno brillantemente marciato verso la catastrofe agli ordini dei loro padroni stipendiati da Londra ma si tratta di forze di poco conto per chi da secoli era abituato a veder giostrare grandi e piccoli stati nelle coalizioni organizzate sulle rive del Tamigi. Non per nulla il discorso radiofonico di Churchill pronunciato pochi giorni dopo la presa di Bengasi e poche ore dopo il barbaro bombardamento di Genova puntò risolutamente sulla eventualità, di un allargamento dell'incendio a tutta la Penisola balcanica donde la speranza di estenderlo al bacino del Mar Nero e alle propaggini mediterranee del Continente asiatico. Noi non sappiamo quanto un simile ampliamento del conflitto possa convenire alla fine dei conti per la salvezza dell'Inghilterra; ma questa ormai non è più capace di calcoli logici, agitata dall'incubo della voragine in cui sta precipitando punta sulle carte più disperate: non avendo il coraggio di affrontare il giudizio divino si affida al diavolo. Churchill, dunque, ammonì severamente il governo bulgaro ed esortò gli altri stati, che è facile individuare nella Jugoslavia e nella Turchia, a difendere all'ombra del vessillo britannico l'indipendenza che sarebbe stata minacciata dall'Italia e dalla Germania; il primo ministro inglese si illudeva che il terreno bene arato e concimato dai successi gonfiati in maniera spettacolare, sul fronte cirenaico, dal viaggio di uno dei tanti agenti provocatori di Roosevelt il cosiddetto colonnello Donovan e dalla missione militare inviata ad Ankara fosse ormai maturo per dare i frutti sperati. Invece la settimana successiva si iniziò coll'incontro di Bordighera tra il Duce e Franco, continuò colla visita dei ministri jugoslavi a Salisburgo e a Berchtesgaden e si concluse coll'accordo turco-bulgaro. La prima constatazione obiettiva, in merito a tali avvenimenti, è in rapporto diretto colle operazioni militari condotte contro l'Italia; malgrado gli sforzi della propaganda inglese nessuno dei Paesi mediterranei ha creduto che la situazione si fosse rovesciata a favore di Londra; siccome il piano di Churchill era parallelo e nel campo diplomatico e nel campo militare, il fallimento militare ne ha prodotto inevitabilmente il fallimento diplomatico. E' questa una riprova basata su concreti fatti politici di quanto abbiamo già scritto che cioè nelle prime settimane di febbraio fu raggiunto forse l'acme, il punto culminante dell'offensiva inglese contro l'Italia. Dei tre avvenimenti diplomatici quello di cui si conoscono hnl'TsastLtcnttpelsBtngg■D maggiori particolari, siccome ha dato luogo alla pubblicazio ne di un documento ufficiale, è l'accordo tra la Bulgaria e la Turchia. Sia esaminando il testo che per la natura di simili atti non affronta casi e possibilità attuali sia soprattutto tenendo conto delle reazioni di Londra, di Atene e di Washington si ha precisa la sensazione che le speculazioni greco-britanniche sulle corresponsabilità automatiche dell' atteggiamento turco abbiano ricevuto un colpo d'arresto senza possibilità di equivoche interpretazioni. Qualunque siano gli sviluppi della situazione la frontiera tra la Bulgaria e la Turchia resterà tranquilla; ed era qui il punto nevralgico su cui si affissavano gli inglesi con acre fiuto di sangue poiché dalla Tracia l'incen¬ dio avrebbe potuto assumere proporzioni allarmanti. La sorte della Grecia non può e non deve influire sulla pace nei Balcani; Atene asservendosi completamente alla plutocrazia e all'imperialismo britannico ha segnato il suo destino; essa ha permesso che gli inglesi prima copertamente poi con altezzosa sfacciataggine si insediassero in un estremo lembo del Continente europeo donde nutrono la velleità ambiziosa di creare una minaccia sul fianco dell'edificio dell'Asse. La Grecia deve pagare il fio di questo delitto contro l'ordine nuovo europeo ; la sua sconfitta segnerà un momento importantissimo nell'opera di disinfezione antibritannica, poiché gli ultimi residui punti d'appoggio, Malta e Gibilterra, sono del tutto isolati e dovranno capitolare quando la loro ora sarà matura. I recenti e insistenti attacchi greci contro le nostre posizioni in Albania debbono essere messi in rapporto colla suaccennata situazione diplomatica oltre che' col piano britannico di non concedere soste allo sforzo contro l'Italia. E' l'offensiva della disperazione, con essa l'alto comando inglese criminosamente indifferente alla effusione del sangue degli alleati-vassalli ha tentato e di favorire il fatale passaggio dell'iniziativa nellenostre mani e il compiersi dell'assestamento diplomatico intuito e temuto: infatti la prima sera di tale fase di operazioni furono diffuse notizie fantastiche di successi con cifre sbalorditive di prigionieri che poi furon dovute smentire per la loro assurdità menzognera dalla stessa radio greca. Evidentemente si voleva influire con voci di vittorie clamorose sull'opera di distensione chiarificatrice nei Balcani. L'eroica resistenza e le capacità controffensive delle nostre Divisioni hanno liquidato tale manovra insidiosa in attesa della non lontana resa dei conti. Alfredo Signoretti. La controprova La controprova H colossale sforzo dell'impero [mbritannico contro l'Italia mirava parallelamente e conseguentemente alla liquidazione del fattore italiano e ad un mutamento delle posizioni diplomatiche specialmente nel settore mediterraneo: gli stati che si erano fatti notare per il loro atteggiamento di simpatia verso le Potenze dell'Asse avrebbero dovuto far marcia indietro mentre qualche nazione proclive ad abbracciare la tesi inglese avrebbe dovuto ricevere dagli avvenimenti la spinta decisiva a tuffarsi nel baratro per la gloria e per gli interessi di Sua Maestà Britannica. Londra ha fame di carne da cannone secondo una tradizione secolare che in questa guerra ha ricevuto per la prima volta un rude colpo; è vero che le armate di Wavel sono abbondantemente rifornite di gente dei dominions, di mercenari indiani, polacchi, francesi; è vero che i greci hanno brillantemente marciato verso la catastrofe agli ordini dei loro padroni stipendiati da Londra ma si tratta di forze di poco conto per chi da secoli era abituato a veder giostrare grandi e piccoli stati nelle coalizioni organizzate sulle rive del Tamigi. Non per nulla il discorso radiofonico di Churchill pronunciato pochi giorni dopo la presa di Bengasi e poche ore dopo il barbaro bombardamento di Genova puntò risolutamente sulla eventualità, di un allargamento dell'incendio a tutta la Penisola balcanica donde la speranza di estenderlo al bacino del Mar Nero e alle propaggini mediterranee del Continente asiatico. Noi non sappiamo quanto un simile ampliamento del conflitto possa convenire alla fine dei conti per la salvezza dell'Inghilterra; ma questa ormai non è più capace di calcoli logici, agitata dall'incubo della voragine in cui sta precipitando punta sulle carte più disperate: non avendo il coraggio di affrontare il giudizio divino si affida al diavolo. Churchill, dunque, ammonì severamente il governo bulgaro ed esortò gli altri stati, che è facile individuare nella Jugoslavia e nella Turchia, a difendere all'ombra del vessillo britannico l'indipendenza che sarebbe stata minacciata dall'Italia e dalla Germania; il primo ministro inglese si illudeva che il terreno bene arato e concimato dai successi gonfiati in maniera spettacolare, sul fronte cirenaico, dal viaggio di uno dei tanti agenti provocatori di Roosevelt il cosiddetto colonnello Donovan e dalla missione militare inviata ad Ankara fosse ormai maturo per dare i frutti sperati. Invece la settimana successiva si iniziò coll'incontro di Bordighera tra il Duce e Franco, continuò colla visita dei ministri jugoslavi a Salisburgo e a Berchtesgaden e si concluse coll'accordo turco-bulgaro. La prima constatazione obiettiva, in merito a tali avvenimenti, è in rapporto diretto colle operazioni militari condotte contro l'Italia; malgrado gli sforzi della propaganda inglese nessuno dei Paesi mediterranei ha creduto che la situazione si fosse rovesciata a favore di Londra; siccome il piano di Churchill era parallelo e nel campo diplomatico e nel campo militare, il fallimento militare ne ha prodotto inevitabilmente il fallimento diplomatico. E' questa una riprova basata su concreti fatti politici di quanto abbiamo già scritto che cioè nelle prime settimane di febbraio fu raggiunto forse l'acme, il punto culminante dell'offensiva inglese contro l'Italia. Dei tre avvenimenti diplomatici quello di cui si conoscono hnl'TsastLtcnttpelsBtngg■D maggiori particolari, siccome ha dato luogo alla pubblicazio ne di un documento ufficiale, è l'accordo tra la Bulgaria e la Turchia. Sia esaminando il testo che per la natura di simili atti non affronta casi e possibilità attuali sia soprattutto tenendo conto delle reazioni di Londra, di Atene e di Washington si ha precisa la sensazione che le speculazioni greco-britanniche sulle corresponsabilità automatiche dell' atteggiamento turco abbiano ricevuto un colpo d'arresto senza possibilità di equivoche interpretazioni. Qualunque siano gli sviluppi della situazione la frontiera tra la Bulgaria e la Turchia resterà tranquilla; ed era qui il punto nevralgico su cui si affissavano gli inglesi con acre fiuto di sangue poiché dalla Tracia l'incen¬ dio avrebbe potuto assumere proporzioni allarmanti. La sorte della Grecia non può e non deve influire sulla pace nei Balcani; Atene asservendosi completamente alla plutocrazia e all'imperialismo britannico ha segnato il suo destino; essa ha permesso che gli inglesi prima copertamente poi con altezzosa sfacciataggine si insediassero in un estremo lembo del Continente europeo donde nutrono la velleità ambiziosa di creare una minaccia sul fianco dell'edificio dell'Asse. La Grecia deve pagare il fio di questo delitto contro l'ordine nuovo europeo ; la sua sconfitta segnerà un momento importantissimo nell'opera di disinfezione antibritannica, poiché gli ultimi residui punti d'appoggio, Malta e Gibilterra, sono del tutto isolati e dovranno capitolare quando la loro ora sarà matura. I recenti e insistenti attacchi greci contro le nostre posizioni in Albania debbono essere messi in rapporto colla suaccennata situazione diplomatica oltre che' col piano britannico di non concedere soste allo sforzo contro l'Italia. E' l'offensiva della disperazione, con essa l'alto comando inglese criminosamente indifferente alla effusione del sangue degli alleati-vassalli ha tentato e di favorire il fatale passaggio dell'iniziativa nellenostre mani e il compiersi dell'assestamento diplomatico intuito e temuto: infatti la prima sera di tale fase di operazioni furono diffuse notizie fantastiche di successi con cifre sbalorditive di prigionieri che poi furon dovute smentire per la loro assurdità menzognera dalla stessa radio greca. Evidentemente si voleva influire con voci di vittorie clamorose sull'opera di distensione chiarificatrice nei Balcani. L'eroica resistenza e le capacità controffensive delle nostre Divisioni hanno liquidato tale manovra insidiosa in attesa della non lontana resa dei conti. Alfredo Signoretti.
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