L'avventura di quattro aviatori tedeschi di Mario Bassi

L'avventura di quattro aviatori tedeschi L'avventura di quattro aviatori tedeschi Ammarano feriti al largo di Malta e sono saivati dopo due giorni da un nostro piroscafo i o i o - (DA UNO DEI NOSTRI INVIATI) Base navale..., 17 febbraio. Sulla bella e illustre città, sulle allure fiorile che la circondano, sul mare che le si stende davanti in calma, sul magnifico paesaggio assorto nella quiete sognante dcllu sera e per l'atto cielo, splende il plenilunio d'argento. «Sera da aeroplani», osserva qualcuno, a contrasto di tanta spirante pace di cieio, di terra e di mure. Siamo pochi militari, italiani e tedeschi radunati sulla banchina del porto. Dappresso, nello spiazzo, un'autoambulanza, un paio di autovetture mimetizzate di grigio, ed un'altra automobile illuminata all'interno, dove si scorge un complesso di stranissimi congegni da cui, di tratto in trutta, emanano ticchettìi e vibrazioni sonori e suoni striduli e melodiosi. Un nastro, come di macchina da scrivere, scorre tra due dischi rotanti bianchi e neri. S'accendono lampadine azzurrate, un operatore sposta e gira certi volantini, preme bottoni, picchia in cadenza su un tasto. Non capisco niente di questi misteriori ordigni; ma l'insieme dell'apparecchio e i suoni mi fanno intendere che si tratta di una radio ricevente e trasmittente. La nave-ospedale Sul bordo della banchina, contro cui l'ondicella lieve viene a morire con un sussurro, è posata un'altra cassetta 7nistcriosa, collegata con un lungo e sottile cavo all'automobile della radio. Ma questa cassetta, mi informo, contiene semplicemente un faro proiettore che si aziona a elettricità col motore dell'automobile. La mia attesa noti dura che qualche cìnqueininuti. Dal mare aperto avanza un piroscafetto tutto illuminato, che dirige all'imboccatura del porto. E che? Che mai questa illuminazione, e cosi vistosa in tempo dì guerra, su mare guerreggiato, quando ogni nave e bastimento viaggiano scrupolosamente azzurrati senza un lume che possa rivelarli e quanto più possibilc confondendosi nella notte,' Ma le luci di questo piroscafetto mettono in mostra i distintivi internazionali delle navi-ospedale, la croce rossa inclusa in un disco bianco, dipinta sui fianchi e sulla coperta, la fascia verde lungo i fianchi da prora a poppa che spicca sulla pittura bianca dello scafo. Un piroscafetto dal nome clussico, partenopeo, che ricorda l'idilliaco tragitto degli anni di pace da Napoli a Ischia, attraverso il t/olfo di Napoli e Posillipo e Capo Miseno di qua e di là Capri; e ora è adattato e adibito a nave di salvataggio dei naufraghi dell'aria, nave di'salvataggio degli aeronauti precipitati in mare. All'entrata del porto, il piroscafo spegne le luci e entra nella zona d'oscuramento della base navale e della città. Una motolancia lo guida per portarlo all'attracco prestabilito, a questa banchina dove attendiamo. Nel sileìizio della sera, sulla quiete della terra, sulla calma del mare, si spande una romba bassa che trascorre il cielo. Scrutiamo in alto. Piccole stelle di color verde e bianco e rosso si muovono celermente nel diffuso lume lunare fuggendo verso sud. Per un momento, contro la luna, intuiamo più che vedere, una rapida ombra incerta, la sagoma accennata dell'aeroplano. Sono i bombardieri tedeschi, chevolano a compiere azioni di guerra sulla base navale ed acrea inglese di Malta, o su qualche base nemica dell'Africa settentrionale. Ed era una sera, certo, come questa, meno serena, soltanto, e di luna crescente, quando partirono bombardieri per analoga missione di guerra. Poi, al ritorno, nella notte, un apparecchio mancava, e non se ne aveva notizia. Ora, dopo tre giorni, la nave di salvataggio riporta i naufraghi di quell'apparecchio rintracciato e salvato: quattro naufraghi, di cui uno gravemente ferito. Nervi d'acciaio II piroscafetto ha attraccato rapidamente alla banchina. Viene gettato lo scalandrino, dalla poppa del piroscafo alla banchina. Ed i marinai calano con preca, izione una barella, col ferito grave avvolto nelle coperte. La barella viene caricata sull'autoambulanza; dove prenderanno posto anche il nostro dottore di bordo, che ha prestato le prime cure al ferito, ed un suo collega tedesco, che aspettava con noi. E l'autoambulanza parte immediatamente. Poi, sbucarono gli altri tre naufraghi, Anche questi sono feriti, mntvlcdtaostnssailmcèsVs ma leggermente, qualche abrasione, qualche contusione; hanno tutti e tre le mani bendate. Sono vestili da marinai, i panni ditti loro sitila nave di salvataggio, in cambio .dei loro vestiti macerati dall'acqua salsa. Sono giovanottoni, tutti e tre, di complessione atletica, biondi e rosei, con chiari occhi tranquilli. Ciò che più colpisce, è la loro serenità, una pacatezza posata, un'aria veramejite di normalità, di assenza d'ogni palese commozione ed emozione, che stupisce. Veramente, all'aspetto, all'atto, alle parole, al tono di voce, a tutto il loro comportamento, ad ogni loro espressività, nessuno li immaginerebbe reduci da un'avventura tremenda, travagliala e sconcertante, e clic solo per caso non è risultata mortale; ma non si distinguerebbero da qualunque ìndi Viduo che tornasse da un lavoro usuale, o magari da una passeggiata di salute. Nessuna espansio ne con i camerati che sono venuti a raccoglierli, mai un saluto, co me di gente die si incontra nelle occupazioni quotidiane. Nessuna espansione, nemmeno verso i sai vittori, gli ufficiali ed i marinai del piroscafo di salvataggio; ma un semplice ringraziamento, un sorriso ed un saluto. E nemmeno una esclamazione, un gesto, un accen to, non ho sorpreso in loro, nem meno quel sospirone di soddisfa zione, al ritrovarsi sott'i piedi la salda terra, dopo il volo disgra ziato, dopo l'odissea sul mare. Tutto è semplice, tutto regolare, tutto come fosse nella piatta nor- i:i.>. ttt..: .» . . . • matita. Evidentemente' hanno dei nervi d'acciaio, questa gente; o, forse, non hanno nervi; ma una quadratura interiore compatta e inalterabile, corrispondente alla loro quadratura fisica di giovani atleti. Senza esagerazione, senza un bruscolo di retorica, fanno pensare a Sigfrido, all'ardimento inconscio e sicuro di Sigfrido nell'off rontare il drago. Il drago della morte è stato su- loro, per cinquantuno ore, a- faccia a faccia; e non li ha menomamente turbati; a ciò che si induce, non ha intaccato di un'unghia la loro imperturbabilità tetragona. Sono fatti così. Ora un camerata li conduce all'automobile della radio, perchè espongano la loro avventura; e del loro racconto viene impresso un disco fonico, che lo ripeterà alla radio. Il racconto è di una sobrietà schematica, specchia esattamente questa loro, si direbbe quasi indifferenza, a confronto della propria pure straordinaria avventura. Niente più che un succinto rapporto militare, e come si trattasse di altri. Partivano sabato sera, con un aeroplano da bombardamento, Quattro uomini d'equipaggio: un maresciallo primo pilota, e altri tre sottufficiali, il secondo pilota il motorista e il marconista. Volavano su- Malta. Erano sugli obiettivi militari di Malta circa le ore 20. Nessuna reazione di fuoco antiaereo, da parte della difesa inglese, mentre essi sganciavano il carico delle bombe. Ma furono invece subito investiti dai fasci di luce abbaglianti dei riflettori, presi in un gorgo di luce. S'erano levati gli apparecchi- inglesi della caccia notturna. Compresero che un cacciatore, probabilmente un Blenheim, si era scagliato contro di loro, in coda, quando il loro apparecchio fu investito da una raffica di mitragliatrice. I proietti colpivano e incendiavano il motore di dritta. Una pallottola trapassava la coscia del motorista; una volata di schegge lo feriva alle braccia ed alle mani, sbrandellando il muscolo, spezzando l'ossa. Fermato il motore colpito, spegnevano l'incendio; e il pilota sperava sostenere l'apparecchio con il solo motore di sinistra; quando anche questo fu colpito da una nuova scarica di mitragliatrice. Le pallottole avevano forato il radiatore; e l'acqua del raffreddamento sprizzò e colò via, senza rime dio. Pochi istanti; e il motore si arroventava, e, come si dice, grippava. Niente da fare. Dall'aereo al canotto L'apparecchio precipitava. Il pilota i insci a riprenderlo ed a portarlo a volo librato, allontanandosi quanto poteva dall'isola, verso il mare aperto; finché lo posò sulle onde. Fu messo in mare il canotto pneumatico di salvataggio, vi fu deposto il ferito, disteso nel fondo; Palfd gli altri tre vi presero posto. Qualche minuto dopo che l'aeroplano aveva toccato l'acqua affondava e scompariva. I quattro uomini furono soli sul mare notturno, in balia delle onde, agitate, l'onda lunga, del mare tempestoso dei giorni precedenti, dalla tramontana preoccupazione, di allontanarsi dall'isola ostile, per evitare di essere, presi prigionieri. Innestarono remi sugli scalini disposti su quella sorla di salsiccione di r/omma, clitlieo, gonfio d'aria, che. costituisce il bordo del canotto, e lo sostiene ed equilibra a galla. E remigarono di lena, tutta notte, dirigendosi a sud, come anche li portava il mare, verso la costa africana. Più. lardi, alzarono Valbereito. e spiegarono la piccola vela. Perchè il canotto, che ho avuto agio di osservare sul piroscafo che. l'ha recuperato, insieme eoi naufraghi, è costruito ed attrezzato in modo completo e perfetto. già sollevato] Prima, loro|Avvistati! \'Tutta notte ì nostri naufraghi diressero, remando e veleggiando, veiso l'Africa. Il ferito era stato medicato, fasciati il braccio martoriato e la gamba; e giaceva disteso nel fondo del canotto, senza un lamento, a malgrado degli acitH dolori, che certamente soffriva. Spuntò il giorno — domenica e crebbe luminoso. Il mare ac-[ìcannava a migliorare, fortunatamente.; il ciclo era rasserenato. Alle dieci, cioè quattordici ore dopo clic erano secsi in mare, i naufraghi videro un aeroplano, che volava su- di loro; e lo rìeonobbe ro amico; e si affici tarano a segnaularsi ad esso. Quello si abbassò, scanalando di averli identificati. Poi si allontanava. Più tardi, sul meriggio, un altro acreo amico tornava-, e li salutava. E (incera un altro, prima del cadere del giorno. Oramai i naufraghi sapevano di essere sorvegliati c assistiti dai compagni, e che indubbiamente si veniva in loro soccorso. Passò la seconda notte, senza incidenti. Il ferito sopportava i suoi lancinanti dolori con assolute stoicismo. Anche, gli altri tre dovettero medicarsi e fasciarsi le mani, pianale per il lavoro eccezionale dei remi: come si erano già mediente altre ferite di lieve entità, riportale nell'accidente, per \seheggie o altro. Uno soffriva, di 'crampi muscolari alle, braccia e alle spalle, in conseguenza dello sforzo dei remi. Ma lutti, sempre, tranquilli, sicuri, imperturbabili. E spuntò il nuovo giorno — luned}. Ancora, un aereo amico tornò a trasvolare sui naufraghi. Questi, pacatamente, aspettavano. Nessun timore, nessuna debolezza, nessuna impazienza. Si so- [stenevano, con cautelata m-Ai.-•«- ìzionc e nriiflrii.^rl. tiri viveri ,\\ ri- mente ì, iorallora gira- zione: e prudenza, dei viver, serva. Misuravano studiosi la scorta dell'acqua. Alle i narono aerei amici. F. da rimast-rn in continuazione re nel cielo sui naufraghi. Quando scese il buio si segnalavano coi fanalini ili navigazione,- e di tempo in tempo, gettarono i\ talché bengala. Guidavano crisi, insième, il bastimento, che sopriigg ungeva, al, soccorso. Più- tardi, a. notte, i naie-aghi scorsero un vago chiarore sul mare, lontano lontano: e. prima indistinto, poi sciupi-- meglio visibile. E, infine, si precisava; e disegnava- il profilo di. un piroscafo illuminato. Gli aerei, sopra, segnalavano, con quei loro fuochi di bengala. I naufraghi spararono razzi, con la loro pistola. Alle 23, il piroscafo era accosto al canotto dei naufraghi. E li raccoglieva, salvi, dopo esattamente cinquantuno ore dal naufragio. E in un giorno di navigazione, li riportava a questa base. Ma io ho rimpolpato dì mollo e. colorito questo racconto schema lieo, quel nudo rapporto militare dei naufraghi aeronauti; e l'ho potuto completare con le informazioni, un poco più particolareggiate, del comandante e degli itffi ciali del piroscafo. Mario Bassi L'avventura di quattro aviatori tedeschi L'avventura di quattro aviatori tedeschi Ammarano feriti al largo di Malta e sono saivati dopo due giorni da un nostro piroscafo i o i o - (DA UNO DEI NOSTRI INVIATI) Base navale..., 17 febbraio. Sulla bella e illustre città, sulle allure fiorile che la circondano, sul mare che le si stende davanti in calma, sul magnifico paesaggio assorto nella quiete sognante dcllu sera e per l'atto cielo, splende il plenilunio d'argento. «Sera da aeroplani», osserva qualcuno, a contrasto di tanta spirante pace di cieio, di terra e di mure. Siamo pochi militari, italiani e tedeschi radunati sulla banchina del porto. Dappresso, nello spiazzo, un'autoambulanza, un paio di autovetture mimetizzate di grigio, ed un'altra automobile illuminata all'interno, dove si scorge un complesso di stranissimi congegni da cui, di tratto in trutta, emanano ticchettìi e vibrazioni sonori e suoni striduli e melodiosi. Un nastro, come di macchina da scrivere, scorre tra due dischi rotanti bianchi e neri. S'accendono lampadine azzurrate, un operatore sposta e gira certi volantini, preme bottoni, picchia in cadenza su un tasto. Non capisco niente di questi misteriori ordigni; ma l'insieme dell'apparecchio e i suoni mi fanno intendere che si tratta di una radio ricevente e trasmittente. La nave-ospedale Sul bordo della banchina, contro cui l'ondicella lieve viene a morire con un sussurro, è posata un'altra cassetta 7nistcriosa, collegata con un lungo e sottile cavo all'automobile della radio. Ma questa cassetta, mi informo, contiene semplicemente un faro proiettore che si aziona a elettricità col motore dell'automobile. La mia attesa noti dura che qualche cìnqueininuti. Dal mare aperto avanza un piroscafetto tutto illuminato, che dirige all'imboccatura del porto. E che? Che mai questa illuminazione, e cosi vistosa in tempo dì guerra, su mare guerreggiato, quando ogni nave e bastimento viaggiano scrupolosamente azzurrati senza un lume che possa rivelarli e quanto più possibilc confondendosi nella notte,' Ma le luci di questo piroscafetto mettono in mostra i distintivi internazionali delle navi-ospedale, la croce rossa inclusa in un disco bianco, dipinta sui fianchi e sulla coperta, la fascia verde lungo i fianchi da prora a poppa che spicca sulla pittura bianca dello scafo. Un piroscafetto dal nome clussico, partenopeo, che ricorda l'idilliaco tragitto degli anni di pace da Napoli a Ischia, attraverso il t/olfo di Napoli e Posillipo e Capo Miseno di qua e di là Capri; e ora è adattato e adibito a nave di salvataggio dei naufraghi dell'aria, nave di'salvataggio degli aeronauti precipitati in mare. All'entrata del porto, il piroscafo spegne le luci e entra nella zona d'oscuramento della base navale e della città. Una motolancia lo guida per portarlo all'attracco prestabilito, a questa banchina dove attendiamo. Nel sileìizio della sera, sulla quiete della terra, sulla calma del mare, si spande una romba bassa che trascorre il cielo. Scrutiamo in alto. Piccole stelle di color verde e bianco e rosso si muovono celermente nel diffuso lume lunare fuggendo verso sud. Per un momento, contro la luna, intuiamo più che vedere, una rapida ombra incerta, la sagoma accennata dell'aeroplano. Sono i bombardieri tedeschi, chevolano a compiere azioni di guerra sulla base navale ed acrea inglese di Malta, o su qualche base nemica dell'Africa settentrionale. Ed era una sera, certo, come questa, meno serena, soltanto, e di luna crescente, quando partirono bombardieri per analoga missione di guerra. Poi, al ritorno, nella notte, un apparecchio mancava, e non se ne aveva notizia. Ora, dopo tre giorni, la nave di salvataggio riporta i naufraghi di quell'apparecchio rintracciato e salvato: quattro naufraghi, di cui uno gravemente ferito. Nervi d'acciaio II piroscafetto ha attraccato rapidamente alla banchina. Viene gettato lo scalandrino, dalla poppa del piroscafo alla banchina. Ed i marinai calano con preca, izione una barella, col ferito grave avvolto nelle coperte. La barella viene caricata sull'autoambulanza; dove prenderanno posto anche il nostro dottore di bordo, che ha prestato le prime cure al ferito, ed un suo collega tedesco, che aspettava con noi. E l'autoambulanza parte immediatamente. Poi, sbucarono gli altri tre naufraghi, Anche questi sono feriti, mntvlcdtaostnssailmcèsVs ma leggermente, qualche abrasione, qualche contusione; hanno tutti e tre le mani bendate. Sono vestili da marinai, i panni ditti loro sitila nave di salvataggio, in cambio .dei loro vestiti macerati dall'acqua salsa. Sono giovanottoni, tutti e tre, di complessione atletica, biondi e rosei, con chiari occhi tranquilli. Ciò che più colpisce, è la loro serenità, una pacatezza posata, un'aria veramejite di normalità, di assenza d'ogni palese commozione ed emozione, che stupisce. Veramente, all'aspetto, all'atto, alle parole, al tono di voce, a tutto il loro comportamento, ad ogni loro espressività, nessuno li immaginerebbe reduci da un'avventura tremenda, travagliala e sconcertante, e clic solo per caso non è risultata mortale; ma non si distinguerebbero da qualunque ìndi Viduo che tornasse da un lavoro usuale, o magari da una passeggiata di salute. Nessuna espansio ne con i camerati che sono venuti a raccoglierli, mai un saluto, co me di gente die si incontra nelle occupazioni quotidiane. Nessuna espansione, nemmeno verso i sai vittori, gli ufficiali ed i marinai del piroscafo di salvataggio; ma un semplice ringraziamento, un sorriso ed un saluto. E nemmeno una esclamazione, un gesto, un accen to, non ho sorpreso in loro, nem meno quel sospirone di soddisfa zione, al ritrovarsi sott'i piedi la salda terra, dopo il volo disgra ziato, dopo l'odissea sul mare. Tutto è semplice, tutto regolare, tutto come fosse nella piatta nor- i:i.>. ttt..: .» . . . • matita. Evidentemente' hanno dei nervi d'acciaio, questa gente; o, forse, non hanno nervi; ma una quadratura interiore compatta e inalterabile, corrispondente alla loro quadratura fisica di giovani atleti. Senza esagerazione, senza un bruscolo di retorica, fanno pensare a Sigfrido, all'ardimento inconscio e sicuro di Sigfrido nell'off rontare il drago. Il drago della morte è stato su- loro, per cinquantuno ore, a- faccia a faccia; e non li ha menomamente turbati; a ciò che si induce, non ha intaccato di un'unghia la loro imperturbabilità tetragona. Sono fatti così. Ora un camerata li conduce all'automobile della radio, perchè espongano la loro avventura; e del loro racconto viene impresso un disco fonico, che lo ripeterà alla radio. Il racconto è di una sobrietà schematica, specchia esattamente questa loro, si direbbe quasi indifferenza, a confronto della propria pure straordinaria avventura. Niente più che un succinto rapporto militare, e come si trattasse di altri. Partivano sabato sera, con un aeroplano da bombardamento, Quattro uomini d'equipaggio: un maresciallo primo pilota, e altri tre sottufficiali, il secondo pilota il motorista e il marconista. Volavano su- Malta. Erano sugli obiettivi militari di Malta circa le ore 20. Nessuna reazione di fuoco antiaereo, da parte della difesa inglese, mentre essi sganciavano il carico delle bombe. Ma furono invece subito investiti dai fasci di luce abbaglianti dei riflettori, presi in un gorgo di luce. S'erano levati gli apparecchi- inglesi della caccia notturna. Compresero che un cacciatore, probabilmente un Blenheim, si era scagliato contro di loro, in coda, quando il loro apparecchio fu investito da una raffica di mitragliatrice. I proietti colpivano e incendiavano il motore di dritta. Una pallottola trapassava la coscia del motorista; una volata di schegge lo feriva alle braccia ed alle mani, sbrandellando il muscolo, spezzando l'ossa. Fermato il motore colpito, spegnevano l'incendio; e il pilota sperava sostenere l'apparecchio con il solo motore di sinistra; quando anche questo fu colpito da una nuova scarica di mitragliatrice. Le pallottole avevano forato il radiatore; e l'acqua del raffreddamento sprizzò e colò via, senza rime dio. Pochi istanti; e il motore si arroventava, e, come si dice, grippava. Niente da fare. Dall'aereo al canotto L'apparecchio precipitava. Il pilota i insci a riprenderlo ed a portarlo a volo librato, allontanandosi quanto poteva dall'isola, verso il mare aperto; finché lo posò sulle onde. Fu messo in mare il canotto pneumatico di salvataggio, vi fu deposto il ferito, disteso nel fondo; Palfd gli altri tre vi presero posto. Qualche minuto dopo che l'aeroplano aveva toccato l'acqua affondava e scompariva. I quattro uomini furono soli sul mare notturno, in balia delle onde, agitate, l'onda lunga, del mare tempestoso dei giorni precedenti, dalla tramontana preoccupazione, di allontanarsi dall'isola ostile, per evitare di essere, presi prigionieri. Innestarono remi sugli scalini disposti su quella sorla di salsiccione di r/omma, clitlieo, gonfio d'aria, che. costituisce il bordo del canotto, e lo sostiene ed equilibra a galla. E remigarono di lena, tutta notte, dirigendosi a sud, come anche li portava il mare, verso la costa africana. Più. lardi, alzarono Valbereito. e spiegarono la piccola vela. Perchè il canotto, che ho avuto agio di osservare sul piroscafo che. l'ha recuperato, insieme eoi naufraghi, è costruito ed attrezzato in modo completo e perfetto. già sollevato] Prima, loro|Avvistati! \'Tutta notte ì nostri naufraghi diressero, remando e veleggiando, veiso l'Africa. Il ferito era stato medicato, fasciati il braccio martoriato e la gamba; e giaceva disteso nel fondo del canotto, senza un lamento, a malgrado degli acitH dolori, che certamente soffriva. Spuntò il giorno — domenica e crebbe luminoso. Il mare ac-[ìcannava a migliorare, fortunatamente.; il ciclo era rasserenato. Alle dieci, cioè quattordici ore dopo clic erano secsi in mare, i naufraghi videro un aeroplano, che volava su- di loro; e lo rìeonobbe ro amico; e si affici tarano a segnaularsi ad esso. Quello si abbassò, scanalando di averli identificati. Poi si allontanava. Più tardi, sul meriggio, un altro acreo amico tornava-, e li salutava. E (incera un altro, prima del cadere del giorno. Oramai i naufraghi sapevano di essere sorvegliati c assistiti dai compagni, e che indubbiamente si veniva in loro soccorso. Passò la seconda notte, senza incidenti. Il ferito sopportava i suoi lancinanti dolori con assolute stoicismo. Anche, gli altri tre dovettero medicarsi e fasciarsi le mani, pianale per il lavoro eccezionale dei remi: come si erano già mediente altre ferite di lieve entità, riportale nell'accidente, per \seheggie o altro. Uno soffriva, di 'crampi muscolari alle, braccia e alle spalle, in conseguenza dello sforzo dei remi. Ma lutti, sempre, tranquilli, sicuri, imperturbabili. E spuntò il nuovo giorno — luned}. Ancora, un aereo amico tornò a trasvolare sui naufraghi. Questi, pacatamente, aspettavano. Nessun timore, nessuna debolezza, nessuna impazienza. Si so- [stenevano, con cautelata m-Ai.-•«- ìzionc e nriiflrii.^rl. tiri viveri ,\\ ri- mente ì, iorallora gira- zione: e prudenza, dei viver, serva. Misuravano studiosi la scorta dell'acqua. Alle i narono aerei amici. F. da rimast-rn in continuazione re nel cielo sui naufraghi. Quando scese il buio si segnalavano coi fanalini ili navigazione,- e di tempo in tempo, gettarono i\ talché bengala. Guidavano crisi, insième, il bastimento, che sopriigg ungeva, al, soccorso. Più- tardi, a. notte, i naie-aghi scorsero un vago chiarore sul mare, lontano lontano: e. prima indistinto, poi sciupi-- meglio visibile. E, infine, si precisava; e disegnava- il profilo di. un piroscafo illuminato. Gli aerei, sopra, segnalavano, con quei loro fuochi di bengala. I naufraghi spararono razzi, con la loro pistola. Alle 23, il piroscafo era accosto al canotto dei naufraghi. E li raccoglieva, salvi, dopo esattamente cinquantuno ore dal naufragio. E in un giorno di navigazione, li riportava a questa base. Ma io ho rimpolpato dì mollo e. colorito questo racconto schema lieo, quel nudo rapporto militare dei naufraghi aeronauti; e l'ho potuto completare con le informazioni, un poco più particolareggiate, del comandante e degli itffi ciali del piroscafo. Mario Bassi

Persone citate: Capo Miseno

Luoghi citati: Africa, Capri, Ischia, Malta, Napoli, Posillipo