Tempesta sul fiume

Tempesta sul fiume Tempesta sul fiume Morto, appena nato, quel loro bambino tanto atteso, parve a Marco e a Estella che anche il loro destino fosse una stagione esaurita e. che del loro avvenire nulla più rimanesse che il tempo breve di tirar le somme e aspettare la fine. Il fiume soltanto li attirava, quasi che lo scorrere delle acque trascinasse lontano anche i pensieri. Non si dicevano nulla, ma spesso, in una stessa giornata, si prendevano per mano, per incamminarsi là dove a loro era parso di udire, prima che nascesse, il vagito del loro bambino. Ricordavano d'esservi arrivati quel giorno un po' stanchi, anche se Estclla aveva camminato lentamente sui prati. Quel giorno, per farla riposare, egli le aveva cantato sottovoce una ninna nanna che era stata comune alla loro adolescenza. Ella aveva chiuso gli occhi, ma anche a Marco era parso di udire fievole, quasi venisse da una lontananza eterna, non seppero mai se dalla terra o dall'acqua o forse dal loro cuore, la voce del loro bimbo futuro. Ora, giungendo a quella riva ogni giorno, Estella cominciò a pensare di nascondersi nel fiume, di calare sul fondo, così che uno spesso strato d'acqua attutisse ogni rumore. La corrente l'avrebbe trascinata un poco, poi non si sarebbe più ricordata di lei: come di quei sassi che a volte vedeva luccicare variopinti e sembravan felici di essere dimenticati. Non le sarebbe parso di morire, ma di adagiarsi in un fresco riposo, in un lungo sonno. Il lecssdeNcclcidqggstempo sarebbe più facilmenteIpassato, laggiù, sotto l'acqua, in|fondo al fiume. Poi un giorno un egvortice l'avrebbe svegliata, riportata a galla, e sarebbe moria, finalmente, quando avesse voluto il Signore. Era in quell'acqua ch'ella aveva udito la voce del suo bimbo, ed era certa che, dopo di essere apparso sulla terra, in quel giorno ormai lontano, egli era tornato laggiù da dove l'aveva quella prima volta chiamata. Certo anzi era tornato laggiù, se a lei il respiro era più facile se si chinava a fil d'acqua, e se il sangue le scorreva più dolce nelle vene (piando tuffava le mani fino ai polsi. Sentiva correre sulla pelle una carezza, e le dita avevano un tremito sconosciuto. Aveva provato a tuffare tutte le braccia noi fiume, e.le era parso di potere e di dover stringerle, aveva creduto di abbracciare qualcosa: certo era lui, il suo bimbo che viveva nel fiume e che si offriva alla sua tenerezza. Ella svelò anche a Marco que- sto suo segreto, perchè di cono-,scerlo aveva pur diritto anche j lui, ch'era padre del suo bambino. Ma egli aveva pianto, e le aveva ripetuto tante volte; a No, Estella, no Estella, no Estolla» fino alla disperazione. Gli disse più tardi — ed era vero — che Isoltanto sul fiume ella non sof-1» • zìi- i • i. il friva. Gli chiese di passare su! fiume tutte le sue giornate. C'era un isolotto in mezzo al fiume, e Io convinse di affittare per lei quella capanna che un pescatore aveva costruito e dimenticato. Vi cresceva qualche alberello verde, e tra terra e sassi spuntavano mille virgulti. Là meglio slava se era sola. E ormai avveniva spesso. Marco aveva ripreso, sia pure con molto stento, a lavorare, e da qualche tempo doveva recarsi ogni giorno in città. Accompagnava E stella fino alla barca ogni mattina, e mentre vogava verso l'isolotto egli la seguiva con lo sguardo, lanciando che la rozza del bir- roccino trovasse da sola la stia- da. Era facile del resto, che ba-|stava andar diritto sino al ponte che scavalca il fiume, percorrerlo e passare all'altra sponda ; subito cominciava la salita che s'inerpicava sul monte, e la rozza si fermava a metà per riprendere fiato. Marco ne approfittava pel- scendere, affacciarsi al muriccio- lo e risalutare Estella. Di solito|slaella aveva già approdato, e qual- vache volta aveva anche tolto la grsedia dal capanno. Il fiume le ógscorreva intorno, e a vederlo i-osi, jsudall'alto, pareva anche più largo l'ae poderoso, ma dolce e mansueto, eliNon si aveva memoria del resto deli una sua furia troppo minacciosa. Tutti dicevano, anche i vecchi che si compiacciono per solito di magnificare e avvalorare con lo esagerazioni i ricordi, che il fiume s'era intimidito da quando avevano corazzato il monte con quel contrafforte che poi gli ingegneri avevano coronato di quel inavque quc'eunrila strada dalla quale ora Marcojdeguardava. E infatti da anni non ans'era più provato a mordere, sai- suvo qualche breve furia e qualche glspavalda irruenza di primavera.'chgiqutoEstella guardava in su, appoggiava lo sguardo su quel gran muragliene e riconosceva Marco. Iper „ón "svegliarlo, il suo bimbo, |se si fosse gft addormentato, Gli faceva cenno con la mano, capoi chinava gli occhi e non ricor- ' dava più nulla-. Non ricordava più nulla fino al tramonto, quando Marco tornava a prenderla ed ella guardando il cielo riposava gli occhi che avevano durante il giorno scrutato l'acqua. Ma l'acqua s'era fatta nera, profonda come la notte. Ella pensava che il suo bambino dormisse, e fin quando non aveva visto la prima stella brillare nell'acqua, fin quando non s'era convinta che quel bianco mondo di miracolo non fosse sceso nel fiume accanto a lui per tenergli compagnia, ella accompagnava lo smorire del sole con lente canzoni. Teneva per ultima la più bella, la più accorata, e gliela cantava sommessa, luqutes'lequras'gaonsopochalil ricodochtesbl'n giorno il sole non arrossò il|(,ocielo, Non venne il tramonto. Al tre volte l'aveva visto grigio, quando aveva pioviuto sul suo fiume. Aveva aspettato paziente i giorni sereni e s'era ripetuta che il suo bimbo non c'era in quei giorni nelle onde, perchè era partito per un bel viaggio sopra le nuvole. Per questo il fiume non era limpido e allegro come gli occhi ch'ella gli aveva fatto. Quel giorno il cielo da limpido si fece improvvisamente d'acciaio. Un lampo lo stracciò. Brandelli di nuvole si sfrangiarono improvvisi ; e il sole parve rabbrividire. In altro, sempre più in atto,I parve sfuggire l'azzurro e lo ?i \ vedeva lontanare spaurito rilo dal livido grigiore che inva-jolfecomvae faE daprste deva la sorar-iiqua terra sulla quale il vento, pcorreva "a' "perdifiato.T Prodromii IdTdi iiiricsa tempesta erano gli esquarcLdel_ ciclo e le sue_stesse|v. i li i mani, Estolla guardandole, t p,le turbinava sugli occhi, sulla j bocca, sul collo. E subito la pio. vedova di cenere. Il vento ora lejmafferrava a ciocche i capelli, glie- già cadde con violenza come le code di una molteplice frusta accanita a fustigarla. Le piombava addosso inviperita, così fitta da toglierle il respiro. L'aveva preIsa il convulso, ora, e rideva. Si__ 1udiva ridere, meravigliandosi de-|nl ,. • i ii i cnscl-va cecaSati alle carni, non li sentiva più [sifreddi per il gran sbracciare, peri vl'afferrarsi che faceva alle pian- gli scoppi della sua voce, veden- rodosi, più che sentendosi, la boc-|mca aperta sui denti. pIl vento e l'acqua le entravano: vonella gola e della fatica di reg- j pgersi in piedi non sentiva più ìianessun, patire. Sentiva di ridere, e e ne era contenta, come se quel- ogl'abbraccio del vento le facesse sbinsieme gioia e solletico attorno dalla persona. Già i vestiti, incoi-Isoticello stente dell'isolotto. Vedeva | nla corrente correre forsennata in- {il torno, e man mano che i virgulti ai quali s'aggrappava cedevano dalla terra sfatta, ella li buttava vaeosa lontano ; ridendo sempre: rideva] là|forse al biancheggiare dell'acqua | I che ribolliva spumeggiando e pa reva a tratti farsi luminosa, bianca come il latte; e rideva a quel cangiare di colore del fiume che ora di bianco si faceva più giallo della terra, o s'intorbidava di viola e sbatteva contro la riva per morderla. Ogni tratto ri elvabdcirie slava, senza ridere più. Ascoltava la voce della tempesta e il gran silenzio che s'intercalava tra ógni scroscio. Era certa che nessuno, anche se avesse chiamato, l'avrebbe udita, o tentava qualelio grido per vincere il frastuono dei vento. Nel sentirselo ributtare in gola, rideva di nuovo; e non aveva paura, perchè le pareva che quel suo figliolo le fosse accanto e si divertisse a buttarle a soqquadro la casa. Naturalmente dalla riva non c'era nessuno a guardarla, ma ad un tratto vide — o le parve di riconoscere — Marco che faceva dei gesti disperati, quasi volesse anche con le braccia buttare la sua voce fino a lei. Che le consigliasse non capiva, ma si diede a chiamarlo, a fargli cenno di raggiungerla. Da lontano, a Marco quello sbracciare parve disperato, ma Estella Ir chiamava canto solo perchè godesse anche ' lui di quel frastuono. Ora l'acqua, inondato l'isolotto, più volte le aveva allacciato i piedi e le s'era sti ett'a attorno alle caviglie ; le pareva di camminare sull'acqua, come aveva sempre desiderato di fare. Il capanno, divelto, s'era sfasciato e qualche ramo galleggiava intorno, quando le onde non lo nascondevano e lo soffocavano. Marco dalla riva, urlava. Ne poteva muoversi e recarle aiuto che avrebbe dovuto correre fino al ponte, attraversarlo, risalire il fiume e affrontare — non gli riusciva di risolvere come — la corrente impetuosa. O avrebbe dovuto buttarsi dall'alto muro che faceva da sprono al monte. Inutilmente vedeva Estella Lsbracciare. Stringeva il parapet(,op le mani gli si rompevano, già olic ferite dalle redini e dalla frusta con le quali, nella corsa, al primo minacciare della tempesta, aveva aizzato il coraggio della bestia e misurato il proprio. L'acqua intanto gorgogliava infaticabile, strepitava impazzita. E più quella infuriava, più orrida diveniva agli occhi di Marco proprio della paura. Cercava E-|stella ormai tra onda e. risucchio, | e temeva della chiusa contro la i soprattutto, che dall'alto l'ammirava con quello stupore che _è| ili irrigidiva le" braccia.' CapivaInulla era più inutile e nulla dilla sua volontà quale, travolta, sarebbe andata a cozzare se non avesse resistito. più temerario 'ìstmto lo legava a quel muro, jgonfiava i piedi di piombo. ;IdTVaggiu^igerlal^la^di saìvarìaegli non voleva disperare. Si av- |vmghlò a quella parapettata,. ° . . 1 1 1 piego le ginocchia, impotente ajmuoversi, e finì per mordere la_ nn casto altri cento "li efneei- * * . & oa . calce-con bocca disperata. Oranoli gli riusciva neppure più di scorarla L'acqua l'aveva tra- l-nhflù ,v,tnmW, f ' I i „, ve volta e_la nascondeva. Gli pa'^a chiamarlo, certo riusci a *fa-cere il proprio peso, a buttarsicarponi sul muro, a scavalcarlo, Si lasciò scivolare. S'afferrò ad _ -it..: _i: -r : ,si accorse che la pioggia gli la- vava il volto insanguinato. Non seppe della fine di Estella ' rono sct(0 ]e mani, cercò col mento nna presa, capì di preci pitare. Poi gli parve di udire la voce irata del fiume che gli rim provera va l'audacia inutile, uriandOsrli la sua rabbiosa vittoria ; e gli abbracciava le gambe, e con ogni ondata di continuo glielo sbatteva contro quell'ammasso di sassi sui quali era caduto. Fu solo più tardi, riavendosi, chi nò in quell'ora nò mai. Quando il giorno dopo la ripescarono, tro- varano poco dopo anche lui, an eora afferrato a quel mucchio di sassi. Ma non volle, strappato di là. e portato a casa, riconoscerla, Il volto tumefatto, i capelli stec- eli iti, una larga benda le fasciava il capo. L'avevano trovata, le braccia aperte e la bocca sorridente ; ma il cranio era squarciato e avevano tentato, senza riuscire, di mascherare lo strazio e l'orrore. Franco Bondioli. Tempesta sul fiume Tempesta sul fiume Morto, appena nato, quel loro bambino tanto atteso, parve a Marco e a Estella che anche il loro destino fosse una stagione esaurita e. che del loro avvenire nulla più rimanesse che il tempo breve di tirar le somme e aspettare la fine. Il fiume soltanto li attirava, quasi che lo scorrere delle acque trascinasse lontano anche i pensieri. Non si dicevano nulla, ma spesso, in una stessa giornata, si prendevano per mano, per incamminarsi là dove a loro era parso di udire, prima che nascesse, il vagito del loro bambino. Ricordavano d'esservi arrivati quel giorno un po' stanchi, anche se Estclla aveva camminato lentamente sui prati. Quel giorno, per farla riposare, egli le aveva cantato sottovoce una ninna nanna che era stata comune alla loro adolescenza. Ella aveva chiuso gli occhi, ma anche a Marco era parso di udire fievole, quasi venisse da una lontananza eterna, non seppero mai se dalla terra o dall'acqua o forse dal loro cuore, la voce del loro bimbo futuro. Ora, giungendo a quella riva ogni giorno, Estella cominciò a pensare di nascondersi nel fiume, di calare sul fondo, così che uno spesso strato d'acqua attutisse ogni rumore. La corrente l'avrebbe trascinata un poco, poi non si sarebbe più ricordata di lei: come di quei sassi che a volte vedeva luccicare variopinti e sembravan felici di essere dimenticati. Non le sarebbe parso di morire, ma di adagiarsi in un fresco riposo, in un lungo sonno. Il lecssdeNcclcidqggstempo sarebbe più facilmenteIpassato, laggiù, sotto l'acqua, in|fondo al fiume. Poi un giorno un egvortice l'avrebbe svegliata, riportata a galla, e sarebbe moria, finalmente, quando avesse voluto il Signore. Era in quell'acqua ch'ella aveva udito la voce del suo bimbo, ed era certa che, dopo di essere apparso sulla terra, in quel giorno ormai lontano, egli era tornato laggiù da dove l'aveva quella prima volta chiamata. Certo anzi era tornato laggiù, se a lei il respiro era più facile se si chinava a fil d'acqua, e se il sangue le scorreva più dolce nelle vene (piando tuffava le mani fino ai polsi. Sentiva correre sulla pelle una carezza, e le dita avevano un tremito sconosciuto. Aveva provato a tuffare tutte le braccia noi fiume, e.le era parso di potere e di dover stringerle, aveva creduto di abbracciare qualcosa: certo era lui, il suo bimbo che viveva nel fiume e che si offriva alla sua tenerezza. Ella svelò anche a Marco que- sto suo segreto, perchè di cono-,scerlo aveva pur diritto anche j lui, ch'era padre del suo bambino. Ma egli aveva pianto, e le aveva ripetuto tante volte; a No, Estella, no Estella, no Estolla» fino alla disperazione. Gli disse più tardi — ed era vero — che Isoltanto sul fiume ella non sof-1» • zìi- i • i. il friva. Gli chiese di passare su! fiume tutte le sue giornate. C'era un isolotto in mezzo al fiume, e Io convinse di affittare per lei quella capanna che un pescatore aveva costruito e dimenticato. Vi cresceva qualche alberello verde, e tra terra e sassi spuntavano mille virgulti. Là meglio slava se era sola. E ormai avveniva spesso. Marco aveva ripreso, sia pure con molto stento, a lavorare, e da qualche tempo doveva recarsi ogni giorno in città. Accompagnava E stella fino alla barca ogni mattina, e mentre vogava verso l'isolotto egli la seguiva con lo sguardo, lanciando che la rozza del bir- roccino trovasse da sola la stia- da. Era facile del resto, che ba-|stava andar diritto sino al ponte che scavalca il fiume, percorrerlo e passare all'altra sponda ; subito cominciava la salita che s'inerpicava sul monte, e la rozza si fermava a metà per riprendere fiato. Marco ne approfittava pel- scendere, affacciarsi al muriccio- lo e risalutare Estella. Di solito|slaella aveva già approdato, e qual- vache volta aveva anche tolto la grsedia dal capanno. Il fiume le ógscorreva intorno, e a vederlo i-osi, jsudall'alto, pareva anche più largo l'ae poderoso, ma dolce e mansueto, eliNon si aveva memoria del resto deli una sua furia troppo minacciosa. Tutti dicevano, anche i vecchi che si compiacciono per solito di magnificare e avvalorare con lo esagerazioni i ricordi, che il fiume s'era intimidito da quando avevano corazzato il monte con quel contrafforte che poi gli ingegneri avevano coronato di quel inavque quc'eunrila strada dalla quale ora Marcojdeguardava. E infatti da anni non ans'era più provato a mordere, sai- suvo qualche breve furia e qualche glspavalda irruenza di primavera.'chgiqutoEstella guardava in su, appoggiava lo sguardo su quel gran muragliene e riconosceva Marco. Iper „ón "svegliarlo, il suo bimbo, |se si fosse gft addormentato, Gli faceva cenno con la mano, capoi chinava gli occhi e non ricor- ' dava più nulla-. Non ricordava più nulla fino al tramonto, quando Marco tornava a prenderla ed ella guardando il cielo riposava gli occhi che avevano durante il giorno scrutato l'acqua. Ma l'acqua s'era fatta nera, profonda come la notte. Ella pensava che il suo bambino dormisse, e fin quando non aveva visto la prima stella brillare nell'acqua, fin quando non s'era convinta che quel bianco mondo di miracolo non fosse sceso nel fiume accanto a lui per tenergli compagnia, ella accompagnava lo smorire del sole con lente canzoni. Teneva per ultima la più bella, la più accorata, e gliela cantava sommessa, luqutes'lequras'gaonsopochalil ricodochtesbl'n giorno il sole non arrossò il|(,ocielo, Non venne il tramonto. Al tre volte l'aveva visto grigio, quando aveva pioviuto sul suo fiume. Aveva aspettato paziente i giorni sereni e s'era ripetuta che il suo bimbo non c'era in quei giorni nelle onde, perchè era partito per un bel viaggio sopra le nuvole. Per questo il fiume non era limpido e allegro come gli occhi ch'ella gli aveva fatto. Quel giorno il cielo da limpido si fece improvvisamente d'acciaio. Un lampo lo stracciò. Brandelli di nuvole si sfrangiarono improvvisi ; e il sole parve rabbrividire. In altro, sempre più in atto,I parve sfuggire l'azzurro e lo ?i \ vedeva lontanare spaurito rilo dal livido grigiore che inva-jolfecomvae faE daprste deva la sorar-iiqua terra sulla quale il vento, pcorreva "a' "perdifiato.T Prodromii IdTdi iiiricsa tempesta erano gli esquarcLdel_ ciclo e le sue_stesse|v. i li i mani, Estolla guardandole, t p,le turbinava sugli occhi, sulla j bocca, sul collo. E subito la pio. vedova di cenere. Il vento ora lejmafferrava a ciocche i capelli, glie- già cadde con violenza come le code di una molteplice frusta accanita a fustigarla. Le piombava addosso inviperita, così fitta da toglierle il respiro. L'aveva preIsa il convulso, ora, e rideva. Si__ 1udiva ridere, meravigliandosi de-|nl ,. • i ii i cnscl-va cecaSati alle carni, non li sentiva più [sifreddi per il gran sbracciare, peri vl'afferrarsi che faceva alle pian- gli scoppi della sua voce, veden- rodosi, più che sentendosi, la boc-|mca aperta sui denti. pIl vento e l'acqua le entravano: vonella gola e della fatica di reg- j pgersi in piedi non sentiva più ìianessun, patire. Sentiva di ridere, e e ne era contenta, come se quel- ogl'abbraccio del vento le facesse sbinsieme gioia e solletico attorno dalla persona. Già i vestiti, incoi-Isoticello stente dell'isolotto. Vedeva | nla corrente correre forsennata in- {il torno, e man mano che i virgulti ai quali s'aggrappava cedevano dalla terra sfatta, ella li buttava vaeosa lontano ; ridendo sempre: rideva] là|forse al biancheggiare dell'acqua | I che ribolliva spumeggiando e pa reva a tratti farsi luminosa, bianca come il latte; e rideva a quel cangiare di colore del fiume che ora di bianco si faceva più giallo della terra, o s'intorbidava di viola e sbatteva contro la riva per morderla. Ogni tratto ri elvabdcirie slava, senza ridere più. Ascoltava la voce della tempesta e il gran silenzio che s'intercalava tra ógni scroscio. Era certa che nessuno, anche se avesse chiamato, l'avrebbe udita, o tentava qualelio grido per vincere il frastuono dei vento. Nel sentirselo ributtare in gola, rideva di nuovo; e non aveva paura, perchè le pareva che quel suo figliolo le fosse accanto e si divertisse a buttarle a soqquadro la casa. Naturalmente dalla riva non c'era nessuno a guardarla, ma ad un tratto vide — o le parve di riconoscere — Marco che faceva dei gesti disperati, quasi volesse anche con le braccia buttare la sua voce fino a lei. Che le consigliasse non capiva, ma si diede a chiamarlo, a fargli cenno di raggiungerla. Da lontano, a Marco quello sbracciare parve disperato, ma Estella Ir chiamava canto solo perchè godesse anche ' lui di quel frastuono. Ora l'acqua, inondato l'isolotto, più volte le aveva allacciato i piedi e le s'era sti ett'a attorno alle caviglie ; le pareva di camminare sull'acqua, come aveva sempre desiderato di fare. Il capanno, divelto, s'era sfasciato e qualche ramo galleggiava intorno, quando le onde non lo nascondevano e lo soffocavano. Marco dalla riva, urlava. Ne poteva muoversi e recarle aiuto che avrebbe dovuto correre fino al ponte, attraversarlo, risalire il fiume e affrontare — non gli riusciva di risolvere come — la corrente impetuosa. O avrebbe dovuto buttarsi dall'alto muro che faceva da sprono al monte. Inutilmente vedeva Estella Lsbracciare. Stringeva il parapet(,op le mani gli si rompevano, già olic ferite dalle redini e dalla frusta con le quali, nella corsa, al primo minacciare della tempesta, aveva aizzato il coraggio della bestia e misurato il proprio. L'acqua intanto gorgogliava infaticabile, strepitava impazzita. E più quella infuriava, più orrida diveniva agli occhi di Marco proprio della paura. Cercava E-|stella ormai tra onda e. risucchio, | e temeva della chiusa contro la i soprattutto, che dall'alto l'ammirava con quello stupore che _è| ili irrigidiva le" braccia.' CapivaInulla era più inutile e nulla dilla sua volontà quale, travolta, sarebbe andata a cozzare se non avesse resistito. più temerario 'ìstmto lo legava a quel muro, jgonfiava i piedi di piombo. ;IdTVaggiu^igerlal^la^di saìvarìaegli non voleva disperare. Si av- |vmghlò a quella parapettata,. ° . . 1 1 1 piego le ginocchia, impotente ajmuoversi, e finì per mordere la_ nn casto altri cento "li efneei- * * . & oa . calce-con bocca disperata. Oranoli gli riusciva neppure più di scorarla L'acqua l'aveva tra- l-nhflù ,v,tnmW, f ' I i „, ve volta e_la nascondeva. Gli pa'^a chiamarlo, certo riusci a *fa-cere il proprio peso, a buttarsicarponi sul muro, a scavalcarlo, Si lasciò scivolare. S'afferrò ad _ -it..: _i: -r : ,si accorse che la pioggia gli la- vava il volto insanguinato. Non seppe della fine di Estella ' rono sct(0 ]e mani, cercò col mento nna presa, capì di preci pitare. Poi gli parve di udire la voce irata del fiume che gli rim provera va l'audacia inutile, uriandOsrli la sua rabbiosa vittoria ; e gli abbracciava le gambe, e con ogni ondata di continuo glielo sbatteva contro quell'ammasso di sassi sui quali era caduto. Fu solo più tardi, riavendosi, chi nò in quell'ora nò mai. Quando il giorno dopo la ripescarono, tro- varano poco dopo anche lui, an eora afferrato a quel mucchio di sassi. Ma non volle, strappato di là. e portato a casa, riconoscerla, Il volto tumefatto, i capelli stec- eli iti, una larga benda le fasciava il capo. L'avevano trovata, le braccia aperte e la bocca sorridente ; ma il cranio era squarciato e avevano tentato, senza riuscire, di mascherare lo strazio e l'orrore. Franco Bondioli. Tempesta sul fiume Tempesta sul fiume Morto, appena nato, quel loro bambino tanto atteso, parve a Marco e a Estella che anche il loro destino fosse una stagione esaurita e. che del loro avvenire nulla più rimanesse che il tempo breve di tirar le somme e aspettare la fine. Il fiume soltanto li attirava, quasi che lo scorrere delle acque trascinasse lontano anche i pensieri. Non si dicevano nulla, ma spesso, in una stessa giornata, si prendevano per mano, per incamminarsi là dove a loro era parso di udire, prima che nascesse, il vagito del loro bambino. Ricordavano d'esservi arrivati quel giorno un po' stanchi, anche se Estclla aveva camminato lentamente sui prati. Quel giorno, per farla riposare, egli le aveva cantato sottovoce una ninna nanna che era stata comune alla loro adolescenza. Ella aveva chiuso gli occhi, ma anche a Marco era parso di udire fievole, quasi venisse da una lontananza eterna, non seppero mai se dalla terra o dall'acqua o forse dal loro cuore, la voce del loro bimbo futuro. Ora, giungendo a quella riva ogni giorno, Estella cominciò a pensare di nascondersi nel fiume, di calare sul fondo, così che uno spesso strato d'acqua attutisse ogni rumore. La corrente l'avrebbe trascinata un poco, poi non si sarebbe più ricordata di lei: come di quei sassi che a volte vedeva luccicare variopinti e sembravan felici di essere dimenticati. Non le sarebbe parso di morire, ma di adagiarsi in un fresco riposo, in un lungo sonno. Il lecssdeNcclcidqggstempo sarebbe più facilmenteIpassato, laggiù, sotto l'acqua, in|fondo al fiume. Poi un giorno un egvortice l'avrebbe svegliata, riportata a galla, e sarebbe moria, finalmente, quando avesse voluto il Signore. Era in quell'acqua ch'ella aveva udito la voce del suo bimbo, ed era certa che, dopo di essere apparso sulla terra, in quel giorno ormai lontano, egli era tornato laggiù da dove l'aveva quella prima volta chiamata. Certo anzi era tornato laggiù, se a lei il respiro era più facile se si chinava a fil d'acqua, e se il sangue le scorreva più dolce nelle vene (piando tuffava le mani fino ai polsi. Sentiva correre sulla pelle una carezza, e le dita avevano un tremito sconosciuto. Aveva provato a tuffare tutte le braccia noi fiume, e.le era parso di potere e di dover stringerle, aveva creduto di abbracciare qualcosa: certo era lui, il suo bimbo che viveva nel fiume e che si offriva alla sua tenerezza. Ella svelò anche a Marco que- sto suo segreto, perchè di cono-,scerlo aveva pur diritto anche j lui, ch'era padre del suo bambino. Ma egli aveva pianto, e le aveva ripetuto tante volte; a No, Estella, no Estella, no Estolla» fino alla disperazione. Gli disse più tardi — ed era vero — che Isoltanto sul fiume ella non sof-1» • zìi- i • i. il friva. Gli chiese di passare su! fiume tutte le sue giornate. C'era un isolotto in mezzo al fiume, e Io convinse di affittare per lei quella capanna che un pescatore aveva costruito e dimenticato. Vi cresceva qualche alberello verde, e tra terra e sassi spuntavano mille virgulti. Là meglio slava se era sola. E ormai avveniva spesso. Marco aveva ripreso, sia pure con molto stento, a lavorare, e da qualche tempo doveva recarsi ogni giorno in città. Accompagnava E stella fino alla barca ogni mattina, e mentre vogava verso l'isolotto egli la seguiva con lo sguardo, lanciando che la rozza del bir- roccino trovasse da sola la stia- da. Era facile del resto, che ba-|stava andar diritto sino al ponte che scavalca il fiume, percorrerlo e passare all'altra sponda ; subito cominciava la salita che s'inerpicava sul monte, e la rozza si fermava a metà per riprendere fiato. Marco ne approfittava pel- scendere, affacciarsi al muriccio- lo e risalutare Estella. Di solito|slaella aveva già approdato, e qual- vache volta aveva anche tolto la grsedia dal capanno. Il fiume le ógscorreva intorno, e a vederlo i-osi, jsudall'alto, pareva anche più largo l'ae poderoso, ma dolce e mansueto, eliNon si aveva memoria del resto deli una sua furia troppo minacciosa. Tutti dicevano, anche i vecchi che si compiacciono per solito di magnificare e avvalorare con lo esagerazioni i ricordi, che il fiume s'era intimidito da quando avevano corazzato il monte con quel contrafforte che poi gli ingegneri avevano coronato di quel inavque quc'eunrila strada dalla quale ora Marcojdeguardava. E infatti da anni non ans'era più provato a mordere, sai- suvo qualche breve furia e qualche glspavalda irruenza di primavera.'chgiqutoEstella guardava in su, appoggiava lo sguardo su quel gran muragliene e riconosceva Marco. Iper „ón "svegliarlo, il suo bimbo, |se si fosse gft addormentato, Gli faceva cenno con la mano, capoi chinava gli occhi e non ricor- ' dava più nulla-. Non ricordava più nulla fino al tramonto, quando Marco tornava a prenderla ed ella guardando il cielo riposava gli occhi che avevano durante il giorno scrutato l'acqua. Ma l'acqua s'era fatta nera, profonda come la notte. Ella pensava che il suo bambino dormisse, e fin quando non aveva visto la prima stella brillare nell'acqua, fin quando non s'era convinta che quel bianco mondo di miracolo non fosse sceso nel fiume accanto a lui per tenergli compagnia, ella accompagnava lo smorire del sole con lente canzoni. Teneva per ultima la più bella, la più accorata, e gliela cantava sommessa, luqutes'lequras'gaonsopochalil ricodochtesbl'n giorno il sole non arrossò il|(,ocielo, Non venne il tramonto. Al tre volte l'aveva visto grigio, quando aveva pioviuto sul suo fiume. Aveva aspettato paziente i giorni sereni e s'era ripetuta che il suo bimbo non c'era in quei giorni nelle onde, perchè era partito per un bel viaggio sopra le nuvole. Per questo il fiume non era limpido e allegro come gli occhi ch'ella gli aveva fatto. Quel giorno il cielo da limpido si fece improvvisamente d'acciaio. Un lampo lo stracciò. Brandelli di nuvole si sfrangiarono improvvisi ; e il sole parve rabbrividire. In altro, sempre più in atto,I parve sfuggire l'azzurro e lo ?i \ vedeva lontanare spaurito rilo dal livido grigiore che inva-jolfecomvae faE daprste deva la sorar-iiqua terra sulla quale il vento, pcorreva "a' "perdifiato.T Prodromii IdTdi iiiricsa tempesta erano gli esquarcLdel_ ciclo e le sue_stesse|v. i li i mani, Estolla guardandole, t p,le turbinava sugli occhi, sulla j bocca, sul collo. E subito la pio. vedova di cenere. Il vento ora lejmafferrava a ciocche i capelli, glie- già cadde con violenza come le code di una molteplice frusta accanita a fustigarla. Le piombava addosso inviperita, così fitta da toglierle il respiro. L'aveva preIsa il convulso, ora, e rideva. Si__ 1udiva ridere, meravigliandosi de-|nl ,. • i ii i cnscl-va cecaSati alle carni, non li sentiva più [sifreddi per il gran sbracciare, peri vl'afferrarsi che faceva alle pian- gli scoppi della sua voce, veden- rodosi, più che sentendosi, la boc-|mca aperta sui denti. pIl vento e l'acqua le entravano: vonella gola e della fatica di reg- j pgersi in piedi non sentiva più ìianessun, patire. Sentiva di ridere, e e ne era contenta, come se quel- ogl'abbraccio del vento le facesse sbinsieme gioia e solletico attorno dalla persona. Già i vestiti, incoi-Isoticello stente dell'isolotto. Vedeva | nla corrente correre forsennata in- {il torno, e man mano che i virgulti ai quali s'aggrappava cedevano dalla terra sfatta, ella li buttava vaeosa lontano ; ridendo sempre: rideva] là|forse al biancheggiare dell'acqua | I che ribolliva spumeggiando e pa reva a tratti farsi luminosa, bianca come il latte; e rideva a quel cangiare di colore del fiume che ora di bianco si faceva più giallo della terra, o s'intorbidava di viola e sbatteva contro la riva per morderla. Ogni tratto ri elvabdcirie slava, senza ridere più. Ascoltava la voce della tempesta e il gran silenzio che s'intercalava tra ógni scroscio. Era certa che nessuno, anche se avesse chiamato, l'avrebbe udita, o tentava qualelio grido per vincere il frastuono dei vento. Nel sentirselo ributtare in gola, rideva di nuovo; e non aveva paura, perchè le pareva che quel suo figliolo le fosse accanto e si divertisse a buttarle a soqquadro la casa. Naturalmente dalla riva non c'era nessuno a guardarla, ma ad un tratto vide — o le parve di riconoscere — Marco che faceva dei gesti disperati, quasi volesse anche con le braccia buttare la sua voce fino a lei. Che le consigliasse non capiva, ma si diede a chiamarlo, a fargli cenno di raggiungerla. Da lontano, a Marco quello sbracciare parve disperato, ma Estella Ir chiamava canto solo perchè godesse anche ' lui di quel frastuono. Ora l'acqua, inondato l'isolotto, più volte le aveva allacciato i piedi e le s'era sti ett'a attorno alle caviglie ; le pareva di camminare sull'acqua, come aveva sempre desiderato di fare. Il capanno, divelto, s'era sfasciato e qualche ramo galleggiava intorno, quando le onde non lo nascondevano e lo soffocavano. Marco dalla riva, urlava. Ne poteva muoversi e recarle aiuto che avrebbe dovuto correre fino al ponte, attraversarlo, risalire il fiume e affrontare — non gli riusciva di risolvere come — la corrente impetuosa. O avrebbe dovuto buttarsi dall'alto muro che faceva da sprono al monte. Inutilmente vedeva Estella Lsbracciare. Stringeva il parapet(,op le mani gli si rompevano, già olic ferite dalle redini e dalla frusta con le quali, nella corsa, al primo minacciare della tempesta, aveva aizzato il coraggio della bestia e misurato il proprio. L'acqua intanto gorgogliava infaticabile, strepitava impazzita. E più quella infuriava, più orrida diveniva agli occhi di Marco proprio della paura. Cercava E-|stella ormai tra onda e. risucchio, | e temeva della chiusa contro la i soprattutto, che dall'alto l'ammirava con quello stupore che _è| ili irrigidiva le" braccia.' CapivaInulla era più inutile e nulla dilla sua volontà quale, travolta, sarebbe andata a cozzare se non avesse resistito. più temerario 'ìstmto lo legava a quel muro, jgonfiava i piedi di piombo. ;IdTVaggiu^igerlal^la^di saìvarìaegli non voleva disperare. Si av- |vmghlò a quella parapettata,. ° . . 1 1 1 piego le ginocchia, impotente ajmuoversi, e finì per mordere la_ nn casto altri cento "li efneei- * * . & oa . calce-con bocca disperata. Oranoli gli riusciva neppure più di scorarla L'acqua l'aveva tra- l-nhflù ,v,tnmW, f ' I i „, ve volta e_la nascondeva. Gli pa'^a chiamarlo, certo riusci a *fa-cere il proprio peso, a buttarsicarponi sul muro, a scavalcarlo, Si lasciò scivolare. S'afferrò ad _ -it..: _i: -r : ,si accorse che la pioggia gli la- vava il volto insanguinato. Non seppe della fine di Estella ' rono sct(0 ]e mani, cercò col mento nna presa, capì di preci pitare. Poi gli parve di udire la voce irata del fiume che gli rim provera va l'audacia inutile, uriandOsrli la sua rabbiosa vittoria ; e gli abbracciava le gambe, e con ogni ondata di continuo glielo sbatteva contro quell'ammasso di sassi sui quali era caduto. Fu solo più tardi, riavendosi, chi nò in quell'ora nò mai. Quando il giorno dopo la ripescarono, tro- varano poco dopo anche lui, an eora afferrato a quel mucchio di sassi. Ma non volle, strappato di là. e portato a casa, riconoscerla, Il volto tumefatto, i capelli stec- eli iti, una larga benda le fasciava il capo. L'avevano trovata, le braccia aperte e la bocca sorridente ; ma il cranio era squarciato e avevano tentato, senza riuscire, di mascherare lo strazio e l'orrore. Franco Bondioli.

Persone citate: Estella Ir, Estella Lsbracciare, Franco Bondioli