LE ARTI

LE ARTI LE ARTI Per un'architettura torinese La nuova sede della Società Ippica tol.inese, opera dell'architetto Cario Mollino con la collaborazione dell' ingegnere Vittorio Baudi di Selve, inaugurata lo scorso 28 ottobre, per l'originale conoezione ed eseciizione fornisciapunto di un'intelligente esani, critico sia a un architetto, Giuseppe Pagano (Costruzioni, fascicolo di gennaio), sia a uno studieso d'arte, Aldo Bertini (Le Arti. dicembre '40-gennaio '41). Quest'P(iifjcio è uno dei pochissimi che ^ Tonno s'inseriscano nel gusto e nei;0 stjie attuale; e tanto peggio per i torinesi distratti che — da- per ta la località piuttosto eccentrica in cui sorge — non se ne sono accortl' se non altr0 Per discuterne, Polemizzando ccn coloro che credono f|i vcdere nell'architettura mocierna una conventicola di gente settaria, rigidamente fissata a formole preconcette da canoni namovibili », il Pagano nota, a K^LtolT,?i «"S^«^TuìiSf* che cosi intensa ed acuta e lesal- tazione spaziale nella sensibilità del Mollino, ch'egli '-riesce vera- mente a raggiungere il limite del a disgregazione dello spazio, a li- rlcite&ell razionalismo e a ren- der(? funzionale la poesia negan- do apertamente tutti i valori di un convenzionalismo formale». Dal canto suo il Bertini, premesso che quest'edificio è - indice di uno stato d'animo ormai assai diffuso negli architetti italiani che sembra risultare dalla riconosciuta vanità del mito funzionalistico, e da! conseguente bisogno di uno stilismo cosciente e tenacemente perseguito », osserva che nel Mollino « il distacco dal funzionalismo è tanto completo che non lascia alcun residuo polemico », sì ch'egli dalla molteplice varietà di funzione dei locali ha potuto trarre libera ispirazione per risolvere il proprio problema espressilo, pure nella chiara convinzione che questo non si esaurisca nel problema costruttivo. Con l'uno come con l'altro critico siamo dunque ben lontani dal crudo mmemaò ispirato ai pu ro e semplice concetto funzionale setto il. cui intransigente segno tanti architetti moderni svolsero la loro battaglia; siamo lontani dalla, conseguente troppo famosa espressione della « macchina per abitare ». Da penne non sospette di conservatorismo si confessa implicitamente i ma in verità un po' tardi) che il credo razionale non basta a risolvere l'architettura, si accenna ai modi di « liricizzare il razionalismo ». a « una trepida romantica commozione », a « una fantasia spontanea e sottile ». Ciò non ci sembra in contraddizione con quanto l'altro giorno pur qui scrivevamo invocando per l'architettura moderna quell'elemento fantastico, magari inutile dal punto di vista funzionale, che non può attuarsi se non in un rinnovato principio decorativo (per decorazione intendendo non ornamento giustapposto, posticcio, ma connaturato alle strutture) che a perfette espressioni funzionali dia anche vitalità di poesia, di stile. Se non che nel medesimo fascicolo di Costruzioni vediamo anche presentato e commentato con simpatia un progetto di palazzo per uffici ch'è il ben noto scatolone spigoloso da tanti anni ammannite come architettura. Al solito, per tal parallelepipedo, si parla di * impostazione volumetrica che nasce da precisi criteri estetici», di -< ritmo esatto dalle linee orizzontali ». di « serrata compiutezza che nessun movimento di corpi di fabbrica aggiunti o di risvolte, nessuna alternanza di motivi, nessun sfalsamento di piani turba menomamente». E allora? Come mettiamo d'accordo i due giudizi e le due lodi? Non è giun to il tempo di una discriminazione severa di quanto aspira, bello e brutto confusi insieme, a un titolo di modernità, che però non dovrebbe bastare ad un avallo incondizionato ? LE ARTI LE ARTI Per un'architettura torinese La nuova sede della Società Ippica tol.inese, opera dell'architetto Cario Mollino con la collaborazione dell' ingegnere Vittorio Baudi di Selve, inaugurata lo scorso 28 ottobre, per l'originale conoezione ed eseciizione fornisciapunto di un'intelligente esani, critico sia a un architetto, Giuseppe Pagano (Costruzioni, fascicolo di gennaio), sia a uno studieso d'arte, Aldo Bertini (Le Arti. dicembre '40-gennaio '41). Quest'P(iifjcio è uno dei pochissimi che ^ Tonno s'inseriscano nel gusto e nei;0 stjie attuale; e tanto peggio per i torinesi distratti che — da- per ta la località piuttosto eccentrica in cui sorge — non se ne sono accortl' se non altr0 Per discuterne, Polemizzando ccn coloro che credono f|i vcdere nell'architettura mocierna una conventicola di gente settaria, rigidamente fissata a formole preconcette da canoni namovibili », il Pagano nota, a K^LtolT,?i «"S^«^TuìiSf* che cosi intensa ed acuta e lesal- tazione spaziale nella sensibilità del Mollino, ch'egli '-riesce vera- mente a raggiungere il limite del a disgregazione dello spazio, a li- rlcite&ell razionalismo e a ren- der(? funzionale la poesia negan- do apertamente tutti i valori di un convenzionalismo formale». Dal canto suo il Bertini, premesso che quest'edificio è - indice di uno stato d'animo ormai assai diffuso negli architetti italiani che sembra risultare dalla riconosciuta vanità del mito funzionalistico, e da! conseguente bisogno di uno stilismo cosciente e tenacemente perseguito », osserva che nel Mollino « il distacco dal funzionalismo è tanto completo che non lascia alcun residuo polemico », sì ch'egli dalla molteplice varietà di funzione dei locali ha potuto trarre libera ispirazione per risolvere il proprio problema espressilo, pure nella chiara convinzione che questo non si esaurisca nel problema costruttivo. Con l'uno come con l'altro critico siamo dunque ben lontani dal crudo mmemaò ispirato ai pu ro e semplice concetto funzionale setto il. cui intransigente segno tanti architetti moderni svolsero la loro battaglia; siamo lontani dalla, conseguente troppo famosa espressione della « macchina per abitare ». Da penne non sospette di conservatorismo si confessa implicitamente i ma in verità un po' tardi) che il credo razionale non basta a risolvere l'architettura, si accenna ai modi di « liricizzare il razionalismo ». a « una trepida romantica commozione », a « una fantasia spontanea e sottile ». Ciò non ci sembra in contraddizione con quanto l'altro giorno pur qui scrivevamo invocando per l'architettura moderna quell'elemento fantastico, magari inutile dal punto di vista funzionale, che non può attuarsi se non in un rinnovato principio decorativo (per decorazione intendendo non ornamento giustapposto, posticcio, ma connaturato alle strutture) che a perfette espressioni funzionali dia anche vitalità di poesia, di stile. Se non che nel medesimo fascicolo di Costruzioni vediamo anche presentato e commentato con simpatia un progetto di palazzo per uffici ch'è il ben noto scatolone spigoloso da tanti anni ammannite come architettura. Al solito, per tal parallelepipedo, si parla di * impostazione volumetrica che nasce da precisi criteri estetici», di -< ritmo esatto dalle linee orizzontali ». di « serrata compiutezza che nessun movimento di corpi di fabbrica aggiunti o di risvolte, nessuna alternanza di motivi, nessun sfalsamento di piani turba menomamente». E allora? Come mettiamo d'accordo i due giudizi e le due lodi? Non è giun to il tempo di una discriminazione severa di quanto aspira, bello e brutto confusi insieme, a un titolo di modernità, che però non dovrebbe bastare ad un avallo incondizionato ?

Persone citate: Aldo Bertini, Bertini, Giuseppe Pagano, Vittorio Baudi