La Santissima Trinità

La Santissima Trinità Commenti al Vecchio e al Nuovo Testamento La Santissima Trinità La chiosa ch'Ila SS. Trinità in Torino si affaccia a uno dei quadrivi più popolosi c rombanti della città vecchia ; c per questa ma caratteristica ha sempre rappresentato ai miei occhi — così deliziósamente silenziosa c deserta comò abitualmente — come un porto di pace, a cui approdo e. mi ormeggio per qualche quarto d'ora, beato, ogni qualvolta la marea dei traffici mi sollevi sulla cresta delle sue onde e sospinga, conio una festuca, in. quei paraggi. B' una bella chiesa circolare, di gentili e minute proporzioni, cara a noi Torinesi per i nomi di Ascanio Vittozzi, clic la disegnò, e del Javara che la coniIli molto tempo dopo, nel 1718: dietro l'aitar maggioro una bella c gaia vetrata (come, nel Duomo, la cappella della Sindone) fa da sfondo arioso sulla saoristìa. Ma devo pur dire che non solo la sua felice ubicazione, e la graziosa ospitalità delle sue panche, mi vi hanno cosi spesso attratto, bensì anche, e soprattutto (a volte più, a volte meno inconsciamente), quel nome augusto e solenne che porta, nonché l'alta essenza ch'essa sta a significare: Sanlissima. Trinità, culmine delle gerarchie umane e divine, cui è sede il superno dei sette Cieli, la più lucente e inarrivabile profondità dell'Empireo. Quale illustre Sauto a cui una chiesa possa essere consacrata ; quale Martire, quale Dottore, quale Apostolo (ne mancano, in quei pressi, san Domenico, san Francesco, san Tommaso) ; quale squisito attributo della Vergine — Cuor di Maria, Madonna degli Angioli, Immacolata Concezione — può competere, infatti, con quella dedicazione suprema? Ed io, che sono pur sempre figlio del mio secolo (benché per una parte, grande o piccola che sia. gli contrasti e lo innovi), io mi sono tpesso sorpreso, durante quelle soste riposanti, a meditare, meno ormai con l'intelletto reverente che con la fantasia rapida, su quel mistero della Trinità, che è un caposaldo del dogma cristiano. l'iio tir trino Dio, sta scritto sul frontone della chiesa, con quella brevità solenne, e inarrivabile maestà, del verbo latino; e sopra la scritta figura in altorilievo marmoreo, la consueta rappresentazione popolare della Trinità, tanfo toccante e familiare: il Padre e il Figlio, gagliardo vecchio e giovane preslaute, drappeggiati fra le nuvole in vasti ondeggiamenti, tengono sospesa, l'un colla destra l'altro colla sinistra, una corona sul capo della Vergine, che fra i loro seggi, un poco più in basso, sta diritta e compunta a mani giunte: Umile et alta pia e fi e creatura... Sopra il suo capo, in foggia di colomba, lo Spirito Santo effonde tutt'all'intorno i raggi del suo amore. Ai lati, angioli oranti, santi inginocchiati stanno a contemplare. E ciò che prima di tutto colpisce in quella scena, ove — Trinità, Incarnazione, Concezione — sta come assommata la teologia cristiana, è quella specie di omaggio della sublime maschilità dei Creatori alla femminilità della creatura. Eternamente stanno in quella posa; e il giuoco dei mondi, il volteggiare degli spiriti intorno ad essi eternamente ruota. Che salto, da quésta ingenua rappresentazione antropomorfica della Trinità a quella, cui l'intellettiva fantasia di Dante pervenne, al termine del suo viaggio ultraterreno, dopo tanto errare per i regni bui : Nella profonda e chiara enssi.-tenza iloll'nlto lume, pancini tre giri di tre colori e d'una continenza. 3-J l'un dall'altro, come Iri da Iri purea riflesso.,. Ecco tutto quanto la più alta fantasia umana, guidata dalla più profonda scienza teologica, ha saputo immaginare, per rappresentare, come parvenza sensibile ad occhi mortali, l'essenza di Dio: e, nella visione dell'uni. verso a cui l'astronomia moderna ci ha abituati ; solcata, fino alle più estreme lontananze, di ro teanti corpi senza centro apparente, o vuota di Bpirito — questa configurazione tutta tolemaica (quanto ad ideale ubicazione) sembra cosi strana e dissueta, così difficile, ormai, da collocare ! « Ho esplorato col mio telescopio l'universo fin nelle sue più remote profondità, e non vi ho trovato Iddio», diceva quell'astronomo dell'Ottocento ; press'a poco come quel suo contemporaneo : a Ho disseccato col mio bisturi il corpo umano fin nelle sue più ime latebre, e non vi ho trovato l'anima ». Tutto sommato, non sono state ragioni molto più profonde e persuasive di queste a originare l'immensa sfiducia odierna, che ha orinai pervaso le profonde masse, circa la esistenza diDio e dell'anima. Che possa esistere un centro motore spirituale dell'universo materiale simile a quello simboleggiato da Dante, non è, nemmeno oggi, cosa inammissibile: l'amor che more il sole e l'altre, stelle... ma amiate a dirlo alla gente, è come tremore una molla rotta, nonpmtgmnnlcrdmpsgcatpppcearmdidEdlpclpvbnadspdt a o e possibile (e in altri modi), ricominciare da capo. Fu, soprattutto, il non aver incontrato l'esigenza di Dio nella spiegazione meccànico-scientifica dei fenomeni naturali, a produrre — prima nelle rlitm. poi nelle masse — l'attuale indifferentismo ateistico: Dio !■ un'ipotesi che. non mi ri ij un iti a. diceva a Napoleone, dando l'ultima mano al « Sistema del mondo », il superbo Laplace. Ma, oggi (a criticismo scientifico e filosofico così progredito), quelle spiegazioni meccaniche dell'universo appaiono ancora così esaurienti e definitive come allora? e, (lassando dal passato al futuro, in qual modo potrebbe, oggi, la nozione, non più tolemaica, anzi nemmeno più copernicana, dell' universo in espansione e della Vita in preda alla evoluzione creatrice, trasl'or- reagisce più. Sicché bisognerà, semjmare eventualmente renden¬ dola di nuovo persuasivamente irresistibile — la nozione di una divina Realtà che ci trascende? Ecco, secondo me. il più formidabile problema del tempo attuale: se una nuova raffigurazione plausibile del divino riuscisse a conquistare, prima le élite* e poi le masse, o viceversa (e colui che più si è spinto innanzi su questa via ò Bergson) la Storia girerebbe un'altra volta sui suoi cardini, iu senso opposto a quello che, a partire dal Seicento, ha prodotto il materialismo e l'attivismo contemporanei: e tutti i problemi che oggi agitano il mondo, anche i più concreti, subirebbero una revisione radicale, nel totale cambiamento dello stato d'animo, e del punto di vista. * * Allora, cioè al tempo di Dante e ben prima di lui, nella secura visione cristiana del Tutto, gli sguardi potevano affisarsi e indugiare .sui particolari : e il bello e robusto mistero della Trinità stava, naturalmente, al centro dell'attenzione, involgendo — in modo che appare oggi incredibile, ed è infinitamente istruttivo — l'appassionato interesse popolare. «Se entrale in un negozio per comprare una pagnotta (ci narra S. Gregorio della Bisanzio del suo tempo) il panettiere, invece di dirvene il prezzo, argomenta che il Padre e maggiore del Figlio. Il cambiavalute discorre del Generato e dell'Eterno invece di contarvi il vostro denaro ; e, se volete un bagno, il bagnino vi assevera che il Figlio procede sicuramente dal nulla ». E quali strane, assemblee, quei Concilii, che si riunivano a definire i particolari del dogma, come oggi a spartirsi il dominio del petrolio o del ferro ! « Di tutti... quello adunato nella chiesa di Santa Eufemia a Calcedonia è forse il più drammatico... Le forze rivali dell'Egitto e dell'Oriente si coprivano reciprocamente di sfide e di contumelie da un lato all'altro della navata, mentre gli alti funzionari imperiali seduti davanti alla balaustrata coi legati romani al loro fianco, dominavano impassibili la turbolenta assemblea ». Oggi l'immensa maggioranza degli uomini non deride nemmeno più quei «bizantini», come ancora piaceva all'anticlericalismo di un secolo fa; li ignora addirittura, quasi non fossero mai apparsi e non avessero maoperato sulla faccia del mondoLa morta « forma » di quei dogme riti ha travolto con sè, nella coscienza contemporanea, anche la «sostanza» dell'opera loro: quella sostanza, che è invece sem mpre viva, e di cui anzi (se certi segni non ingannano) l'umanità tornerà a sentiri' fra poco un rinnovato bisogno. La sostanzi" i è. infatti, pensare i modi di una Realtà più che umana; e. pensandola, renderla, in un modo o nell'altro, effettuale (nell'aldilà, se potremo tornare a credervi: o, alla pèggio, uoH'aldiqua, come insegna a fare il demiurgo:! l'essenziale e che — divina, se| possibile; demiurgica, cioè sognata e fiabesca, in ogni caso — la vita torni, comunque, a trascendere la sua materialità, da cui la umanità è ossessionata). Basta vederlo sotjto questa luce perchè, non puerile e ozioso ma nobile, e in un certo senso esemplare, appaia quello sforzo antico di definire le cose e i fatti di Dio; di evadere dalla prigione mortale e terrestre nella lucida Eternità. Pen- l o sate. quegli uomini tentavano di capire Iddio: i loro giorni e le loro notti (nel deserto o nel convento che fossero) erano pieni del murmure e dell'alitare degli angioli, di 6Ùbite illuminazioni sillogistiche, di, folgoranti visioni: a volte, come da squarciate nuvole, più che agli intelletti intenti, ai loro occhi rapiti, quasi in un mirogùrgite, apparve il Paradiso. Pensate, furono quelli gli uomini che osarono immaginare, oltre il verminoso squallore della morte, una incorruttibile e trionfante apoteosi: oltre l'ombra del Nulla, una pienezza splendida di Realtà sovrumana ! Passano le vicende terrestri, passa anche la gelida e insulsa vicenda siderale, quale l'astronomia ha potuto squallidamente rappresentarcela: ma, in qualche angolo superno, una teoria di ? divini Esseri, dominatori dell materia, svolge la sua vicenda immortale. Paradiso, davvero, è quello ; e nessun punto dell'universo, temporale e spaziale, sembra degno di accoglierlo, tanto gli è inferiore. e e o , , a , o a a e e , o i a e a o ai o. mi a e : m- Lii toni est onl re et Itcuutu Calme, luxc et volupté. Più in alto, incommensurabilmente più in alto di queste immagini del profano poeta è il Paradiso cristiano. Reati quelli che a raffigurarlo volsero il loro mistico sforzo ; beati quelli che trascorsero la loro vita figgendo gli occhi devoti in quei supremi Misteri ; beati quelli che non si appagarono della storia umana, sdegnando i suoi impegni troppo meschini, perchè (se non, forse, il destino) l'aspirazione nostra è più alta! Beati quelli che, pensando Iddio, cantarono o dipinsero la sua gloria: interpreti de! più profondo sogno dell'Essere, chi sa che, in qualche arcano modo, non abbiano contribuito a realizzarlo. Che l'Universo non sia inconscio; che l'Universo non sia vano; che il destino finale dell'Essere non sia il nulla : so questa preghiera, che gli uomini d'oggi non osano nemmeno più formulare, si rivelasse ancora, in qualche nuovo modo, esaudibile, la Terra tremerebbe di gioia dalle sue fondamenta ; dalle sue profonde viscere, l'Umanità esulterebbe. 0 troppo facili credenti, che pensate basti, a questa suprema gioia, rifugiarsi inerti in un passato che avrebbe già fatto tutto — un nuovo immenso sforzo, pari a quello che, dal primo al quarto secolo dell'Era nostra, costruì il dogma cristiano, attende forse gli uomini di buona volontà. Filippo Bur/io La Santissima Trinità Commenti al Vecchio e al Nuovo Testamento La Santissima Trinità La chiosa ch'Ila SS. Trinità in Torino si affaccia a uno dei quadrivi più popolosi c rombanti della città vecchia ; c per questa ma caratteristica ha sempre rappresentato ai miei occhi — così deliziósamente silenziosa c deserta comò abitualmente — come un porto di pace, a cui approdo e. mi ormeggio per qualche quarto d'ora, beato, ogni qualvolta la marea dei traffici mi sollevi sulla cresta delle sue onde e sospinga, conio una festuca, in. quei paraggi. B' una bella chiesa circolare, di gentili e minute proporzioni, cara a noi Torinesi per i nomi di Ascanio Vittozzi, clic la disegnò, e del Javara che la coniIli molto tempo dopo, nel 1718: dietro l'aitar maggioro una bella c gaia vetrata (come, nel Duomo, la cappella della Sindone) fa da sfondo arioso sulla saoristìa. Ma devo pur dire che non solo la sua felice ubicazione, e la graziosa ospitalità delle sue panche, mi vi hanno cosi spesso attratto, bensì anche, e soprattutto (a volte più, a volte meno inconsciamente), quel nome augusto e solenne che porta, nonché l'alta essenza ch'essa sta a significare: Sanlissima. Trinità, culmine delle gerarchie umane e divine, cui è sede il superno dei sette Cieli, la più lucente e inarrivabile profondità dell'Empireo. Quale illustre Sauto a cui una chiesa possa essere consacrata ; quale Martire, quale Dottore, quale Apostolo (ne mancano, in quei pressi, san Domenico, san Francesco, san Tommaso) ; quale squisito attributo della Vergine — Cuor di Maria, Madonna degli Angioli, Immacolata Concezione — può competere, infatti, con quella dedicazione suprema? Ed io, che sono pur sempre figlio del mio secolo (benché per una parte, grande o piccola che sia. gli contrasti e lo innovi), io mi sono tpesso sorpreso, durante quelle soste riposanti, a meditare, meno ormai con l'intelletto reverente che con la fantasia rapida, su quel mistero della Trinità, che è un caposaldo del dogma cristiano. l'iio tir trino Dio, sta scritto sul frontone della chiesa, con quella brevità solenne, e inarrivabile maestà, del verbo latino; e sopra la scritta figura in altorilievo marmoreo, la consueta rappresentazione popolare della Trinità, tanfo toccante e familiare: il Padre e il Figlio, gagliardo vecchio e giovane preslaute, drappeggiati fra le nuvole in vasti ondeggiamenti, tengono sospesa, l'un colla destra l'altro colla sinistra, una corona sul capo della Vergine, che fra i loro seggi, un poco più in basso, sta diritta e compunta a mani giunte: Umile et alta pia e fi e creatura... Sopra il suo capo, in foggia di colomba, lo Spirito Santo effonde tutt'all'intorno i raggi del suo amore. Ai lati, angioli oranti, santi inginocchiati stanno a contemplare. E ciò che prima di tutto colpisce in quella scena, ove — Trinità, Incarnazione, Concezione — sta come assommata la teologia cristiana, è quella specie di omaggio della sublime maschilità dei Creatori alla femminilità della creatura. Eternamente stanno in quella posa; e il giuoco dei mondi, il volteggiare degli spiriti intorno ad essi eternamente ruota. Che salto, da quésta ingenua rappresentazione antropomorfica della Trinità a quella, cui l'intellettiva fantasia di Dante pervenne, al termine del suo viaggio ultraterreno, dopo tanto errare per i regni bui : Nella profonda e chiara enssi.-tenza iloll'nlto lume, pancini tre giri di tre colori e d'una continenza. 3-J l'un dall'altro, come Iri da Iri purea riflesso.,. Ecco tutto quanto la più alta fantasia umana, guidata dalla più profonda scienza teologica, ha saputo immaginare, per rappresentare, come parvenza sensibile ad occhi mortali, l'essenza di Dio: e, nella visione dell'uni. verso a cui l'astronomia moderna ci ha abituati ; solcata, fino alle più estreme lontananze, di ro teanti corpi senza centro apparente, o vuota di Bpirito — questa configurazione tutta tolemaica (quanto ad ideale ubicazione) sembra cosi strana e dissueta, così difficile, ormai, da collocare ! « Ho esplorato col mio telescopio l'universo fin nelle sue più remote profondità, e non vi ho trovato Iddio», diceva quell'astronomo dell'Ottocento ; press'a poco come quel suo contemporaneo : a Ho disseccato col mio bisturi il corpo umano fin nelle sue più ime latebre, e non vi ho trovato l'anima ». Tutto sommato, non sono state ragioni molto più profonde e persuasive di queste a originare l'immensa sfiducia odierna, che ha orinai pervaso le profonde masse, circa la esistenza diDio e dell'anima. Che possa esistere un centro motore spirituale dell'universo materiale simile a quello simboleggiato da Dante, non è, nemmeno oggi, cosa inammissibile: l'amor che more il sole e l'altre, stelle... ma amiate a dirlo alla gente, è come tremore una molla rotta, nonpmtgmnnlcrdmpsgcatpppcearmdidEdlpclpvbnadspdt a o e possibile (e in altri modi), ricominciare da capo. Fu, soprattutto, il non aver incontrato l'esigenza di Dio nella spiegazione meccànico-scientifica dei fenomeni naturali, a produrre — prima nelle rlitm. poi nelle masse — l'attuale indifferentismo ateistico: Dio !■ un'ipotesi che. non mi ri ij un iti a. diceva a Napoleone, dando l'ultima mano al « Sistema del mondo », il superbo Laplace. Ma, oggi (a criticismo scientifico e filosofico così progredito), quelle spiegazioni meccaniche dell'universo appaiono ancora così esaurienti e definitive come allora? e, (lassando dal passato al futuro, in qual modo potrebbe, oggi, la nozione, non più tolemaica, anzi nemmeno più copernicana, dell' universo in espansione e della Vita in preda alla evoluzione creatrice, trasl'or- reagisce più. Sicché bisognerà, semjmare eventualmente renden¬ dola di nuovo persuasivamente irresistibile — la nozione di una divina Realtà che ci trascende? Ecco, secondo me. il più formidabile problema del tempo attuale: se una nuova raffigurazione plausibile del divino riuscisse a conquistare, prima le élite* e poi le masse, o viceversa (e colui che più si è spinto innanzi su questa via ò Bergson) la Storia girerebbe un'altra volta sui suoi cardini, iu senso opposto a quello che, a partire dal Seicento, ha prodotto il materialismo e l'attivismo contemporanei: e tutti i problemi che oggi agitano il mondo, anche i più concreti, subirebbero una revisione radicale, nel totale cambiamento dello stato d'animo, e del punto di vista. * * Allora, cioè al tempo di Dante e ben prima di lui, nella secura visione cristiana del Tutto, gli sguardi potevano affisarsi e indugiare .sui particolari : e il bello e robusto mistero della Trinità stava, naturalmente, al centro dell'attenzione, involgendo — in modo che appare oggi incredibile, ed è infinitamente istruttivo — l'appassionato interesse popolare. «Se entrale in un negozio per comprare una pagnotta (ci narra S. Gregorio della Bisanzio del suo tempo) il panettiere, invece di dirvene il prezzo, argomenta che il Padre e maggiore del Figlio. Il cambiavalute discorre del Generato e dell'Eterno invece di contarvi il vostro denaro ; e, se volete un bagno, il bagnino vi assevera che il Figlio procede sicuramente dal nulla ». E quali strane, assemblee, quei Concilii, che si riunivano a definire i particolari del dogma, come oggi a spartirsi il dominio del petrolio o del ferro ! « Di tutti... quello adunato nella chiesa di Santa Eufemia a Calcedonia è forse il più drammatico... Le forze rivali dell'Egitto e dell'Oriente si coprivano reciprocamente di sfide e di contumelie da un lato all'altro della navata, mentre gli alti funzionari imperiali seduti davanti alla balaustrata coi legati romani al loro fianco, dominavano impassibili la turbolenta assemblea ». Oggi l'immensa maggioranza degli uomini non deride nemmeno più quei «bizantini», come ancora piaceva all'anticlericalismo di un secolo fa; li ignora addirittura, quasi non fossero mai apparsi e non avessero maoperato sulla faccia del mondoLa morta « forma » di quei dogme riti ha travolto con sè, nella coscienza contemporanea, anche la «sostanza» dell'opera loro: quella sostanza, che è invece sem mpre viva, e di cui anzi (se certi segni non ingannano) l'umanità tornerà a sentiri' fra poco un rinnovato bisogno. La sostanzi" i è. infatti, pensare i modi di una Realtà più che umana; e. pensandola, renderla, in un modo o nell'altro, effettuale (nell'aldilà, se potremo tornare a credervi: o, alla pèggio, uoH'aldiqua, come insegna a fare il demiurgo:! l'essenziale e che — divina, se| possibile; demiurgica, cioè sognata e fiabesca, in ogni caso — la vita torni, comunque, a trascendere la sua materialità, da cui la umanità è ossessionata). Basta vederlo sotjto questa luce perchè, non puerile e ozioso ma nobile, e in un certo senso esemplare, appaia quello sforzo antico di definire le cose e i fatti di Dio; di evadere dalla prigione mortale e terrestre nella lucida Eternità. Pen- l o sate. quegli uomini tentavano di capire Iddio: i loro giorni e le loro notti (nel deserto o nel convento che fossero) erano pieni del murmure e dell'alitare degli angioli, di 6Ùbite illuminazioni sillogistiche, di, folgoranti visioni: a volte, come da squarciate nuvole, più che agli intelletti intenti, ai loro occhi rapiti, quasi in un mirogùrgite, apparve il Paradiso. Pensate, furono quelli gli uomini che osarono immaginare, oltre il verminoso squallore della morte, una incorruttibile e trionfante apoteosi: oltre l'ombra del Nulla, una pienezza splendida di Realtà sovrumana ! Passano le vicende terrestri, passa anche la gelida e insulsa vicenda siderale, quale l'astronomia ha potuto squallidamente rappresentarcela: ma, in qualche angolo superno, una teoria di ? divini Esseri, dominatori dell materia, svolge la sua vicenda immortale. Paradiso, davvero, è quello ; e nessun punto dell'universo, temporale e spaziale, sembra degno di accoglierlo, tanto gli è inferiore. e e o , , a , o a a e e , o i a e a o ai o. mi a e : m- Lii toni est onl re et Itcuutu Calme, luxc et volupté. Più in alto, incommensurabilmente più in alto di queste immagini del profano poeta è il Paradiso cristiano. Reati quelli che a raffigurarlo volsero il loro mistico sforzo ; beati quelli che trascorsero la loro vita figgendo gli occhi devoti in quei supremi Misteri ; beati quelli che non si appagarono della storia umana, sdegnando i suoi impegni troppo meschini, perchè (se non, forse, il destino) l'aspirazione nostra è più alta! Beati quelli che, pensando Iddio, cantarono o dipinsero la sua gloria: interpreti de! più profondo sogno dell'Essere, chi sa che, in qualche arcano modo, non abbiano contribuito a realizzarlo. Che l'Universo non sia inconscio; che l'Universo non sia vano; che il destino finale dell'Essere non sia il nulla : so questa preghiera, che gli uomini d'oggi non osano nemmeno più formulare, si rivelasse ancora, in qualche nuovo modo, esaudibile, la Terra tremerebbe di gioia dalle sue fondamenta ; dalle sue profonde viscere, l'Umanità esulterebbe. 0 troppo facili credenti, che pensate basti, a questa suprema gioia, rifugiarsi inerti in un passato che avrebbe già fatto tutto — un nuovo immenso sforzo, pari a quello che, dal primo al quarto secolo dell'Era nostra, costruì il dogma cristiano, attende forse gli uomini di buona volontà. Filippo Bur/io

Persone citate: Ascanio Vittozzi, Paradiso

Luoghi citati: Egitto, Torino