Ippostrade o autostrade?

Ippostrade o autostrade? torino ni no mani 1 ■■■■ ■un» I ■! I I ■ in i i i i iii,m,i ,,m i i il, ini, ,m • • ■!■ i>MI, biuuty-"— Ippostrade o autostrade? E' curioso — osservava un nost.ro amico meridionale — che attorno a Torino, patria dell'automobile, abbiate una sola autostrada, e tutte le altre " ippostrade ". Nei nostri paesi, dove le macchine sono assai poche, abbiamo invece quasi tutte autostrade: de. cine e decine di chilometri senza attraversamenti abitati, con diramazioni laterali, ogni tanto, psr raggiungere, chi lo voglia, il paesino appollaiato sul cocuzzolo. E' curioso... L'amico ha ragione, e tocca un tasto delicato, che bisognerà sonare ripetutamente per trovarci pronti, con un razionale programma, alla ripresa dei lavori pubblici del dopoguerra. Torino è, sotto questo aspetto, in una situazione caratteristica: caratteristicamen. te difettosa. Maometto e la montagna Quest'affare delle strade è un tributo che devono pagare le province più ricche di storia e di civili vicende. I Romani, si sa, quando volevano creare una strada, puntavano la spada, e in direzione di questo luccichio si gettavano gli operai e costruivano. Dove toccava, toccava: un paese a destra, l'altro a sinistra, la strada non aveva riguardo per nessuno. Nessun influente elettore ri&sciva a farla deviare nelle sue terre: egli era libero, se lo voleva, di raccordarsi a sue spese. Ma poi, dove i traffici si moltiplicarono e la popolazione s'infittì e i rapporti civili si fecero intensi, accadde il fenomeno della montagna e di Maometto : visto che la strada maestra non si muoveva, si mossero case, fattorìe, opifici, fabbriche, uffici, scuole, municipi, e i nuovi passi sorsero a cavallo della grande strada. Per allacciare i vecchi, ci sì accorse j un bel giorno che le carrarecce vi-'cinali da fondo a fondo, oppnrtn-ìnamente collsgate e sistemate, fi-ì nivano col portare da paese a pae-1 se — e così nacquero le strade mi- non'. Gli interessi acquisiti, la tra.\dizione, l'inerzia, e un naturaletcriterio economico, ne imposero la conscrvazione, le migliorie, il ri-ifacimento, sempre sullo stesso tracciato. Così si delineò il paradosso: do* ve case borghi e paesi, senza l'impulso di nuove fórme di traffico, impigrirono al loro posto, le strade conservarono la fisionomia romana, a grandi rettilinei e fuor dagli abitati: criteri che s'identificano oggi con quelli dell'autostrada. Dove la vita ribollì più fervida, le strade rettilinee s'ingombrarono di abitati, e pian piano il fenomeno della crescenza prese anche i borghi eccentrici, collegati dalle straéstte a zig-zag. divenute a loro volta altrettanto inrportanti: criterio dell'ìppostrada. Era diffìcile, inflitti, che i no- stri padri si accorgessero dell'irta- zionalità del collegare in serie anziché in derivazione [per dirla in termine elettrotecnico) i centri abitati, quando l'unico tipo di comunicazione conosciuto per tutti i secoli, sino alla, fine dell'ottocento, ritraeva un vantaggio e non un danno dal più frequente incontro dello stallaggio, della locanda, del luogo di posta, della gendarmerìa. Quando la distanza ira due paesi costituiva un viaggio, e tra due provìnce una. spedizione, era logico che la strada ricercasse, anziché rifuggire, i centri abitati. E che male potevan portare alle velocità di allora ì pessimi selciati, la ressa popolare al mercato o davanti alla chiesa, i pedaggi, le abbeverate alla fontana? Per i viaggiatori della diligenza o per i cavalieri singoli, tutto ciò poteva rappresentare, al più, una gradita distrazione, un pretesto pel neces. sario riposo. « Torno subito » sulla statale del Caldi Tenda e di Nizza -— sarebbero pochi chilometri di strada diritta e deserta, in mezzo alle canape e alle mente; ma la nostra ippostrada preferisce snodarsi voluttuosamente per traversare {né sappiamo che attrai, tive vi possa scorgere) catapecchie e stalle di Salsasio, e poi la spilungona Carmagnola dalla vita dij[Il Piemonte popoloso ed industre si è così infittito di " ippostrade ". In nessun'altra parte della Penisola, forse, la strada dà più netta impressione di aver richiesto come un favore personale al proprio costruttore, durante il tracciamento, di poter fare una capatina sulla vetta del colle o al di là del fiume o dietro il poggio, per salutare un campaniletto e un cascinale. Mi arrampico un istante, pare aver detto, e ritorno subito sui miei passi. Ed ha mantenuta la parola... E' superflua, un'elencazione topografica : e per l'esemplificazione basta aprire a caso una carta stra-\date. Dal Ponte sul Po di Carigna- ifiorai rettilineo dì Raccomgi --\vespa, senza perderne una casa. La Torino-Savona, scesa in. valledi Tanaro dopo Bra, non riesce a nascondere che la voce del dovere le suggerirebbe di continuar diritto risalendo il fiume: ma giunta ai piedi del colle dell'alta Cherasco non sa resistere alla tentazione, affronta l'ascesa, si snoda in tornanti, fruga quant'è lunga la cittadina dell'armistizio, sciama tra i gelsi dell'altopiano per qualche miglio, ìie profìtta per misurare ancora mattoni e fosse della marginale Narzole, per poi ridiscendere umile e pentita al letto coniugale, quello del Tanaro. Pentimento di breve durata, perchè tra Dogliani e Cera ricomincia daccupò... lì la storia si ripeteiden. mìovi tica su. tutte le nostre strade, maggiori e minori, dì piano, di colle e di monte. Ma il tracciato è rimasto... L'amico ha dunque ragione: è giunta l'ora di accorgersi che, soprattutto attorno a torino, regina del motore, l'ippostrada ha fatto il suo tempo. Quest'anacronismo di una intensa attività automobilistica — così era e più intensa ritornerà, dopo l'attuale, letargo di forza maggiore — costretta tra. i piocoli contìnui intoppi, i pettegolezzi topografici, le sagre paesane, le infinite acclività e tortuosità oziose di una strada creata per velocità e per mole di traffici quindici volte minori, questo perpetuato paradosso é la causa della quasi totalità degli incidenti, degli intralci, dei disagi circolatori. Rappresenta una permanente strozzatura dei traffici, una artificiale inferiorità della rotabile rispetto alla ferrata, un arenaìnento della vita economica della regione. Per l'auto, mobile e attorno all'automobile, tutta una civiltà del motore abbiamo creata: le macchine, le raffinatezze delle macchine, l'attrezzatura di assistenza e servizio, le carte, le guide, il Raci, il Codice stradale, le tasse, le multe: non abbiamo dimenticato che le strude. Le abbiamo irrobustite, allargate, abbellite, ma il tracciato è rimasto quello della vecchia ippostrada. Dopo l'altra guerra, in tutte le nazioni si è adibita una parte dei reduci al riassetto della strada. In Italia si è avuto il grandioso «astuta ricordiamo. E' $aYto'» che - probabile che" dopo' Ta'guerra aft,,ule. si ritornerà al vecchio tema Non é tardi per considerare se piuttosto che migliorare ancora la toeletta superficiale dell'ippostrada, non convenga accingersi acreare finalmente l'autostrada. Non già, 0 non tanto, la gran- , i grandiosi tunnel, i colle. r/limenti direttissimi per le veloci-tà smisurate — ma le sislematiche diosa arteria, privata e preclusa che ha monopolizzato questo no- me; non tanto i grandiosi tronchìrettifiche, gli intelligenti ritocchi,le sagaci « circonvallazioni », l'avi.pliamento dei raggi di curva, le corde degl'inutili archi, la soppres-sione dei passaggi a livello, a /a-vore della cosidetta stradai ordina-no. Quanto insomma e già stato sperimentato su qualche strada privilegiata, generalizzato a tu»ele vie di grande 0 di media comunicazione. Programma immenso: ma—in sostanza — null'altro che un ritor¬ no alla romanità della stixida. Aldo Farinelli Ippostrade o autostrade? torino ni no mani 1 ■■■■ ■un» I ■! I I ■ in i i i i iii,m,i ,,m i i il, ini, ,m • • ■!■ i>MI, biuuty-"— Ippostrade o autostrade? E' curioso — osservava un nost.ro amico meridionale — che attorno a Torino, patria dell'automobile, abbiate una sola autostrada, e tutte le altre " ippostrade ". Nei nostri paesi, dove le macchine sono assai poche, abbiamo invece quasi tutte autostrade: de. cine e decine di chilometri senza attraversamenti abitati, con diramazioni laterali, ogni tanto, psr raggiungere, chi lo voglia, il paesino appollaiato sul cocuzzolo. E' curioso... L'amico ha ragione, e tocca un tasto delicato, che bisognerà sonare ripetutamente per trovarci pronti, con un razionale programma, alla ripresa dei lavori pubblici del dopoguerra. Torino è, sotto questo aspetto, in una situazione caratteristica: caratteristicamen. te difettosa. Maometto e la montagna Quest'affare delle strade è un tributo che devono pagare le province più ricche di storia e di civili vicende. I Romani, si sa, quando volevano creare una strada, puntavano la spada, e in direzione di questo luccichio si gettavano gli operai e costruivano. Dove toccava, toccava: un paese a destra, l'altro a sinistra, la strada non aveva riguardo per nessuno. Nessun influente elettore ri&sciva a farla deviare nelle sue terre: egli era libero, se lo voleva, di raccordarsi a sue spese. Ma poi, dove i traffici si moltiplicarono e la popolazione s'infittì e i rapporti civili si fecero intensi, accadde il fenomeno della montagna e di Maometto : visto che la strada maestra non si muoveva, si mossero case, fattorìe, opifici, fabbriche, uffici, scuole, municipi, e i nuovi passi sorsero a cavallo della grande strada. Per allacciare i vecchi, ci sì accorse j un bel giorno che le carrarecce vi-'cinali da fondo a fondo, oppnrtn-ìnamente collsgate e sistemate, fi-ì nivano col portare da paese a pae-1 se — e così nacquero le strade mi- non'. Gli interessi acquisiti, la tra.\dizione, l'inerzia, e un naturaletcriterio economico, ne imposero la conscrvazione, le migliorie, il ri-ifacimento, sempre sullo stesso tracciato. Così si delineò il paradosso: do* ve case borghi e paesi, senza l'impulso di nuove fórme di traffico, impigrirono al loro posto, le strade conservarono la fisionomia romana, a grandi rettilinei e fuor dagli abitati: criteri che s'identificano oggi con quelli dell'autostrada. Dove la vita ribollì più fervida, le strade rettilinee s'ingombrarono di abitati, e pian piano il fenomeno della crescenza prese anche i borghi eccentrici, collegati dalle straéstte a zig-zag. divenute a loro volta altrettanto inrportanti: criterio dell'ìppostrada. Era diffìcile, inflitti, che i no- stri padri si accorgessero dell'irta- zionalità del collegare in serie anziché in derivazione [per dirla in termine elettrotecnico) i centri abitati, quando l'unico tipo di comunicazione conosciuto per tutti i secoli, sino alla, fine dell'ottocento, ritraeva un vantaggio e non un danno dal più frequente incontro dello stallaggio, della locanda, del luogo di posta, della gendarmerìa. Quando la distanza ira due paesi costituiva un viaggio, e tra due provìnce una. spedizione, era logico che la strada ricercasse, anziché rifuggire, i centri abitati. E che male potevan portare alle velocità di allora ì pessimi selciati, la ressa popolare al mercato o davanti alla chiesa, i pedaggi, le abbeverate alla fontana? Per i viaggiatori della diligenza o per i cavalieri singoli, tutto ciò poteva rappresentare, al più, una gradita distrazione, un pretesto pel neces. sario riposo. « Torno subito » sulla statale del Caldi Tenda e di Nizza -— sarebbero pochi chilometri di strada diritta e deserta, in mezzo alle canape e alle mente; ma la nostra ippostrada preferisce snodarsi voluttuosamente per traversare {né sappiamo che attrai, tive vi possa scorgere) catapecchie e stalle di Salsasio, e poi la spilungona Carmagnola dalla vita dij[Il Piemonte popoloso ed industre si è così infittito di " ippostrade ". In nessun'altra parte della Penisola, forse, la strada dà più netta impressione di aver richiesto come un favore personale al proprio costruttore, durante il tracciamento, di poter fare una capatina sulla vetta del colle o al di là del fiume o dietro il poggio, per salutare un campaniletto e un cascinale. Mi arrampico un istante, pare aver detto, e ritorno subito sui miei passi. Ed ha mantenuta la parola... E' superflua, un'elencazione topografica : e per l'esemplificazione basta aprire a caso una carta stra-\date. Dal Ponte sul Po di Carigna- ifiorai rettilineo dì Raccomgi --\vespa, senza perderne una casa. La Torino-Savona, scesa in. valledi Tanaro dopo Bra, non riesce a nascondere che la voce del dovere le suggerirebbe di continuar diritto risalendo il fiume: ma giunta ai piedi del colle dell'alta Cherasco non sa resistere alla tentazione, affronta l'ascesa, si snoda in tornanti, fruga quant'è lunga la cittadina dell'armistizio, sciama tra i gelsi dell'altopiano per qualche miglio, ìie profìtta per misurare ancora mattoni e fosse della marginale Narzole, per poi ridiscendere umile e pentita al letto coniugale, quello del Tanaro. Pentimento di breve durata, perchè tra Dogliani e Cera ricomincia daccupò... lì la storia si ripeteiden. mìovi tica su. tutte le nostre strade, maggiori e minori, dì piano, di colle e di monte. Ma il tracciato è rimasto... L'amico ha dunque ragione: è giunta l'ora di accorgersi che, soprattutto attorno a torino, regina del motore, l'ippostrada ha fatto il suo tempo. Quest'anacronismo di una intensa attività automobilistica — così era e più intensa ritornerà, dopo l'attuale, letargo di forza maggiore — costretta tra. i piocoli contìnui intoppi, i pettegolezzi topografici, le sagre paesane, le infinite acclività e tortuosità oziose di una strada creata per velocità e per mole di traffici quindici volte minori, questo perpetuato paradosso é la causa della quasi totalità degli incidenti, degli intralci, dei disagi circolatori. Rappresenta una permanente strozzatura dei traffici, una artificiale inferiorità della rotabile rispetto alla ferrata, un arenaìnento della vita economica della regione. Per l'auto, mobile e attorno all'automobile, tutta una civiltà del motore abbiamo creata: le macchine, le raffinatezze delle macchine, l'attrezzatura di assistenza e servizio, le carte, le guide, il Raci, il Codice stradale, le tasse, le multe: non abbiamo dimenticato che le strude. Le abbiamo irrobustite, allargate, abbellite, ma il tracciato è rimasto quello della vecchia ippostrada. Dopo l'altra guerra, in tutte le nazioni si è adibita una parte dei reduci al riassetto della strada. In Italia si è avuto il grandioso «astuta ricordiamo. E' $aYto'» che - probabile che" dopo' Ta'guerra aft,,ule. si ritornerà al vecchio tema Non é tardi per considerare se piuttosto che migliorare ancora la toeletta superficiale dell'ippostrada, non convenga accingersi acreare finalmente l'autostrada. Non già, 0 non tanto, la gran- , i grandiosi tunnel, i colle. r/limenti direttissimi per le veloci-tà smisurate — ma le sislematiche diosa arteria, privata e preclusa che ha monopolizzato questo no- me; non tanto i grandiosi tronchìrettifiche, gli intelligenti ritocchi,le sagaci « circonvallazioni », l'avi.pliamento dei raggi di curva, le corde degl'inutili archi, la soppres-sione dei passaggi a livello, a /a-vore della cosidetta stradai ordina-no. Quanto insomma e già stato sperimentato su qualche strada privilegiata, generalizzato a tu»ele vie di grande 0 di media comunicazione. Programma immenso: ma—in sostanza — null'altro che un ritor¬ no alla romanità della stixida. Aldo Farinelli

Persone citate: Aldo Farinelli, Cera, Dal Ponte

Luoghi citati: Bra, Dogliani, Italia, Narzole, Nizza, Piemonte, Savona, Torino