Quando la vita è romanzo

Quando la vita è romanzo Quando la vita è romanzo - Fratello e sorella si ciano separati presto, aposati entrambi giovanissimi e vivevano in città diverse, ^la ogni tanto Giulia riceveva dal fratello un richiamo imperioso che l'obbligava a correre a lui, per portargli aiuto. La ragione era sempre la slessa: Augusto aveva avuto una passiono per qualche amica della moglie, o per una segretaria del suo studio d'avvocato, e la moglie faceva fuoco e fiamme, voleva vendicarsi, voleva lasciarlo: una situazione, insomma, ohe faceva sempre venire in mente a Giulia quella in cui si trova, ili principio del romanzo, la nota eroina tolstoiana Anna Karénina. Le prime volte, anzi, Giulia si sentiva addirittura Anna in persona e saliva sempre in treno con un palpito un po' disordinalo del cuore, nel presentimento d'incontrare, se non proprio un uomo affascinante come Wronski, un corteggiatore, un galante che la compromettesse un tantino. Perchè, intendiamoci, lei non aveva nessuna intenzione di tradire il suo ottimo marito, venuto ad accompagnarla alla stazione e che se ne stava lì paziente ad aspettare che il treno partisse e le sorrideva bonario e affettuoso. Otti¬ mo marito davvero che presentava però — vedi combinazione — alcuni punti di contatto col disgraziato signor Karénina, era magistrato, pedante e aveva an- che lui le famose orecchie a ventola, cosa che egli sopportava con la maggior disinvoltura del mondo, anche perchè in vita sua non aveva mai letto un romanzo, nemmeno quelli celebri del conte Tolstoj. Ad ogni modo, quando la moglie tornava, eccolo di nuovo ad attenderla al treno, bonario e affettuoso, e lei si précipi-l fava al suo braccio senza voltarsi indietro, che tanto ne di Wronski, ne di modeste imitazioni di costui, v'era la più pallida ombra. Jfai che avesse le menoma avventura!... E sì che era slata bellina assai da giovane, fresca e formosa, coi riccioli neri sulla fronte, proprio come i lettori di una volta, prima delle interpretazioni della Garbo, potevano immaginare Anna. Jla tanfo, ella tornava come era partita, e sempre più si persuadeva che, per lei, come per la grande maggioranza delle persone, avventure non ce n'erano, uè in treno ne altrove e che eran tutte storie di romanzieri, salvo per qualche individuo veramente privilegia¬ e raro, per cui romanzo. Come, per suo fratello e sua co¬ to, fortunatissimo la vita è csem pio, guata. — Che fanno quei due pazzi?... — domandava il marito, mentre tornavano a casa e ascoltava, crollando ogni poco il capo, in atto di commiserazione, il racconto della moglie. — Pazzi, ti paiono proprio pazzi — Ma se non son pazzi quelli !... Lei non era del tutto persuasa, le rimaneva, ad ogni modo, nel cuore, un'invidia senza fiele, una specie di ammirazione per quelle passioni così sfrenate e messo in mostra senza vergogna, tanta era la forza di cui erano pervase e cariche. — Ad ogni modo non si annoiano a vivere !... — Nemmeno io — ribatteva il marito, contentissimo lui del proprio destino (solo che avesse potuto avere un figlio...) — E tu invece sì?... — No no, ma... Ma le pareva che avrebbe dato qualcosa per essere l'eroina di quelle scene selvagge di furori, di pianti, di disperazioni, di minacce, in cui quei due coniugi *i trattavano come nemici mortali, per poi, alla fine (ella si lusingava che fosse, per opera sua, ma era poi vero?...) riconciliarsi, torInare appassionati l'uno dell'altro e magari intraprendere un viaggetto per sollazzarsi e ricompeiijsarsi di tante peni;. I Così colle amichi', e con altre iparenti, ella parlava a volte con una specie di orgoglio di «quei due per i quali la vita era un romanzo u e ci teneva, si capiva, come a una rarità che apparteneva alla sua famiglia, qualcosa per cui si poteva andar fieri, distinguersi da tutti, brillare in un firmamento speciale, da tutti invidiato. Gli anni passarono. Giulia s'ingrassò un poco e si andò sempre più adattando alla sua serena vita mediocre. Qualche soprassalto l'aveva ancora e. più che altro, il desiderio che le chiamate di Augusto, diventate più rare, inoli cessassero del lutto. — Be' — .ella pensava — finche potrò ri conciliar quei due un'ultima volta... Ma non ci sarà mai per quei due, gente beata, un'ultima volta!... Eppure ci fu, almeno per lei. un'ultima volta. Fu quella in cui 1 trovò alla stazione, ad attenderla, invece del fratello, la nipote. — Come, Gisella, sei tu'... Gisella era la figlia di Augusto, una bimba venuta tardi nella vita dei due sposi amanti e che si era sempre tenuta da parte, nella sua cameretta con la governante (vecchia e brutta, scelta apposta per non suscitar drammi) occupando pochissimo posto. Ma adesso era una giovinetta e assai magra e patita, osservò la ben (lasciata Giulia, con un senso di pietà. — Sei anemica, piccina?... Non hai appetito?... Non mangi.'... — Sì. sì, ma... Credi che papà e mamma faranno la pace'... — Come, lo sai anche tu'... — E come non dovrei... — Ma non son cose che ti riguardino, bimba mia !... — Zia Giulia — disse triste mente la fanciulla — ho occhi per vedere e Orecchi per sentire. E dovrei disinteressarmene* E' orribile, ciò. pensò Giulia, improvvisamente angosciata, non lo di-se forte ma entrò in casi del fratello, per la prima volta, con un senso di ripugnanza. E si accrebbe quella ripugnanza allo spettacolo delle solite scene: oh. non erano più giovani ormai i protagonisti di quell'eterno romanzo, avevano già qualche ruga, qualche capello grigio, i segni dell'esperienza e della saggezza, le fiamme di certe passioni dovevano essere spente ormai, penili' soffiarvi dentro ancora.'... A lei pareva di vedere chiaro adesso dentro a quella storia di preteso amore, ci vedeva un gusto del male orribile, una follìa latente e distruttrice, un morboso bisogno rli straziarsi e dilaniarsi, che era come mettere in mostra ferite di cui non c'era davvero da andare superbi. La sua fisionomia esprimeva questo nuovo disgusto, tanto che i due attori del dramma non ebliero tempo di svolgere le loro scene e smisero prima' idei solito. — Ma a tua figlia non pensi?... — ella chiese poi al fratello' Idi-degnando di spiegarsi con la cognata, che, come la più gelosa, le pareva la più irragionevole, j - Xon consideri che è un delitto prenderla a testimone delle vo-l si iv si lipide ln"jlie !... Lui fumava, a capo chino, uer-' vosamente, e mostrava la chioma' arruffata e grigia. - Chi la prende a tesi inione -■ Voi, per l'orza, giacché vi fate vedere e sentire!;.. Non ti vergogni ? Egli alzò le spalle, ma era col-pilo. — Sai, con quella pazza di là... — Voi rovinate la vita a quella povera piccina... Se potessi prenderla con me... — Se quella là te la dà... per| me !... I K fll COSÌ elle quella volta Gin-; I Ufi discese dal treno con aria: I trionfante e corse ad appendersi al braccio del suo buon marito , con una gioia speciale, volgendosi per presentargli qualcuno—I oli, nessun Wronski. ne un'imi-j I (azione di Wronski — ma una giovinetta pallidina dall'aria tri-I Ut e e dolce: — Gisella. Ce l'hall ■ no data a noi. Sei contento! Carola Prosperi Quando la vita è romanzo Quando la vita è romanzo - Fratello e sorella si ciano separati presto, aposati entrambi giovanissimi e vivevano in città diverse, ^la ogni tanto Giulia riceveva dal fratello un richiamo imperioso che l'obbligava a correre a lui, per portargli aiuto. La ragione era sempre la slessa: Augusto aveva avuto una passiono per qualche amica della moglie, o per una segretaria del suo studio d'avvocato, e la moglie faceva fuoco e fiamme, voleva vendicarsi, voleva lasciarlo: una situazione, insomma, ohe faceva sempre venire in mente a Giulia quella in cui si trova, ili principio del romanzo, la nota eroina tolstoiana Anna Karénina. Le prime volte, anzi, Giulia si sentiva addirittura Anna in persona e saliva sempre in treno con un palpito un po' disordinalo del cuore, nel presentimento d'incontrare, se non proprio un uomo affascinante come Wronski, un corteggiatore, un galante che la compromettesse un tantino. Perchè, intendiamoci, lei non aveva nessuna intenzione di tradire il suo ottimo marito, venuto ad accompagnarla alla stazione e che se ne stava lì paziente ad aspettare che il treno partisse e le sorrideva bonario e affettuoso. Otti¬ mo marito davvero che presentava però — vedi combinazione — alcuni punti di contatto col disgraziato signor Karénina, era magistrato, pedante e aveva an- che lui le famose orecchie a ventola, cosa che egli sopportava con la maggior disinvoltura del mondo, anche perchè in vita sua non aveva mai letto un romanzo, nemmeno quelli celebri del conte Tolstoj. Ad ogni modo, quando la moglie tornava, eccolo di nuovo ad attenderla al treno, bonario e affettuoso, e lei si précipi-l fava al suo braccio senza voltarsi indietro, che tanto ne di Wronski, ne di modeste imitazioni di costui, v'era la più pallida ombra. Jfai che avesse le menoma avventura!... E sì che era slata bellina assai da giovane, fresca e formosa, coi riccioli neri sulla fronte, proprio come i lettori di una volta, prima delle interpretazioni della Garbo, potevano immaginare Anna. Jla tanfo, ella tornava come era partita, e sempre più si persuadeva che, per lei, come per la grande maggioranza delle persone, avventure non ce n'erano, uè in treno ne altrove e che eran tutte storie di romanzieri, salvo per qualche individuo veramente privilegia¬ e raro, per cui romanzo. Come, per suo fratello e sua co¬ to, fortunatissimo la vita è csem pio, guata. — Che fanno quei due pazzi?... — domandava il marito, mentre tornavano a casa e ascoltava, crollando ogni poco il capo, in atto di commiserazione, il racconto della moglie. — Pazzi, ti paiono proprio pazzi — Ma se non son pazzi quelli !... Lei non era del tutto persuasa, le rimaneva, ad ogni modo, nel cuore, un'invidia senza fiele, una specie di ammirazione per quelle passioni così sfrenate e messo in mostra senza vergogna, tanta era la forza di cui erano pervase e cariche. — Ad ogni modo non si annoiano a vivere !... — Nemmeno io — ribatteva il marito, contentissimo lui del proprio destino (solo che avesse potuto avere un figlio...) — E tu invece sì?... — No no, ma... Ma le pareva che avrebbe dato qualcosa per essere l'eroina di quelle scene selvagge di furori, di pianti, di disperazioni, di minacce, in cui quei due coniugi *i trattavano come nemici mortali, per poi, alla fine (ella si lusingava che fosse, per opera sua, ma era poi vero?...) riconciliarsi, torInare appassionati l'uno dell'altro e magari intraprendere un viaggetto per sollazzarsi e ricompeiijsarsi di tante peni;. I Così colle amichi', e con altre iparenti, ella parlava a volte con una specie di orgoglio di «quei due per i quali la vita era un romanzo u e ci teneva, si capiva, come a una rarità che apparteneva alla sua famiglia, qualcosa per cui si poteva andar fieri, distinguersi da tutti, brillare in un firmamento speciale, da tutti invidiato. Gli anni passarono. Giulia s'ingrassò un poco e si andò sempre più adattando alla sua serena vita mediocre. Qualche soprassalto l'aveva ancora e. più che altro, il desiderio che le chiamate di Augusto, diventate più rare, inoli cessassero del lutto. — Be' — .ella pensava — finche potrò ri conciliar quei due un'ultima volta... Ma non ci sarà mai per quei due, gente beata, un'ultima volta!... Eppure ci fu, almeno per lei. un'ultima volta. Fu quella in cui 1 trovò alla stazione, ad attenderla, invece del fratello, la nipote. — Come, Gisella, sei tu'... Gisella era la figlia di Augusto, una bimba venuta tardi nella vita dei due sposi amanti e che si era sempre tenuta da parte, nella sua cameretta con la governante (vecchia e brutta, scelta apposta per non suscitar drammi) occupando pochissimo posto. Ma adesso era una giovinetta e assai magra e patita, osservò la ben (lasciata Giulia, con un senso di pietà. — Sei anemica, piccina?... Non hai appetito?... Non mangi.'... — Sì. sì, ma... Credi che papà e mamma faranno la pace'... — Come, lo sai anche tu'... — E come non dovrei... — Ma non son cose che ti riguardino, bimba mia !... — Zia Giulia — disse triste mente la fanciulla — ho occhi per vedere e Orecchi per sentire. E dovrei disinteressarmene* E' orribile, ciò. pensò Giulia, improvvisamente angosciata, non lo di-se forte ma entrò in casi del fratello, per la prima volta, con un senso di ripugnanza. E si accrebbe quella ripugnanza allo spettacolo delle solite scene: oh. non erano più giovani ormai i protagonisti di quell'eterno romanzo, avevano già qualche ruga, qualche capello grigio, i segni dell'esperienza e della saggezza, le fiamme di certe passioni dovevano essere spente ormai, penili' soffiarvi dentro ancora.'... A lei pareva di vedere chiaro adesso dentro a quella storia di preteso amore, ci vedeva un gusto del male orribile, una follìa latente e distruttrice, un morboso bisogno rli straziarsi e dilaniarsi, che era come mettere in mostra ferite di cui non c'era davvero da andare superbi. La sua fisionomia esprimeva questo nuovo disgusto, tanto che i due attori del dramma non ebliero tempo di svolgere le loro scene e smisero prima' idei solito. — Ma a tua figlia non pensi?... — ella chiese poi al fratello' Idi-degnando di spiegarsi con la cognata, che, come la più gelosa, le pareva la più irragionevole, j - Xon consideri che è un delitto prenderla a testimone delle vo-l si iv si lipide ln"jlie !... Lui fumava, a capo chino, uer-' vosamente, e mostrava la chioma' arruffata e grigia. - Chi la prende a tesi inione -■ Voi, per l'orza, giacché vi fate vedere e sentire!;.. Non ti vergogni ? Egli alzò le spalle, ma era col-pilo. — Sai, con quella pazza di là... — Voi rovinate la vita a quella povera piccina... Se potessi prenderla con me... — Se quella là te la dà... per| me !... I K fll COSÌ elle quella volta Gin-; I Ufi discese dal treno con aria: I trionfante e corse ad appendersi al braccio del suo buon marito , con una gioia speciale, volgendosi per presentargli qualcuno—I oli, nessun Wronski. ne un'imi-j I (azione di Wronski — ma una giovinetta pallidina dall'aria tri-I Ut e e dolce: — Gisella. Ce l'hall ■ no data a noi. Sei contento! Carola Prosperi

Persone citate: Anna Karénina, Carola Prosperi, Otti, Tolstoj