L'aerodromo di K

L'aerodromo di K L'aerodromo di K " C erano addosso ogni giorno gli aeroplani nemici e a un certo punto anche le artiglierie; ma si dezollava si combatteva si vinceva lo stesso,, (DA UNO DEI NOSTRI INVIATI) Da un nostro Aerodromo, febbraio. Per gli aviatori del vecchio cen- psdplo e gruppo da caccia, l'essere <stati all'aerodromo di K... co-\pslìtnisce, oramai, un tìtolo d'onore. Può darsi che, oggi o domani, essi debbano impegnarsi di più, esporsi a rischi maggiori, affrontare con più frequenza il nemico e abbattere un numero supcriore di apparecchi. Non importa! I giorni passati a K... resteranno per essi ì più duri, i più vìvi, i più pieni ed anche i più belìi ed inte- snlpttl5^*t'<2^^SÌ'4È5?IS^&Ì2.Iutdravcisaapbtaepfddpietra di paragone per le che si fanno e si faranno, All'ora del pranzo In realtà, fu quello di K.., il campo più avanzato di tutta l'Albania, una specie di ridotta che la nostra arma azzurra aveva spinto fino a ridosso del nemico. E il nemico lo sì aveva sul campo ogni giorno, spesso parecchie volte il giorno. Sembrava preferire le ore del mezzogiorno: in un primo tempo, l'una. Beninteso, in cielo, c'era sempre la nostra crociera di vigi-\ lanza, ma, per dare una mano in ogni evenienza ai compagni, la mensa venne anticipata. Il nemico, conciato male un paio di volte, incominciò ad apparire verso la mezza. E ancora la mensa fu anticipata. Poi, tenne a mezzodì pre ciso. E allora i nostri passarono laimensa dalla baracca al campo, mangiando a fianco degli apparecchi, il dischetto di cuoio in capo, il paracadute appeso dietro la schiena. Partirono qualche volta con il boccone in bocca e il bicchiere di vino bevuto a metà. A volte, causa il cielo coperto, il nemico arrivava all'improvviso sul campo. Le bombe fioccavano da ogni parte, fra un apparecchio e l'altro, ina si decollava egualmente. I motoristi, gli uomini di manovra, gareggiavano con i piloti, incuranti degli scoppi. Il primo aviere motorista, Giorgio Donati, un giorno, durante un violento bombardamento, mentre correva a mettere in moto un apparecchio, veniva scaraventato a terra da. una bomba che gli era esplosa vicino, mettendo il suo apparecchio fuori uso. Rialzatosi sull'istante, riuscì a portarsi presso un altro apparecchio, a metterlo in moto, permettendo al pilota di inseguire il nemico. Venne proposto per una ricompensa al valore. Cosi, il primo aviere motorista, Aldo Pecci, che fra gli scoppi, metteva in moto un apparecchio da caccia. Mentre il pilota partiva, accori èva, sempre fra gli scoppi, ad aiutare la messa in moto di un altro velivolo, che, poi, abbatteva un avversario. In seguito, accadde che il cam no di K... venne battuto dall'artiglieria nemica. Si decollò e qualmente. Vi erano dei Falchi e delle Frecce a K..., ì C.R. 42, cioè, ed i G. 50, costruiti nelle officine torinesi. A K..., tuttavia la loro attività non si limitava a crociere di vigilanza, sì esplicava altresì in lunghe crociere di scorta per i nostri bombardieri e per i nostri ricognitori, onde creare attorno ad essi come una specie di! cintura aerea e dì schermo difensivo. E in queste crociere, i cacciatori non si accontentavano che il nemico fosse segnalato per raggiungerlo magari dopo che aveva già sjerrato la sua offesa, non si accontentavano, cioè, di disimpegnare i bombardieri od i ricognitori quando erano attaccati/ma prevenivano l'assalitore, lo cercavano, lo spazzavano dal cielo prima ancora che una sua qualsiasi minaccia potesse abbozzarsi. Vittorie di uno e di tutti Alle crociere di sorveglianza e di scorta delle Frecce e dei Falchi di K..., occorre aggiungere i mitragliamenti sulle truppe, sulle colonne in marcia e quelli sugli aerodromi nemici. Esempio, il cam¬ p po di Kozzani, dove vennero distrutti al suolo cinque velivoli < danneggiati gravemente una diecina di altri. In breve, in tutto il periodo di attività sul settore unti¬ <laHle _ mcno di „„ ' _ offm pilota> ,jro8so modo> partecipò al- meno ad una diecina di crociere ad una ventina di scorte, a sei o sette partenze su allarme, a quattro o cinque mitragliamenti e a non meno di 6 combattimenti con la caccia non Ica. Con quanti apparecchi abbattuti per ogni pilota/ Ve ne sono che ne hanno abbattuti due, tre, quattro. Vi è il sottotenente Maurizio Nicolis di Ro- c>>e >w ha abbattuti tre in una volta sola, come dice la tacitiana motivazione della sua medaglia d'argento ul campo: «Durante un volo di scorta, avvistava, attaccava ed abbatteva da solo tre velìvoli nemici ». Ma, specie in combattimento, una assegnazione individuale non è possibile. E guai se i piloti dovessero correre dietro all'assegnazione degli apparecchi abbattuti! Essi, d'altronde, non ci pensano nemmeno. Di ogni combattimento a cui hanno partecipato dicono semplicemente: « C'ero anch'io ». E talora specificano: « Si era in sei contro dodici ». « Ne abbinino abbattuti quattro ». Gli apparecchi abbattuti spettano alta formazione che ha condotto il combattimento: formazione di squadriglia o di gruppo. La squadriglia di Falchi del capitano Mariotti, pei csempio, ne ha abbattuti, credo ! piti di una ventina. E lui, il coman dante, « in totale, nei vari combattimenti, ne ha abbattuti, con la sua squadriglia, 15 ». Cosi dice la motivazione della sua medaglia d'argento sul campo. Tipi di comandanti Ora, vorrete sapere quante medaglie vennero distribuite a questi aviatori di K... Se io rivolgessi una domanda del genere al capitano Mariotti, di sicuro, mi sentirei rispondere: « A K..., non si facevano collezioni di medaglie, noi. Si lavorava! ». E' un giovanotti di 21 anni ed è mito a Torino, questo cap. Mariotti, comandante dei Falchi di K... Tarchiato, robusto di spalle, ha un volto rossigno ed irregolare, come fosse statò squadrato con la scure nella dura quercia. Parla sempre con un tono di voce un po' forte. E, all'appaienza, ha gesti bruschi e modi secchi. Mi dicono che egli accolga i piloti nuovo-arrivati in modo piuttosto particolare: «Non bisogna credere, giovanotti, — esclama a guisa di prologo — che .. iavìta del caccratere itiguerra'siaUalata e poetica come potrebbero far credere certi giornalisti, E' laWpiti dura vita che vi sia, e la piti pericolosa. Perchè ogni volta che incontrale il nemico, non troverete vie di scampo, ne trincee dove ripararvi: o cade lui, o cadete voi! ». Ma, quando Mariotti parla così, nella sua voce, ad esaminarla bene, vi è un profondo, inestinguibile amore per la sua specialità, alla quale ha dedicato tutto se stesso e nella quale si è portico tormente distinto: una medaglia d'argento, lì, in quel fronte, due altre in Ispngnu ed una promozione per merito di guerra. Tale amore del cap. Mariotti per la caccia, in sensibilmente si comunica ai suoi piloti, li afferra, li amalgama, li trascina, li lancia nella mischia. E che cosa sia quest'amore, Mariotti e i suoi gregari non lo saprebbero dire. E' una specie di esaltazione lenta che li prende e non li lascia più. E' l'orgoglio di portare nella battaglia unii delle armi più deli cote è, nel tempo stesso, più mici diali, è l'orgoglio di affrontare i più grandi pericoli, di potere sfidare la morte ad ogni ora, ad ogni minuto. E', probabilmente, un semplice senso del dovere e del sacrificio che affiora inavvertitamente nell'anima di ognuno di questi piloti e ne fa degli eroi. Il Comandante delle Frecce di K... era il Cap. Arcangelettì. Altro tipo, altro carattere da Mariotti. Ma la .strusa anima di capo che galvanizza le. energie dei arenari e ne accende gli entusiasmi, l'uguale tempra nervosa che, nei momenti difficili del combattimento aereo, vede, chiaro e decide in fretta. Anche per lui e per i suoi nomini, i giorni di K... furono giorni di trincea. Le sue Frecce — apparecchi eminentemente di intercettazione, data l'alta velocità capacità di ascesa — avevano come compito precipuo di difen- Ldirpedcd'ere il campo e di proteggere le ' Nnostre truppe, schierate-un po' più | avanti, da ogni eventuale mitra- |jagliamento o spezzonamento da - laparte dell'aviazione avversaria. [m. . . ; fCombattimenti gloriosi i b° rUn sacco ed una sporta di coni- pbattimenti si svolsero, perciò, a<lcavaliere delle lince fra le Frecce ; pdi Arcanqeletti e sciami di P.Z.L., sdi Gloste'r. di Bristol-Blenheim, di'.''Fairy-Battle. / nostri fanti ed il fnostri alpini li seguivano dal bas j 11-'zmpzznso, questi combattimenti, trepidavano, si entusiasmavano ed applaudivano quando un P.Z.L. dalle ali da gabbiano, un Gloster dal volo zìg-zaqante da zanzara, un.. nero e tozza Blenhsim o un Fairy- | tBattle simile ad un pipistrello, si i minfilava qiù a vite. Ed era la maq- LRgior parte delle volte. « Un G. 50 1 jsopra di noi — mi diceva un fan- | lte della Venezia — ci dava sem-\ prò un senso di assoluta sicitrca-lo',a >( ig" E l'hanno taqlìata spesso, la mcorda, i piloti avversari! Quante dvolte, difatti, il combattimento ae- reo si spostò, scavalcò le linee, \ addentrandosi in territorio nomi- \ \co! Certi piloti, nella foga dell'in- 1 Lseguimento, si spìnsero talmente I iavanti, che, al ritorno, per poco radovettero atterrare fuori : non campo per mancanza di carbura te. « Un giorno — mi informava un pilota — ho voluto controllare la benzina che m'era rimasta. Ho preso una pompctta ed ho tirato sii. Un bicchiere! ». E vi fu un pilota, il sergente maggiore Walter Rotichieri di Modena, che si inoltrò per 150 chilometri in territorio nemico, all'inseguimento di un bombardiere. Lo raggiunse sul suo campo. Ma l'atterramento. Rotichieri, glielo fece anticipare di qualche minuto: con una raffica lo mandò giù ad una velocità di tuffo ben superiore a quella dei nostri Picchiatelli. Stava osservando l'apparecchio che bruciava sul campo, quando da un angolo dello stesso campo egli vide alzarsi in volo tre Fairy-Battle. Finse di non accorgersene, e di prcn- ^?ebt « potKc^ìa«pn|idsraclzmaapendgiro di volta, piombò loro addosso, ne ributtò uno in fiamme là donde era partito. Soddisfatto della doppietta, se ne ritornò a casa, giungendoxn con i serbatoi vuoti e quasi secchi. E' capitalo, però, che le Frecce di Areangelcttì dovettero affron Cadetefare formazioni avversarie due. ntre. e persino quattro volte suoc- ; priori. Allora, qualche. Freccia e. caduta. Così, il pilota Arturo Bollato, un ragazzo di 24 rumi, imfivo di Asiago. Il giorno prima con due compagni, egli aveva attaccato quattro P.Z.L. e. individualmente, ne aveva abbattuti due. In quello che doveva essere il suo ultimo combattimento, la sproporzione era ancora maggiore: cinque Frecce contro 20 Gloster e P.Z.L. Fu un combattimento vorticoso, allucinante, che i nostri fanti dalle trincee seguirono con trepida ansia. Videro, ì nostri fanti, che gli apparecchi nemici tentavano di gettarsi in masse di quattro o cinque contro ogni singola Freccia, e lo sforzo disperato di queste per evitare l'isolamento, videro uno e poi due e poi tre apparecchi nemici abbandonare la lotta con volo ondulatorio da aquila ferita, e poi videro una Freccia restare come sospesa un ciaeetsqdpnsi rpsNanattimo vrima di scendere vertiai- b- a ci : Irnosamehte. Accorsero. Fra i i-ot-|dlami dell'apparecchio trovarono i/1 luilll ut» tioHiiitu/iiu Kvvniww i« pilota Bonato che respirava anco- {ra. Un rigo di sanque scenderà t lentamente dalla siiti fronte. Lo\$Urussero fuori dai rottami, senza che profferisse parola. Rantolava, aW'un tratto, aprì gli occhi e, in e e uno sforzo supremo, sollevò il braccio e si fece il segno della Croce. Paolo Zappa 2Ir\BdlIr'd Piloti degli « Stuka » in procinto, di decollare da una base del Mediterraneo IIIUtlllllllMIIIIMIMniMIUIIIIIIIIlMIIIIIIIIIIIMllllillllllllllUIIIIIIMUIIIIIIIlllllMIIIIIIIIIIIIIIMIIIIIUlUIII L'aerodromo di K L'aerodromo di K " C erano addosso ogni giorno gli aeroplani nemici e a un certo punto anche le artiglierie; ma si dezollava si combatteva si vinceva lo stesso,, (DA UNO DEI NOSTRI INVIATI) Da un nostro Aerodromo, febbraio. Per gli aviatori del vecchio cen- psdplo e gruppo da caccia, l'essere <stati all'aerodromo di K... co-\pslìtnisce, oramai, un tìtolo d'onore. Può darsi che, oggi o domani, essi debbano impegnarsi di più, esporsi a rischi maggiori, affrontare con più frequenza il nemico e abbattere un numero supcriore di apparecchi. Non importa! I giorni passati a K... resteranno per essi ì più duri, i più vìvi, i più pieni ed anche i più belìi ed inte- snlpttl5^*t'<2^^SÌ'4È5?IS^&Ì2.Iutdravcisaapbtaepfddpietra di paragone per le che si fanno e si faranno, All'ora del pranzo In realtà, fu quello di K.., il campo più avanzato di tutta l'Albania, una specie di ridotta che la nostra arma azzurra aveva spinto fino a ridosso del nemico. E il nemico lo sì aveva sul campo ogni giorno, spesso parecchie volte il giorno. Sembrava preferire le ore del mezzogiorno: in un primo tempo, l'una. Beninteso, in cielo, c'era sempre la nostra crociera di vigi-\ lanza, ma, per dare una mano in ogni evenienza ai compagni, la mensa venne anticipata. Il nemico, conciato male un paio di volte, incominciò ad apparire verso la mezza. E ancora la mensa fu anticipata. Poi, tenne a mezzodì pre ciso. E allora i nostri passarono laimensa dalla baracca al campo, mangiando a fianco degli apparecchi, il dischetto di cuoio in capo, il paracadute appeso dietro la schiena. Partirono qualche volta con il boccone in bocca e il bicchiere di vino bevuto a metà. A volte, causa il cielo coperto, il nemico arrivava all'improvviso sul campo. Le bombe fioccavano da ogni parte, fra un apparecchio e l'altro, ina si decollava egualmente. I motoristi, gli uomini di manovra, gareggiavano con i piloti, incuranti degli scoppi. Il primo aviere motorista, Giorgio Donati, un giorno, durante un violento bombardamento, mentre correva a mettere in moto un apparecchio, veniva scaraventato a terra da. una bomba che gli era esplosa vicino, mettendo il suo apparecchio fuori uso. Rialzatosi sull'istante, riuscì a portarsi presso un altro apparecchio, a metterlo in moto, permettendo al pilota di inseguire il nemico. Venne proposto per una ricompensa al valore. Cosi, il primo aviere motorista, Aldo Pecci, che fra gli scoppi, metteva in moto un apparecchio da caccia. Mentre il pilota partiva, accori èva, sempre fra gli scoppi, ad aiutare la messa in moto di un altro velivolo, che, poi, abbatteva un avversario. In seguito, accadde che il cam no di K... venne battuto dall'artiglieria nemica. Si decollò e qualmente. Vi erano dei Falchi e delle Frecce a K..., ì C.R. 42, cioè, ed i G. 50, costruiti nelle officine torinesi. A K..., tuttavia la loro attività non si limitava a crociere di vigilanza, sì esplicava altresì in lunghe crociere di scorta per i nostri bombardieri e per i nostri ricognitori, onde creare attorno ad essi come una specie di! cintura aerea e dì schermo difensivo. E in queste crociere, i cacciatori non si accontentavano che il nemico fosse segnalato per raggiungerlo magari dopo che aveva già sjerrato la sua offesa, non si accontentavano, cioè, di disimpegnare i bombardieri od i ricognitori quando erano attaccati/ma prevenivano l'assalitore, lo cercavano, lo spazzavano dal cielo prima ancora che una sua qualsiasi minaccia potesse abbozzarsi. Vittorie di uno e di tutti Alle crociere di sorveglianza e di scorta delle Frecce e dei Falchi di K..., occorre aggiungere i mitragliamenti sulle truppe, sulle colonne in marcia e quelli sugli aerodromi nemici. Esempio, il cam¬ p po di Kozzani, dove vennero distrutti al suolo cinque velivoli < danneggiati gravemente una diecina di altri. In breve, in tutto il periodo di attività sul settore unti¬ <laHle _ mcno di „„ ' _ offm pilota> ,jro8so modo> partecipò al- meno ad una diecina di crociere ad una ventina di scorte, a sei o sette partenze su allarme, a quattro o cinque mitragliamenti e a non meno di 6 combattimenti con la caccia non Ica. Con quanti apparecchi abbattuti per ogni pilota/ Ve ne sono che ne hanno abbattuti due, tre, quattro. Vi è il sottotenente Maurizio Nicolis di Ro- c>>e >w ha abbattuti tre in una volta sola, come dice la tacitiana motivazione della sua medaglia d'argento ul campo: «Durante un volo di scorta, avvistava, attaccava ed abbatteva da solo tre velìvoli nemici ». Ma, specie in combattimento, una assegnazione individuale non è possibile. E guai se i piloti dovessero correre dietro all'assegnazione degli apparecchi abbattuti! Essi, d'altronde, non ci pensano nemmeno. Di ogni combattimento a cui hanno partecipato dicono semplicemente: « C'ero anch'io ». E talora specificano: « Si era in sei contro dodici ». « Ne abbinino abbattuti quattro ». Gli apparecchi abbattuti spettano alta formazione che ha condotto il combattimento: formazione di squadriglia o di gruppo. La squadriglia di Falchi del capitano Mariotti, pei csempio, ne ha abbattuti, credo ! piti di una ventina. E lui, il coman dante, « in totale, nei vari combattimenti, ne ha abbattuti, con la sua squadriglia, 15 ». Cosi dice la motivazione della sua medaglia d'argento sul campo. Tipi di comandanti Ora, vorrete sapere quante medaglie vennero distribuite a questi aviatori di K... Se io rivolgessi una domanda del genere al capitano Mariotti, di sicuro, mi sentirei rispondere: « A K..., non si facevano collezioni di medaglie, noi. Si lavorava! ». E' un giovanotti di 21 anni ed è mito a Torino, questo cap. Mariotti, comandante dei Falchi di K... Tarchiato, robusto di spalle, ha un volto rossigno ed irregolare, come fosse statò squadrato con la scure nella dura quercia. Parla sempre con un tono di voce un po' forte. E, all'appaienza, ha gesti bruschi e modi secchi. Mi dicono che egli accolga i piloti nuovo-arrivati in modo piuttosto particolare: «Non bisogna credere, giovanotti, — esclama a guisa di prologo — che .. iavìta del caccratere itiguerra'siaUalata e poetica come potrebbero far credere certi giornalisti, E' laWpiti dura vita che vi sia, e la piti pericolosa. Perchè ogni volta che incontrale il nemico, non troverete vie di scampo, ne trincee dove ripararvi: o cade lui, o cadete voi! ». Ma, quando Mariotti parla così, nella sua voce, ad esaminarla bene, vi è un profondo, inestinguibile amore per la sua specialità, alla quale ha dedicato tutto se stesso e nella quale si è portico tormente distinto: una medaglia d'argento, lì, in quel fronte, due altre in Ispngnu ed una promozione per merito di guerra. Tale amore del cap. Mariotti per la caccia, in sensibilmente si comunica ai suoi piloti, li afferra, li amalgama, li trascina, li lancia nella mischia. E che cosa sia quest'amore, Mariotti e i suoi gregari non lo saprebbero dire. E' una specie di esaltazione lenta che li prende e non li lascia più. E' l'orgoglio di portare nella battaglia unii delle armi più deli cote è, nel tempo stesso, più mici diali, è l'orgoglio di affrontare i più grandi pericoli, di potere sfidare la morte ad ogni ora, ad ogni minuto. E', probabilmente, un semplice senso del dovere e del sacrificio che affiora inavvertitamente nell'anima di ognuno di questi piloti e ne fa degli eroi. Il Comandante delle Frecce di K... era il Cap. Arcangelettì. Altro tipo, altro carattere da Mariotti. Ma la .strusa anima di capo che galvanizza le. energie dei arenari e ne accende gli entusiasmi, l'uguale tempra nervosa che, nei momenti difficili del combattimento aereo, vede, chiaro e decide in fretta. Anche per lui e per i suoi nomini, i giorni di K... furono giorni di trincea. Le sue Frecce — apparecchi eminentemente di intercettazione, data l'alta velocità capacità di ascesa — avevano come compito precipuo di difen- Ldirpedcd'ere il campo e di proteggere le ' Nnostre truppe, schierate-un po' più | avanti, da ogni eventuale mitra- |jagliamento o spezzonamento da - laparte dell'aviazione avversaria. [m. . . ; fCombattimenti gloriosi i b° rUn sacco ed una sporta di coni- pbattimenti si svolsero, perciò, a<lcavaliere delle lince fra le Frecce ; pdi Arcanqeletti e sciami di P.Z.L., sdi Gloste'r. di Bristol-Blenheim, di'.''Fairy-Battle. / nostri fanti ed il fnostri alpini li seguivano dal bas j 11-'zmpzznso, questi combattimenti, trepidavano, si entusiasmavano ed applaudivano quando un P.Z.L. dalle ali da gabbiano, un Gloster dal volo zìg-zaqante da zanzara, un.. nero e tozza Blenhsim o un Fairy- | tBattle simile ad un pipistrello, si i minfilava qiù a vite. Ed era la maq- LRgior parte delle volte. « Un G. 50 1 jsopra di noi — mi diceva un fan- | lte della Venezia — ci dava sem-\ prò un senso di assoluta sicitrca-lo',a >( ig" E l'hanno taqlìata spesso, la mcorda, i piloti avversari! Quante dvolte, difatti, il combattimento ae- reo si spostò, scavalcò le linee, \ addentrandosi in territorio nomi- \ \co! Certi piloti, nella foga dell'in- 1 Lseguimento, si spìnsero talmente I iavanti, che, al ritorno, per poco radovettero atterrare fuori : non campo per mancanza di carbura te. « Un giorno — mi informava un pilota — ho voluto controllare la benzina che m'era rimasta. Ho preso una pompctta ed ho tirato sii. Un bicchiere! ». E vi fu un pilota, il sergente maggiore Walter Rotichieri di Modena, che si inoltrò per 150 chilometri in territorio nemico, all'inseguimento di un bombardiere. Lo raggiunse sul suo campo. Ma l'atterramento. Rotichieri, glielo fece anticipare di qualche minuto: con una raffica lo mandò giù ad una velocità di tuffo ben superiore a quella dei nostri Picchiatelli. Stava osservando l'apparecchio che bruciava sul campo, quando da un angolo dello stesso campo egli vide alzarsi in volo tre Fairy-Battle. Finse di non accorgersene, e di prcn- ^?ebt « potKc^ìa«pn|idsraclzmaapendgiro di volta, piombò loro addosso, ne ributtò uno in fiamme là donde era partito. Soddisfatto della doppietta, se ne ritornò a casa, giungendoxn con i serbatoi vuoti e quasi secchi. E' capitalo, però, che le Frecce di Areangelcttì dovettero affron Cadetefare formazioni avversarie due. ntre. e persino quattro volte suoc- ; priori. Allora, qualche. Freccia e. caduta. Così, il pilota Arturo Bollato, un ragazzo di 24 rumi, imfivo di Asiago. Il giorno prima con due compagni, egli aveva attaccato quattro P.Z.L. e. individualmente, ne aveva abbattuti due. In quello che doveva essere il suo ultimo combattimento, la sproporzione era ancora maggiore: cinque Frecce contro 20 Gloster e P.Z.L. Fu un combattimento vorticoso, allucinante, che i nostri fanti dalle trincee seguirono con trepida ansia. Videro, ì nostri fanti, che gli apparecchi nemici tentavano di gettarsi in masse di quattro o cinque contro ogni singola Freccia, e lo sforzo disperato di queste per evitare l'isolamento, videro uno e poi due e poi tre apparecchi nemici abbandonare la lotta con volo ondulatorio da aquila ferita, e poi videro una Freccia restare come sospesa un ciaeetsqdpnsi rpsNanattimo vrima di scendere vertiai- b- a ci : Irnosamehte. Accorsero. Fra i i-ot-|dlami dell'apparecchio trovarono i/1 luilll ut» tioHiiitu/iiu Kvvniww i« pilota Bonato che respirava anco- {ra. Un rigo di sanque scenderà t lentamente dalla siiti fronte. Lo\$Urussero fuori dai rottami, senza che profferisse parola. Rantolava, aW'un tratto, aprì gli occhi e, in e e uno sforzo supremo, sollevò il braccio e si fece il segno della Croce. Paolo Zappa 2Ir\BdlIr'd Piloti degli « Stuka » in procinto, di decollare da una base del Mediterraneo IIIUtlllllllMIIIIMIMniMIUIIIIIIIIlMIIIIIIIIIIIMllllillllllllllUIIIIIIMUIIIIIIIlllllMIIIIIIIIIIIIIIMIIIIIUlUIII

Luoghi citati: Albania, Asiago, Modena, Torino