Un viaggio in treno che è un'avventura

Un viaggio in treno che è un'avventura Un viaggio in treno che è un'avventura SIVIGLIA, gennaio. Una volta nella mia vita sono partito da Barcellona col treno, per andare a. Siviglia. Un viaggio come un altro; ma fate mille e duecento chilometri, una distama]rome da Merano a Trapani, su un treno che si ferma, a tutte le stazioni, perchè il materiale è scarso e. c'è un solo treno al giorno, è un,esercisio di pazienza e anche un tuffo nell'umanità, un contatto con quella genie, che non si può dire che ami i propri comodi perchè non li ha mai avuti; e perciò lo racconto. Il sivigliano — cosi si chiama il treno — era, una rotta, tutto d'un pezzo; per dirla col linguaggio delle donne — che hanno un' idea primitiva e rive■i ente delle ferrovie — su quel frenati non si cambiava mai; era un viaggio lunghissimo, durava quaranta, ore. vìa. non c'era bisogno di scendere, cosa che spaventa le donne, non so perchè. Oggi il sivigliano e stato ammazzato dalla necessità di risparmiare ilìmateriale; ma a simigliamo, di \quei serpenti che continuano a guizzate dopo che sono stati tagliati a pezzi, vive nei tre tronchi in cui è stato scomposto; e io, che non ho paura di cambiar treno, me lo sono gustato tutto dal primo all'ultimo chilometro, dalla prima all'ultima fermata, assaporando il pigia pigia, le attese nelle stagióni, tutte cose nuove, poiché, da un pezzo, non mettevo piede su un treno. L'avanzata nel corridoio Betta la. costa del Levante, tutta sgraffiata dalla guerra: sole e mare, spiagge luminose subito dietro le quali sono le folte distese degli aranceti, coi frutti di un rosso cupo che pendono quasi sui tetti dei vagoni, e vieti voglia di stendere il braccio per coglierli: paesini ridotti a macerie, che furono le tappe della lenta avanzata, verso Castellati de la Plana: Vinaroz, dove Artieri arrivò primo colla truppa che toccò il mare spezzando la Spagna rossa in due, Benicarlò, rovinato ma animato; ecco la chiesa sulla cui facciata erano iscritte le sigle anarchiche, ecco la palazzina dalle cui finestre mi capitano mi additò un tank che passava piano piano nella strada del paese, reduce dal fronte, con ■un uomo tutto disteso sul coperchio blindato, un ufficiale, ferito gravissimamente, in un mare di sangue, forse morente, che si sforzava di alzare il braccio e lo alzava nel passare sotto il Comando. « Con uomini simili, mi disse il capitano, come non vincere.' ». I villaggi si sgranano l'uno dietro l'altro. Il sole dissecca i muri crollanti; eppure qualche casa è rimasta in piedi. « A Nnles, racconta una donna che è salita or ora, non c'è nulla, nulla; noi viviamo in una casa scoperchiata che abbiamo adattata alla meglio». Eppure vivono. L'uomo ha una facoltà di sopportazione e di adattamente che sembra sconfinata; la sua presenza anima le rovine, le fa servire. B\ calato il sole, siamo da sci ore in treno. Alzando il capo vedo ti corridoio brulicante, qualche viaggiatore che tenta di appiattii si come una sogliola per passale ria un mucchio di valine e una pia ai gente in piedi; m'alzo, esco anelito e m'avvio verso l'estremiIL- %.corrldoio- Ma la qente è cosi fitta che ci vorrebbe un carNiJiìlss''.»° Pe'' tagliarla in due. «mntiJ1 »»« statistica iTJSSJiSJS Sierra civile ha disti utto Ò9l locomotive e ventimi „..,. la carri ferroviari; il numero dei Ynnnl Pa?sc."Oeri è sceso da -',000 a 1S9Ì. Un po' chiedendo favori, un po' spingendo, vado avanti; ma ahimè, l'uscio che cercavo e spalancato ed è' mantenuto aperto dalla folla che tutto riempie, e che vi si addossa centro; 'lentia sono quattro viaggiatori "i piedi, che sembrano felici di essersi potuti infilate li. nè potrebbero uscirne. Intanto il treno si e fermato, e la porta che dà sui binari, all'estremità del veicolo, è api ita vigorosamente dal di fuori; un Hutto di gente si butta in quella, breccia, ma non riesce a oltrepassare il predellino; sono preso fra due correnti opposte che mi trastullano, mi malmenano, sbatacchiato contro un durissimo baule di finta pergamena; nella battaglia vincono quelli di fuori, e io seno espulso dal vagone, e buttato sui respingenti, fra i due soffietti, contro la porta della vicina vettura ristorante. Ma non sono il solo; altri vengono a cascare in quel limbo, a schiacciarsi sii quella porta, come il Grillo-Parlante sotto il martello di Pinocchio. Caccia ai contrabbandieri La porta è chiusa. Di là dai vetri si vede la soletta, piena di gente che fa finta di prendere il caffè; sono quelli che in Ispugnu si chiamano los madrugadores. «//<( lettera « quelli che si alzana pre¬ ]gli chiedo sto», cioè i furbi, (pipili che per ogni guaio pubblico hanno pronto un rimedio individuale, quasi sempre disonesto. Dall'altra parte del vetro balena la testa del cuoco; a segni, di aprire, mi risponde, a segni, di no; altri viaggiatoli accompagnano la supplica a gesti di minaccia, come , dire: «Dopo faremo i conti». So- no gente umile, ma scaltra, quasi tutte donne di mezza età, con le gonnelle ampissime, i fianchi opimi, le pance salienti, e portano canestri e fagotti e polli vivi legati a due a due coinè i capponi di Renzo. Tutta questa gente è munita di biglietti di terza classe e sale nella prima: cosa permessa da una delle leggi più umane di questo severo paese. Anch'esse voti ebbero entrare nel recinto pioibito; e il cuoco mi fa segno, dall'alti a parte del vetro, di aspettate che se ne vadano. Una donna sui trent'anni. bionda, bella, di un'eleganza dimessa, spunta ìfra la folla, e le galline. Il cuoco \apre la porta. La ragazza entra è . insieme a un fiotto mal contenuto di viaggiatori. Ha il biglietto di terza, di terzissima; ma la bellezza è un bel passaporto. Intanto il treno s'è mosso, s'è rifermato, ed è un'altra fermata interminabile. Un viaggiatore allunila il collo per gnaulale; e dopo un momento eccoli tutti alle finestre. Dietro la vettura ristorante ce n'è una di terza, dove una Guardia civile sta, con una gamba sul predellino e l'altra in terra; e con le mani che non si vedono piglia dei fagotti e li biuta, alla rinfusa, sui marciapiedi, dove c'è l'altro membro della * coppia ». E' successo che ci avviciniamo alla città, e la Guardia civile fa. una battuta per scoprire i contrabbandieri di viveri, i piccoli trafficanti dello straperlo, quel misterioso e vastissimo commercio, che cerca di eludere in buona parte le severe misure governative. Sul marciapiedi ci sono donne che piagnucolano accanto ai loio cesti violati. Le Guardie civili scoprono un canestro: riso; aprono una valìgia: riso; bucano un fagotto: e il liso cade a terra, a granellila che sembrano lacrime. Da bravi militari spagnoli non si permetterebbero mai di toccare i gonfi fianchi delle donne; eppure ne troverebbero, ne ■ troverebbero del riso! Una straperlista è salita, non so come, nc'la vettura ristorante; e racconta mezzo piangendo la sua avventura, poi ride. Il treno riparte, e sul marciapiedi della stazioncina rimangono crocchi di donnicciole che gesticolano, fagotti aperti e riso in terra, molto riso. Queste donne rappresentano un nuovo tipo della società spagnola, che U1l giorno avrà il suo descrittore: è lo strapcrlista; una nuova (amiglia umana, come i magistrati, i 'benestanti, il clero, i ladri. C'è il grosso e il piccolo straperlista, cosi come c'è l'arcivescovo di Toledo e lo scaccino; c'è la vecchia che porta un sacchetto di farina nel petto e c'è il grande mercante clic fa deviare nn treno carico di lenticchie, dalla sua rotta per portarlo nella provincia dove ha ordito la sua losca trama. A questo il governo appioppa, quàn do lo acciuffa, sei mesi di batallòn de trabajadores, ossili di lavori forzati sulle strade o alle frontiere, insieme ai prigionieri della (jnetta civile, più un milione o anche due di multa, clic qui è cosa | . qrandi multe. Alla donnicciuola lo i Stato sequestra il fagotto, e oa- a o ; i i i i è ; o i o e i ¬ sta. Bocconcini d'assaggio Dirimpetto a me è seduto un] piccolo e grasso commerciante dr. Barcellona, con la faccia cosi gio-\ conda che par che rida anelici quando non ride; mi guatila fisso e mi domanda: «Che succi di uh- [corrente- ìe'muTtè sono'una delle] fenomenalità della Spagna, paesei di vaste steppe, di montatine de-,solatc di lunghe distanze e di '-'be se io avessi, nel mio comparti-\mento, una valigia pana dì ri-* so.'». « Non succederebbe nulla», gli tispondo. «Le Guardie civili, riprende, perquisiscono U donnei-■ ■ e c/ie crinito iii terza coi polli e]i fagotti; ma non toccano le vali-\ge dei signori». Gli rispondo eh'. ■ un signore non si mette a riveli-'dere del riso. «Non impartii; è proibito lo stesso. E' pioibito il trasporto, senza la guìa, senza il passaporto della merce, da una ]provincia all'altra». « Ebbene, di-Lco, ma chi è che compra, ogni. Luna valigia di cuoio per metterei]tirisoì », «Ma io ce l'avevo di >già, la valigia», ribatte, ostinato a dimostrarmi che fa il contrab-\bandiere. «Allora, fate pure». Io\poi. sto per dirgli, che centro.' Ma egiusto: ci saranno ancora le vali-■gcf Da quattro ore siamo Woc-lcoti nella vettura ristorante: quitl- :cuna ogni tanto s alza, raggiungi \la porta a vetri ili là dalla quali \ fi accalca ancora la folla e tonni,indietro tentennando il capo. «Me-\no male, mi dice il commerciali-] te piccolo e grasso, che io le mie] ridìfic. le I/o affittali ci ». « Bntru! E in questa spavalderia, ch'io, c tento ili tara, per vedere a itegli it unni) ». B dopo mi nl:n nnnscire iliilln ri iLn tnlln non mi l lancia luminino aprire In ,cli apoi In. hImpossìbile fate un passo: > ,i„\ i mucchio di bagagli, di pulii, di 'gente accatastata. Torno indietro. [Pazienza. Habent sua fata lihella. be anche le valUte. „, Valenza, di scia, gaiamente i7-•luminata, è ancora qualche cosa 'di confortante. Cetto. da dicci dgiorni la città è priva di pane., e nei/lì albai/ln non ne•servono; ma c'è un rimedio: ordino una paella «a la valenciana, ed ecco la padel- Qla piena di riso mescolato a /hit- oti di mare, un po' arida, un po' _i ìi* t'± , > i, i.. gtroppo abbrustolita, perche l olio \^scarseggia, eccellente tuttavia. Ec. eco il riso che portavano quelle ; vdonnette; ma nella strada i visi pallampanati e gli sguardi mosci ■-di coloro che non possono man- <giare a prezzi di contrabbando mi [smortificano; eppure la genie va.\]si saluta, si festeggia, eniiì^viene. dicono che non s'è mai venduto, tanto torrone come quest'anno, di tquel buon torrone all'uovo e alla Igpasta di mandorla, color terra di1 HSiena, untuoso, morbido, sapori- i tissimo. che esce dulie fabbriche pè e e a n i , casalinghe di Elchc e di Jàtiva dalle care e tristi tetre di Gabriel Mirò, qui vicino. La tappa fino ad. Alkàzar de San Juan, il giorno dopo, non ha storia. Treno arcipieno, vetture dense d'umanità che vi si succede senza lasciare il tempo di passarvi la spazzola; la Spagna non può tenere dei vagoni fermi, e quel poco materiale che rimane è semine in giro; così i trasporti sono assiemati, e la vita continua, e il paese si ricostruisce. Pranzo nella vettura ristorante. E' una bella giornata, ho dormito bene, fa sole, fa appetito. La cucina è squisita: un pezzettino di {ritinta imbottito di fegatini di pollo, ma un pe.zzettin piccia piccino, un campione, una forchettata f« l'assaggio, è buono», avrebbe detto Pulcinella), e poi una fettina così sottile di maiale, con una, ventina di fagioli stufati, che era. una delizia, ma era poco. La mia povera mamma, se fosse viva, non potrebbe neppur dire: « Mangia il pane », perchè ne hanno distribuito venti grammi a persona, la metà di un panino. Il pranzo è finito, si convoca la « seconita serie»; molti viaggiatori se ne sono andati già, alla spicciolata, altri arrivano; io m'impigrisco volentieri qui, per quella bella vetrata che permette di abbracciare tanta strada, tanto mondo. Di fronte a me è un nuovo commensale; il cameriere mi domanda allora se sono anch'io dcl| la seconda serie. « No. rispondo, ho già mangiato »; e subito dopo ■mi pento, mi pento, mi pento. L'ultima tappa dgssclsdndndecEdr■Ecco, la Mancia appare, deserta e piana, mentre annotta. L'ombra del Cavaliere dell'ideale, galoppa accanto a noi, in silenzio. Alkàzar de San Juan, dove finisce la. seconda tappa, r un borgo addormcntalo intuì no al castello medievale da cui prende il nome., Sono le nove di seni, e il treno che deve venire da Madrid per portarmi a Siviglia passerà di qui alle due, alle tre, perchè trae siempre retraso. Non è colpa della Spagna; la colpa è, anche questa volta, degl'Inglesi, che non mandano più carbone. Il carbone spagnolo è buono, se mescolato ad altri; impiegato solo puzza molto e rende poco. Pazienza: vi par poco la libertà' Anche la carta dei giornali è cattiva, ma è carta spagnola; e non esce più nè un soldo nè un paio di braccia nè un atomo dell'indipendenza politica del paese, che è pure oro; ed è grazie a questi sacrifici che la Spagna vive senza far debiti. Nel fréddo androne della stazione di Alkàzar de San Juan, dinanzi a una cena umile ina non tanto quanto quelle di Gesù, seggo, col cappotto tino alle orecchie, stretto fra altri nomini semplici, che mangiano come me il pesce fritto con le patate e ringraziano Iddio. Ho tirato di tasca una rotonduli a torta di pane all'olio che comprai in una lontana stazione; c sto bene. Intorno alla tavola obluni/a dove si prende la cena ci sono altri tavoli piccoli con tanta qente che si ciba d'un acquoso caffè e latte. I salari sono bassi, perchè il governo difende la peseta; non c'è che fare. Mi sento stretto, e non solo materialmente, fra questa gente, capisco la loro ingenuità, la loro sofferenza, la loro bontà. Il loro silenzio, sopra tutto: questa gente non parla di sè. non annoia coi suoi problemi. Esco in istrada: un lungo viale disabitato mena al centro d'Ila cittadina; tira una zizza che agghiaccia, non c'è nessuno. Nei caffè, chiusi per il freddo, si annunzia la pellicola Sin novedad en el Alkàzar. Alla fine del borgo, sull'opposta periferia, un banco illuminato offre del torrone. Non passa nessuno. Torno atta stazione. Sono le undici, il treno passerà alle tre. Mi seggo al {avolo di marmo, fra soldati, massaie, vecchi e mi inetto a scrivere un dramma. ] r. \ i intonili [qui sta ] Che si può fare nella stazione dì i Alkàzar de. San Juan, di gennaio, ,di notte, mentre si aspetta un tre no. se non scrivere un dramma?' 'Titolo: -e Albeggia sui monti di Ripoll. Personaggi: Alberto, Roberto, Bianca, Paola. Prima scena: in un salotto d'una villa dì campagna,, in Catalogna, un uomo e una donna, entrambi giovani, ascoltano la radio. Già che idea di freddo danno, e che bella litografia romantica formano quelle due Guardie civili, ammantellate e accovacciate a due tazzonì di latte, in] tetra fonda ferroviaria!, \Ma ognuno dei personàggi accani-' * pati qui. in attesa del treno, ha , un carattere, dei lineamenti ne, einlttutì. come quelle sculture pò-, -■ liei min che il Napoletano Saldilo e]disseminò nelle chiese spugnole, -\Passa un trino, ma non è il mio. ■ Fa freddo. Xelle scene successive.' -'dunque... Per la porta che dà sul è uiuziulv. aperta e sbattuta di con-] l Unno, intra un vento gelido. Le: l donne che hanno preso il caffè el a ]ialU .dondolano i figli sulle glnoc-L/iiu cogli occhi semichiusi, e . L0Mi tanto si riscuotono, i] Jj\ , sivigliano» arriva alle quati > tr0 ferzo giorno, ultimo giorno di o viàggio Bambini che. a notte al-\t(l 'offrono, alte stazioni, gruppoo\uiti d'uva d'Almeriu e aranci, a e,,,,,,,, l'uva, ne compro ancora, -■ E „n;,iba tardiva, che mi sorride -l(/j le montagne della Sierra - : „„. vedo le piccole mobili \ml„-t.hh ture, nella sélva — i tori \ ,„,„battimento, liberi nelle lo,,.,, ,.„„/, regioni. Siamo già in An-\juu,sia -] e] Riccardo Forte La celebre Plasa d'Esparia a Barcellona, con la fontana dei « tre mari » Un viaggio in treno che è un'avventura Un viaggio in treno che è un'avventura SIVIGLIA, gennaio. Una volta nella mia vita sono partito da Barcellona col treno, per andare a. Siviglia. Un viaggio come un altro; ma fate mille e duecento chilometri, una distama]rome da Merano a Trapani, su un treno che si ferma, a tutte le stazioni, perchè il materiale è scarso e. c'è un solo treno al giorno, è un,esercisio di pazienza e anche un tuffo nell'umanità, un contatto con quella genie, che non si può dire che ami i propri comodi perchè non li ha mai avuti; e perciò lo racconto. Il sivigliano — cosi si chiama il treno — era, una rotta, tutto d'un pezzo; per dirla col linguaggio delle donne — che hanno un' idea primitiva e rive■i ente delle ferrovie — su quel frenati non si cambiava mai; era un viaggio lunghissimo, durava quaranta, ore. vìa. non c'era bisogno di scendere, cosa che spaventa le donne, non so perchè. Oggi il sivigliano e stato ammazzato dalla necessità di risparmiare ilìmateriale; ma a simigliamo, di \quei serpenti che continuano a guizzate dopo che sono stati tagliati a pezzi, vive nei tre tronchi in cui è stato scomposto; e io, che non ho paura di cambiar treno, me lo sono gustato tutto dal primo all'ultimo chilometro, dalla prima all'ultima fermata, assaporando il pigia pigia, le attese nelle stagióni, tutte cose nuove, poiché, da un pezzo, non mettevo piede su un treno. L'avanzata nel corridoio Betta la. costa del Levante, tutta sgraffiata dalla guerra: sole e mare, spiagge luminose subito dietro le quali sono le folte distese degli aranceti, coi frutti di un rosso cupo che pendono quasi sui tetti dei vagoni, e vieti voglia di stendere il braccio per coglierli: paesini ridotti a macerie, che furono le tappe della lenta avanzata, verso Castellati de la Plana: Vinaroz, dove Artieri arrivò primo colla truppa che toccò il mare spezzando la Spagna rossa in due, Benicarlò, rovinato ma animato; ecco la chiesa sulla cui facciata erano iscritte le sigle anarchiche, ecco la palazzina dalle cui finestre mi capitano mi additò un tank che passava piano piano nella strada del paese, reduce dal fronte, con ■un uomo tutto disteso sul coperchio blindato, un ufficiale, ferito gravissimamente, in un mare di sangue, forse morente, che si sforzava di alzare il braccio e lo alzava nel passare sotto il Comando. « Con uomini simili, mi disse il capitano, come non vincere.' ». I villaggi si sgranano l'uno dietro l'altro. Il sole dissecca i muri crollanti; eppure qualche casa è rimasta in piedi. « A Nnles, racconta una donna che è salita or ora, non c'è nulla, nulla; noi viviamo in una casa scoperchiata che abbiamo adattata alla meglio». Eppure vivono. L'uomo ha una facoltà di sopportazione e di adattamente che sembra sconfinata; la sua presenza anima le rovine, le fa servire. B\ calato il sole, siamo da sci ore in treno. Alzando il capo vedo ti corridoio brulicante, qualche viaggiatore che tenta di appiattii si come una sogliola per passale ria un mucchio di valine e una pia ai gente in piedi; m'alzo, esco anelito e m'avvio verso l'estremiIL- %.corrldoio- Ma la qente è cosi fitta che ci vorrebbe un carNiJiìlss''.»° Pe'' tagliarla in due. «mntiJ1 »»« statistica iTJSSJiSJS Sierra civile ha disti utto Ò9l locomotive e ventimi „..,. la carri ferroviari; il numero dei Ynnnl Pa?sc."Oeri è sceso da -',000 a 1S9Ì. Un po' chiedendo favori, un po' spingendo, vado avanti; ma ahimè, l'uscio che cercavo e spalancato ed è' mantenuto aperto dalla folla che tutto riempie, e che vi si addossa centro; 'lentia sono quattro viaggiatori "i piedi, che sembrano felici di essersi potuti infilate li. nè potrebbero uscirne. Intanto il treno si e fermato, e la porta che dà sui binari, all'estremità del veicolo, è api ita vigorosamente dal di fuori; un Hutto di gente si butta in quella, breccia, ma non riesce a oltrepassare il predellino; sono preso fra due correnti opposte che mi trastullano, mi malmenano, sbatacchiato contro un durissimo baule di finta pergamena; nella battaglia vincono quelli di fuori, e io seno espulso dal vagone, e buttato sui respingenti, fra i due soffietti, contro la porta della vicina vettura ristorante. Ma non sono il solo; altri vengono a cascare in quel limbo, a schiacciarsi sii quella porta, come il Grillo-Parlante sotto il martello di Pinocchio. Caccia ai contrabbandieri La porta è chiusa. Di là dai vetri si vede la soletta, piena di gente che fa finta di prendere il caffè; sono quelli che in Ispugnu si chiamano los madrugadores. «//<( lettera « quelli che si alzana pre¬ ]gli chiedo sto», cioè i furbi, (pipili che per ogni guaio pubblico hanno pronto un rimedio individuale, quasi sempre disonesto. Dall'altra parte del vetro balena la testa del cuoco; a segni, di aprire, mi risponde, a segni, di no; altri viaggiatoli accompagnano la supplica a gesti di minaccia, come , dire: «Dopo faremo i conti». So- no gente umile, ma scaltra, quasi tutte donne di mezza età, con le gonnelle ampissime, i fianchi opimi, le pance salienti, e portano canestri e fagotti e polli vivi legati a due a due coinè i capponi di Renzo. Tutta questa gente è munita di biglietti di terza classe e sale nella prima: cosa permessa da una delle leggi più umane di questo severo paese. Anch'esse voti ebbero entrare nel recinto pioibito; e il cuoco mi fa segno, dall'alti a parte del vetro, di aspettate che se ne vadano. Una donna sui trent'anni. bionda, bella, di un'eleganza dimessa, spunta ìfra la folla, e le galline. Il cuoco \apre la porta. La ragazza entra è . insieme a un fiotto mal contenuto di viaggiatori. Ha il biglietto di terza, di terzissima; ma la bellezza è un bel passaporto. Intanto il treno s'è mosso, s'è rifermato, ed è un'altra fermata interminabile. Un viaggiatore allunila il collo per gnaulale; e dopo un momento eccoli tutti alle finestre. Dietro la vettura ristorante ce n'è una di terza, dove una Guardia civile sta, con una gamba sul predellino e l'altra in terra; e con le mani che non si vedono piglia dei fagotti e li biuta, alla rinfusa, sui marciapiedi, dove c'è l'altro membro della * coppia ». E' successo che ci avviciniamo alla città, e la Guardia civile fa. una battuta per scoprire i contrabbandieri di viveri, i piccoli trafficanti dello straperlo, quel misterioso e vastissimo commercio, che cerca di eludere in buona parte le severe misure governative. Sul marciapiedi ci sono donne che piagnucolano accanto ai loio cesti violati. Le Guardie civili scoprono un canestro: riso; aprono una valìgia: riso; bucano un fagotto: e il liso cade a terra, a granellila che sembrano lacrime. Da bravi militari spagnoli non si permetterebbero mai di toccare i gonfi fianchi delle donne; eppure ne troverebbero, ne ■ troverebbero del riso! Una straperlista è salita, non so come, nc'la vettura ristorante; e racconta mezzo piangendo la sua avventura, poi ride. Il treno riparte, e sul marciapiedi della stazioncina rimangono crocchi di donnicciole che gesticolano, fagotti aperti e riso in terra, molto riso. Queste donne rappresentano un nuovo tipo della società spagnola, che U1l giorno avrà il suo descrittore: è lo strapcrlista; una nuova (amiglia umana, come i magistrati, i 'benestanti, il clero, i ladri. C'è il grosso e il piccolo straperlista, cosi come c'è l'arcivescovo di Toledo e lo scaccino; c'è la vecchia che porta un sacchetto di farina nel petto e c'è il grande mercante clic fa deviare nn treno carico di lenticchie, dalla sua rotta per portarlo nella provincia dove ha ordito la sua losca trama. A questo il governo appioppa, quàn do lo acciuffa, sei mesi di batallòn de trabajadores, ossili di lavori forzati sulle strade o alle frontiere, insieme ai prigionieri della (jnetta civile, più un milione o anche due di multa, clic qui è cosa | . qrandi multe. Alla donnicciuola lo i Stato sequestra il fagotto, e oa- a o ; i i i i è ; o i o e i ¬ sta. Bocconcini d'assaggio Dirimpetto a me è seduto un] piccolo e grasso commerciante dr. Barcellona, con la faccia cosi gio-\ conda che par che rida anelici quando non ride; mi guatila fisso e mi domanda: «Che succi di uh- [corrente- ìe'muTtè sono'una delle] fenomenalità della Spagna, paesei di vaste steppe, di montatine de-,solatc di lunghe distanze e di '-'be se io avessi, nel mio comparti-\mento, una valigia pana dì ri-* so.'». « Non succederebbe nulla», gli tispondo. «Le Guardie civili, riprende, perquisiscono U donnei-■ ■ e c/ie crinito iii terza coi polli e]i fagotti; ma non toccano le vali-\ge dei signori». Gli rispondo eh'. ■ un signore non si mette a riveli-'dere del riso. «Non impartii; è proibito lo stesso. E' pioibito il trasporto, senza la guìa, senza il passaporto della merce, da una ]provincia all'altra». « Ebbene, di-Lco, ma chi è che compra, ogni. Luna valigia di cuoio per metterei]tirisoì », «Ma io ce l'avevo di >già, la valigia», ribatte, ostinato a dimostrarmi che fa il contrab-\bandiere. «Allora, fate pure». Io\poi. sto per dirgli, che centro.' Ma egiusto: ci saranno ancora le vali-■gcf Da quattro ore siamo Woc-lcoti nella vettura ristorante: quitl- :cuna ogni tanto s alza, raggiungi \la porta a vetri ili là dalla quali \ fi accalca ancora la folla e tonni,indietro tentennando il capo. «Me-\no male, mi dice il commerciali-] te piccolo e grasso, che io le mie] ridìfic. le I/o affittali ci ». « Bntru! E in questa spavalderia, ch'io, c tento ili tara, per vedere a itegli it unni) ». B dopo mi nl:n nnnscire iliilln ri iLn tnlln non mi l lancia luminino aprire In ,cli apoi In. hImpossìbile fate un passo: > ,i„\ i mucchio di bagagli, di pulii, di 'gente accatastata. Torno indietro. [Pazienza. Habent sua fata lihella. be anche le valUte. „, Valenza, di scia, gaiamente i7-•luminata, è ancora qualche cosa 'di confortante. Cetto. da dicci dgiorni la città è priva di pane., e nei/lì albai/ln non ne•servono; ma c'è un rimedio: ordino una paella «a la valenciana, ed ecco la padel- Qla piena di riso mescolato a /hit- oti di mare, un po' arida, un po' _i ìi* t'± , > i, i.. gtroppo abbrustolita, perche l olio \^scarseggia, eccellente tuttavia. Ec. eco il riso che portavano quelle ; vdonnette; ma nella strada i visi pallampanati e gli sguardi mosci ■-di coloro che non possono man- <giare a prezzi di contrabbando mi [smortificano; eppure la genie va.\]si saluta, si festeggia, eniiì^viene. dicono che non s'è mai venduto, tanto torrone come quest'anno, di tquel buon torrone all'uovo e alla Igpasta di mandorla, color terra di1 HSiena, untuoso, morbido, sapori- i tissimo. che esce dulie fabbriche pè e e a n i , casalinghe di Elchc e di Jàtiva dalle care e tristi tetre di Gabriel Mirò, qui vicino. La tappa fino ad. Alkàzar de San Juan, il giorno dopo, non ha storia. Treno arcipieno, vetture dense d'umanità che vi si succede senza lasciare il tempo di passarvi la spazzola; la Spagna non può tenere dei vagoni fermi, e quel poco materiale che rimane è semine in giro; così i trasporti sono assiemati, e la vita continua, e il paese si ricostruisce. Pranzo nella vettura ristorante. E' una bella giornata, ho dormito bene, fa sole, fa appetito. La cucina è squisita: un pezzettino di {ritinta imbottito di fegatini di pollo, ma un pe.zzettin piccia piccino, un campione, una forchettata f« l'assaggio, è buono», avrebbe detto Pulcinella), e poi una fettina così sottile di maiale, con una, ventina di fagioli stufati, che era. una delizia, ma era poco. La mia povera mamma, se fosse viva, non potrebbe neppur dire: « Mangia il pane », perchè ne hanno distribuito venti grammi a persona, la metà di un panino. Il pranzo è finito, si convoca la « seconita serie»; molti viaggiatori se ne sono andati già, alla spicciolata, altri arrivano; io m'impigrisco volentieri qui, per quella bella vetrata che permette di abbracciare tanta strada, tanto mondo. Di fronte a me è un nuovo commensale; il cameriere mi domanda allora se sono anch'io dcl| la seconda serie. « No. rispondo, ho già mangiato »; e subito dopo ■mi pento, mi pento, mi pento. L'ultima tappa dgssclsdndndecEdr■Ecco, la Mancia appare, deserta e piana, mentre annotta. L'ombra del Cavaliere dell'ideale, galoppa accanto a noi, in silenzio. Alkàzar de San Juan, dove finisce la. seconda tappa, r un borgo addormcntalo intuì no al castello medievale da cui prende il nome., Sono le nove di seni, e il treno che deve venire da Madrid per portarmi a Siviglia passerà di qui alle due, alle tre, perchè trae siempre retraso. Non è colpa della Spagna; la colpa è, anche questa volta, degl'Inglesi, che non mandano più carbone. Il carbone spagnolo è buono, se mescolato ad altri; impiegato solo puzza molto e rende poco. Pazienza: vi par poco la libertà' Anche la carta dei giornali è cattiva, ma è carta spagnola; e non esce più nè un soldo nè un paio di braccia nè un atomo dell'indipendenza politica del paese, che è pure oro; ed è grazie a questi sacrifici che la Spagna vive senza far debiti. Nel fréddo androne della stazione di Alkàzar de San Juan, dinanzi a una cena umile ina non tanto quanto quelle di Gesù, seggo, col cappotto tino alle orecchie, stretto fra altri nomini semplici, che mangiano come me il pesce fritto con le patate e ringraziano Iddio. Ho tirato di tasca una rotonduli a torta di pane all'olio che comprai in una lontana stazione; c sto bene. Intorno alla tavola obluni/a dove si prende la cena ci sono altri tavoli piccoli con tanta qente che si ciba d'un acquoso caffè e latte. I salari sono bassi, perchè il governo difende la peseta; non c'è che fare. Mi sento stretto, e non solo materialmente, fra questa gente, capisco la loro ingenuità, la loro sofferenza, la loro bontà. Il loro silenzio, sopra tutto: questa gente non parla di sè. non annoia coi suoi problemi. Esco in istrada: un lungo viale disabitato mena al centro d'Ila cittadina; tira una zizza che agghiaccia, non c'è nessuno. Nei caffè, chiusi per il freddo, si annunzia la pellicola Sin novedad en el Alkàzar. Alla fine del borgo, sull'opposta periferia, un banco illuminato offre del torrone. Non passa nessuno. Torno atta stazione. Sono le undici, il treno passerà alle tre. Mi seggo al {avolo di marmo, fra soldati, massaie, vecchi e mi inetto a scrivere un dramma. ] r. \ i intonili [qui sta ] Che si può fare nella stazione dì i Alkàzar de. San Juan, di gennaio, ,di notte, mentre si aspetta un tre no. se non scrivere un dramma?' 'Titolo: -e Albeggia sui monti di Ripoll. Personaggi: Alberto, Roberto, Bianca, Paola. Prima scena: in un salotto d'una villa dì campagna,, in Catalogna, un uomo e una donna, entrambi giovani, ascoltano la radio. Già che idea di freddo danno, e che bella litografia romantica formano quelle due Guardie civili, ammantellate e accovacciate a due tazzonì di latte, in] tetra fonda ferroviaria!, \Ma ognuno dei personàggi accani-' * pati qui. in attesa del treno, ha , un carattere, dei lineamenti ne, einlttutì. come quelle sculture pò-, -■ liei min che il Napoletano Saldilo e]disseminò nelle chiese spugnole, -\Passa un trino, ma non è il mio. ■ Fa freddo. Xelle scene successive.' -'dunque... Per la porta che dà sul è uiuziulv. aperta e sbattuta di con-] l Unno, intra un vento gelido. Le: l donne che hanno preso il caffè el a ]ialU .dondolano i figli sulle glnoc-L/iiu cogli occhi semichiusi, e . L0Mi tanto si riscuotono, i] Jj\ , sivigliano» arriva alle quati > tr0 ferzo giorno, ultimo giorno di o viàggio Bambini che. a notte al-\t(l 'offrono, alte stazioni, gruppoo\uiti d'uva d'Almeriu e aranci, a e,,,,,,,, l'uva, ne compro ancora, -■ E „n;,iba tardiva, che mi sorride -l(/j le montagne della Sierra - : „„. vedo le piccole mobili \ml„-t.hh ture, nella sélva — i tori \ ,„,„battimento, liberi nelle lo,,.,, ,.„„/, regioni. Siamo già in An-\juu,sia -] e] Riccardo Forte La celebre Plasa d'Esparia a Barcellona, con la fontana dei « tre mari » Un viaggio in treno che è un'avventura Un viaggio in treno che è un'avventura SIVIGLIA, gennaio. Una volta nella mia vita sono partito da Barcellona col treno, per andare a. Siviglia. Un viaggio come un altro; ma fate mille e duecento chilometri, una distama]rome da Merano a Trapani, su un treno che si ferma, a tutte le stazioni, perchè il materiale è scarso e. c'è un solo treno al giorno, è un,esercisio di pazienza e anche un tuffo nell'umanità, un contatto con quella genie, che non si può dire che ami i propri comodi perchè non li ha mai avuti; e perciò lo racconto. Il sivigliano — cosi si chiama il treno — era, una rotta, tutto d'un pezzo; per dirla col linguaggio delle donne — che hanno un' idea primitiva e rive■i ente delle ferrovie — su quel frenati non si cambiava mai; era un viaggio lunghissimo, durava quaranta, ore. vìa. non c'era bisogno di scendere, cosa che spaventa le donne, non so perchè. Oggi il sivigliano e stato ammazzato dalla necessità di risparmiare ilìmateriale; ma a simigliamo, di \quei serpenti che continuano a guizzate dopo che sono stati tagliati a pezzi, vive nei tre tronchi in cui è stato scomposto; e io, che non ho paura di cambiar treno, me lo sono gustato tutto dal primo all'ultimo chilometro, dalla prima all'ultima fermata, assaporando il pigia pigia, le attese nelle stagióni, tutte cose nuove, poiché, da un pezzo, non mettevo piede su un treno. L'avanzata nel corridoio Betta la. costa del Levante, tutta sgraffiata dalla guerra: sole e mare, spiagge luminose subito dietro le quali sono le folte distese degli aranceti, coi frutti di un rosso cupo che pendono quasi sui tetti dei vagoni, e vieti voglia di stendere il braccio per coglierli: paesini ridotti a macerie, che furono le tappe della lenta avanzata, verso Castellati de la Plana: Vinaroz, dove Artieri arrivò primo colla truppa che toccò il mare spezzando la Spagna rossa in due, Benicarlò, rovinato ma animato; ecco la chiesa sulla cui facciata erano iscritte le sigle anarchiche, ecco la palazzina dalle cui finestre mi capitano mi additò un tank che passava piano piano nella strada del paese, reduce dal fronte, con ■un uomo tutto disteso sul coperchio blindato, un ufficiale, ferito gravissimamente, in un mare di sangue, forse morente, che si sforzava di alzare il braccio e lo alzava nel passare sotto il Comando. « Con uomini simili, mi disse il capitano, come non vincere.' ». I villaggi si sgranano l'uno dietro l'altro. Il sole dissecca i muri crollanti; eppure qualche casa è rimasta in piedi. « A Nnles, racconta una donna che è salita or ora, non c'è nulla, nulla; noi viviamo in una casa scoperchiata che abbiamo adattata alla meglio». Eppure vivono. L'uomo ha una facoltà di sopportazione e di adattamente che sembra sconfinata; la sua presenza anima le rovine, le fa servire. B\ calato il sole, siamo da sci ore in treno. Alzando il capo vedo ti corridoio brulicante, qualche viaggiatore che tenta di appiattii si come una sogliola per passale ria un mucchio di valine e una pia ai gente in piedi; m'alzo, esco anelito e m'avvio verso l'estremiIL- %.corrldoio- Ma la qente è cosi fitta che ci vorrebbe un carNiJiìlss''.»° Pe'' tagliarla in due. «mntiJ1 »»« statistica iTJSSJiSJS Sierra civile ha disti utto Ò9l locomotive e ventimi „..,. la carri ferroviari; il numero dei Ynnnl Pa?sc."Oeri è sceso da -',000 a 1S9Ì. Un po' chiedendo favori, un po' spingendo, vado avanti; ma ahimè, l'uscio che cercavo e spalancato ed è' mantenuto aperto dalla folla che tutto riempie, e che vi si addossa centro; 'lentia sono quattro viaggiatori "i piedi, che sembrano felici di essersi potuti infilate li. nè potrebbero uscirne. Intanto il treno si e fermato, e la porta che dà sui binari, all'estremità del veicolo, è api ita vigorosamente dal di fuori; un Hutto di gente si butta in quella, breccia, ma non riesce a oltrepassare il predellino; sono preso fra due correnti opposte che mi trastullano, mi malmenano, sbatacchiato contro un durissimo baule di finta pergamena; nella battaglia vincono quelli di fuori, e io seno espulso dal vagone, e buttato sui respingenti, fra i due soffietti, contro la porta della vicina vettura ristorante. Ma non sono il solo; altri vengono a cascare in quel limbo, a schiacciarsi sii quella porta, come il Grillo-Parlante sotto il martello di Pinocchio. Caccia ai contrabbandieri La porta è chiusa. Di là dai vetri si vede la soletta, piena di gente che fa finta di prendere il caffè; sono quelli che in Ispugnu si chiamano los madrugadores. «//<( lettera « quelli che si alzana pre¬ ]gli chiedo sto», cioè i furbi, (pipili che per ogni guaio pubblico hanno pronto un rimedio individuale, quasi sempre disonesto. Dall'altra parte del vetro balena la testa del cuoco; a segni, di aprire, mi risponde, a segni, di no; altri viaggiatoli accompagnano la supplica a gesti di minaccia, come , dire: «Dopo faremo i conti». So- no gente umile, ma scaltra, quasi tutte donne di mezza età, con le gonnelle ampissime, i fianchi opimi, le pance salienti, e portano canestri e fagotti e polli vivi legati a due a due coinè i capponi di Renzo. Tutta questa gente è munita di biglietti di terza classe e sale nella prima: cosa permessa da una delle leggi più umane di questo severo paese. Anch'esse voti ebbero entrare nel recinto pioibito; e il cuoco mi fa segno, dall'alti a parte del vetro, di aspettate che se ne vadano. Una donna sui trent'anni. bionda, bella, di un'eleganza dimessa, spunta ìfra la folla, e le galline. Il cuoco \apre la porta. La ragazza entra è . insieme a un fiotto mal contenuto di viaggiatori. Ha il biglietto di terza, di terzissima; ma la bellezza è un bel passaporto. Intanto il treno s'è mosso, s'è rifermato, ed è un'altra fermata interminabile. Un viaggiatore allunila il collo per gnaulale; e dopo un momento eccoli tutti alle finestre. Dietro la vettura ristorante ce n'è una di terza, dove una Guardia civile sta, con una gamba sul predellino e l'altra in terra; e con le mani che non si vedono piglia dei fagotti e li biuta, alla rinfusa, sui marciapiedi, dove c'è l'altro membro della * coppia ». E' successo che ci avviciniamo alla città, e la Guardia civile fa. una battuta per scoprire i contrabbandieri di viveri, i piccoli trafficanti dello straperlo, quel misterioso e vastissimo commercio, che cerca di eludere in buona parte le severe misure governative. Sul marciapiedi ci sono donne che piagnucolano accanto ai loio cesti violati. Le Guardie civili scoprono un canestro: riso; aprono una valìgia: riso; bucano un fagotto: e il liso cade a terra, a granellila che sembrano lacrime. Da bravi militari spagnoli non si permetterebbero mai di toccare i gonfi fianchi delle donne; eppure ne troverebbero, ne ■ troverebbero del riso! Una straperlista è salita, non so come, nc'la vettura ristorante; e racconta mezzo piangendo la sua avventura, poi ride. Il treno riparte, e sul marciapiedi della stazioncina rimangono crocchi di donnicciole che gesticolano, fagotti aperti e riso in terra, molto riso. Queste donne rappresentano un nuovo tipo della società spagnola, che U1l giorno avrà il suo descrittore: è lo strapcrlista; una nuova (amiglia umana, come i magistrati, i 'benestanti, il clero, i ladri. C'è il grosso e il piccolo straperlista, cosi come c'è l'arcivescovo di Toledo e lo scaccino; c'è la vecchia che porta un sacchetto di farina nel petto e c'è il grande mercante clic fa deviare nn treno carico di lenticchie, dalla sua rotta per portarlo nella provincia dove ha ordito la sua losca trama. A questo il governo appioppa, quàn do lo acciuffa, sei mesi di batallòn de trabajadores, ossili di lavori forzati sulle strade o alle frontiere, insieme ai prigionieri della (jnetta civile, più un milione o anche due di multa, clic qui è cosa | . qrandi multe. Alla donnicciuola lo i Stato sequestra il fagotto, e oa- a o ; i i i i è ; o i o e i ¬ sta. Bocconcini d'assaggio Dirimpetto a me è seduto un] piccolo e grasso commerciante dr. Barcellona, con la faccia cosi gio-\ conda che par che rida anelici quando non ride; mi guatila fisso e mi domanda: «Che succi di uh- [corrente- ìe'muTtè sono'una delle] fenomenalità della Spagna, paesei di vaste steppe, di montatine de-,solatc di lunghe distanze e di '-'be se io avessi, nel mio comparti-\mento, una valigia pana dì ri-* so.'». « Non succederebbe nulla», gli tispondo. «Le Guardie civili, riprende, perquisiscono U donnei-■ ■ e c/ie crinito iii terza coi polli e]i fagotti; ma non toccano le vali-\ge dei signori». Gli rispondo eh'. ■ un signore non si mette a riveli-'dere del riso. «Non impartii; è proibito lo stesso. E' pioibito il trasporto, senza la guìa, senza il passaporto della merce, da una ]provincia all'altra». « Ebbene, di-Lco, ma chi è che compra, ogni. Luna valigia di cuoio per metterei]tirisoì », «Ma io ce l'avevo di >già, la valigia», ribatte, ostinato a dimostrarmi che fa il contrab-\bandiere. «Allora, fate pure». Io\poi. sto per dirgli, che centro.' Ma egiusto: ci saranno ancora le vali-■gcf Da quattro ore siamo Woc-lcoti nella vettura ristorante: quitl- :cuna ogni tanto s alza, raggiungi \la porta a vetri ili là dalla quali \ fi accalca ancora la folla e tonni,indietro tentennando il capo. «Me-\no male, mi dice il commerciali-] te piccolo e grasso, che io le mie] ridìfic. le I/o affittali ci ». « Bntru! E in questa spavalderia, ch'io, c tento ili tara, per vedere a itegli it unni) ». B dopo mi nl:n nnnscire iliilln ri iLn tnlln non mi l lancia luminino aprire In ,cli apoi In. hImpossìbile fate un passo: > ,i„\ i mucchio di bagagli, di pulii, di 'gente accatastata. Torno indietro. [Pazienza. Habent sua fata lihella. be anche le valUte. „, Valenza, di scia, gaiamente i7-•luminata, è ancora qualche cosa 'di confortante. Cetto. da dicci dgiorni la città è priva di pane., e nei/lì albai/ln non ne•servono; ma c'è un rimedio: ordino una paella «a la valenciana, ed ecco la padel- Qla piena di riso mescolato a /hit- oti di mare, un po' arida, un po' _i ìi* t'± , > i, i.. gtroppo abbrustolita, perche l olio \^scarseggia, eccellente tuttavia. Ec. eco il riso che portavano quelle ; vdonnette; ma nella strada i visi pallampanati e gli sguardi mosci ■-di coloro che non possono man- <giare a prezzi di contrabbando mi [smortificano; eppure la genie va.\]si saluta, si festeggia, eniiì^viene. dicono che non s'è mai venduto, tanto torrone come quest'anno, di tquel buon torrone all'uovo e alla Igpasta di mandorla, color terra di1 HSiena, untuoso, morbido, sapori- i tissimo. che esce dulie fabbriche pè e e a n i , casalinghe di Elchc e di Jàtiva dalle care e tristi tetre di Gabriel Mirò, qui vicino. La tappa fino ad. Alkàzar de San Juan, il giorno dopo, non ha storia. Treno arcipieno, vetture dense d'umanità che vi si succede senza lasciare il tempo di passarvi la spazzola; la Spagna non può tenere dei vagoni fermi, e quel poco materiale che rimane è semine in giro; così i trasporti sono assiemati, e la vita continua, e il paese si ricostruisce. Pranzo nella vettura ristorante. E' una bella giornata, ho dormito bene, fa sole, fa appetito. La cucina è squisita: un pezzettino di {ritinta imbottito di fegatini di pollo, ma un pe.zzettin piccia piccino, un campione, una forchettata f« l'assaggio, è buono», avrebbe detto Pulcinella), e poi una fettina così sottile di maiale, con una, ventina di fagioli stufati, che era. una delizia, ma era poco. La mia povera mamma, se fosse viva, non potrebbe neppur dire: « Mangia il pane », perchè ne hanno distribuito venti grammi a persona, la metà di un panino. Il pranzo è finito, si convoca la « seconita serie»; molti viaggiatori se ne sono andati già, alla spicciolata, altri arrivano; io m'impigrisco volentieri qui, per quella bella vetrata che permette di abbracciare tanta strada, tanto mondo. Di fronte a me è un nuovo commensale; il cameriere mi domanda allora se sono anch'io dcl| la seconda serie. « No. rispondo, ho già mangiato »; e subito dopo ■mi pento, mi pento, mi pento. L'ultima tappa dgssclsdndndecEdr■Ecco, la Mancia appare, deserta e piana, mentre annotta. L'ombra del Cavaliere dell'ideale, galoppa accanto a noi, in silenzio. Alkàzar de San Juan, dove finisce la. seconda tappa, r un borgo addormcntalo intuì no al castello medievale da cui prende il nome., Sono le nove di seni, e il treno che deve venire da Madrid per portarmi a Siviglia passerà di qui alle due, alle tre, perchè trae siempre retraso. Non è colpa della Spagna; la colpa è, anche questa volta, degl'Inglesi, che non mandano più carbone. Il carbone spagnolo è buono, se mescolato ad altri; impiegato solo puzza molto e rende poco. Pazienza: vi par poco la libertà' Anche la carta dei giornali è cattiva, ma è carta spagnola; e non esce più nè un soldo nè un paio di braccia nè un atomo dell'indipendenza politica del paese, che è pure oro; ed è grazie a questi sacrifici che la Spagna vive senza far debiti. Nel fréddo androne della stazione di Alkàzar de San Juan, dinanzi a una cena umile ina non tanto quanto quelle di Gesù, seggo, col cappotto tino alle orecchie, stretto fra altri nomini semplici, che mangiano come me il pesce fritto con le patate e ringraziano Iddio. Ho tirato di tasca una rotonduli a torta di pane all'olio che comprai in una lontana stazione; c sto bene. Intorno alla tavola obluni/a dove si prende la cena ci sono altri tavoli piccoli con tanta qente che si ciba d'un acquoso caffè e latte. I salari sono bassi, perchè il governo difende la peseta; non c'è che fare. Mi sento stretto, e non solo materialmente, fra questa gente, capisco la loro ingenuità, la loro sofferenza, la loro bontà. Il loro silenzio, sopra tutto: questa gente non parla di sè. non annoia coi suoi problemi. Esco in istrada: un lungo viale disabitato mena al centro d'Ila cittadina; tira una zizza che agghiaccia, non c'è nessuno. Nei caffè, chiusi per il freddo, si annunzia la pellicola Sin novedad en el Alkàzar. Alla fine del borgo, sull'opposta periferia, un banco illuminato offre del torrone. Non passa nessuno. Torno atta stazione. Sono le undici, il treno passerà alle tre. Mi seggo al {avolo di marmo, fra soldati, massaie, vecchi e mi inetto a scrivere un dramma. ] r. \ i intonili [qui sta ] Che si può fare nella stazione dì i Alkàzar de. San Juan, di gennaio, ,di notte, mentre si aspetta un tre no. se non scrivere un dramma?' 'Titolo: -e Albeggia sui monti di Ripoll. Personaggi: Alberto, Roberto, Bianca, Paola. Prima scena: in un salotto d'una villa dì campagna,, in Catalogna, un uomo e una donna, entrambi giovani, ascoltano la radio. Già che idea di freddo danno, e che bella litografia romantica formano quelle due Guardie civili, ammantellate e accovacciate a due tazzonì di latte, in] tetra fonda ferroviaria!, \Ma ognuno dei personàggi accani-' * pati qui. in attesa del treno, ha , un carattere, dei lineamenti ne, einlttutì. come quelle sculture pò-, -■ liei min che il Napoletano Saldilo e]disseminò nelle chiese spugnole, -\Passa un trino, ma non è il mio. ■ Fa freddo. Xelle scene successive.' -'dunque... Per la porta che dà sul è uiuziulv. aperta e sbattuta di con-] l Unno, intra un vento gelido. Le: l donne che hanno preso il caffè el a ]ialU .dondolano i figli sulle glnoc-L/iiu cogli occhi semichiusi, e . L0Mi tanto si riscuotono, i] Jj\ , sivigliano» arriva alle quati > tr0 ferzo giorno, ultimo giorno di o viàggio Bambini che. a notte al-\t(l 'offrono, alte stazioni, gruppoo\uiti d'uva d'Almeriu e aranci, a e,,,,,,,, l'uva, ne compro ancora, -■ E „n;,iba tardiva, che mi sorride -l(/j le montagne della Sierra - : „„. vedo le piccole mobili \ml„-t.hh ture, nella sélva — i tori \ ,„,„battimento, liberi nelle lo,,.,, ,.„„/, regioni. Siamo già in An-\juu,sia -] e] Riccardo Forte La celebre Plasa d'Esparia a Barcellona, con la fontana dei « tre mari »

Persone citate: Artieri, Betta, Cetto, Gabriel Mirò, Oeri, Riccardo Forte, Ripoll