Aurora di Montemagno

Aurora di Montemagno Aurora di Montemagno Tmnnmnmimm mmmmimmiiimmi Quando Aurora Tiraggi scen- mdova da Monte Magno, che non'uera veramente a monte pollina, era proprio da bicicletta rugghio Pedalava una sa che strideva e cigolava come se movesse lei-rugginosi ingi ma in svedersi. lfFc11 aggi ed era legaia.°al posto del- pl'asino, alle due stanghe d'un scarrettino e se lo portava apprrs so facendolo traballare e sobbal zare ad ogni svolta. Cosicché Aurora Braggi faceva da asino e da auriga. eTa chi la cosa pareva comica rispondeva che non amava, la stalla e ch'era portata verso j. mezzi meccanici, perche, nonostante fosse nata a Monte Magno, villaggio sperduto tra i boi-chi, s; sentiva un'anima moderna. .Fosse o no sballata il suo ragionamento, essa aveva sempre il vantaggio di giungere per tempo gdperbasaAvai mercato e di piazzarsi nel mi glior posto. 11 suo carrettino era carico di tutto il vendibile, dalle cipolle alle lattughe, dalle patata ai cavolfiori; ma almeno una volta la settimana si poteva esser certi ch'essa portava anche nova e pollame, piccioni e conigli. 11 suo podere era ricco di ortaggi e di animali di piccola dimensione. Aurora, in un paio d'ore, di solito, aveva tutto vendilio. Con le tasche piene di soldini, inforcava nuovamente la sua bicicletta, e. con il carrettino appresso, partiva strepitosamente. Noti si fermava che ai piedi della collina, dove l'aspettava una sorella maritata, la quale aveva casa e podere proprio al gomito della strada per il mercato, dove i-buca va dai colli doman- ! jer serpeggiare nella pianura, Chi sa perchè, questa sorella si chiamava Formosa, mentr'era assai gracile. Al contrario ili Aurora clic, pur chiamandosi con un nome così evanescente, era tozza e muscolosa con un collo taurino ed una faccia tonda ed energica. — Che c'è da fare? dava essa a Formosa giungeva davanti alla casa e prima ancora di salutare. — Oh. ce n'è tanto da fare! Ce n'è tauto!... — rispondeva Formosa, lamentandosi, e mettendosi le mani ai capelli. — .Suvvia! Non esageriamo! — scattava Aurora, già inquieta per i lamenti della sorella. E, lasciato il suo carrettino da una parie, si sbracciava e sbrigava cento faccende in un'oretta. Versi! il tocco, giungeva il cognato, che veniva dal lavoro del campo. La minestra era pronta e si mangiava. Il cognato, Andrea, emeriti) agricoltori' e vignaiuolo, mangiando, soleva stuzzicare e sbeffeggiare Aurora, che chiamava la ra forza eccezionale: tuttavia, si te n -va sempre sul chi vive, perchè sapeva che Aurora ad allentare un manrovescio ci metteva poco. Una volta che per poco ne aveva scansato uno madornale, ed i ragazzi, Angiolino e Celestina. ìvvctfdraPPell.a o a t-ivi ssagazza cannone per la sua avevano riso da tenersi la pan eia. Andrea era uscito a dire: j— lo non so. Aurora carissi- ma, con chi potrai maritarti ! Quelii di Monte Magno ti conoscono e si tengono alla larga. Al mercato, m'hanno detto che con le ci si son messi una volta sola ; Kì hanno prese, ed ora, tu ci sia ii non ci sia, è lo stesso, perchè fanno finta di non vederti. Qui, al piano, cominciano a dire: — Chi, quella che porta in dosso un albero?... Dio ce ne scampi !... Aurora, non potendo giocar di iiiiniii iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiii i i iiniinnmmmiiiiiniiiiimiinii mani giocò di piedi, ed allentò [nun calcio di sotto la tavola. Uno|ngambetto da parte di Andrea e |ga minestra a momenti andava a iuire sulla, testa dei ragazzi. sulla, testa Formosa si mise a strillare, diendo che se non la finivano prendeva il nervoso. E la qu tione del «nervoso» fece crepai fcdppragerirvi nailo. dal ridere Aurora, elle non sapeva nemmeno che cosa potesse leessere. Andrea, per rabbonire |a|gragazza cannone, tirò fuori una bottiglia di buon vino, e disse alla giovane cognata: ■— Lo vedi ì Se vuoi vederlo soltanto è un conto; se lo vuoi anche assaggiare, sta cheta. — Niente patti ! • Aurora. — Il patto è e11 vino ine lo devi; per questo, 11vengo, dopo il mercato, ad alleg- ! mrcft- risp'ose ! puno solo. IGtE se ho, ìil !1fpscdcggele faccende la fama di portar alberi, : perchè quando sradicavi quei vecchi peri per metterne dei nuovi, io, uno per uno. me li caricavo in ispalla e venivo a getarli qui avanti sul piazzale per farne legna. O mi dai il vino, o, di ritorno dal mercato, filo diritto a Monte Magno, che padre geamccdmslo tracannò come se-fosse acqua. !sAngiolino e Celestina si diver- Otivano un mondo: ma Formosa '—si faceva il segno della Croce. j — A un uomo, se beve così, 'gli gira la testa! — mormorava, l— Io mi dovrei mettere subitoia letto. jAurora non rispondeva perchè,aveva impegnata la bocca ed an ìli'- i- che le mani con un pezzo di ca pretto e quando aveva finito re clamava il secondo bicchiere. Non l'aveva bevuto, che infor- cava la bicicletta e, come se nulla fosse, sempre con il carrettino imadre si lagnali sempre perchè jgnon mangio più con loro. — E babbo Cola ti dà di questo vino? — Vino, a Monte Magno, uon su ne vede. — E tu Io vedi qui ! — rispondeva Andrea, ritirando la bottiglia. — No, qui lo bevo! — rettificava Aurora. Finalmente Andrea le versò un gran bicchiere ed Aurora se sempre con il appresso, ingozzava, come dolce, e frutta del desinare, i dodici! cliilometri che la dividevano da Monte Magno, dove l'aspettavano altre fatiche. Ma non era vero clic la gente, per via. non s'accorgesse o non volesse accorgersi di Aurora : la guardavati, sì, di sottécchi, e facevano solo, un cenno del capo; però, quand'era passata, spesso"si voltavano. Di fronte al poderidi Andrea, dall'altra parie della strada, c'era un altro podere, te- poveri e Giuseppe, per necessità, aveva dovuto tornare alia terra da cui mito in aflilto da una contadina, Genoveffa, la quale come unica ricchezza, aveva un figlio, Giuseppe, di diciottoanni, clic aveva fatte le scuole e dal padre voleva essere iudiriz- zato su altra via che quella delpodere. Jla il padre era morto, era nato. Egli era sempre lì, al !momento che Aurora giungeva ili casa della sorella dal mercato: ppareva proprio che la guarelasse:con stupore, ogni volta, e la sa- la lutava tanto gentilmente che la ragazza, eia principio, aveva supposto ch'egli volesse, come il cognato, burlarsi di lei. Invece di rispondere affabilmente aveva risposto con occhiatacce da Invaila pelle. Ma Giuseppe, come se mi min li i i;11■ iilj1111ti11111■ 11 uim imiimmiinmmnimmmiif nulla fosse stato, era sempre tornato a salutarla gentilmente. Un giorno Jieembre ch'era, gran freddo ma .•'era mi bel sole, in casa di Andrea si stava a tavola davanti ad un maestoso piatto di polenta condita a dovere: il vino piaceva più del solito ad Aurora. Quand'ecco, si senbon degli alti gridi e, in mezzo agli echi ei'un violento diverbio f gere d'una donna. ' esclan 10 egli male inveì povera Genoveffa ! — na Andrea e s'alza per uscire. Aurora è già fuori e si lancia. Quando arriva da Genoveffa, seguita dal cognato, un uomo, tozzo e spalluto, con un randello, per poco non rompe la testa a Giuseppe, il quale secondo quanto egli afferma, gli ha risposto di portargli a casa 11 granturco che gli deve come fittavolo. Egli è il padrone del podere. Non ancora soddisfatto, si lancia su Giuseppe e vuole accopparlo. Evidentemente, non sa di trovarsi davanti alla ragazza cannone; la quale, gli fa giungere, per primo, un violento pugno sulla robusta nuca. Poiché egli prontamente si volta, essa un altro a glie ne molla un altro a destra ed uil terzo a sinistra; lo prende poi per le scapole e lo riduce sino a! muro della casa, dove gli domanda se vuole continuare. — Grazie — risponde l'uomo, che, lasciato libero da Aurora, raccatta il suo mantello il suo cappello e se ne va a passo fermo, dicendo che si vedrà. — Oh, povera me ! Oh, povera me! — si lamenta, pallida disfatta Genoveffa. — Qui siamo soli '° e questo povero ragazzo. Oi vorrebbe una mano di ferro, — volgendosi ad Aurora: — Figiia mia cara, come vi devo ringraziare ! Come avete saputo liberarci da quell'uomo, che non vuol sentir ragioni! Il mio povero figliuolo con le maniere più 11111'1' S1' voleva spiegare il nòst'° stato' lo " c.e.ra, versoJ 1 11110 gU«olo crede che ci si possa re gelare con la logica, con le buon. n;amtle E cim— clu ltro ! — Eh sì. ci vuol altro ! g'ie »e niol pazienza ed aspettasse turco l'avrebbe. pregava che avesse e il gran- Niente! Non povero l'i os-a e bu ci vuol con- "! ! ! Giuseppe' giinrcanto senti ferinamente Aurora dando Giuseppe, che, da suo qualcosa di soprannaturale. ugji balbettò: — Ci vorreb be... ci vorrebbe... Voi forse li : non aveva Va [sposo, [ Giuseppe, per poco, non le cadde ai piedi. Genoveffa le si appese al collo, gridando : ! — Figlia mia! Te l'avevo det to già con il cuore figlia mia. a guardava come si guarda ' sapete che cosa ci gnoriua Aurina! j Aurora, signorina il'era mai sentilo din ssa fissò ani-ora vorrebbe, Non si¬ili ocellci vele qualcosa che visto inai Gli disse bene, Giuseppe. ViQuando Aurora ed Andreatornarono a casa davanti alla po- ! lenta succosainente condita, Fot mosa apprese quant'era avve pillilo. : — Povero Giuseppe ! —escla mò. ridendo, Andrea. — Con un cannone in casa, dovrà sempre stare all'erta che non spari —E subito parò il colpo che prevedeva. — Chetati! Chetati Doppia razione di vino, perchi ti sei fidanzata ! Rosso di San Secondo mini i miiimmi i m n Aurora di Montemagno Aurora di Montemagno Tmnnmnmimm mmmmimmiiimmi Quando Aurora Tiraggi scen- mdova da Monte Magno, che non'uera veramente a monte pollina, era proprio da bicicletta rugghio Pedalava una sa che strideva e cigolava come se movesse lei-rugginosi ingi ma in svedersi. lfFc11 aggi ed era legaia.°al posto del- pl'asino, alle due stanghe d'un scarrettino e se lo portava apprrs so facendolo traballare e sobbal zare ad ogni svolta. Cosicché Aurora Braggi faceva da asino e da auriga. eTa chi la cosa pareva comica rispondeva che non amava, la stalla e ch'era portata verso j. mezzi meccanici, perche, nonostante fosse nata a Monte Magno, villaggio sperduto tra i boi-chi, s; sentiva un'anima moderna. .Fosse o no sballata il suo ragionamento, essa aveva sempre il vantaggio di giungere per tempo gdperbasaAvai mercato e di piazzarsi nel mi glior posto. 11 suo carrettino era carico di tutto il vendibile, dalle cipolle alle lattughe, dalle patata ai cavolfiori; ma almeno una volta la settimana si poteva esser certi ch'essa portava anche nova e pollame, piccioni e conigli. 11 suo podere era ricco di ortaggi e di animali di piccola dimensione. Aurora, in un paio d'ore, di solito, aveva tutto vendilio. Con le tasche piene di soldini, inforcava nuovamente la sua bicicletta, e. con il carrettino appresso, partiva strepitosamente. Noti si fermava che ai piedi della collina, dove l'aspettava una sorella maritata, la quale aveva casa e podere proprio al gomito della strada per il mercato, dove i-buca va dai colli doman- ! jer serpeggiare nella pianura, Chi sa perchè, questa sorella si chiamava Formosa, mentr'era assai gracile. Al contrario ili Aurora clic, pur chiamandosi con un nome così evanescente, era tozza e muscolosa con un collo taurino ed una faccia tonda ed energica. — Che c'è da fare? dava essa a Formosa giungeva davanti alla casa e prima ancora di salutare. — Oh. ce n'è tanto da fare! Ce n'è tauto!... — rispondeva Formosa, lamentandosi, e mettendosi le mani ai capelli. — .Suvvia! Non esageriamo! — scattava Aurora, già inquieta per i lamenti della sorella. E, lasciato il suo carrettino da una parie, si sbracciava e sbrigava cento faccende in un'oretta. Versi! il tocco, giungeva il cognato, che veniva dal lavoro del campo. La minestra era pronta e si mangiava. Il cognato, Andrea, emeriti) agricoltori' e vignaiuolo, mangiando, soleva stuzzicare e sbeffeggiare Aurora, che chiamava la ra forza eccezionale: tuttavia, si te n -va sempre sul chi vive, perchè sapeva che Aurora ad allentare un manrovescio ci metteva poco. Una volta che per poco ne aveva scansato uno madornale, ed i ragazzi, Angiolino e Celestina. ìvvctfdraPPell.a o a t-ivi ssagazza cannone per la sua avevano riso da tenersi la pan eia. Andrea era uscito a dire: j— lo non so. Aurora carissi- ma, con chi potrai maritarti ! Quelii di Monte Magno ti conoscono e si tengono alla larga. Al mercato, m'hanno detto che con le ci si son messi una volta sola ; Kì hanno prese, ed ora, tu ci sia ii non ci sia, è lo stesso, perchè fanno finta di non vederti. Qui, al piano, cominciano a dire: — Chi, quella che porta in dosso un albero?... Dio ce ne scampi !... Aurora, non potendo giocar di iiiiniii iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiii i i iiniinnmmmiiiiiniiiiimiinii mani giocò di piedi, ed allentò [nun calcio di sotto la tavola. Uno|ngambetto da parte di Andrea e |ga minestra a momenti andava a iuire sulla, testa dei ragazzi. sulla, testa Formosa si mise a strillare, diendo che se non la finivano prendeva il nervoso. E la qu tione del «nervoso» fece crepai fcdppragerirvi nailo. dal ridere Aurora, elle non sapeva nemmeno che cosa potesse leessere. Andrea, per rabbonire |a|gragazza cannone, tirò fuori una bottiglia di buon vino, e disse alla giovane cognata: ■— Lo vedi ì Se vuoi vederlo soltanto è un conto; se lo vuoi anche assaggiare, sta cheta. — Niente patti ! • Aurora. — Il patto è e11 vino ine lo devi; per questo, 11vengo, dopo il mercato, ad alleg- ! mrcft- risp'ose ! puno solo. IGtE se ho, ìil !1fpscdcggele faccende la fama di portar alberi, : perchè quando sradicavi quei vecchi peri per metterne dei nuovi, io, uno per uno. me li caricavo in ispalla e venivo a getarli qui avanti sul piazzale per farne legna. O mi dai il vino, o, di ritorno dal mercato, filo diritto a Monte Magno, che padre geamccdmslo tracannò come se-fosse acqua. !sAngiolino e Celestina si diver- Otivano un mondo: ma Formosa '—si faceva il segno della Croce. j — A un uomo, se beve così, 'gli gira la testa! — mormorava, l— Io mi dovrei mettere subitoia letto. jAurora non rispondeva perchè,aveva impegnata la bocca ed an ìli'- i- che le mani con un pezzo di ca pretto e quando aveva finito re clamava il secondo bicchiere. Non l'aveva bevuto, che infor- cava la bicicletta e, come se nulla fosse, sempre con il carrettino imadre si lagnali sempre perchè jgnon mangio più con loro. — E babbo Cola ti dà di questo vino? — Vino, a Monte Magno, uon su ne vede. — E tu Io vedi qui ! — rispondeva Andrea, ritirando la bottiglia. — No, qui lo bevo! — rettificava Aurora. Finalmente Andrea le versò un gran bicchiere ed Aurora se sempre con il appresso, ingozzava, come dolce, e frutta del desinare, i dodici! cliilometri che la dividevano da Monte Magno, dove l'aspettavano altre fatiche. Ma non era vero clic la gente, per via. non s'accorgesse o non volesse accorgersi di Aurora : la guardavati, sì, di sottécchi, e facevano solo, un cenno del capo; però, quand'era passata, spesso"si voltavano. Di fronte al poderidi Andrea, dall'altra parie della strada, c'era un altro podere, te- poveri e Giuseppe, per necessità, aveva dovuto tornare alia terra da cui mito in aflilto da una contadina, Genoveffa, la quale come unica ricchezza, aveva un figlio, Giuseppe, di diciottoanni, clic aveva fatte le scuole e dal padre voleva essere iudiriz- zato su altra via che quella delpodere. Jla il padre era morto, era nato. Egli era sempre lì, al !momento che Aurora giungeva ili casa della sorella dal mercato: ppareva proprio che la guarelasse:con stupore, ogni volta, e la sa- la lutava tanto gentilmente che la ragazza, eia principio, aveva supposto ch'egli volesse, come il cognato, burlarsi di lei. Invece di rispondere affabilmente aveva risposto con occhiatacce da Invaila pelle. Ma Giuseppe, come se mi min li i i;11■ iilj1111ti11111■ 11 uim imiimmiinmmnimmmiif nulla fosse stato, era sempre tornato a salutarla gentilmente. Un giorno Jieembre ch'era, gran freddo ma .•'era mi bel sole, in casa di Andrea si stava a tavola davanti ad un maestoso piatto di polenta condita a dovere: il vino piaceva più del solito ad Aurora. Quand'ecco, si senbon degli alti gridi e, in mezzo agli echi ei'un violento diverbio f gere d'una donna. ' esclan 10 egli male inveì povera Genoveffa ! — na Andrea e s'alza per uscire. Aurora è già fuori e si lancia. Quando arriva da Genoveffa, seguita dal cognato, un uomo, tozzo e spalluto, con un randello, per poco non rompe la testa a Giuseppe, il quale secondo quanto egli afferma, gli ha risposto di portargli a casa 11 granturco che gli deve come fittavolo. Egli è il padrone del podere. Non ancora soddisfatto, si lancia su Giuseppe e vuole accopparlo. Evidentemente, non sa di trovarsi davanti alla ragazza cannone; la quale, gli fa giungere, per primo, un violento pugno sulla robusta nuca. Poiché egli prontamente si volta, essa un altro a glie ne molla un altro a destra ed uil terzo a sinistra; lo prende poi per le scapole e lo riduce sino a! muro della casa, dove gli domanda se vuole continuare. — Grazie — risponde l'uomo, che, lasciato libero da Aurora, raccatta il suo mantello il suo cappello e se ne va a passo fermo, dicendo che si vedrà. — Oh, povera me ! Oh, povera me! — si lamenta, pallida disfatta Genoveffa. — Qui siamo soli '° e questo povero ragazzo. Oi vorrebbe una mano di ferro, — volgendosi ad Aurora: — Figiia mia cara, come vi devo ringraziare ! Come avete saputo liberarci da quell'uomo, che non vuol sentir ragioni! Il mio povero figliuolo con le maniere più 11111'1' S1' voleva spiegare il nòst'° stato' lo " c.e.ra, versoJ 1 11110 gU«olo crede che ci si possa re gelare con la logica, con le buon. n;amtle E cim— clu ltro ! — Eh sì. ci vuol altro ! g'ie »e niol pazienza ed aspettasse turco l'avrebbe. pregava che avesse e il gran- Niente! Non povero l'i os-a e bu ci vuol con- "! ! ! Giuseppe' giinrcanto senti ferinamente Aurora dando Giuseppe, che, da suo qualcosa di soprannaturale. ugji balbettò: — Ci vorreb be... ci vorrebbe... Voi forse li : non aveva Va [sposo, [ Giuseppe, per poco, non le cadde ai piedi. Genoveffa le si appese al collo, gridando : ! — Figlia mia! Te l'avevo det to già con il cuore figlia mia. a guardava come si guarda ' sapete che cosa ci gnoriua Aurina! j Aurora, signorina il'era mai sentilo din ssa fissò ani-ora vorrebbe, Non si¬ili ocellci vele qualcosa che visto inai Gli disse bene, Giuseppe. ViQuando Aurora ed Andreatornarono a casa davanti alla po- ! lenta succosainente condita, Fot mosa apprese quant'era avve pillilo. : — Povero Giuseppe ! —escla mò. ridendo, Andrea. — Con un cannone in casa, dovrà sempre stare all'erta che non spari —E subito parò il colpo che prevedeva. — Chetati! Chetati Doppia razione di vino, perchi ti sei fidanzata ! Rosso di San Secondo mini i miiimmi i m n

Persone citate: Aurora Tiraggi, Monte Magno, Povero Giuseppe

Luoghi citati: Aurora, Formosa, Montemagno