Ricordo di Stefano di Ernesto Quadrone

Ricordo di Stefano Ricordo di Stefano l o i i i e intMfnosztpagsn« Stefano, Ormea è orgogliosa di te ». Ormea è un piccolo paese del Piemonte, oltre Garessio, attaccato ai fianchi delle Prealpi Marittime e per il quale si passa per valicare uno dei colli che discendono ad Albenga in Liguria. Cagna era, dunque, ligure-piemontese e visse i primi anni tra aria di montagna e di mare. Dalle cime dei suoi monti, infatti, si vede scintillare il Medi terraneo. Talvolta lassù, al sapore leggero dell'atmosfera alpina, si mescola una venatura di salsedi ne. Distese di prati, foreste ed ac- qque scroscianti compongono iljspaesaggio che circonda Ormea: iGun piccolo paese carico di umiltà I e di santità, che i villaggi alpestriImn a a i - e i o i sono veramente, quando si diradano nelle altitudini, come le brevi invocazioni delle preghiere, con una patetica conclusione dell'ultimo campanile, un po' nero, con qualche ciuffo d'erba nelle fenditure e la corona delle rondini intorno alla Croce. Mi pare anche che la casa di Stefano Cagna abbia il colore delle pietre alpine. • Colore duro, al profumo di mu schio e di fiori dei pascoli. « Stefano, Ormea è orgogliosa di te». Un'invincibile ritrosia Questa scritta, semplice ed af fettuosa, che forse si legge anco ra sui muri delle case, era stata dettata dal Podestà che è, se non sbaglio, lo zio del generale: del volatore conosciuto in tutto il mondo. E Stefano aveva piacere che gliela ricordassi. Quando ci rivedevamo, la sua prima domanda, che era diventata fra noi due come una specie di parola d'ordine, con relativa risposta obbligatoria, era questa: « Ben, che fa Ormea ? ». « E' orgogliosa di te ». E Stefano rideva sommessamente, come se gli aprisse il cuore. Aveva veduto tanti paesi, ricevuto tanti onori, la sua vita era stracolma di episodi, eppure quando parlava di Ormea, era. come se di colpo gli venisse incontro la mamma, Fa memoria del babbo, lo zio Podestà e tutta la gente taciturna del suo paese. Stefano Cagna parlava poco, ma quando si sfogava, lasciava ^he la sua anima dirompesse in rapide esplosioni. Allora il tono della voce diminuiva ancora come se avesse pudore d'essere udito e le parole con la « s » gli sibilavano fra le labbra. Parlando, si sfogava con l'amico, quasi discretamente monologando. Gli era rimasta, a malgrado dell'intensa vita trascorsa, in fondo al cuore una invincibile timidezza e ritrosia. Lo conobbi e diventammo amici nel 1928, durante la Crociera mediterranea, quella dei quarantadue apparecchi organizzata da Italo Balbo allorché il Duce lan ciò tra il popolo italiano il Suo appello divinatorio: « Date ali alla Patria ». Ecco, subito, le prime ali erano sorte nel clima fascista. Quarantadue apparecchi, dei quali il Ma resciallo concesse il comando a De Pinedo, percorsero il Mediterraneo ed amararono in tutti porti, destando dovunque una stupefatta ammirazione. Sugli stagni di Beer, presso Marsiglia, la formazione era stata ricevuta dall'allora comandan te dell'aviazione francese che lasciò troppo trapelare la sua sor- PITsono arrivati tutti, Eccellenza? ». ,. _., « Tutti più uno, Eccellenza. Il 43» è l'officina volante che segue pi; apparecchi per la riparazione di guasti eventuali ». Il comandante dell'aviazione francese, di cui ho scordato il nome, un piccolo uomo in bombetta, non aveva mai volato; non so se abbia volato in seguito. L'acqua, la sua grande passione Il generale Cagna era allora un semplice tenentino. Era balzato sulla carlinga dal ponte di comando di una nave mercantile, che lui era capitano di lungo corso, e appena quattro anni piuma della crociera aveva preso il brevetto di pilota di idrovolanti. Veniva dal mare e desiderava restare sul mare. L'acqua era la sua grande passione. Sentiva l'acqua come un giovane delfino. Dall'alto leggeva dentro l'acqua come attraverso una lente. Per lui il fondo del mare non aveva misteri, il suo sguardo lo penetrava come una sonda. Aveva due occhi color del marsala, non grandi ma pungenti, perforanti. Vedeva tutto. Italo Balbo lo prese a bordo come secondo pilota. Gli aveva parlato poche volte e aveva conosciuto il ragazzo, e nel ragazzo indovinato l'uomo futuro. Subito dopo la crociera mediterranea, parti con Umberto Maddalena alla ricerca dei naufraghi del dirigibile « Italia » e nelle regioni dell'Artide il suo occhio mediterraneo non perse un solo bagliore della sua limpidezza quasi miracolosa. Il primo a trovare la « tenda rossa » fu appunto Stefano Cagna. Fra tanto abbacinante biancheggiare di ghiacci, lo sguardo di Cagna discese dritto dritto senza esitazione sul gruppo degli sperduti. Il Maresciallo Italo Balbo de! quale era diventato l'inseparabile jsccondo pilota lo mandò nella iGuinca, a studiare e preparare le I basi per il volo atlantico della Im™*!"» it!>ir,.v«.aciiior,n nNpqttcrfsiBsn i a a n l l e a e a , , a n o e e o a a o o a o - , l e crociera italo-braslllana. Cagna entrò nel dedalo acquitrinoso che precede il porto naturale di Bolama, assaggiò i fondali metro per metro, si specializzò nello studio delle correnti, scandagliò il regime delle maree, trasvolò le foreste tropicali, si spinse solo sull'Atlantico per attraversare i « piovaschi » e per provarne la violenza, e finalmente ritornò a Roma. Teoricamente la trasvolata era già fatta Il tenentino era diventato capitano e poi, dopo l'arrivo a Rio de Janeiro, lo promossero maggiore per meriti speciali. Come fu «un'aquila bianca» Umberto Maddalena e Cagna erano due aquile di punta Maddalena, gran navigatore d'istinto, silenzioso, e con una persistente punta di malinconia che sfogava suonando canzoni pateti che sul violino. Stefano Cagna era il più piccolino di tutti; i capelli ispidi non, si erano ancora piegati alla dlsci-lplina della spazzola; lo sguardo aveva duro, il sorriso aperto e il corpo era raccolto come quello di un lottatore. Ecco, non si allungava mai come dicono gli schermitori nella « spaccata » vistosa e spettacolare, ma picchiava contro l'ostacolo come un ariete, e lo travolgeva. Aveva sempre avuto ragione lui sui mari e sulle tempeste. Nel 1932 dal clima tropicale passò all'Atlantico settentrionale, e si ficcò nelle nebbie e per molti mesi non si sentì più parlare di lui. Quando tornò, ragionava di ghiacci eterni come se fosse nato nel nido dei pinguini. Era diventato qualcosa tra l'esquimese e il cacciatore di pellicce. Aveva volato e rivolato tra l'Irlanda e l'Islanda come se avesse avuto in tasca un biglietto permanente. Il circolo polare si era rimpicciolito nella sua visione precisa e atten ta come l'O di Giotto del quale ci avevano narrato i libri di scuo la. Era diventato, come diventò più tardi il suo Maresciallo, un'aquila bianca. E prese il volo per la crociera aerea del Decennale. Medaglia d'oro, colonnello, generale, bruciò le tappe della sua vita sulle onde di sabbia del Sahara. Nei pressi di Gat, fu lui i) primo a scoprire un apparecchio da turismo che aveva a bordo due uomini e una signorina belga de cisi al suicidio. Avevano già mes so le ruote dell'apparecchio sul margine nero della catena dell'Idinen, le montagne del diavolo, di dove per la disperazione avrebbe ro spiccato un breve volo per fra cassarsi contro l'opposta catena dell'Acacus, i nomi diabolici dei due spiriti maligni che ai margini estremi del Sahara si contendono le anime cristiane dei Tuaregh. L'ala di Cagna gettò un'ombra pacificatrice sulla tragedia che stava per esplodere nel cervello degli e -^y^RJ sperduti, e poco dopo il generaleFougez, guidato dall'amico, met-ovann «alvi e l n e n o e e a o a a o. a r a e o Poi un'altra volta la Sirtica in- goiò l'apparecchio di Cagna, e fulo stesso Maresciallo Balbo a ri-trovarlo. Erano pari, che Cagnato aveva tratto anni prima mira-colosamente dalle acque del golfodi Napoli, entro le quali si eia infilato col suo idt»wolante. Volò molte volte da Tripoli a Berlino, ambasciatore di doni e di saluti per da parte Libia. Volò in tempo di guerra sulle navi nemiche, e io udii da un certo posto le sue ultime parole pronunciate in una giornata di battaglia: « Li mollo più ». In eie' li Maresciallo Goeringdel Governatore dellaho incocciati e norTìialava da marinaio. Cagna non è più, è morto unragazzo, un uomo, un generale dalnome noto in tutto il mondo. E' morto un figlio di mamma, un amico. « Ben, che fa Ormea? ». « E' orgogliosa di te! ». Ernesto Quadrone