L'impresa di una torpediniera

L'impresa di una torpediniera Nostre glorie marinare L'impresa di una torpediniera La "Fabrizi,, incontra cinque unità nemiche, venti volte superiori come potenza, le affronta ingaggiando l'impari battaglia e riesce poi col suo carico di Caduti e di feriti a rientrare alla base (nostro servizio particolare) Roma, 3 gennaio. Dall'infermeria presidiarla di Ravenna 11 marinaio cannoniere Leggeri Cosimo ha scritto al suo comandante, ferito anche lui quella notte di novembre nel basso Adriatico. Lettera d'un marinaio Ecco la lettera che nella sua semplicità è un documento di eroismo. «Ravenna, 12-12-1940 XIX. « Egregio Comandante, giorni fa scrissi ai camerati di bordo facendogli presente in quale ospedale mi trovavo, domandandogli pure il Vostro indirizzo perchè tanto è l'entusiasmo mio da augurare i miei migliori auguri a un ottimo capitano di corvetta il quale ha saputo eroicamente salvare i suoi uomini e il suo caccia riuscendo ad entrare in porto benché 7 contro 1. A me mi hanno tagliato la gamba sinistra. Sono sempre il Vostro fedele marinaio, salutandovi distintamente Leggeri Cosimo ». Al cannoniere Leggeri Cosimo « hanno tagliato una gamba » e lo dice come se fosse una cosa normale, di un normale servizio di comandata. Ma il suo pensiero è per il suo comandante, per la sua nave anch'essa ferita in un duro combattimento contro superiori forze avversarie. Questa è la regola di vita della nostra gente di mare; tale è l'amore e la fedeltà del marinaio per la sua nave, per il suo comandante che supera e vince il dolore delle ferite, l'angoscia di una mutilazione. Dal suo lettuccio bianco, dalla sua camera che guarda il porto di Ravenna il cannoniere è sempre vicino col cuore ai suoi camerati, alla sua nave che ebbe la grande ventura di avvistare il nemico e di muovere all'attacco. Basso Adriatico notte del 12 novembre; la torpediniera Fabrizi è stata dei tutto degna delle audacie delle siluranti della grande guerra combattuta vittoriosamente nel mare amatissimo. Allora alla fine di quella guerra, il Fabrizi era un «caccia»; oggi è stato declassato a torper il ?ra. Ma il cannoniere Leggeri (. isi io la chiama ancora ^ caccit & una «vecchia trepipe » gioì'usa. Allora nell'Adriatico siluranti e mas, insinuandosi nei canali vietati, violando i porti gelosamente custoditi, andarono a colpire il nemico nei suoi stessi covi, lo aggredirono laddove si presumeva più sicuro. Fu una guerra di sorveglianza, di cautela, di tentativi, di provocazioni, di attacchi che richiesero una oscura serie di aspre fatiche, di sforzi silenziosi, tenaci, instancabili. Mancò la grande battaglia perchè gli austriaci si sottrassero al combattimento; ma innumerevoli furono gli episodi e le azioni leggendarie che costarono al nemico perdite gravissime. Ore eroiche A quegli episodi di eroismo, a quelle audacie di siluranti la gente del V'inizi è rimasta fedele. Anch'essa ha scritto la sua pagina di gloria per la nostra Marina. Quella notte il Fabrizi era in missione nel basso Adriatico in normale servizio di scorta. La torpe-| diniera, che già da « caccia » ave-va solcato quelle acque insidiose, compiva il sue lavoro, 11 suo duro lavoro di guerra, un lavoro che spesso rimane un eroismo oscuro, una fatica di tutti i giorni della nostra gente di mare. La luna era alta e la visibilità eccezionalmente buona. Dopo la mezzanotte le vedette della torpediniera avvistano cinque unità nemiche, quattro erosse cacciatorpediniere e un incrociatore o un esploratore. Senza pensare al rischio, alla superiore potenza del nemico, il FfcppdrlmdfdtrdmlFminltglualnptcemlNnpNtmllrtnmvnctc | Fabrizi muove all'attacco, si tuf fa nel rischio, forte dei suoi pochi cannoni, ma più forte più audace per l'entusiasmo dei suol marinai per la decisione del suo comandante. Il nemico era venti volte superiore. Torpediniera diretta per l'attacco contro la formazione nemica che si trova a una distanza di circa 6 mila metri. Avvistata e fatta segno al fuoco di distruzione degli inglesi, la nostra sottile uni tà risponde con i due pezzi di pio ra e si butta sotto fra le colonne d'acqua sollevate dalle salve nemiche per portarsi a distanza utile per il lancio dei siluri. Ma il Fabrizi è colpito dai proiettili nemici e alla distanza opportuna per il lancio l'ordine del comandante non arriva ai siluristi a causa delle avarie alle comunicazioni. Sotto il tiro delle navi maggiori inglesi cadono i primi marinai, quelli appartenenti all'armamento di uno dei pezzi di prora. I cannonieri del Fabrizi hanno avuto l'onore del sacrifizio; sono l'avanguardia della loro piccola nave, una vecchia e gloriosa « trepipe ». Nessun organo vitale della torpediniera è colpito; tuttavia la centrale elettrica è immobilizzata e la nave è al buio. Sotto, nelle macchine, i servizi procedono con l'ausilio delle lampade tascabili. Nessuna confusione; ordinate manovre e pronta risposta dell'equipaggio agli ordini degli ufficiali. Neil atmosfera rovente delio scontro pare che tutto sì sviluppi co me in una esercitazione; ma quel la notte sul mare c'è la guerra e la inesorabilità dei morti e dei feriti. I nostri marinai si compor tano tutti eroicamente e affiancano con tenacia e supremo ardimento il loro comandante. Nuovamente colpita, la torpediniera nella sua audace manovra si incendia; ma le «squadre» si buttano sul fuoco e lo soffocano. ] colpi del Fabrizi hanno raggiunto una nave nemica e provocano un notevole incendio. Il Fabrizi combatte bene e vittoriosamente. La sua gente si serra in un blocco di tese volontà e combate accanitamente. Un lancio di siluri nemici viene scansato con abile manovra: le vedette sono sempre al loro posto: a bordo tutti fanno il loro dovere. I serventi dei pezzi colpiti, gli eroici cannonieri vengono immediatamente sostituiti e i cannoni continuano a sparare. Intorno il mare ribolle di schiuma e di colonne d'acqua luminescenti. Un colpo cade a prora. Alcune schegge colpiscono un siluro nella testa che viene completamente asportata. Un altro siluro viene pure colpito e il suo serbatoio di petrolio si infiamma. II combattimento dura. La nostra torpediniera non ancora colpita mortalmente manovra fra il grandinare dei proiettili nemici. Però le schegge hanno forato tubolature e depositi di acqua dolce. Le caldaie debbono essere alimentate con acqua di mare e la velocità della piccola e già gloriosa nave si abbassa notevolmente. L'avere dato battaglia — uno contro cinque — è già un fatto eccezionale. E' il grande cuore dei marinai che ha risposto all'appello della gloria; è il grande cuo^e delle piccole navi. Il comandante ferito Il comandante viene ferito ad una coscia; ma, fedele al suo dovere, trova nella volontà la forza necessaria a resistere al dolore che gli dà la ferita. Si stringe l'arto con la bretella di salvagente e ferma cosi l'emorragia. Rimane sulla plancia. Il suo pensiero è per la nave, .per i suoi ma rinai. E riesce con formidabile forza d'animo a condurre la torpediniera in una nostra base. I feriti vengono sbarcati su una nave ospedale e anche lui, il co-

Persone citate: Fabrizi, Leggeri

Luoghi citati: Ravenna, Roma