"No, colonnello, non sono unvigliacco...,, di Angelo Appiotti

"No, colonnello, non sono unvigliacco...,, IL DECAMERON CI NO DELLA SQUADRIGLIA XX "No, colonnello, non sono unvigliacco...,, L'angoscioso dramma di un sottotenente ventenne - Per tre volte deve abbandonare i compagni che vanno alla battaglia - "E' opportuno che diate le dimissioni: eviterete noie maggiori „ - L'appuntamento con la morte nel cielo di Mikabba r e i e o i o o a a a i o e a ; l o l e a n Il nostro An^plo Appiatti, invialo di guerra sul Frinite Sud; hai raccolto dulia viva voce dei protagonisti l'affascinante raccontò di alcune ignorate imprese guerresche. Le racconterà alla sua volta ai nostri lettori iniziando la collana di articoli col drammatico caso del sottotenente A. li. che qui sotto pubblichiamo; Una sera dello scorno dicembre ci trovavamo in un campo di aviazione del Fronte Sitd. Era una sera di gran noia e di gran vento, folate gelide piegavano a terra le chiome degli ulivi, sibilavano fra le tavole sconnesse della baracca ove era la mensa degli ufficiali, ci agghiacciavano e ci tiravano i nervi fino a farci stupidamente litigare fra noi per un niente. Nella baracca fumosa era una atmosfera insopportabile, parole villane scortesie puzza dì petrolio brucialo fetore di cucina raffreddata niente volare niente Malta niente ricognizione noia noia di non poter far nulla di non voler nulla il pocher è un giuoco da ribaldi il ponte da rammolliti Dio che barba che barba colonnello 1 raccontateci qualche cosa. Un tipo strano Il colonnello è un tipo che ha sì e no trent'anni è bello come un semidio fuma cento sigarette al giorno ha sei medaglie a! valore rischia la pelle ogni cinque minuti ma piuttosto di tirar fuori un periodo si fa ammazzare. Un semidio muto che indispone tutti coloro che lo avvicinano e non lo conoscono a fondo poi uno ci fa l'abitudine e comincia a volergli un gran bene, si fa adorare in silenzio come un idolo orientale. Quella sera il colonnello cupi che le cose non andavano bene, che i ragazzi ce l'avevano su con tutto, che bisognava ad ogni costo cacciar via la noia che dilagava la stizza che serpeggiava nella baracca. I comandi pensano a tutto ma non pensano mai alla noia, meno maschere antigas dicono gli aviatori ma più libri più giuochi più posta più radio più sigarette di quelle filmabili. Noi in quell'ambiente stavunw come un cane in chiesa era un miracolo se qualcuno non ci diceva cosa fai tu qui vattene fuor delle scatole non redi che c'è il vento che c'è la bufera che c'è il finimondo che non si vola stai fresco se aspetti che ti pigliamo a bordo. Stavamo in un canto silenziosi scocciati pregando Dio che la notte finisse presto. Allora il colonnello ebbe una idea geniale. Chiamò attorno a sè i ragazzi disse loro così: «Adesso ci sediamo tutti a questa tavola ognuno di noi racconta il più emozionante il più strano il più pericoloso il più eroico episodio di guerra di cui è stato protagonista. Poi mettiamo ai voti la faccenda e chi avrà raccontato l'episodio vincitore riceverà doni e sorrisi. Ma intendiamoci ragazzi niente, sbruffonate niente frottole intanto ci accorgiamo subito se son storie o verità. Tempo unissimo concesso ad ogni racconto dieci minuti... ». Lo interruppe un sottolenentino fresco di studi e di letture: Bella novità questa. Milanesi ha già scritto un libro su una faccenda così, il Decameroncino dell'Enea, ma almeno lui ci ha messo nei suoi racconti un odorino come dire di peccato che fa bene al cuore. Noi invece... ». Il colonnello saltò in bestia sta zitto tu bamboccio non capisci niente benissimo anche noi faremo un libro e lo pqtteigaptvgcmdlddcìiìaincie-\mo il Decameroncino dellu squudri-\glia XX \Un gioi-no, forse, finita la quei- \ra, ripiglieremo le fila dei cari 'cordi e scriveremo noi il Dec<.me-\roncino della Squadriglia XX. ge„J.filé intanto un episodio che ci ritorna ora nella memoria. Apre la serie. Il sottotenentino che aveva interrotto il colonnello fu obbligato ad aprire, per primo, la serie dei racconti. Tu non hai fatto ancora niente gli disse un compagno sei nato l'altro ieri comincia tu intanto ti sbrighi presto. Non era vero che il giovane, un ragazzo biondo e pallido uscito da pochi mesi da Caserta, quasi un fanciullo ancora, vent'anni appena compiuti, non avesse fatto nulla. La sua vicenda era nota a tutti, in tutte le mense di quel settore di guerra la dolorosa ed eroica avventura del sottotenente A. B. aveva un paio di mesi prima tenuto il campo per in-1fere serate. Ma ora sentirla dalla viva voce del protagonista era per noi una gran gioia. Il fanciullo cominciò a parlare, tutti a poco a poco tacquero, anche i più insolen- ti smisero di sfottere. I« Come sapete io sono giunto in questo campo balordo direttamen-ìte da Caserta, Non faccio per van-l tarmi, ma laggiù ero bravissimo, ero risultato il primo di tutto il corso. Ma laggiù si era fraìgente seria, gli apparecchi cranoUapparecchi e non carcasse, i comApugni erano soltanto degli avia-|tori e non dei grand'uomini comc\voi. Ma lasciamo stare. Me ne ven-\ go quaggiù dicendo a me stesso^chissà che accoglienza mi fanno mi credono un buonamente ma ve-\dranno subito che non sono unizlosso. Da Napoli a Villa San Gio vanni ho abbattuto in sogno-cen . tinaia di Spitfìre, ho fatto strageìdi Gloster, ho sognato la medagliai d'oro, da anni la sognavo, non im porta la pelle ma bisogna diventare gloriosi. Me ne arrivo qui, mi accolgono con dei sorrisini che tirano'i pugni, io sto zitto ingozzo intanto vedranno domani chi sono io. Mi assegnano alla squadri glia, mi danno l'apparecchio mììdicono allenati e poi andremo a Multa. Mi alleno, come voi sape-\te, coscienziosamente, ogni cinque]minuti è un cicchetto da qualcu-'.no, dopo dieci giorni mi. pare dilessere completamente a. posto. Di-\co al capitano: Va benone, potete fidarvi di me. [1VerSO la battaglia;sto i compagni superuomini che non occorre aver fatto la guerra di Tripoli per essere un bravo pilota. Partiamo dal campo di C. sul tardo pomeriggio, ci alziamo sui duemila in attesa della formazione pesante che viene da G. Qui comincia la prima parte del mio dramma. Già staccando le ruote dal prato il motore non ini bat\,eva bene, ogni dieci colpi era uno \star'l'lt° cortdete sporche pensai \quel motorista e un asino ma ades- \s° mi rìP'endo, Feci fatica a man'tenere l" formazione, l'aerovlano «Infatti sì fidano, il giorno do- po viene l'ordine di scortare «uniformazione da bombardamento snMikabba, il capitano mi dà un pu-gno nei fianchi e mi dice vieni an-che tu. Ero felice, avrebbero vi-\s"liva>»<*le>era ,ma disperazione, J.davo tutto il gas e non si muoDe¬ va. Arrivano finalmente i trimotori, ci mettiamo in protezione diretta e ci buttiamo su Malta. Inutile, il motore proprio non andava, perdevo terreno, il capo pattuglia mi faceva dei segni disperati con la mano. Quei là, dico a me stesso, mi credono una schiappa; bisogna ad ogni costo andure avanti. Ma andare avanti non si poteva. Andavo giù di giri, perdevo quota, da un pezzo eravamo già sul mare e io correvo il rischio di fare un bagno. Bisognava assolutamente ritornare e cercare in qualche modo di raggiungere il campo di partenza. Segnalo ai compagni il mio ritorno, mi butto in basso, viro lentamente, riesco per un miracolo a rimettere le ruote sul prato. Ero -1 furibondo. Gli avieri mi corrono a intorno, il motorista mette la facr eia nella carlinga. Lo investo di o male parole, lo copro di insulti, a gli dico se questo capita un'al- tra volta hai finito di vivere. Ma Iarrabbiarsi era inutile, oramai il. n pasticcio era fatto i compagni era-\ -ìno su Malta forse già combatte--ì-l vano ed io ero lì fermo come uno] , stupido vicino all'aeroplano inuti-\ le e stavo ridicolmente insultando ìun povero ragazzo. Vado dal co-\Uonnello, il colonnello è un bra-.Av'uomo e capisce subito come stani |/e cose dice fai rivedere stib'to il c\motore un'altra volta andrà me-\-\ gtio. Tiriamo giù la testata, guar-\ o^iamo le candele, smontiamo il o carburatore, verifichiamo V Vai-\pianto elettrico, rimontiamo tutnito con le candele nuove. A mez¬ zanotte avevamo finito, diamo un giro d'elica e sentiamo che il mo¬ . eìtore canta stupendamente. Vado ai a letto contento. Domani, penso, i o sarà un'altra cosa. Domani, doma ni vedranno... E il giorno dopo infatti si riparte per Malta. Questa volta si va ad Hai Far, il campo gemello di Mikabba, si va a buttar giù trenta tonnellate di esplosivo, noi siamo ììcoime sempre di scorta. Si parte, a si fa un giro sul campo, ci con-\giungiamo col bombardamento, e] puntiamo su Malta. Dopo un quar-'.to d'ora di volo... Voi capite illi resto. Il motore ricominciò a -\tossire, ricominciò ad andar giù e di giri, ricominciò a perder quota, [Io ero livido. Niente da fare, an- 1 che questa volta. Bisognava tora; naie indietro. Sul campo il colonnello mi fa il muso duro: «Co e a l i i o e o i - o - mmeiamo a esagerare giovanotto.ni C/te sin l'ultima volta non ammet-nj/0 queste cose. Stanotte revisione-'del motore domani dovete essere -[in squadriglia costi quel cìie-\costi». La terribile Storia Piangcvo dalla rabbia. Mi mor-e, e¬ oea e si ro o n il o o devo i pugni. Se non avessi avufqvergogna degli avieri mi sarei buttato a terra singhiozzando. Chiamo i migliori motoristi del campo, tiriamo giù il motore, tutto a posto tutto bene carburatore pulito candele lucenti olio al livello giusto la benzina se ne viene giù ch'è un amore. Ma cos'è porco cane? Odio la bestemmia, i bestemmiatori mi disgustano. Ma quella sera, credetemi, ogni tre parole era un'imprecazione. Terminammo il lungo lavoro alle tre del mattino, mi buttai su una branda per qualche ora, l'alba era appena sorta e io ero già sul campo. Feci tirar fuori l'apparecchio, il motore andava ch'era un piacere, per un'ora volai sul campo facendo acrobazie combinandone di tutti i colori. Se oggi si parte mi dissi faccio miracoli. E il pomeriggio infatti si partì. Dovevamo questa volta far scorta al bombardamento che andava a buttare le sue pillole su un convoglio nel Canale di Sicilia. Decollai animato da fieri propositi, deciso a osare qualunque cosa. Ma, dopo un quarto d'ora di volo... Non fatemi ripetere la terribile storia. Ancor oggi, ripensando a quei momenti soffro angosciosa- mente mi vien voglia di piangere Per farla breve vi dirò che mezz'ora dopo ero di nuovo sul campo e il colonnello mi rifiutava la stretta di mano mi diceva mi dispiace proprio per voi ma bisognerà che diate le dimissioni evi tereté noie maggiori. Gli dissi con gti occhi pieni di lacrime credete è proprio il motore che non va quella è una carcassa non è un aeroplano qualcuno mi ha maledetto un menagramo ha giurato la mia morte. II colonnello era furente non ascolta le mie parole se ne andò vìa guardandomi con disprezzo Sulla mia branda continuai a disperarmi per più di un'ora. Pensavo adesso mi uccido l'ufficiale che si uccide è un vigliacco ma intanto un vigliacco io lo sono già e tre volte che fuggo dal combattimento. Dio che schifo mi faccio i compagni quando torneranno mi sputeranno in faccia e avranno ragione mio Dio cosa faccio cosa faccio. Accarezzavo la Berretta calibro nove adesso sparo non sparo il colonnello mia madre compagni sparo non sparo che disperazione che disperazione. Il grande rischio lrvqcticstlttutapfiSmvmocfgr«ficPoi mia madre mi aiutò. Balzai dulia branda, mi buttai di corsa attraverso il campo, raggiunsi la palazzina del comando, entrai senza chiedere permesso nell'ufficio del colonnello. Forse non lo salutai nemmeno, entrando, incominciai subito a parlare come un matto ero invasato ero infuocato gli occhi mi bruciavano dal pianto. ] - Ecco, colonnello, io non sono un \y"JÌtacco, voi mi date subito un <altro aeroplano, io parto e vado s°lo su Malta, scendo a trenta \'netri, mitraglio i capannoni di iMikabba, vi faccio cinquanta fo- \tografie e me ne torno, se non mi abbattono. Se no mi uccido subito. davanti a «pi, qui in questa stan- \'za, colonnello datemi un aeropla Misscma\no». Il colonnello mi guardò, siìenzioso. Rivedo quello sguardo acuto, quello sguardo di indagine, quello sguardo, ad un- tratto, di compagno buono. « Si, andate alla prima squadriglia, fatevi dare per ordine mio un C.RJ/2, andate su Malta, fotografate, ritornate. Al vostro ritorno vi ridarò la mia stima e il mio affetto ». Volai alla prima squadriglia, il capitano non ne voleva sapere dammi dammi un apparecchio è per ordine del colonnello no non sono matto, dammi subito un areoplano guarda che la macchina fotografica sia carica sì vado a Malta vado al diavolo ma dammi dammi l'aeroplano. In pochi minuti ero in carlinga, avanti a tutto gas, decollai da incosciente. Non capivo più nulla, assolutamente più nulla. Sapevo soltanto che dovevo vincere, che dovevo riuscire, che dovevo andare sull'isola tremenda e che dovevo tornare vivo, che dovevo dimostrare a tutti coi fatti che non ero un vigliacco. Dio che momenti passai. Non li auguro a nessuno, neppure al mio peggior nemico, se aressi dei nemici. Il sole volgeva al tramonto, si tuffava nel mare arancio- |nc, scmbrat'ci una gran polenta pcannisgddoran«tKil che a poco a poco si inabissasse, nelle onde. Avevo si e nò tre quarti d'ora di tempo buono per l'impresa, dovevo arrivare su Mikabba con luce discreta per poter fotografare. Su Malta non c'ero mai stato ma non si poteva sbagliare la prima costa era quella, Mikabba è al centro dell'isola, anche imo stupido come me ci arriva. Nell'inferno nemico 1 Ora il motore andava splen-\ didamente. Cantava ed io can-\ tavo con lui, ad ogni colpo di\ manetta era una nota più alta o più fonda, isrà itti trillo o un rombo, era una sinfonia deli:iosa che mi riempiva il ruo■e di gioia. Dio com'ero felice.' Riconto di aver in quel ruvido volgere di tempo urlato sempre una sola frase, tre sole parole, sempre quelle; e le cantavo sul ritmo e sull'aria d'una vecchia canzone, e le ripetevo, le ripetevo sino alla pazzia: « Vado a Malta, vado a Malta, vado a Multa, vado a Mal ta». Andavo veramente verso lai vita, o verso la morte che sareb-| be stata vita egualmente; andavo all'appuntamento con ia stima del signor colonnello. Non vi dico ciò che capitò sul-' l'isola non appena il mio appa-\ recchio fu avvistato. Ognuno di voi sa quel che succede laggiù \ quando compariamo noi, tutti voi ci siete stati cinquanta volte. Vi tralascio la descrizione dell'in feritale fuoco contraereo, non vi racconto il ducilo clic io dovetti sostenere con tre « Gloster » che si trovavano per caso nel cielo dell'isola, e come riuscii ad abbatterne uno, come scesi a venti metri su Mikabba, come mitragliai una squadriglia di caccia schierata ai margini del campo, come] andai e ritornai tre volte sui copannoni fotografando e rifotografando cinquanta volte tutti gli impianti, tutte le installazioni. Son cose vecchie queste per voi, ma per me. allora, erano una spaventosa deliziosa novità, erano la mia vita, la mia rinascita, il mio orgoglio, la. mia onorabilità. Ancor oggi non mi spiego come mi fu possibile tornare a casa, sfuggendo al tremendo fuoco di sbarramento, alla caccia disperata che «Gloster», «nutricane», «Spitfire* mi diedero scusa sosta finché non fui di nuovo sul mare. ". Mia madre certamente pensava «ine in quei momenti e pregava,sto clic mi aiutasse. cE Dio mi aiutò. Posai le ruotc\siti campo e i compagni che da po-\chi istanti erano tornati dalla loro\ missione mi furono attorno, mi abbracciarono, mi baciarono. L'ap parecchio era uno scola brodo.• |contammo ottantadue buchi c'ennancora un litro e mezzo di benzi- na nel seibatoio Anche il colon-'nello mi abbracciò mi dissp ;oiiie./o mi aomaieio mi disse lo sapevo che cri un ragazzo corag- Lgwso. comodo, dopo... Poi mi Itati,data per questa faccenda Za «:e-jdaglia d'argento. 'zi Decameroncino della Squadri-'olia XX comincia così. Quella .fe-!ra durante il racconto i vecchi;aviatorierano commossi -il colon- ni mroit eiaiio commossi, tt colon «eHo /limata fumava sigarette e trangugiava saliva. Perdio, non è KM fesso, non è proprio un fesso [il sottotenente A. B.l j . ... Angelo Appiotti I luminili! 1 1 mimiimmiimimmim o o o Una visione del munitissimo porto di Malta, su cui si è svolta l'azione del tenente A. B. Mitragliatrici antiaeree tedesche piazzate lungo le coste francesi della Manica.

Persone citate: Feci, Inutile, Milanesi