MODERNI LETTI DI PROCUSTE

MODERNI LETTI DI PROCUSTE Q uà n do II bisturi risana MODERNI LETTI DI PROCUSTE Ma è un pensiero sbagliato perchè in questo luogo arti spezzati rivivono, sca glie vitali si sostituiscono a morti tessuti, riflessi spenti si convertono in moto ROMA, dicembre. Siamo di carne ed ossa. Veramente anche di qualcos'altro, per esempio di spirito. Poi non si direbbe che siano carne unghie e capslli.'per quanto prodotti dalla pelle, e non sono carne nè ossa il tendine d'Achille e il padiglione dell'orecchio. Ma l'antica distinzione, tanto antica ch'è diventata luogo comune, è perfettamente Valida in senso generale. Non fosse altro, basterebbe a giustificarla l'amore innato dell'uomo per 1 contrasti e 1 concetti opposti. Luce e tenebra, bene e male, Ormuzd e Arimane, terra e cielo... carne e ossa. Dove trovarlo più contrasto? Queste sostengono, quella è sostenuta; l'una attorno, le altre dentro; queste invisibili, quella vi.libile. Ma c'è di più: e "sia come sia, convinca o non convinca la semplificazione popolare, c'è almeno un caso in cui non si tratta più di sottigliezze e la frase fatta prende un valore concreto. Per lo meno, la impressione dominante è tale che caccia il resto In ombra o lo riduce a sè come a un comune denominatore. Immaginatevi In una corsia d'ospedale e passate In rassegna quell'umanità dolorante. Non importa di che malattia, se guariranno o morranno, se fiduciosi o rassegnati o sconsolati. In nessun altro luogo come qui avete il ssnso della caducità della nostra materia, deila fralezza della carne. Anche mortificata, è la protagonista. ■~ ambiate ora con una clinica orlo^)' dica. Il caso è sempre uno, sc::ipre lo stesso: malati (muta solo la scena). Ma malati Immobili gessati irrigid'ti, membra in posizioni forzose, apparati penduli sui lettini, armature nascoste che appaiono ingrandite e fantomatiche sotto la "fasciatura delle coltri. Anche costrette nelle bende, anche chiuse nelle armature, le protagoniste son loro. Ne sentite la presenza, quasi le vedete senza bisogno di raggi X. Fralezza delle ossa. I brevetti della Natura Eppure non c'è sostanza conosciuta che sia altrettanto leggera e resistente, elastica e rigida, co'.ì funzionalmente distribuita come quella delle ossa, che hanno un'anima cava come un tubo per contenere il midollo ma anche perchè la struttura tubolare consente alla natura di far econoniia sul peso senza perdere in robustezza e guadagnando in elasticità, di conseguenza in sicurezza. Le graminacee, dal grano alle' canne, insegnano. E al pari di certi acciai possono essere, per cosi dire, arrendevoli all'interno e intransigenti all'esterno, in qualche faccia durissime come avessero subito un trattamento superficiale, Perciò resistano agli urti,, si flettono senza spezzarsi, dove occorre sono di tale adamantina fibra che la punta più temprata fatica a scalfirle. Pensate agli incastri e agli snodi delle giunture, alla rotula e alla testa del femore, quella smaltata sferula, sapete, che s'inserisce come in una calotta nell'acetabolo dell'anca. Già, a toccarvi non sentite niente perchè è ben Incapsulata e fasciata, ma è poi sempre la stessa pallottola che passando dinanzi al fornitore certo avrete vista uscir fuori da un quarto posteriore di bue nei giorni di carne o da qualche prosciutto, coscia anche lui, di buona memoria. Lasciamo perdere... ma nessuno ci toglie l'idea che lo snodo della nostra stilografica da tavolo sia la copia intelligente di quel brevetto della natura. Però se la meccanica s'è ispirata tante volte all'anatomia e al modo di lavoro delle ossa, anche queste ricevono in e;imbio un grande aiuto dalla loro Imitatrice. E se c'è "un'« ortopedia chirurgica », fondamentale, essa è poi in» tegrata dall'* ortopedia tecnica », detta anche apparato-terapia, alla quale appartengono gli apparecchi di protest e tutortl, che artificialmente sostituiscono una -parte mancante o una funzione perduta, e la stessa tecnica delle fasciature e degli apparecchi gessati che vedemmo la volta scorsa e continuiamo a vedere questa mattina In attesa del prof. Marino-Zuco : perchè oggi e giorno dispari, oggi il direttore opera. Quei fili che tirano... Erano appunto questi armamentari barocchi, queste custodie tumefatte che prima ci facevano pensare alle vicissitudini delle ossa. Ci aggiriamo fra le malate (che in realtà si è nel reparto delle donne) e le osserviamo tranquille pazienti, alcune completamente immobili ci seguono per un po', fin dove possono, con lo sguardo, taluna muove il capo senza fretta verso l'insolito visitatore, forse solo per cambiar posizione, nessuna si agita nessuna si lamenta. Sanno che devono aspettare: settimane, mesi; tacciono e non chiedono nulla al medico perchè non soffrono. La vita sembra allentata qui dentro, statica. E si che queste armature non sono sempre lievi, con forme che premono, congegni che bloccano, fili d'acciaio applicati con una staffa e un ago direttamente all'osso e che per impedirgli di accorciarsi mentre si risalda dopo la frattura tirano tirano tirano... Ah quanti fili e quanti contrappesi e quante gambe «intensione »... Come non pensare al letto dove Procuste stendeva le sue vittime per allungarle con corde fino a misura giusta? Ma è un pensiero sbagliato perchè in questo luogo vi è solo molto silenzio e molta pace Insieme a un'attesa fiduciosa. Sul tavolo, senz'ombre Poi il direttore è arrivato, è già in sala operatoria. Ci resta appena il tempo di lasciare al loro peso tutti i fili, indossare nella saletta delle autoclavi un camice sterilizzato, farci adattare da mani più pratiche delle nostre una mascherina di garza sulla bocca e raggiungere di là il prof. Zuco. I preliminari sono finiti. Il paziente è in narcosi profonda, la parte da incidere già pennellata con tintura di acido picrico si stacca come una finestretta gialla sul candore dei teli che hanno nascosto tutto il corpo e agli angoli del pertugio sono stati aggraffati con quattro pinze; l'aiuto è di fronte all'operatore, un assistente a fianco, l'addetta ai ferri e al materiale sterile poco dietro (sul lucido piano . del suo carrello mobile in tutte le direzione 1 coltelli le pinze le forbici gli aghi ordinati come a una rivista luccicano azzurrini nella luce senz'ombre che viene dall'alto e i rotolinl di garza senza più chiaroscuro sembrano strisce di biacca) mentre il collega dell'etere vigila 11 polso del dormente e gli altri che assistono, noi compresi,'se ne stanno attorno un po' discosti. II seguito ci è apparso cosi veloce (eppure è durato qualche ora e tre volte è cambiato à soggetto) che non sapremmo più analizzarlo, troppo avvinti agli episodi che incalzavano perchè pensassimo a prendere appunti. E poi a quale scopo, se 11 nostro compito non voleva essere di raccontarvi di questo o di quell'intervento (ci sono apposta 1 trattati speciali), ma di darvene le conclusioni e. se mai qualche impressione. C'era un femore spezzato nella |sua parte più ufficile da raggiun gere e da fissare, la strozzatura fra il gran trocantere e quella testa smaltata che ben conosciamo, piegata sul collo quasi ad angolo retto per entrare nell'anca. Ebbene, 1 due tronconi sono stati « avvitati» dall'esterno con un perno filettato d'acciaio, nè più nè meno di come si farebbe per riattaccare al suo gambo il pomo d'avorio di un bastone. Senonchè dopo qualche mese, a giunzione assicurata, la vite viene tolta dall'osso. E' un metodo del prof. MarlnoZuco. Céra un bambino di quattro anni col piede des'.ro a collo d'ascia e l'arto accorciato per un'infermità congenita del perone. In questi e consimili casi l'arto nog cresce più, resta per sempre moncherino senza vita e' senza scopo, tanto vale amputarlo- e-sperare una protesi. Ma l'operatore ha voluto tentare il tentabile: un trapianto sulla parte atrofizzata di una stecca ossea tolta alla vicina tibia con tutta la sua spessa membrana nutritizia, cioè il periostio. Se le cose andranno bene la scaglia vitale si sostituirà al morto tessuto e il perone e l'arto potranno * ricrescere ». Non sembra un miracolo? E c'era una bella ventenne dal braccio sinistro amputato sotto l'attaccatura. Come ridargli 11 movimento? Con un'ingegnosa operazione che attraverso una serie di fasi intermedie conduce alla fine a ricavare nel moncone come un tubo fasciato internamente di pelle; attorno a questo tubo ad allacciare a gancio gli spezzoni dei muscoli che prima davano il moto al braccio; poi a suo tempo nel far passare nel foro l'attacco dell'arto artificiale come uno spinotto nella sua sede. E a poco a poco nuove contrazioni muscolari si formeranno e premeranno Intorno a quel cavo cilindretto di carne, come fremiti si trasmetteranno all'appaaecchio di protesi, si affineranno sempre più con l'esercizio, diverranno movimento ed azione. Non è un altro miracolo? Questa è l'ortopedia di oggi. Accanto al bisturi usa lo scalpello e il mazzuolo ma solo per riplasmare e rifare. Ha già raggiunto quella che domani sarà forse la gran mèta di tutta la chirurgia, non più demolitoria ma soltanto ricostnittiva. B. Saladinl di Rovetino (Continua) Clinica ortopedica di Rama. — Un femore fratturato sotto l'anca cinque mesi dopo l'u avvitamento ». Sul collo, tra la testa del femore e il gran trocantere, 6 visibile il segno della frattura, ormai risaldata. Un Intervento operatorio del prof, ortopedica di Roma, Marino Zuco (ili primo a destra) alla clinica (Foto L. .Minutoii),

Persone citate: Rama

Luoghi citati: Roma