LA STUFA

LA STUFA LA STUFA Ogni giorno, quantunque avea63 ben poco tempo da dedicare a se stessa, Agostina non mancava di prendersi la testa fra le mani, non fosse che per un momento, e di pensare con indicibile amarezza a sè e alla sua cugina Tullia. «Da bambine, da fanciulle eravamo uguali... ma che dico uguali?... Io ero mille volte meglio di lei, più alta, più grazio- ea, più simpatica... Lo dicevan tutti. Perche dunque il caso, il maledetto caso, ha fatto sì che io sia adesso la sua beneficata e lei la mia benefattrice?». Sì, la fortuna era etata 8al- la parte di Tulli*. Eppuw chi l'avrebbe detto quando le due cugine erano entrambe fidanzate e il fidanzato di Agostina, un bel giovane, sembrava ben più brillante dell'altro, mingherlino e taciturno? r.' Appena sposate le due cugine erano andate di pari passo, e sembravan destinate a un'uguale yita modesta di signore casalinghe, ohe non possono tenere più di una servetta e hanno un alloggio ristretto, senza salotto. Ma ecco che, ad un tratto, Tullia aveva cominciato a salire e Ago stilla' a scendere, e non si eran fermate più per un pezzo, nè runa nè l'altra. Una su e l'altra giù, tanto che alla fine Ago^ ina si trovò vedova, sola, senza 'mezzi, con un impieguccio appena sufficiente a non morir di fame, mentre Tullia, con quel marito a cui gli affari andavano eempre più a gonfie vele, era diventata una signorona, nuotando nella beatitudine e nella ricchezza come un pesce nell'acqua, Bienza più saper concepire di vivere altrimenti. «Non è punto superba Tullia », dicevano di lei gh amici di un tempo, come se U fatto di essere così fortunata le desse anche il diritto di rinnegare il passato. No, non era superba., ammetteva Agostina, con più amarezza ancora. Certo, quando qualcuno si trovava fra loro due, Tullia la presentava sempre come sua cugina, senza vergognarsi di lei. Naturalmente non le offriva degli aiuti in denaro, forse temendo di offenderla, perchè è incredibile la delicatezza dei ricchi verso i parenti poveri, ma le faceva molti regali e le dava parte del suo spoglio. E Agostina l'accettava, sfidando gli occhi sdegnosi di una cameriera assai più elegante di lei. Ma poi, quando se ne tornava a casa, e si met teva a pensaroi, l'amarezza le di lagava dentro fino nell'anima e sembrava attossicarla tutta. Che cos'era quel malessere, quella specie di freddo e rabbioso dolore?... Rancore verso il destino?... O invidia, orribile verme roditore che consuma, dentro, peggio di una febbre?... Ne la consolava osservare i vestiti ancora belli che la cugina le ave va dato, anzi pareva che l'invelenissero di più e li maneggiava bruscamente come se volesse maltrattarli e con essi vendicarsi della cugina. Una volta le accadde.un fatto inatteso, strano e, per lèi, durante un certo tempo, iripredibi le. Trovò nella tasca di un», giac ca di Tullia una lettera che aita cugina vi aveva dimenticata. Era una lettera d'amore, grave, compromettente, pericolosa. Per un pezzo, dopo aver letto, Agostina era rimasta attonita col foglio in mano, -fulminata dalla sorpresa, senza osar di formulare quel terribile pensiero: Tullia aveva un amante?... Possibile? Eppure la cosa era chiara, non vi potevano essere dubbi. Ella prima sogghignò, poi rise addirittura, in modo isterico. Così a Tullia non bastava aver tutto nella vita: affetti familiari, un marito che era un tesoro, la ricchezza, gli agi ; no, aveva anche voluto un amante!... Dapprima lo sdegno, il furore l'avevano illividita in viso, fatto balenare gli occhi. Poi a poco a poco, pensandoci... Prese il foglio brancicato, lo ridistese, lo lisciò. Ma certo!... Ella" aveva in mano ora di che farla tre mare quella Tullia, da mettersela in ginocchio davanti. Oh, non avrebbe mai portato quella lettera al marito, no, ma avreb be potuto minacciare Tullia di farlo, tenerla sempre con quella spada di Damocle sulla testa farle paura, vederla impallidire sotto i suoi occhi, dominarla... Dominarla!... Era pur ora che toccasse a lei quella parto, a lei che aveva sempre dovuto chinar la testa e ringraziare e conten tarsi e fingere di trovar naturale di essere beneficata dalla ricca cugina. Adesso era giunta l'ora della sua rivincita ! E prese il foglio, lo chiuse come un tesoro. E ora quando sedeva a pensare a Tullia i suoi pensieri non era no più scuri come un tempo, un lampo veniva pur sempre a rischiarare tetramente il cielo livido delle sue riflessioni : « Se volessi... Quando crederò giunto il momento, vedrai, bella mia... Può darsi che tu debba smettere prima di quel che tu credi la tua bella vita. Ti tengo in pugno, ora...». ■ Il tempo passava. Tullia seguitava la sua vita ricca e beata, e Agostina la Bua laboriosa e meschina. Anche con la guerra nulla mutava o per lo meno le cose, per le due cugine, andavano sempre nello stesso senso, solo che Agostina aveva da patire di più. \ Un giorno Tullia capitò, dalla cugina tutta elegante e profumata nella sua pelliccia preziosa, col viso roseo nella cornice dei suoi capelli tinti in fulvo e con gli occhi ridenti. — Ho pensato a te, Agostina ! Agostina si diceva, tremando leggermente come - per febbre : «Ora le dico della lettera, ora glie lo dico... ». Sì, ho pensato di farti una sorpresa. \ — A me?... I Agostina sogghignava: la sorpresa l'aveva lei m pugno! . — A te. Non hai il riscaldamento, vero?... E io domani ti mando una bella stufa! —■ Oh, grazie... — Non c'è da ringraziare. Il bello è che neppur io ho il riscaldamento centrale. Pensa!... Rideva, arrovesciando il capo, mostrando i suoi bei denti, tutta ilare, come se si trattasse di una cosa allegra, e non vedeva intanto Io sguardo cupo della cugina. . — E mio marito mi ha mandato, a «asa una quantità di stufe!... Col combustibile naturai mente. E' per questo che ho pen sato a te e a mandarti il necessario. Se no, povera la mia Agostina, staresti al freddo. Se non avessi me... — Sì, se non avessi te. Erano le frasi sacramentali che solevano pronunciare tutte e due dopo qualche regalo. Questa volta Agostina le pronunciò a fior di labbra, come se le costassero una fatica immensa. Poi arrivò tutto e Agostina accese la stufa. La stava a guardare mentre il calore le scaldava le membra e le arrivava dentro, nelle vene, fino al cuore. — Certo, se non fosse di lei... Andò a prendere la lettera nascosta, la brancicò un poco fra le dita, e poi, senza guardarla, la gettò nella stufa e stette a osservarla bruciare tutta lentamente. Dopo di che trasse un lungo respiro e un benessere nuovo entrò in lei come se qualcosa 1? avesse liberata da una malia, ohe la teneva stregata. Tutto l'odio, il rancore, l'invidia Be ne andavano in fumo come bruciati da quel fuoco purificatore. Com'era bellina quella stuia! E piena di zelo nell'arciere, come parlava con quel suo scoppiettio intimo e dolce... La guardò come un'amica venuta a farle com pjagnia. Basta così poco alle volte a confortare certe solitudini!... Carola Prosperi dztvtdsvtptps

Persone citate: Agostina La Bua, Bienza, Carola Prosperi, Tulli