Il tesoro di madama Margareta di Giovanni Artieri

Il tesoro di madama Margareta LAGGIÙ' LA GUGLIA DELL'AMMIRAGLIATO... Il tesoro di madama Margareta (Dal nostro inviato) GOLFO DI KRONSTADT, novembre. Per finire lo squallido viaggio volli dare un ultimo sguardo a Leningrado e mi condussero per questo in cima ad un vecchio faro, nella locatiti di Ino. Di lassù, mediante strumenti di straordinaria potenza ottica avrei potuto vedere, mi dissero, persino i marinai passeggiare sulle banchine e i moli di Kronstadt. (Di Leningrado, si capisce, da qualunque putito, anche il più prossimo, come le trincea di Alessandrowka, non si vedono che le. sommità degli edifici maggiori, la guglia dell'Ammiragliato, le cupole di Sant'Isacco, le pareti dell'Istituto Lenin e i parchi). Questo fatto di poter guardare qualche 'cosa vìva, di là dall'invisibile sipario che divide i partiti in guerra, chi lo conosce e ricco di attrattiva e di una misteriosa emozione. Tra le rovine di luoghi di delizie L'osservatorio era segreto, o meglio le vie d'accesso, non le conosceva che un^solo ufficiale. Temetti che venissero a bendarci gli occhi, tanto se ne parlava coti circospczione. Il responsabile del settore guidava l'autista e penetrammo così per un intrico leggiadro di sentieri, traverso una foresta di tamerici, nella zona proibita. Una brina vermiglia decorava gli alti alberi solenni, grappoli scarlatti di bacche sferiche, minute come capocchie di spilli, ed era la singolare fioritura delle famelici; anticipata e abbondante. Pessimo segno, m'avvertirono, poiché quei fiori annunziano il gelo deW'woerno e il loro colore, a misura che sia più o meno intenso, dice agli intenditori quanto severa sarà la stagione e quali sofferenze essa prometta agli uomini in guerra. Andammo per una mezz'ora traverso quel bosco, incrociando rovine di leggiadre villette di legno, di case estive, di oui tutto l'Istmo di Cardia è disseminato. Qua e là mi faaevan vedere quei luoghi di delizia dando un nome ad ognuno. E questo appartenne alla Vyrubova, l'amica e la consigliera dell'Imperatrice, di Nicola II e di Rasputin; e quest'altra al granduca Nicola Nicolaievic detto lo ««io», e quest'altra ancora al generale SloHpin e quell'altra al presidente Witte, e quella laggiù a specohio di un laghetto, combinata mediante un {fioco di alberate e di prospettive d'acque in modo da somigliare all'Isola dei Morti di Boecklin, al principe Jussupoff, l'uccisore di Rasputin; e oasi via di seguito. Alla lunga mi pareva di passare traverso un limbo in oui le ombre invisibili vagassero sulle rovine dalle loro antiche dimore terrestri. Tal'era la suggestione di queste continue evocazioni di persone morte (alcune vivono tuttavia, come la Vyrubova, lo Jussupoff, e altri, ma se ne è dimenticata l'esistenza) che alla fine ci arrestammo dinanzi ad una casetta, mono malconcia delle altre e qui un'ombra venne fuori. Il tè di menta della vecchia ombra Quest'ombra et aveva preparato un tè di menta, ed entrammo per berla. Bi trattava di una vecchia signora, ma più ohe vecchia. 10 non so ridirvi l'impressione che ne ebbi. Era il suo sguardo, i suoi occhi, la luce che essi contenevano a mostrarmi la sua vecchiaia. Pel resto possedeva forme eleganti, una carnagione fresca e rosata, di quel particolaf rosa chiaro delle persone molto sanguigne cui 11 sangue circola molto per la pelle e le conferisce una vaga somiglianza con le bistecche di bue fresco. Di media statura, ancora conservata malgrado la sessantina, la contessa' Margareta sorrideva senea labbra e parlava un francese assai manierato, oppia¬ so sui libri di Marcel Prevosf, e nelle anticamera imperiali russe. Ella, ci introdusse con un bei garbo nella sua casa: lì dentro si accumulava alla rinfusa tutta la storia della Russia, dalla cacciata deU'Imperatore in poi. La guerra invernale del '39 e le diverse fasi precedenti della guerra civile finnica s'intersecavano con i ricordi e le tracce lasciate dalla nuova occupazione russa, dopo la pace dal ^0 e la nuova guerra, «nella di adesso. Tra soltanto, delle quattordici camere di cui la iHlletta ai componeva eran salvo, ma in quale stato: una conteneva tre letti di ferro, di quelli lunghi e strétti come bare che dovunque si incontrano nella Russia bolscevica, letti fatti in serie, come le sedie, gli orologi di latta, e i ritratti di Stalin. Vuoti, giacevano nella camera abbandonati coperti di immondi materassi nei quali i corpi degli ufficiali russi ai guarnigione, avevano lasciati i loro calchi imprecisi. Per terra ancora cicche, sputi disseccati, fogli dattilografati; manifestini di propaganda. Tutto era perfettamente conservato; e la padrona di casa dichiarò che non avrebbe sgomberato quei luoghi se non col fuoco. Attendeva quando potesse farlo, votando alle fiamme la villa e il suo contenuto. La camera accanto contrastava singolarmen- te con l'altra poiché anche essa era accuratamente conservata, i mobili coperti di stoffe per difenderli dalla polvere, i vetri superstiti ai saccheggi e ai guasti, allineati negli armadietti, gli spaccili delle pareti accomodati alla meglio, secondo il taglio delle rotture, come quei mosaici pompeiani caduti e ricostruiti dai pazienti escavatori, i fiori di zinco dipinto messi nei vasetti di maiolica faentina, Quest'ordine si distingueva per non so quale effimerità artificiosa: cosi l'ambiente dove avevano vissuto, dormito, mangiato e fumato quei russi, imbrattando e avvilendo ogni cosa con la loro disordinata animalità appariva tuttavia tangibile e vivente, mentre il salottinq liberty quasi sostenuto dal solo soffio fantomatico di Madanfa Margareta non esisteva agli occhi se non come cosa ricordata vagamente o addirittura sognata. Era lo stesso guardando la fronte della vecchia signora: in essa luceva qualche cosa di fatuo, di trapassato. Quegli aguardi somigliavano al raggio pallido dì un secolare broccato d'oro, La terza parte della casa consisteva in un tinello ove le pareti eran tappezzate di manifesti comunisti per la propaganda al Soccorso Rosso Internazionale, per le elezioni al Soviet del Soviet di Terjoki, per un Concorso dì produzione ortofrutticola tra i kolgose della regione. V'eran ritratti di candidati sovietici malamente stampati e tra essi una donnona popputa; simbologie antireligiose, effigi di Btakanoff il minatore, il cranio calvo di Tiwioscenfco, i baffi spioventi di Budionnj, il volto di Vorosoiloff. I manifesti erano incollati uno sull'altro, in diverse epoche e mo menti politici,, v'era persino un proclama di Kerenski} del settembre iX917. Tutto era al suo posto e Madama Margareta s'era guardata bene dallo staccare quella carta dalle pareti: con l'inverno conservava il calore, e questa fu la spiegazione che n'ebbi. Solo, a ristabilir l'equilibrio, la signora aveva appeso all'occhio di quésta alla bocca o alle mani di quest'altra delle immagini sovietiche quadretti e quadrettini: vi si vedeva in tale modo, Nicola II inchiodato alla punta dell'indice di Btakanoff e una pupilla di Stalin trafitta dallo spillo che sopportava, come una grande lagrima Z'immaoine dell'Imperatrice Alessandra. Infine era l'interno più strano che ai possa immaginare. Qui sedemmo e Madama Margareta oi offrì *oon molta grazia il suo to' di menta. Mi disse qualche complimento per l'Italia, paese ch'ella aveva insto e visitato nel 1906 e mi parlò a lungo di Napoli con la stessa facilità che si fosse trattato di Pietroburgo o ai Mosca. Pure qui, in questi suoi ricordi del mio paese rintracciavo quella venatura di sfocato e lontano, di passato remoto ch'era nella sua natura di persona morta. Perohè mai fosse lì, presso a Leningrado in un sito non più fronte di prima linea, si capisse, ma immediata retrovia Madama Margareta mi spiegò. Ella attendeva da .un giorno all'altro, da venticinque anni di lasciare finalmente la casetta noi bosco di tamerici, e partirsene via per sempre: ritirarsi in Germania, forse in Italia; ma non sarebbe andata via senza il tesoro. Poiché possedeva un tesoro, specialmente di smeraldi siberiani; il marito era ingegnere minerario, aveva scoperto cave di pietre preziose per quant'era lunga e larga la Siberia, la sua collezione di sassolini valeva la metà della corona imperiale russa. Non era che il pegno dell'amor coniugale di quell'uomo. I migliori sassolini delle miniere che andava scoprendo per l'Asia russa erano per lei. «Non vi posso dire dove sia» Al ritomo da ognuno dei suoi prodigiosi viaggi le consegnava un sacchetto di pietruzze greggia; in vt nt< anni aveva così accumulato il tesoro. Madama Margareta par lava di questo fatto con una gru ariosa serenità, e capii guardando ia fissamente quale luce fossa nei suoi 'occhi: quella delle sue ipotetiche pietre perdute. Dentro di me m'auguravo di finir presto il colloquio e il bicchiere ai menta calda per andar su al faro a dare il mio addio a Leningrado; ma la vecchia signora ci teneva tutti con la sua smorta forza passiva, la sua grazia alla quale era difficile opporre .un brusco opporre .un brusco gestodi commiato. «Allora, le dissi,aspetterete qui la fine della ;uerra, o la conquista di Leningrado par cercare i vostri smeraldi? ». Senza pensarci sopra aggiunsi: « Dove è il tesoro ? ». Repentinamente divenne guardinga: «Noti vi posso dire, si capisce, dov'è il tesoro. E neppure se resterò qui fino alla fine della guerra ». « Aspetto mio marito, ch'è di là, dentro, voi capite. Tornerà stasera, forse domani ». Qui il capitano N. mi guardò tranquillamente, con intensione, « Vostro marito è dentro. Volete dire ch'egli è prigioniero dei bolscevichi?». «No, no, grazie a Dio. Egli vu e poi ritorna ». Stavo per credere, e l'acuto interesse d'un simile fatto, d'una testimonianza effettiva d\ vista dell'Interno di Leningrado misero in orgasmo tutti i miei spiriti professionali. «Va e viene da Leningrado? E' possibile? ». (Il capitano N. mi riguardò ancora una. volta). «Possibilissimo. Mio marito conosce strade segrete sull'Istmo, ptiò entrare e uscire dalla cittàl finché vuole. Stasera verrà, o domani al massimo. Stavolta spero, sarà la buona, porterà con sè il sacchetto. Son più di ottocento pietre: smeraldi, rubini, diamanti, tutti trovati nelle miniere ch'egli ha scoperto nel Turkmenistan, nell'Asia centrale, in Mongolia ». La sua voce assumeva una leggerissima ma netta cadenza di cantilena. « Volete un altro te? ». Il colloquio assumeva - intanto un doloroso interesse per me. Invece di interromperlo, come mi avvertivano gli sguardi del capitano N. lo attizzavo. «Non potrei parlare con vostro marito? » dissi. «Lo attenderei qui, per stasera, per domani ». Ella si abbuiò, divenne esitante, inquieta. Delle pallide idee contrastanti le serpeggiavano sotto la fronte. Il suo volto appassito arrossiva, impallidiva rapidamente. « Sì certo, potete. Ma forse vi interessate di pietre preziose? Volete forse comperare i miei smeraldi? Forse pensandoci, sì, pensandoci potrei accettare le vostre proposte». «No, no. Non mi interesso delle pietre preziose ma di Leningrado m'interesso ». Poter mettere piede nella vecchia città ! La vecchia si tturbò ancora di piii. « Voialtri italiani vedete sempre tutto con fantastica rapidità. Oh credetemi, Leningrado giace su d'un letto di tesori, tesori sepolti nelle cantine, nei parchi, nei giardini; nei cimiteri. Ve n'è' dfl quelli che furono affondati sotto là melma dèi canali, nelle paludi della Neva. Forse perciò vi interessa Leningrado? Vorreste mio marito come guida, non è vero? Ma non vi posso dire ove io abbia messo il sacchetto ». Sorrise ma U sorriso le si spense sulla bocca come un cerino. « Volete un altro té? ». A poco a poco la sua leggera follìa mi ubbrlacava: mi parve persino possibile entrare dentro Leningrado e uscirne. Sapevo dalla guerra di Spagna di corrieri segreti che attorno ad una grande città assediata trovano le vie misteriose dalle fogne, dei cunicoli, dei sotterranei, per violare il cerchio; gente misteriosa e abile, dal cuore di ferro dedicata a missioni terribili, destinata in partenza alla morte oscura nel fondo di una chiavica o nella gola di un camino. Però a Madrid c'era una quinta colonna; a Leningrado dopo venticinque anni di fucilazioni, epurazioni, trasmigrasioni, esilili fughe, quale corpo organizzato di segreti ribelli poteva sussistere per collegarsi con agenti d'informazione venuti dalle lineo assedianti? Quella di Leningrado era umanità ormai già trasmutata, nella quale se trasformazioni o ribellioni insorgono nulla hanno di comune con l'esterno o con i russi della generazione polverizzata pel mondo. M'agitava l'immensa illusione di poter mettere il piede dentro la città. Quella vecchia, all'improvviso con la sua storia di tesori m'aveva acceso dentro una inquietudine terribile: già mi ponevo la domanda se valesse l'estremo rischio di vita il gusto di respirare l'aria della Prospettiva d'Ottobre; e sì, mi rispondevo di sì. Adesso mi riesclva molto difficile spiegare questo inafferrabile discutibile gusto; non l'avrebbe certo capito; difficile a capirsi com'è anche dalla gente ragionevole. M'afferrai al tesoro, « Si — dissi a Madama Margareta — attenderò vostro marito. S'egli ritornasse ancora senza il sacchetto andremo insieme a cercarlo, dentro Leningrado. Posseggo una veloce automobile e ci spingeremo insieme fin dove è possibile. Spero che le autorità militari finniche mi daranno un lasciapassare per varcare a tutto mio rischio e pericolo le linee.. ». 71 capitano N. mi guardò per la terza volta e per la ter«a volta tacque. Madama Margareta fu presa da una gioia tutta improvvisa e inaspettata. « Allora ritornerete insieme, andrete anche voi dentro la città. Me lo riporterete. Magnifica idea, magnifica idea. L'automobile... E' meraviglioso, sempre egli dice d'aver bisogno d'un'automobile veloce. Allora... — s'illuminò tutta — ...se ritornerete con lui io vi darò So metà del sacchetto; quattrocento pietre, anche la metà degli smeraldi, vi darò... Benissimo, benissimo... Pren- boSclsmedtpsnmnudnsvgzdspcncddismimmuoP, ] dete un altro tè, prego » Di fuori il capitano N. mi rac contò tutto. Si trattava di questo, l'ingegnere Gl. Kr., nel 'ìfi, passato al servizio segreto finnico dopo qualche prezioso servizio venne colto in un alberguccio di Leningrado e ucciso a revolverate dagli agenti della G.P.U. Effettivamente egli aveva diretto gli scavi dello più importanti miniere di preziosi della Siberia, ed era perfettamente vero che, dopo la Rivoluzione, s'era messo alla ricerca di una certa quantità di gioielli raccolti nel corso della sua professione e seppelliti nella cantina di una casa di Pietroburgo. Era rimasto dieci anni in Finlàndia, studiando sempre il modo di entrare ed uscire col suo tesoro; ma quando riuscì a penetrare in Leningrado trovò scomparsa la sua casa e tutto il quartiere; al suo posto Jlmmensl l blocchl di abitazioni operaie. Si ostinò nella ricerca del sacchetto. Stavolta occorreva scoprirlo, in condizioni estremamente difficili e la storia della ricerca sarebbe forse un interessante tenebroso romanzo. Passò dei mesi a studiare e restituire la vecchia planimetria del quartiere, rischiò quattro volte di farsi cogliere. Comperò complicità, condusse ricerche tra i costruttori di quelle case operaie; nello stesso tempo assumeva informazioni militari. Tanto maneggio non poteva continuare a lungo; una notte sveglialo nel suo letto dai « berretti verdi », venne fulminato alla spiccia. La notizia della sua fine arrivò in Finlandia per vie non rivelabili. Madama Margareta continuò ad attenderlo, senza credere mai per un attimo al dramma compiuto. Che ritornasse suo marito e i suoi smeraldi le pareva e le pare una certezza incrollabile, e probabilmente morirà nella villetta del bosco di tamerici così, bevendo e offrendo il suo tè di menta, dolcemente mentecatto. Sulla torre del faro andai poco dopo. Vidi dentro il cannocchiale i moli di Kro.nstadt e dissi col pensiero addio a Leningrado. Le immagini lontane passando traverso i potenti cristalli arrivavano al mio occhio ingrandite ma vagamente mobili, come immerse in una muoillagine verdastra. Vedevo omini muoversi sulle calate del Porto militare, vedevo le mura bianche dell'Istituto Lenin, vedevo la guglia d'oro dell'ammiragliato e le cupole a cipolla di Sant'Isacco. Ma tutto così remoto e fantastico come se in luogo d'uno strumento d'ottica avessi adoperato, alla maniera antica, un gronde smeraldo del tesoro di Madama Margareta Giovanni Artieri

Persone citate: Boecklin, Cardia, Neva, Stalin, Witte