CRONACHE DEL TEATRO

CRONACHE DEL TEATRO CRONACHE DEL TEATRO Paradossi e dilemmi - Si è spiegato male Betti o ha capito male D'Amico? - La protesta di Checco ila, discussione su Shakespeare e Checco Durante ha uno strascico. Come è noto, in una conversazione tenuta alla Regia Accademia d'Arte Drammatica, Ugo Betti, sulla fede di- quanto Silvio d'Amico, « Per la vita CRONAParadossi eha capito mha riferito avrebbe detto: del nostro teatro d'oggi cos'è più utile, un repertorio di granai drammaturghi del passato oppure uno di commedie anche mediocri, anche rozze, anche cattive, ma scritte e sfornate In questo nostro tempo? Shakespeare o Checco Durante?». Questi erano 1 termini della discussione; e noi abbiamo detto la nostra che, sostanzialmente concordava con l'opinione di d'Amico: essere cioè necessari 1 Checco Durante — se non ci fossero bisognerebbe inventarli — ma non perdere Eschilo, Shakespeare, Manzoni, Pirandello e gli altri. La nostra- meraviglia perciò non è stata poca quando abbiamo letto che dAmico, ritornando sull'argomento, si rivolge proprio a noi per rilevare che ci siamo indignati a torto, e ricordarci che dentro la formuletta paradossale di Betti c'è in fondo « una questione nè nuova nè infeconda: la questione che s'è dibattuta nella storia di tutto il teatro drammatico, e specie nei periodi delle sue crisi, fra 1 partigiani (talvolta gretti, talvolta Illuminati) dell'amore all'antico, e 1 partigiani (talvolta mestieranti, talvolta geniali) della fede nel più grosso e tozzo teatro contemporaneo. Esempi: gli umanisti contro i farsaioli; Cervantes contro Lope, Ben Jonson contro Shakespeare, ecc. ecc. ». Con tutto il rispetto per d'Amico, la cosa ci sembra un pochino diversa. Nel quesito o dilemma di Betti non si tratta di lotte di tendenze, non si tratta di polemica tra contemporanei, non si tratta di sapere se deve trionfare il classicismo o la drammatica popolare: si tratta di stabilire se è più utile al teatro d'oggi, a tutto il teatro in blocco, la rappresentazione delle opere di Shakespeare o la rappresentazione delle opere di Checco Durante. Cervantes stimava Lope, Shakespeare rappresentava le opere di Ben Jonson, eppure la polemica, quella polemica nella quale d'Amico non crede, durò tutta la vita, perchè erano in lotta due indirizzi, due coirentl di pensiero, due principi estetici, che quotidianamente, coi fatti, con le opere cioè, si combattevano, si sorvegliavano, si com penetravano, che questo è il segreto dell'arte: distruggere per ricostruire. Se Betti avesse voluto dir que sto non avrebbe messo a raffronto Shakespeare e Checco Durante, ma un contemporaneo, e magari se stesso, e Checco Durante. Ma egli, evidentemente, parteggia per Checco Durante contro Shakespeare, e crede più utile al teatro ita¬ liano di oggi la rappresentazione di opere « malnate, ibride, di forma sgradevole, di perfido sapore », ma nostre. E perchè? Perchè si possa dire: nel secolo XVI fiori la commedia classica, nel XVIII Metastasio, Goldoni, ecc., nel XX... Checco Durante?! Betti teme, e d'Amico riferisce, che i posteri diranno: nel secolo XX si rappresentò il vecchio Shakespeare. Oh, no, nel secolo XX c'è intanto Pirandello; l'avvenire è nelle mani di Dio: nei cinquantanni che verranno chissà che cosa succederà nel teatro italiano... E poi, che preoccupazioni son codeste? Dove sono gli autori di statura scekspiriana? Davvero si pensa che rappresentare un classico significhi fermare o deviare il corso del teatro d'oggi? La cosa è apparsa talmente insensata che lo stesso Betti ha creduto necessario intervenire e rettificare. O si è espresso male lui o ha capito male d'Amico. Betti dice che il suo « non era un dilemma ». Meno male. < Diamine — aggiunge — è fin troppo evidente che è possibile e utile dare a teatro insieme opere di oggi e opere di ieri (o di mille anni fa). Ma — questo è il punto — dobbiamo considerare che cosa è « più utile » — come si sente l'avvocato! — dare nel teatro d'oggi: la roba di oggi o la roba di ieri? In quale dei due punti dobbiamo identificare la principale, vera méta del teatro di oggi, quale sarà opportuno che goda maggiore sollecitudine da parte degli attori, più alta at tenzione da parte dei critici^ più jamorosa tutela da parte dello Stato? ». Nonostante la sottigliezza del « più utile », il ragionamento di Betti non riusciamo a capirlo lo stesso, e quasi quasi giustifichiamo d'Amico di aver frainteso anche lui. Se 11 « più utile » coincide col fatto, la realtà è questa: le nostre compagnie, alcune delle nostre compagnie, poche delle nostre compagnie rappresentano uno o due classici contro otto o nove contemporanei. La sollecitudine degli attori, l'attenzione del critici, l'amorosa tutela dello Stato sono rivolte, di fatto, verso 1 contemporanei. Betti vuol aprire, dunque, una porta sfondata. E poi, davvero egli viole identificare nella « roba d'oggi » la principale « vera méta del teatro » ? Intanto un vero artista non ha altra méta che se stesso; e se si tratta di creare un rapporto, un clima, un campo di cultura come si fa a prescindere dalla storia, dalla tradizione, da quello che, insomma, è stato fatto e non si può rifare — almeIno in ouel nodo? La conoscenza EATRO male Betti o a di Checco e la rappresentazione dei classici é quindi non solo utile, ma necessaria. SI può agevolmente sostenere che oggi, se mai, la presenza dei classici sui nostri palcoscenici — contrariamente a quanto avviene all'estero -— è scarsa e saltuaria; non si può. certo dire che stiamo esagerando. E allora cosa si vuole.' E veniamo a Checco Durante? Ha preso da parola per fatto personale e per fatto personale rispondo. Se c'è stato uno che ha difeso il simpatico e valoroso attore e autore romano, quell'uno sono stato io. Legga bene Checco Durante e vedrà che ho ragione e che. egli ha torto a credere che sia stato io a classificarlo a un livello che, giustamente, sente di non meritare. Intanto il paradosso o il dilemma non l'ho posto io, e, non avendolo posto lo, non potevo sostituire il suo nome con quello di un altro. E non ho detto proprio io che forse i rapporti tra Checco Durante e la poesia sono molto più frequenti di quel che non credano tanti di que'll che hanno dimestichezza d'amore o di abitudine con la signorina Talia? Ohe voleva di più il buon Checco? Mi meraviglio che un uomo come lui, ohe scrive cosi bene e dice cose tanto assennate, come quella che Shakespeare è semplice e spontaneo come lui (non lo sapeva questo Betti? e allora perchè li ha messi in contrapposto? e dove Va a finire il dilemma?) non sappia giustamente leggere. La sua « lampadina tascabile » ha diritto di vita come < il sole ». E non soltanto, come gli dice Silvio d'Amico per consolarlo (in questa faccenda si vede proprio che d'Amico non ci vede chiaro: vuol rimediare e fa peggio) « quando il jsote non c,è e cf tffc^ periodo a d'oscuramento », ma sempre, sempre. Come è stato, come sarà. Per via di quel famoso rapporto, per la gerarchia, per l'ordine: tutte cose stabilite da Dio dai secoli dei secoli. E non creda Checco Durante che io lo consideri proprio come l'ultimo degli autori. Ce ne son tanti di autori che gl'invidiano qualche cosa! Per esempio: io. * * La compagnia del teatro Manzoni che contava tra gli attori Krnes Zacconi, Margherita Bagni e Leonardo Cortese, e che doveva esser diretta da Orazio Costa, non si riunirà più. Almeno per quest'anno. Anche la formazione Evi Maltagliati - Tullio Carminati, che si dava per certa, non ai farà più. Si parla invece di una compagnia diretta da FuU-hignoni con programma strettamente nazionale e con novità di Alvaro, Brancati, Savinio e altri scrittori italiani. L'iniziativa è degna della migliore considerazione e speriamo che approdi a buon porto. La compagnia nazionale dei Gut inizicrà le recite prossimamente con «Don Cìil dalle calze verdiS. S.