Il "comico,, amico dei soldati al trivio nella foresta careliana di Giovanni Artieri

Il "comico,, amico dei soldati al trivio nella foresta careliana QUANDO I FINNI VOGLIONO ESSERE ALLÉGRI Il "comico,, amico dei soldati al trivio nella foresta careliana (Dal nostro inviato) TERJOKI, novembre. Quando capitai per la prima volta nel Nord, e fu dalla parte dei paesi baltici ciò che più mi colpi fu la vendita di bare e paramenti funebri. Grandi e bellissimi magazzini incontrai nella Lituania, nella Lettonia, nell'Estonia fin quei tempo ancora Ubere repubbliche) forniti, come si dice, dei più vasti e ricchi assortimenti per morire lussuosamente. Vn amico lettone di tendenze bolsceviche ebbe ad osservare, un giorno, fino a guai punto fosse degenerata la società borghese del suo paese da avvertire la necessità di mettere in mostra i plusvalori guadagnati sul sudore degli operai in tante magnifiche casse di mogano, borchie di argento ghirlande e corone di smalto, tutte ricchezze destinate a marcire con il corpo sotterra. « Forse si chiedeva quel lettone bolscevizante, che il borghese al quale il conto in banca permette di comperare, •per la sua cerimonia mortuaria, una bara da ventimila marchi crede di entrare nellaltro mondo attraverso un vestibolo coperto di tappeti persiani, fasciato di luce e di cristalli, mentre i valletti della Morte gli si inchinano «ino a terra» ». Divertendosi col c pukko »... Non è questo ricordo, però, che intendevo suscitare. I negozi di bare dei paesi del Nord si sono associati neila mia mente, e non saprei proprio precisarne la ragione, all'allegria dei finnici e in genere dei popoli baltici. L'allegria finnica di cui più avanti voglio raccontarvi' qualche fugace episodio, come gli empori di arredi funebri già detti, contiene un fondo di tremenda e tru ce tristezza. Nei luoghi di campagna, pres¬ so contadini e boscaioli ordinariamente il g\orno del sabato rassomiglia molto a quello della città, con in più qualche esercitazione di « pukko ». 71 « pukko » è quel corto pugnale a manico fisso, fodero di pelle di renna che ogni finnico civile o militare porta alla cintura. Il « pukko » è l'insegna della vera Finlandia, oltre ad un arnese di grande utilità. Così mediante il « pukko » si fa allegria tra i contadini. Questi taciturni una volta terminate le bevute prova no tra loro quanti centimetri di lama è possibile mettere nel petto o nelle spalle del proprio simile. Si mostrano j coltelli chiedendosi l'un l'altro con la massima serietà: « Ti basta cosìf » Ne vuoi un poco di piùt » e via di sepuito. L'invitata ha un bel declinare l'offerta. Novanta su cento si prende la preordinata coltellata e cerca se può, di restituirla. In tali storie, sebbene colorate di sangue, non soni0da cercate istinti criminosi. E' soltanto un'allegria un poco ferina; per sentirsi felici i boscaioli finnici han bisogno di bere alcoli d'enorme forza e versare per puro spirito sportivo un- poco di sangue. Cosi l'altra volta tornando dal le trincee di Alessandrowka, sul fronte, di Leningrado, m'avvenne di averne una prova assai interessante e sotto taluni aspetti istruttiva, che non racconterei se non fosse anche un microscopico episodio della guerra. Debbo premettere ancora qualche chiarimento e questo riguarda la singoiar maniera finnica di vedere V uomo mediterraneo. Noialtri, nel Nord, apparteniamo ad una umanità allegra per definizione. Non c'è nulla da fare: siavio allegri, siamo gente di « temperamento ». Non mi è possibile farvi immaginare quanto infastidisca questa storia del « tempe rumenta ». La parola assume quassie i più rarii e vistosi valori. Voi ridete piuttosto forte f Ec co: « temperamento ». Voi vi lasciate andare ad un gesto, un semplice gesto piuttosto largo ? E' il < temperamento » che vi fa muovere così. Parlando, la vostra voce si leva di un semitono f « Che temperamento! », e cosi via. Temperamento non vuol dire soltanto foga, fuoco, vitalità, possibilità espressive del tutto eccezionali; ma anche, in senso recondito e malizioso, possesso di qualità passionati e amatorie sconfi nate; infine: depositari della più costante carnascialesca allegria. Si sta quasi costamlemente di cattivo umore. Ora occorrerebbe vedere gli occhi grandi dei bravi finnici quando scoprono, piutto sto arcigno e poco disposto alla bevuta e alla canzonetta, l'uomo mediterraneo. «Allora, essi chiedono, allora il < temperamento » do ve-èt» E tu arrabbiatissimo rinunci a spiegare che ti mondo, e la guerra, quassù pesano troppo. Per mettermi di buon'umore L'altr'anno l'inverno tu precoce; per le strade della Careha orientale si correva in una /orina di neve. Due giorni di automobile per raggiungere la più vicina stazione ferroviaria, in quel set foro del fronte. Non starò qui a raccontarvi come e cosa sia un viaggio nella cupa foresta infinita, nel torrente della fanghiglia nevosa, sotto quel cielo che non è cielo ma un grande ammasso di luridi stracci sempre in procinto di crollar sulla testa. 1 nervi si dissolvono in una atonia color della ghisa, il cuore pesa come un proiettile, alla fine non si dorme ma s'entra in un tetro incantesimo ove i valori delle forme perdono ogni peso e quelli dei pensieri ogni consistenza. 10 avevo per autista un giovine gigante nato in Lapponia che guidava la macchina presso a po co come una .muta di renne, cioè non la guidava affatto. Tutto il suo impegno consisteva nel tener ferme le mani sul volante e lasciarsi condurre dalla strada, e la strada ci portava traverso la foresta tra laghi e laghi, senza riposo. Dtirante numerose ore io non dissi parola, nè il mio compagno. Il gigante evidentemente seccato beveva a larghi sorsi da una sua bottiglia certa vodka all'etere. 11 fumo, i mia-ami della vodka di Erkki (quest'è il nome del lappone), il silenzio coagulavano nella cabina della macchina una atmosfera assai pesante, e più essa diventava grevp più a- me passava la voglia di avvivarla con alcunché, come una parola, una esclamazione, una- curiosità. Cadde la notte e sul nostro viaggio gravò il non confessato ma sicuro pericolo di perderci per quei maestosi sentieri forestali ove i partigiani, come uccelli notturni s'insediavano da padroni. Otto giorni prima eran saltate due macchine sulle loro mine; t corpi, tra cui quelli di tre donne delta « Lotta Svard » eran rima- att sfracellati nel fango, tra i rot-.'tomi. Sui rottami i russi lasciarono bene in mostra un cartello indicatore; diceva: t E' proibito l'ingresso ai non addetti ai lavori », scampolo piuttosto malvagio dell'umorismo bolscevico. Fu appunto il gigante a rompere il silenzio e ricordare il fatto, così per metterci di buon umore. Il mio compagno rispondeva sordamente annuendo: Yo, Yo, che in finnico vuol dire sì. Dovetti faticare per farmi tradurre la storia; non la trovai più interessante di tante altre. ' Poco più in là Erkki disse ancora qualche cosa e stavolta l'amico tradusse sollecitamente: « Vedrete; Erkki vuol mettervi di buon umore ». Ci inoltrammo e ad un crocicchio la macchina si fermò. (Sgradevole colpo perdere il protettivo senso della velocità. La macchina ferma nel cuore della Carelia russa, di notte, in sito già celebre per attacchi di partigiani e voi quasi inermi; repugnante infortunio. Corre il cervello alle gomme di ricambio, alle nozioni motoristiche, alia distanza che vi separa dalla più vicina stagione ferroviaria, toi alla pistola, al numero di cartuccie, a certi fucili mitragliatori moderni che vorreste possedere, ma non avete. Guardate la foresta, gli alti fogliami, la disperata odissea di chi vi si sperde e noti ne esce più, guardate il vostro ossame coperto di muschio verde, divenuto appiè d'una betulla simile ad- una radice affiorante. La macchina è ferma nel cuore della Carelia russa, brutto affare...). La voce calma di Nordfors ammonì: « Non è nulla, verifica la strada... ». Erkki, infatti era uscito; non si trovava curvo sulle ruote a verificare. La sua ombra gigantesca si moveva nella tenebra come un grande cipresso. II cartello indicatore sotto gli alberi... Un pigro dubbio mi s'affacciò sulla esistenza di pali indicatori in quella selvaggia solitudine; ma scomparve... M'appoggiai ai parafanghi, dietro i fari, spenti. Guardavo nel buio. Nordfords si trovava dall'altra parte e fumava. « Cosa diavolo fa, dissi alfine un poco impaziente. Abbiamo duecentonovanta chilometri sino a Repola... ». Nordfords ripetette e mi parve un poco ambiguo: € Cerca la strada... ». Non sapevo e non vedevo in quale crocicchio fossimo; sino allora m'ero fidato dello straordinario senso di orientamento dei /inni. Acutissimo senso in piena foresta, là dove egli legge i punti cardinali nel colore dei muschi, nei dorsi delle foglie, nella crescita dei rami, nella vecchiaia dei tronchi, nei mille caratteri del deserto arborescente ov'è nato. Non capivo quell'indugio notturno, in mezzo a un trivio di strade così nettamente dirette. Erkki (ne rividi l'ombra oscillante) ritornò e la sua voce prò fonda avverti Nordfords. Visse delle cose difficilissime a capire di cui Nordfords, come mi parve, sorrise. < C'è, c'è... saliamo » Ktentrammo nella macchina ed Erkki si diresse al limite del bo sco, sulla sponda opposta. Il trivio era uno spiazzo donde si partivano i rettifili tagliati nella massa della foresta, e all'imbocco d'un di questo Erkki s'arrestò con un energico colpo del freno a pedale; ed ecco dà tutta la luce ai fari. Non vidi nulla alla prima, poi, sì, una statua; meno di una statua, un corpo umano, Un soldato all'impiedi saldo sui suoi stivali che nessuno gli ha rubato, vestito di tutto punto nell'uniforme invernale russa. Un russo col berretto di forma frigia dalla stella rossa. E' legato ad un tronco di betulla, sì che appare naturalmente eretto; u pastrano imbottito, le buffetterie, il fodero della baionetta gli cascano perchè dall'inverno scorso a oggi ha viaggiato traverso la primavera e l'estate e quest'altro inverno e nel viaggio ha perduto la sua carne e i suoi connotati. Adesso è un po' mummia, un po' scheletro. Cosa gli sostiene le braccia? Una impalcatura di rami solidamente costrutta, e cos'è quel cartello sulle braccia T E' un cartello indicatore, in caratteri cirillici; vi si leggono le distanze chilometriche e i nomi russi di Repola, Parajarvi Karkumaki, Povenza. « Ah, ah, ah » scoppiò a ridere Erkki. Ero nell'ombra dinanzi al morto possentemente illuminato sì che pareva volesse muoversi; c le ombre profonde delle rue orbite, della sua bocca animarsi, generare suoni, sguar- dirti di. < Comico, non è verot » a Nordfords. Nordfords tenne a chiarirmi: « I soldati, non vogliono toglier- .lo di là, quel russo col palo indi- \'/vrrnr* sv .,„ iX™ nmi. i i , e catore. E' diventato un loro ami co, un €tabù ». Son strani i soldati, quassù. Quassù poi è paese di streghe e di magìe.., ». Un'avventura esilarante Scrivendo di qui, da Terjoki, mi dolgo adesso di aver dato troppo spazio al ricordo di quell'allegria dell'anno scorso e poco a queste di adesso, offertemi sull'Istmo di Carelia, di fronte a Leningrado. Mi hanno fatto festa. Son tornato nella casa di Kuusinen, ove già l'altra volta fui con amia carissimi, col generale Sihvo, col capitano Neuvonen e in. luogo di parlare delle crudeli cose della guerra ci intrattenemmo con quello di nostalgie torinesi e con questo di filologia romanza. Anche adesso abbiamo desinato nella stessa casa. Ma gli uomini son diversi. Son diventati più duri, più veri, forse, cotti al gelo degli inverni iperborei nelfe tristi trincee di Leningrado; più portati a dire le cose come sono. M'hanno dato da mangiare, da bere della birra acida e persino certe ciliegie amare che al mio paese si chiamano corvine, cresciute gelosamente nelle serre del giardino. Uno per mettere brio nella conversazione ha raccontato questa storiella. « Anche in guerra succedono delle cose divertenti. Per esempio: Andavamo un giorno di pattuglia nella foresta a cercar legna. Ecco, bum, scoppia un marmittone russo. Io son lanciato in una buca, coperto di terra e di pietre; rinvengo e, sempre disteso penso: « E' finita, sei perduto.' ». Finalmente mi rimetto, mi stropiccio gli occhi; non un solo dei miei soldati intorno a me. Vedo solo alberi frantumati e intestini pendenti dai rami. Che ridere! Era veramente curioso: tutti quegli intestini appesi ai rami! Dopo mi sono un poco commosso. Erano degli uomini quei soldati, degli uomini come me. Pure di colpo nessuno più, come se non fossero mai esistiti. Ad ogni modo la cosa era comica ed io ho riso tanto ». Ho risposto a quell'uno d'aver letto qualche cosa di simile in non so che libro di Massimo Gorkij. L'indomattina sono andato sul Rajajoki e s'è presentata una nuova occasione di far allegria. Il Rajajoki è un fiume grosso quanto l'Aniene, o poco più e segna l'estremo limite dell'avanzata finnica 3U Leningrado. Ultimo scherzo a Ho trovato soldati che scavavano trincee, per quest'inverno imminente, erano abbastanza lieti, menando i loro colpi di zappa vociavano le strofette di « Korpraali Afoni » e di « Torna a Surriento » (Mujstoia Sorrentosta) canzone napoletana estremamente diffusa nell'esercito finnico. I russi stavano di là, ad un seicento metri; separati da noi dal fiume, da un breve piano e da un'alberata. Sotto l'alberata correva- la linea ferroviaria Terjoki Leningrado e la casa cantoniera biancheggiava quasi intatta. Non si vedevano trincee nemiche e neppure soldati ma, ecco, nel periscopio della vedetta un russo è comparso. Si, effettivamente è venuto fuori dalla cantoniera e si aggira tra le piante basse di un Campetto di patate. Cerca in giro qualche cosa o qualche luogo propizio. Ora cammina, ora sosta, gli occhi a terra; se ne distingue ù berretto di lana, il cappotto, le mani. Non porre abbia timore in quel luogo scoperto; l'artiglieria e i mortai dialogano cercandosi a tentoni. Scompare infine dietro lo spigolo della cantoniera togliendosi ti cappotto. Nel gruppo ove mi son trovato si motteggia sul soldato e lo scopo della sua sortita. Rìdono, ciarlano. Quell'uno della sera avanti mi comunica di volermi mettere di buon umore. Stessi bene attento al periscopio. Fa cori-ere gli ordini e poco dopo ecco il bolscevico scappar via dai suo spigolo, semivestito. Uno scoppio dietro l'altro i soldati mutano l'uomo e la cantoniera in una polvere di intonaco e terriccio. La vedo zampillare attorno come un'acqua sotto la sassaiola. « Questo non c'è scritto in Gorkij » mi dice trionfante quello della sera prima. E ride; forse trova, perchè io non rido, che manco di « temperamento ». Giovanni Artieri Icannonate

Persone citate: Gorkij

Luoghi citati: Estonia, Finlandia, Leningrado, Lettonia, Lituania, Repola