Il bivio dell'Ottocento di Filippo Burzio

Il bivio dell'Ottocento Meditazioni storiche Il bivio dell'Ottocento Abbiamo veduto in un recen te articolo come, a nostro avvi so, il 1914 rappresenti il mo mento cruciale di un cambiamento di direzione nella marcia della civiltà occidentale, e di una soluzione di continuità nello sviluppo della storia: non solo, e non tanto, perchè nel 1914 scoppia una grande guerra fra le maggiori Potenze europee, quanto perchè le conseguenze di questa guerra tono sorte nuove e inaudite, in contrasto, cioè, con l'esperienza di tutte le guerre di questi ultimi secoli. Dopo la guerra 1914-18, infatti, e progressivamente, gli uomini dell'Occidente (e, in genere, gli uomini bianchi) hanno cessato di sentirsi uniti dal vincolo — e di comunicare nel segno — di una comune civiltà, il che aveva sempre mitigato l'asprezza delle guerre anteceden ti, e soprattutto della loro con clusione. La guerra del '14-18 ha così segnato la fine di quella seconda unità europea, la quale datava dal Seicento, scavando un nuovo abisso, che è forse più difficilmente colmabile del baratro aperto, nella compagine della Cristianità medioevale, dalla Riforma e dalle successive guerre di religione. Abbiamo già anche accennato a quella che noi riteniamo la causa di cosi terribile evento: e cioè l'inserirsi, nella crisi bellica suddetta (che poteva essere, anzi era semplicemente, all'inizio, un consueto conflitto di potenze, a limitato conseguenze), di tre formidabili e nuovi fenomeni, che hanno cambiato tutte le carte in tavola; i dati, per così dire, del problema: l'avvento delle masse, conseguenza della Rivoluzione industriale; il progresso tecnico, Giano bifronte coi suoi doni, costruttivi o distruttivi, a seconda dell'uso che l'umanità creda di farne; e, più importante di tutti (poiché diede senso e portata catastrofici agli altri due), la decadenza, ormai generalizzata, della vecchia morale e della vecchia religione. Il problema che oggi vogliamo affrontare è quello dell'epoca in cui questi fatti nuovi — esplosi, per cosi dire, nel 1914 — incominciano, sotto sotto, a manifestarsi; nonché della forma assunta dalle loro prime, e apparentemente non troppo gravi, manifestazioni. Ho già avuto altre volte occasione di accennare, nel corso di queste riflessioni sulla storia, a una sorta di indurimento generale, morale e politico, del secolo XIX, che si delinea, e via via progredisce, man mano che il secolo invecchia : orbene, diciamo subito come, a nostro avviso, esso sia il maggior segno premonitore, anzi il vero e proprio antecedente storico, della grande orisi apertasi esplicitamente nel 1914; e come tale indurimento, così vario e molteplice nei Buoi aspetti (che ora esamineremo), abbia avuto per carattere generale — e quasi, tragicamente, fatale, perchè spesso involontario — una svalutazione radicai', della vecchia morale cristiana, la quale durante la prima metà dell'Ottocento era rimasta operante, vuoi negli ambienti liberali e romantici, vuoi in quelli presocialistici, vuoi in quelli legittimistici e reazionari. Il '48 è l'ultima, e più commovente e splendida, fiammata di questo fuoco unitario, per cui — al di sopra delle opposizioni dogmatiche e teologiche — il.Settecento aveva stimato di non essere in contrasto con le origini evangeliche, nel coniun segno della morale; anzi, di una morale depurata e trazionalizzata». Subito dopo, appena varcate le soglie della seconda metà del secolo, nel '51, ecco il Due Dicembre, Ìil colpo di stato napoleonico, che a tutto il progressismo francese ed europeo (corifei Victor Hugo e Mazzini) appare una paurosa jinvoluzione, mentre non è che un modesto episodio, nemmen nori del tutto dal solco liberale romantico. Fatto di ben più pavé significato e portata sto(anche ai fini dell'indumento di cui stiamo parlando, e "auto per di più conto del fatto che la Francia ormai decade, mentre la Germania è in piena ascensione) è, dieci anni dopo, l'avvento di Bismarck in Prus:'8ja che segna il definitivo tracollo dell'effimera vampata liberale tedesca, culminata nella caduta di Mettermeli, e nella Dieta di Francoforte. Con Bismarck non è solo la Prussia degli Hohenzollern che si sostituisce al timone della nave germanica,' all'Austria absburgica: è un nuovo principio politico, autoritario Efrjmilitansta, che si rivela inopi3patamente vitale, nel bel mezzo di quella Europa, la quale ai crede più che mai fatalmente av, viata sulle rotaie di un avviamento liberal-democratioo, dichiarato ormai irresistibile da vijuaai tutti gli osservatori di marca, a partire dal Tocqueville. Con Bismarck, è un primo e i vago presagio del Novecento che lappare sulla scena storica: stabilendosi — attraverso la figura, sociale e spirituale insieme, ili junker, del Cancelliere di Terrò — un certo qual contatto continuità e discendenza dell'età a venire con la Prussia di 1 Federico II: e le Potenze occidentali, non solo politicamente ma anche ideologicamente tut-| torà egèmoni, sembrano awer-' tire abbastanza presto quel fatto nuovo, che a Sédan e poi al Congresso di Berlino si farà già sentire con ben altro peso. * * Però, più ancora che nel campo strettamente politico, è altrove che il fenomeno dell'indurimento del secolo ha le sue maggiori (benché dapprima dissimulate) manifestazioni. Altri uomini appaiono, a produrre un radicai mutamento nelle ottimistiche e settecentesche idee dominanti; e questi uonroi sono: Darwin e la lotta per l'esistenza, posta a base d^Iìa selezione naturale e della trasformazione delle specie; Comte e il positivismo; Marx col nuovo socialismo antiromantico, fondato sul materialismo storico: poi, ultimo ma non meno importante, Nietzsche col «capovolgimento dei valori » e l'apoteosi della «volontà di potenza» (a tacere, perchè meno importante in questa sede, di Hegel, anche lui tanto più «duro» del settecer.tesco, e cristianamente morale, e pacifistico Kant). Con Darwin, soprattutto, anche la scienza — come la politica con Bismarck — diventa «dura»: l'idea del Progresso si trasforma poco a poco in quella di Evoluzione; ed è questo uno dei principali aspetti della parallela e contemporanea, benché più vasta, trasformazione dell'ottimismo settecentesco in un pessimismo sempre più pronunciato: vuoi pessimismo «cosmico», vuoi pessimismo «storico». Del progressivo avviamento ottocentesco al pessimismo cosmico ho già discorso tempo fa su queste colonne, a proposito di un saggio del Bontempelli, per il centenario di Galileo; mostrando come, quasi a malincuore, il secolo debba persuadersi che la visione « scientifica» dell'universo, permeata di determinismo, porta fatalmente a conclusioni scoraggianti: qui mi basti aggiungere, a sostegno di quella mia tesi, la frase di un insigne e profetico ottocentista, il Cournot, che mirabilmente la illustra: De roi de la création qu'U était, l'homme est monti ou descendu (comme il plaira de l'entendre) au róle de concessionaire d'une planate. Quanto al pessimismo « storico», esso consiste in una progressiva e crescente sfiducia nella razionalità della vicenda umana, nella superiorità di ogni epoca rispetto alla precedente, nell'avviamento quasi fatale al meglio — che era il modo settecentesco d'intendere -il Progresso: fede nella ragione umana, alla Voltaire ; fede nella natura umana, alla Rousseau, C'è una sorta di serrato legame, e di tetra convergenza nei risultati, in questi ordini di idee, originariamente indipendenti: l'idea darwinista, ad es., che la vita è un'eterna e terribile « lotta per l'esistenza», in cui vince il più forte, suffraga insieme l'idea marxista della «lotta di classe» e quella nietzschiana della «volontà di potenza», in cui naufraga l'idillico trinomio: Liberti Egaliti Fraterniti. Non meno involontariamente del darwinismo, anche il positivismo divien pessimista: e acutamente osserva, a questo proposito, il Friedmann (da cui pur mi separa una profonda divergenza nel valutare questi fatti): Certi tratti curiosi delle più coerenti filosofie del progresso (come, in Gomte, l'apologia del Medio E, epoca organica, epoca di fede) implicano, simultaneamente, una reazione a quel che ormai appare eccessivo nell'ottimismo di un Condorcet, e il disegno di estendere fino all'antichità la continuità della corrente progressista. Ma è un progressismo che, se conserva il nome, ha ormai cambiato natura: il progressismo del mitico proletariato marxista, tanto caro al Friedmann, non è più ottimista, né consensuale, né pacifista, né umanitario I Due secoli, l'un contro l'altro armato... l'antinomia, che già, ai suoi giorni, il Manzoni asseriva (riferendosi, verosimilmente, al contrasto: Assolutismo monarchico-Rivoluzione; e, meno consciamente, all'altro: Illuminismo-Romanticismo), ha acquistato, alla luce dell'ulteriore esperienza storica, una ben maggiore estensione, ed un più vasto significato: e il fenomeno dell'indurimento anticristiano, su cui ci siamo soffermati, necostituisoe il tratto caratteristico, trasferendo al periodo intorno al 1850 lo spartiacque ideale dei due secoli. Come già notammo in principio, il Settecento mira a distruggere la religione cristiana nei suoi dogmi, ma cerca di salvare la morale cristiana: la cosa è senz'altro evidente in Rousseau (su cui, per l'appunto, ai scagliano gli anatemi del cattolico Maritain, «per aver perpetrato il mostruoso tentativo di un Cristianesimo separato dalla Chiesa di Cristo»); ma è chiara anche in Voltaire, e in tutti gli Illuministi ed Enoiclopedisti: la tolleranza, il pacifismo, l'umanitarismo ecc. sono d'intenzione (non stiamo ora a Due radiotelegrafisti tedeschi si recano In tandem... sui poeto del lavoro. (Foto Atlantic). cercare se di reale sostanza) evangelica; e cosi tutto ciò che s'impernia intorno al trinomio Liberti Egaliti Fraterniti. Lo Ottocento, attraverso l'opera cosi varia degli uomini che abbiamo nominati, mina anche la morale cristiana, nei suoi capisaldi superstiti : il Novei-ento poi, at traverso la sua grai.de crisi, ormai trentennale, e sempro pkN cruenta, mostra la conseguente del grande fatto. Filippo Burzio

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