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LIBRERIA LIBRERIA Bonaventura Tecchi - Giovanni Comisso - Enrico Emanuelii Con un titolo quasi goldoniano: La vedova timida (Tumminelli Ed.), Bonaventura Tecchi ha pubblicato un piacevole racconto scritto nel 1935. Potrebbe anche intitolarsi i due timidi, ossia timidezza e amore, e narra di una giovane servetta campagnuola sposata a un signore anziano e autorevole. Gran brava persona, ma anche grandissimo pedagogo; tale che subito avea iniziata l'educazione della sposina, ma poi, addensandosi su di lui l'ombra degli anni, delle delusioni e della sospettosa tristezza, e da quella severa bonarietà trascorrendo a una tirannica gelosia, la sposina a sua volta era passata dal timor reverenziale*a una specie di avvilito spavento. Alla morte del marito era ormai un esserino atterrito; e di fronte ad ogni uomo la sorprendeva un istinto di precipitosa fuga, a che altre mani d'acciaio non avessero ad avvincerla e farla prigioniera. Ma ecco la vedovella incontra un compaesano che ha qualche anno meno di lei e un modesto impiego; ed è a neh'egli un timido e, sotto apparenze di bruschezza e d'orgoglio, tutto semplicità. E' la salvezza. L'anima della vedova si ridesta, si schiude, riprende un suo dolce e ardito sopravvento femminile, ed è con letizia di piccole, ingenue e accorte malizie, ch'ella riesce a sciogliere tra le braccia del giovanotto, ormai rinfrancato, il nodo degli spaventi antichi e la grazia nuova di un confidente amore. Il Tecchi traccia cosi dal racconto un altro ritrattino di donna; e aggiunge alcune pagine: Antica terra, che ci illustrano con suggestiva schiettezza di dettato nobili paesaggi italici tra Lazio ed Umbria. Pur del sorgere dell'amore, di un suo improvviso levarsi con grande impeto vorace.su tutta una vita, tratta il romanzo di Giovanni Comisso: Un inganno d'amore (Mondadori Ed.). Ma se della vedovella di Tecchi e del suo giovane amico possiamo immaginare un avvenire dolce e calmo, qui tutto è strepito di sensi e secchezza di delusioni. Un inganno, come dice il titolo, che solleva dalla malinconia e desolazione di una vita volta soltanto al lavoro, dall'affanno della difficile età sui quaranta, l'avvocato Micra; e come può un uomo di quella fatta, e che ha tanti anni vani e insoddisfatti da recuperare, come può sollevarsi dal tedio quotidiano se non in un ca- priccio di donna giovane che gii rimetta nelle vene il fuoco aspro e splendido della gioventù? Precipitosamente egli sposa questa giovane sensualissima montanara, come precipitosamente essa l'abbandonerà; poiché quella gioventù improvvisa di lui non è stata che breve errore, il suo destino vero essendo inveterato ormai nella triste, arida solitudine, che non si può valicare. V'è nel romanzo una traccia psicologica, come quel sentirsi nulla innanzi all'infinito, che ha determinato l'atteggiamento del Micra fin da ragazzo, che lo ha fatto cosi disueto e schivo di fronte alla vita. Ma ciò che meglio domina, qui, è la sensuale, inebriante materialità del mondo. Uno stordimento, una violenza ricca, avvampante — tutto è fisico qui, tutto è avvinto alla furia torbida e morbida dei sensi. E le trasformazioni dei personaggi cosi rapide, cosi sorprendenti, sono determinate più che da moti interiori, più che dal sentimento, dal vari stati e momenti del desiderio, della concupiscenza chs esaspere, eccita, avvilisce. Il colore, la trasparenza, la prontezza evocatrice e ariosa di queste pagine sono poi quelle ben note di Comisso. Nel protagonista del c romanzo breve > di Enrico Emanuelii: Una educazione sbagliata («. Lettere d'oggi » Ed.), la totale ingenuità dello spirito dominato fino all'intontimento dalla rigoristica educazione di due mediocri genitori, è sospinta poi ai gesti più impensati, alle più ' improvvise catastrofiche deliberazioni, dalla qualità del temperamento, da una natura nervosa ultra-sensibile, le cu) impressioni e reazioni sono sempre esaltate e prónte all'eccesso. Questo Giulio, ragazzo sui diclott'anni, è tanto isolato e chiuso nella cerchia famigliare strettissima, da apparire, a contatto con gli estranei, poco meno che scemo. Ma v'è in lui la possibilità di passare da questa passività a iniziative assurde, piene insieme di ardire e di sgomento; poiché poco o nulla sapendo egli della realtà, le immaginazioni impossibili, le spericolate suggestioni gli sembrano senz'altro attuali o imminenti, e lo §etta<..< qua e là allo sbaraglio, uesta l'originalità del personaggio; la cui psicologia elementare si acuisce cosi in iscarti imprevedibili, per la raffinatezza e l'artificio sottile, ma acuto e penetrante, del romanziere. Il racconto è tuttavia, per cosi dire, ua po' sfocato e vago. La. favola di questo giovinetto, che, preso in mezzo da certi suoi coetanei spregiudicati, di pessima e futile vita, cade in un volgare tranello, e quindi, in poche ore, precipita di avventura in avventura, aizzato dalla paura o da una folle audacia; e va a morire sof-1 focato in un fienile, la favola con ' le sue figure realistico-fantastichc risente di una certa stranezza non sai se d'invenzione o di rappresentazione, e denuncia in qualche modo, intorno al curioso protagonista, più una ricerca di motivi che una ispirazione compatta, e tutta lucida ed espressa. f b. PIETRO OSSO. < Conta. Usure > (Casa Edit. Albore, Milano), L. 15.

Luoghi citati: Lazio, Milano, Umbria