BOLDINI di Marziano Bernardi

BOLDINI BOLDINI Nato nel 1S42, sì che il 31 dicembre, di quest'anno ne ricorre il centenario, morto nel 1931, Giovanni Soldini sta fra Ottocento e Novecento — fra le due epoche, le due civiltà, le duo morali, i due gusti che il fatale '14, vera fino del secolo romantico, rese inconciliabili. Vi sta, da artista, come un uomo dalla vita troppo lunga, dalle esperienze troppo numerose e grevi, per potere ormai mettere d'accordo presente c passato. Soldini « macchiaiuolo» che dipinge la tavoletta degli Aitaceli ini con un estro e un tocco signoriuiano, quali punti di contatto ha mai col gran virtuoso d'una ritrattistica mondana tipo il Ritratto di Robert de Montcsquiou? Questi soli: la squisitezza pittorica inalterata, anzi perfezionata, lo stupendo mestiere, il segno infallibile nel definire quanto egli vuole enei suggerire quanto 6tima necessario. 11 resto, cioè la fantasia e lo stile della rappresentazione, appartiene a due mondi diversi: a due differenti pittori che è vano paragonare per rimpiangere l'uno e sottovalutare l'altro. L'equivoco di tal rammarico nacque dal giudizio — come al solito polemico ma in questo caso, nel 6uo esclusivismo, anche un poco provinciale — di Adriano Cecioni: «In quell'epoca (lo scrittore si riferisce al '73) era a Parigi anche Giovanni Boldini, stabilito in quella città da poco più di un anno, e divenuto in questo corto spazio di tempo, famoso e ricco. Tutti e due questi artisti italiani avevano messo l'arte loro al servizio del pubblico, uno, il Boldini, apertamente e dichiaratamente; l'altro, il De Nittis, simulatamente, perchè egli ha sempre sentito fortemente il desiderio di piacere ai molti, e di essere stimato dai pochi, cosa impossibile ad attuarsi. Tutti e due 9Ì erano molto distinti per la ricerca dello chic nella cifra». Pochi o molti? Pregiudizio affatto ottocentesco, che perdura ai nostri giorni. Chi immagina un Tiziano, un Raffaello, preoccupati di piacere a molti o d'essere stimati da pochi ? Ria con viene ricordare che il Cecioni è l'autore di un saggio, pubblicato proprio in quel 1873, che si intitola « Esser celebri vuol dire esser mediocri»; e il titolo ben s'accordava con un altero concetto della dignità artistica che tuttavia, nel suo sacrosanto sprezzo per ogni patteggiamento coi successi effimeri, favoriva non poche confusioni. Così la ruvida accusa cecionìp.ifa trova tuttora echi nella critica più diffidente dei popolari consensi. In quella di Anna Maria Brizio, ad esempio: «Macchiaiolo autentico, e dei maggiori, fu nei suoi anni giovanili il Soldini. Di lui è molto conosciuta la produzione parigina, elegante lusinghevole e mondana... che rivela abbondanza di doni nativi, ma troppo spesso devia verso una facilità ài cattiva lega. Altra cosa è il Boldini macchiaiolo. Non aveva allora da indulgere ai gusti d'una società mondana; era anzi tuffato in un ambiente d'artisti entusiasti, che tributavano all'arte un culto esclusivo e intransigente. E la sua pittura macchiaiola, e quella dei primi anni di Parigi, hanno una sostanziosità della più genuina bellezza... e non si sperdono in divagazioni illustrative». A quei primi anni di Parigi, dopo il '72, accennò anche l'Qjetti nel sito profilo di De Nittis a Soldini... appena le " piazze di De Nittis, " Place de la Concorde ", " Place des Pyramides ", vennero di moda, si dette auch'egli puntualmente a dipingere "Place Clichy", "Place Pigalle", ecc.; ma l'aria aperta non era per lui, ed egli dovette sentirsi rimproverare dal Claretie sulla Prette l'imitazione troppo palese e poco fortunata». La Brizio allude invece a pitture tipo la Carrozza a Versailles, «dipinta con un brio indiavolato, che fa volare in frantumi la pasta del colore... macchie su macchie...». Ad ogni rm> do, dal Cecioni a P. M. Bardi, che recentemente ci ha dato in Civiltà un assaggio del libro che prepara a celebrazione di questo centenario; dall'affettuosa lode di Telemaco Signorini alle eque pagine di Enrico Somare; abbiamo i termini fra i quali può svolgersi una critica boldiiiiana. Certo l'ottocentismo di Boldini è di tutt'altra natura di quello d'alcuni nostri grandi solitarida Fattori a Segantini, o di quegli altri che, dovunque andassero e in qualsiasi ambiente lavorassero, da Mancini a Michetlisi mostrarono sempre radicati a una tradizione indigena, chiusin una loro scontrosità aspra e persino plebea. Al primo le dame del Faubourg Saint-Germain apparivano le squisite e talvolta un po' perverse eroine di uno psicologismo pittorico rispondente allo psicologismo letterario messo di moda da Paul Bourgel; agli altri quattro — veri quattro rusteghi della pittura — le gote color della salute e lo sguardo pungente della Cugina Arguo le barbacce incolte dei caprad'Engadiua o gli occhi profonddelle pastore abruzzesi o la selvatichezza generosa d'uno scugnizzo, interessavano più che le complicazioni d'anima e i drammi di sartoria di cento marchese •1 baronesse, parigine. Ma quelle o complicazioni e quei drammi e le crisi della «Femme de trenle ans» erano tra i motivi preferiti del romanzo europeo dopo Balzac, avevan dato origine a pagine mirabili di sensibilità e di analisi, provando ancora una vol^a che con qualsiasi soggetto si può fare un capolavoro, e che un Maupassant di Notre Coenr può essere il degno contemporaneo di un Verga dei Malavoglia. Tutto si riduce ad una scelta di temi, secondo il gusto ed il temperamento dell'artista. E per il provinciale Cecioni che definiva Parigi, scrivendone alla moglie nel '71, «un paese dove non potrei stare neanche se mi facessero imperatore», dipingere delle creature, come allora si diceva, «da centomila franchi di rendit-i in su», equivaleva senz'altro «mettere l'arte a servizio del pubblico ». Invece, non dico la grandezza pittorica di Boldini (che questa è palese sia nel Ritratto d'ini generale spaglinolo eseguito a ventisei anni durante un soggiorno a Montecarlo quando il giovane ferrarese apparteneva ancora alla brigata macchiaiuola, come nella mondanissima Signora in blu della collezione Fassini). ma la sua originalità inconfondibile sta proprio nell'aver guardato e analizzato come forse nessun altro seppe fare, subendone intensameiite il fascino ma «scaricandolo» completo sula tela, quel mondo voluttuoso ed elegante, sensuale ed inutile, e tuttavia deliziosamente decorativo sul monotono sfondo d'una grigia vita sociale. Sta nelessersi appunto messo al suo servizio come già vi si eran messi, in altre civiltà artistiche, pittori che si chiamavano Tiziano e Vclasquez, Hu'bens e Van Dyck, senza alcun timore di tradire la loro coscienza ; e di averne perciò strappato ogni segreto con l'acume introspettivo, con «i' sentimento d'intuizione di un'epoca» che già nel 1873 il giudizio sicuro di Telemaco Signorini aveva riconosciuto in lui. Con quest'attitudine alla scoperta e alla presa di possesso de! documento — il famoso «documento umano» dell'età positivistica — egli avrebbe potuto emulare Degas, che dei suoi meravigliosi doni nativi e del suo diabolico virtuosismo era ammirato e insieme irritato: meglio, avrebbe potuto riuscire un Toulouse-Lautrcc meno amaro e violento del seguace del pittore del PAbsinthe. La sua evoluzione dall'avanguardismo regionale toscauo all'avanguardismo internazionale parigino sarebbe stata coerente, ed oggi avremmo da lodare un Macchiaiuolo ed un Impressionista di più. Ma già a Firenze dove nel '65 era venuto dalla natia Ferrara, subito simpatizzando col gruppo irrequieto del Caffè Michelangelo (la sua caricatura, «mostro somigliantissimo», del Signorini adorna Le 99 discussioni artistiche del versatile Telemaco), i tepidi salotti del «Donney» lo sottraevano spesso alle focose polemiche di quei novatori famelici che per abbattere l'accademia sghignazzavano (Renoir non incorse in questo errore) 6iilla Madonna della Seggiola. Era una vocazione segreta, questo miraggio di una mondanità che nella Parigi di Manet sarebbe stato inseguito con passione frenetica. Mille pericoli vi si annidavano: primo una facilità virtuosistica, una sete di successi, che permisero al Boldini di lasciarsi abbagliare (vedi Oono il. vrr/lione) persino ii- j: .._ ™J„. rlillp rrù-inrlnlp rli un Fnrl miv □due 0iidiiaoie un r oriun>. Ma la prepotenza stessa del temperamento valse, se non sempre ad evitarli, quasi sempre a tenerli a giusta lontananza. E poterono nascere allora • immagini di Buprema eleganza plastica quali il Ritratto eli Whistler, nei cui sopraccigli mefistofelici fremo il satanismo dei «poeti maledetti ». Nacque e si snodò — figure elio chiedevano alla vita tutti i godimenti frivoli — fuor dello studio di questo tra ditore della nocchieruta stirpe artistica ferrarese (ma non dimentichiamo il fantasioso Dossi) il voluttuoso corteo delle ora « fatali i ora ridenti donne bolrliniane: emblemi di un tempo, documenti di una società che ebbe abbastanza fede in se stessa per inneggiare — sia pure illudendosi — alle piacevolezze dell'esistenza. • Documenti, sì, ma pitture — autentiche, talvolta stupende pitture. In questo nostro clima negatore dell'importanza del soggetto non lasciamoci sopraffare, luci giudicar la «pitturai) di Boldini, appunto dalla vistosità del soggetto. E nello stesso tempo riconosciamo a questo sensuale di genio l'oggi smarrita dote d'aver saputo scrutare e rappresentare almeno un aspetto del mondo in cui visse. Marziano Bernardi Due sommergibili tedeschi si incontrano in Atlantico: uno dei due, in navigazione verso la base, prenderà a bordo la posta dell'altro. (Foto Ilariiig-Atlantic).

Luoghi citati: Ferrara, Firenze, Montecarlo, Parigi