Diplomazia di quattro carati

Diplomazia di quattro carati Che cosa combinano gli inviati di Roosevelt Diplomazia di quattro carati La felice colazione della signora Ministro, con svenimento finale - L'impulsivo mattacchione di Sofia e la sua passione per il whisky - Se per caso ce n'è uno con le idee chiare... L'America, paese esorbitante^ si deve sempre distinguere dagli altri e far ridere per qualche verso. Persino tra quel personaggi funerei, uniformi, monocordi cne sono i diplomatici internazionali, l'americano deve « brillare > per la sua originalità spregiudicata e pacchiana. Armi sono nella capitale di un paese nordico lo Sciancato della Casa Bianca inviò a rappresentare gli Stati Uniti una donna, una brava e buona signora, occorre dire, la quale aveva il solo torto di non sapere per quale ragione vi. era stata mandata. Strappi all'etichetta L'affare non fu visto a quella Corte con eccessivo favore. H re, si disse, si rendeva conto che il suo governo non aveva potuto rifiutare il gradimento del capriccio ro os e ve iti ano, ma usci a dire: « Vorrei bene vedere se gli americani si sarebbero permessi una bizzarria simile a Roma o a Londra». Naturalmente il protocollo diplomatico fu sommosso dall'inopinato arrivo. Come si doveva chiamare 11 diplomatico in gonnella: ministro o ministressa? Ministressa, no, perchè nell'accezione volgare, costei è la moglie del Ministro, come l'ambasciatrice & la moglie dell'ambasciatore. Eppol, il ministro era lei. In barba alla grammatica e per farle piacere si convenne chiamarla « Madame le Ministre >. Per fortuna, non esisteva più 11 defunto marito e si evitò che vi fosse un «Monsleur le mari du Ministre», ovverosia un Ministro-consorte. Il guato- capitava nei ricevimenti, nei pranzi, nelle cerimonie ufficiali. Passi che il Segretario del Brasile, putacaso, aprisse le danze col Ministro degli Stati Uniti, ma come fare a tavola? Le precedenze potevano obbli- fare Madame le Ministre a prener posto accanto alla conaorte di un « caro » collega. Due donne sedute a fianco? C'era da far venire i capelli bianchi agli incaricati del cerimoniale, e bisognava allora fare e disfare cento volte il piano della tavola per raggiungere uno strappo sopportabile dell etichetta. La quale, grazie a Dio, non era la preoccupazione maggiore della fiduciaria di Roosevelt.. Si narra che una volta essa invitasse a colazione il ministro bolscevico In compagnia del rappresentante di un paese che non aveva riconosciuto la Sovietia e, per completar l'operetta, erano convitati un principe del sangue, nipote della Zarina assassinata, e sua moglie. Giunti al caffè dopo il silenzioso pasto), la principessa organizzo uno svenimento che permise di dare un|j taglio alla bella festa. La missione diplomatica americana si svolgeva tra queste ed altre movimentate avventure, quando avvenne che il Ministro convolasse ad ulteriori nozze) con un ufficiale della Guardia del Re, e cosi ebbe termine la sua carriera perchè sembra che non sia ancora nelle abitudini degli Stati Uniti di farsi rappresentare all'estero da un cittadino dello stesso paese... Ubbriaconi e « Colonnelli » Chi' non ha inteso parlare di Earle,,l'impulsivo mattacchione di Sofia, 111 diplomatico che metteva a posto l'Europa nei bar notturni della capitale bulgara dinanzi al bicchiere del whisky, di cui si ubbrlacava regolarmente nelle ore piccole, senza esclusione delle grandi? E' rimasto celebre 11 colloquio a tre che, dopo un ricevimento alla Legazione americana, ,fJlnldcSsgnpEaztcIctlslil a i e i e n e i si svolse una sera tra lui, il collega inglese Rendei (quello delle bombe dell'albergo di Stambul) e uno dei tanti « colonnelli » diplomatici onorari che infestano la Casa Bianca, il famoso William Donovan, allora giunto a Sofia. Costui era seccatissimo. Perchè quella pubblicità della, festa e quel chiasso in suo onore.? Egli era un uomo segreto, un confidente del Presidente, un cavallino di Troia. Quando si era recato come « osservatore » al quartier generale di Franco, la sua discrezione aveva permesso al servizio americano di informazioni di far giungere al rossi di Spagna certe notiziole che egli aveva trasmesse a Washington via Lisbona. Che diamine! Earie doveva ancora imparare l'abbici del mestiere. Il colloquio di quella sera, aiutando il whisky, fu burrascoso. Earle, sostenuto da Rendei, assicurava che si poteva giocare a carte scoperte, cne l'incaricato per lo studio delle questioni del Mediterraneo » doveva proclamare apertamente ai governi balcanici, ai turchi, a Weygand. agli irakeni, agli spagnuoli, ai porhesi che l'Inghilterra non era tei pia sola, che l'America era in mar. eia. Di questa « parte storica » Earle s'inorgogliva a notte alta nei bar sofiotl raccontando le sue fatiche ai bevitori appollaiati sui trespoli e alle ballerfnette dagli occhi lustri. Ma. segreta o aperta la diplomazia che fosse, avvenne che Donovan fece un buco nell'acqua e non potè impedire che il governo bulgaro aderisse al Patto Tri' partito. Da questa disastrosa mia sione il « colonnello » passò a quel la di Belgrado. Da principio con il Principe Paolo e Zincar Markovic un secondo fiasco prese forma e consistenza: anche la Jugoslavia aderiva al Tripartito. Ma Blisse Lane, il ministro statunitense, e il suo addetto militare vennero in soccorso dello < studioso delle que sfiorii mediterranee ». Cerano in Jugoslavia di riserva certi giovani generali, c'era sempre la « Mano bianca » che aveva liquidato gli Obrenovic, c'era Bora Mirkovic e c'era Dnscian Simovic. Donovan ai mise all'opera e potè cosi assicurare in anticipo la sommossa militare del 27 marzo. La propaganda anglo-americana tambureggiava: « E' arrivato l'aiuto dello zio d'America, è arrivato 11 ricchissimo zio Sara! » Fotic da Washington giurava, povero illuso, sulla parola di Roosevelt e di Hull, e avvenne quello che doveva avvenire. L'aiuto americano giunse al giovine Re Pietro sotto forma di un telegramma di simpatia di Dolano, quando i tedeschi avevano già occupato Nish e Skoplle ed erano davanti a Belgrado... Tornato il ,5 colonnello » per la Pasqua al di fJè dell'Atlantico, la sua missione lera ormai perfezionata: da Sofia, eia. Bagdad, da Madrid, da Lisbona- aveva avuto un rifiuto netto, la Serbia meridionale era in mano dei tedeschi, la linea di difesa greca «ilo Struma era stata sfondata, Salonicco conquistata, l'esercito serbo era tagliato fuori, quello greco aveva capitolato, la Cirenaica, era stata sgombrata precipitosamente da Wawell. H bravo Earle fl 9 marzo era però andato a salutare l'amico Rendei alla stazione di Sofia e aveva profetizzato cosi: < Voi tornerete a Sofia con le ilnrppe inglesi vittoriose». Infatti, dopo venti giorni Atene cadeva e 1 britannici alzavano i tacchi da\l continente sotto un diluvio di bombe... Quando .agli americani capita in sorte un diplomatico intelligente, la propaganda paesana riesce con i suoi schiamazzi a imbrogliargli le idee e infine a chiudergli la bocca. E' stato il caso del povero ambasciatore Grew a Tokio, un uomo che sapeva il fatto suo, benché fosse duro d'orecchio per una febbre gialla contratta in Cina. La disperazione di Grew Costui tremava quando arrivavano gli ordini da Washington. Una volta gli fu comunicato che prendesse l'occasione di un discorso del romanziere Somerset Malignimi e facesse comprendere ai giapponesi che avendo il popolo inglese nel subcosciente l'esperienza della vittoria e il tedesco quella della sconfitta, la parola « America » avrebbe avuto nei due paesi un diverso effetto decisivo. La parola! L'effetto psicologico, insomma, doveva sopravanzare di significato l'aiuto materiale, e bastava... la mossa. Figuratevi la faccia di Grew! Egli lavorava come poteva, cercando di influenzare i circoM nipponici ancora legati di amicizia agli anglosassoni, ma non si faceva illusioni e usciva dal gangheri vedendo come la volgare e scamiciata stampa del suo paese sottovalutasse il Giappone. Invano tra il gennaio e il marzo del 1941 cercò di far comprendere a Hull che l'effetto... psicologico non era a Tokio quello sperato dalla Casa Bianca e che i giapponesi non erano affatto terrorizzati all'idea dell'intervento americano, subdolo o aperto che fosse, e non avrebbero mollato fi Tripartito per questo. Grew valutava esattamente la pericolosa situazione degli anglosassoni in Estremo Oriente e non aveva fiducia nella battio of brains, nella battaglia dei cervelli, se questa si risolveva in millanterie, intimidazioni e minacele. Ma Washington tempestava: « Dite ai giapponesi che nel 1946 avremo 32 navi da battaglia, un gran numero di portaerei e 400 cacciatorpediniere ». Grew diceva; ma i giapponesi se ne infischiavano, perchè a loro non interessava affatto la flotta americana del 1946, ma quella del 1941-42. L'ambasciatore intuiva anche (ed era facile) che tali sistemi affrettavano la decisione nipponica perchè di fronte al programma di riarmo americano non restava ai giapponesi che impossessarsi a tempo delle posizionichiave dell'Asia Orientale e del Pacifico. Egli sapeva che il Giappone, insomma, non avrebbe assistito passivamente al gigantesco piano di armamenti statunitense, che era assurdo credere che esso si sarebbe smarrito nell'Immensità della Cina, che il colpo di Churchill di riaprire la strada della Birmania già. chiusa da Chamberlain, il prestito americano a Ciung King, l'embargo del petrolio diretto al Giappone erano tutti errori madornali. Quando nel gennaio 1941 Matsuoka dichiarò che l'Impero asiatico avrebbe adempiuto agli obblighi del Tripartito e si avviò a visitare le capitali dell'Asse, tutto il castello di carta degli anglosassoni crollo e si vide quanta ragione avesse Grew nel ti udì care che il valore del Triparto non era affatto annullato solo perchè l'America, senza entrare ufficialmente in guerra, intendeva adottare il comodo specifico rooseveltiano dei methods short of war... Si racconta che allorché fu annunziato al disgraziato diplomatico che mezza flotta del Pacifico era colata a picco a Pearl Harbour nella prima notte di guerra, egli levasse le braccia disperatamente al cielo, sacramentando contro i suoi superiori. Gubello Mèmmoli