UN BREVE DI PAPA PIO IX

UN BREVE DI PAPA PIO IX Giuseppe Montanelli e Lauretta Ciprlanl: un matrimonio impossibile UN BREVE DI PAPA PIO IX Sembra che dopo sedici anni di amore clandestino, Beppe riuscisse a esaudire il desiderio della sua "sposina,,. Ma tutto rimase sempre nel più grande segreto. Quale fu la ragione di questo romanzesco comportamento? IV. Sino dal settembre 1848 il Montanelli aveva rivolta una supplica a Pio IX per ottenere che sì celebrasse il suo matrimonio con Lauretta sènza le prescritte pubblicazioni e nel più assoluto segreto. Il Pontefice, con suo Breve, aveva acconsentito e l'Arcivescovo di Pisa glie ne aveva dato comunicazione II giorno 17 nei seguenti termini: « La lettera che qui compiegata Le trasmetto, contiene tutte le facoltà, che Ella desidera, a tenore del Breve del S. P. a me- indirizzato. Il Priore di San Frediano poi consegnerà a me medesimo personalmente, a fine di conservare la maggiore segretezza, l'atto regolare del matrimonio, al quale egli avrà assistito, allorchè me ne ritornerò alla mia residenza >. Evidentemente il Montanelli per i gravosi impegni politici che lo assorbirono nei primi mesi in cui fu Presidente "del Consiglio e Ministro degli Affari Esteri, non potè Immediatamente compiere il rito tanto desiderato; è però più che probabile ch'esso si facesse negli ultimi mesi dell'anno, nella più assoluta discrezione e nel più geloso segreto. Tanto è vero che ancora nella prima decade del gennaio 1849, Lauretta scrivendo a colui che, finalmente, era suo marito, pone sulla soprascritta non il nome vero, ma ancora uno convenzionale: «Sig.r Cav. Walze na »; in altre di questi giorni, dove prevalentemente gli dà notizie politiche raccolte negli ambienti più varli, in quel momenti tanto calamitosi, l'indirizzo è il seguente: « Sig. Presidente del Consiglio dei Ministri ». Lettere « riservate » Qual fosse la felicità di Lauretta subito dopo il matrimonio è più facile Immaginare che descrivere; varie lettere sue, scritte dopo l'evento tanto atteso, sono commoventi per l'ardente affetto che spirano. Udiamo quanto gli scrive, mentre egli è assente da Firenze, 11 6 febbraio: « Esco dalla Messa dove mi sono consolata. Ho tanta fiducia in Diol Mio Beppe! Mio maritino! come saremmo inqrati a noti averne dopo tutto quello che di misericordioso esso ha fatto per noi. Dopo aver benedetto il nostro passato, i nostri sedici anni d'amore, ci ha uniti e benedetti per sempre. Io ho la mia anima sotto la tua tutela; un giorno la presenterai a Dio che te la confidò. E' il mio Beppe che presenterà l'anima mia a Dio! Che sublime gioia è questa per me! Pensa se voglio che tu sia raggiante di compiacenza allora! Oh dimmi mio marito, mio amore, dimmi cosa devo fare per essere migliore, per fare che la mia anima sia un trofeo di gloria, di beatitudine per te, che sia nell'eternità la tua compiacenza. Temo tanto di non esser buona! Guidami tu sempre, sempre. Aiutami tu mio compagno, mia metà, tu me. Caro! Speme, dolcezza mia! Mio Angiolo, mio divino Arcangiolo! Anima dell' anima mia incendiata da fiamma immortale del più tenero, del più puro amore ». La « crcolina », come la chiamava Beppe nel momenti più intimi aveva ancora un'ombra sulla sua felicità: non poteva dire a tutti d'essere la Signora Montanelli, perchè le ragioni di riserbo che per tanti anni avevano fatto procrastinare 11 matrimonio sussistevano ancora e Beppe era, su questo punto, irriducibile. La sua discrezione nello scriverle irritava Lauretta che (ir giorno dopo d'avere scritto le parole che abbiamo letto) stizzita per la riservatezza del marito, amorevolmente lo rimprovera: « Non puoi farti un'idea dell'effetto che mi fanno le tue lettere riservate! Mi fanno infelice. Quella di ieri sera, la prima che ho ricevuto da te mi ha impedito di dormire. Che notte è stata questa per me! Ti risposi riservata anch' io e tutto il tempo die ti scrissi e dopo, piansi. Ho ricevuto una tua lettera anche questa mattina ed è anche più sterile. Ti prego non mi scrivere più cosi! Fai una finta sopracarta come faccio io. Del resto le tue lettere mi sono pervenute col sigillo intatto e non hai, mi pare, nulla da temere per la posta; poi, sempre con doppia sopracarta mi puoi scrivere lutto quello che ti detta il cuore, come faccio io. Pretendevo avere una lettera anche per posta e non ne ho ricevute! Come scrini poco.' E quando spedisci una staffetta non puoi trattenerla sei o sette minuti di più per farmi una lettera un poco più lunga? Non lo intendo. Quanto mi costa, quanto è amaro per me il doverli fare queste osservazioni! L'amore ispira tanto! trova tanti mezzi; appiana tutte le difficoltà. Saresti tanto assediato nelle tue preoccupazioni di Ministro da non sentire altro che il tuo posto di Ministro? Il mio Beppe, ti mio maritino, dove lo ritroverò io ? ». Povero Montanelli! Era In uno dei periodi più ardui della sua vita, ed è proprio a credere che non trovasse neppure il tempo di consolare la sua Lauretta; la tempe¬ sta si stava addensando sempre più minacciosa sul governo rivoluzionarlo della Toscana, che fu ben presto fravolto, non risparmiando nè lui nè 11 Guerrazzi e gli altri capi dello Stato. Lauretta non ignorava la situazione, poiché ■ ogni giorno ed anche più volte nello spazio di poche ore gli comunicava pressanti notizie politiche e non si peritava di dargli anche consigli sul modo con cui si doveva comportare. In questa stessa lettera vi è anzi una parte esclusivamente dedicata alla politica scritta con un'ingenuità deliziosa: • Senza controllo « Sono tanto contenta di quello che mi dici della Granduchessa. Se tu potrai persuaderla sarà un gran bene; ma chi può contare sulla sincerità di gente simile! Non essere sempre serio con lei. Essa è donna che ama di ridondare; bisogna mostrarsi grave per darle un poco di soggezione e gaio aitando se ne presenta la opportunità. Interessati dei suoi figli dei quali è molto tenera. Ma, In sostanza, cosa fa il Granduca? Quando pensi che potrà essere guarito? Gli hai sentito il polso? Mostrandoti un poco medico è capace di stimarti di più. E la Granduchessa tornerà col Gran duca? « E' vicino alle quattro e nes suna nuova conferma che la guerra sia ricominciata, nè il Duca di Modena scappato ! Ma bensì Radestky assolda degli svizzeri con la scusa di Napoli, e li mette in Lombardia; gU vengono delle reclute dalla parte di Vienna. Qui mi fa uggia Mordini, temo che faccia dèlie scempiaggini; a Guerrazzi non gli ho detto nulla delle intenzioni sopra di te. Soltanto V ho avvisato che con la scusa di diffidare di lui, s'almanacca di fare un diverbio per nominare un Governo provvisorio. Ne farà il conto che crederà. Io non l'ho aiutato per lui ma per te, essendo tu ali ministero desidero che sieno prevenuti i disordini che potrebbero darti degl'imbarazzi ». In seguito alla visita del Montanelli, cui accenna Lauretta, il Granduca decise di fuggire a Gaeta e da questo momento ebbe inizio la reazione. Questa inframmettenza di Lauretta nell'incandescente lotta politica giovò o peggiorò la situazione del Montanelli? Quesito troppo arduo per essere risolto qui; sia sufficiente averlo posto. Col precipitare degli eventi, la politica ha ormai nelle lettere della donna la prevalenza sulle espressioni del suo affetto: talvolta vi si trovano frasi di infantile spontaneità, come queste: «Prendi cui in questo cerchio tanti baci che fi mando », con disegnato alla fine della pagina il cerchio dove ella imprimeva i suoi baci. Aggravandosi la situazione politica del marito ormai Triumviro, l'amore la accieca. « Pensa come sto — gli scrive e poi non vederti punto. Come fai a non essere qui un momento? Sono in uno stato di grande inquietudine per te. Vado alla Camera; sarò in piazza anch'io. In¬ somma ti seguirò dappertutto perchè sono la tua moglie, perchè t'amo. Non prendere risoluzioni senza pensarci bene, senza che se ne abbia parlato assieme ». Evidentemente Lauretta aveva perduto il controllo di sè e più lo perdette quando Guerrazzi per liberarsi del suo Beppe lo inviò con una missione politico-militare a Parigi, dalla quale più non ritornò per un decennio, essendo avvenuta, nel frattempo, la restaurazione in Toscana. Da questo momento Lauretta si fece la docile, affettuosa compagna e collaboratrice del marito, che raggiunse ben presto a Parigi; in patria essa ebbe però ancora una disavventura quando, per assistere sua figlia Emilia nel parto, nel luglio di quest'anno tanto tormentato, raggiunse Pisa. Ricevette infatti 11 19 di quel mese un'Intimazione diretta non a Laura Cipriani Montanelli, ma a Laura Parrà (evidentemente neppure al direttore della polizia di Pisa constava l'avvenuto matrimonio) nella quale le si Ingiungeva di partire entro otto giorni dal parto della figlia; essendole stata concessa l'autorizzazione di entrare nello Stato «sebbene il Governo -stesso avesse gravi motivi per dubitare che quello fosse veramente il motivo del suo viaggio »; ma la sua presenza in Toscana non poteva essere tollerata «attesi i di lei rapporti e per la precedente sua condotta, dovendo riguardarsi sommamente pericolosa alla pubblica tranquillità ». L'ombra di Leonetto Non era davvero nei propositi di donna Lauretta di star lontana dall'adorato Beppe; anche senza questo sfratto che la onorava, perchè le dava l'aureola della perseguitata politica, non avrebbe tardato a raggiungerlo a Parigi, ove visse col compagno sino a che l'amnistia del 1859 non apri le porte del Granducato a tutti 1 condannati politici. Quanto ella operò a Parigi per far conoscere ed apprezzare il suo Beppe nel campo politico e letterario francese non ci è possibile dire qui: possiamo Invece affermare che sino a due anni prima della sua morte, avvenuta a soli quarantanove anni, nel 1812, il Montanelli credette che non fossero venute meno le ragioni per le quali aveva tenuto celato il suo matrimonio. Ancora il 24 luglio 1860 egli, quando si trovava lontano, scrivendo quasi quotidianamente delle lettere alla legittima consorte le Indirizzava: «Alla nobile signora Laura di Lupo Parrà ». Dobbiamo credere che non gli desse ancora pace l'ombra del gigantesco Leonetto, cugino di Lauretta, il quale non lo aveva risparmiato neppure nell'esilio df Parigi, ove non aveva esitato a recargli 11 grave affronto nel salotto di un Napoleonlde? Non sembra possibile. E allora? Quale mistero si cela in questo romanzesco comportamento ? Al sagace lettore la risposta. Arturo Codignola FINE.