La lezioncina di Ankara all'inviato di Roosevelt di Italo Zingarelli

La lezioncina di Ankara all'inviato di Roosevelt Un popolo che sa farsi rispettare La lezioncina di Ankara all'inviato di Roosevelt I turchi non hanno bisogno di protettori e il tempo delle capitolazioni è finito - Una frase infelice di Hoare e la reazione mussulmana Ankara, 13 ottobre. 7 turchi sono svelti a dire ad ognuno il fatto suo e non hanno veli sulla lingua: gelosissimi della loro dignità e neutralità, orgogliosi della loro storia, colgono al volo parole e manifestazioni che possano apparire offensive o semplicemente sospette e reagiscono solleciti e violenti a una frase alla radio, a un discorso, a un articolo editoriale, o a un'intervista. La ragione è psicologica: pienamente sovrani e sottratti ad ogni ingerenza straniera solo da venti anni, i turchi desiderano, che i tempi dell'uomo inalato costituiscano un remoto ricordo anche perchè temono che non conoscendo tutti, all'estero, la portata della loro rivoluzione e rinnovazione, la Turchia possa ancora essere considerala da qualcuno soggetto per racconti di esploratori. Qui lo straniero che cerca di forzare la mano ed insiste per ottenere cosa o proibita o che non può esser fatta su due piedi arrischia di sentirsi dire sulla faccia che le capitolazioni sono finite. L'esperienza di questa spiccata sensibilità o suscettibilità — che non manca di rivelarsi nei confronti di chicchessia — l'hanno fatta di recente gli anglosassoni ed in modo particolare il signor Wendell Willkie, che arrivando in qualità di inviato straordinario del Presidente Roosevelt aveva senza dubbio fatto assegnamento sopra un'accoglienza ben diversa da quella riservatagli: ma l'aver trascurato certi dettagli, arrangiando le cose un po' troppo all'americana, è stato causa di serti dispiaceri. Il signor Willkie è perciò ripartito contrariato. Ai turchi non garbò per niente sentire un giorno, alla radio, che Wendell Willkie si preparava a spiccare il volo alla volta di Ankara come messaggero, di Roosevelt, includendo Ankara in una lista di CO' pitali di paesi in guerra affianco all'America e alla Gran Bretagna, o occupati — quali l'Egitto, la Siria, l'Irak e l'Iran — dagli anglosassoni: era stato un errore far dire alla radio quello che per la normale via diplomatica non era stato ancora detto al Governo turco ed errore classificare la capitale turca affianco al Cairo e Beirut, Bagdad e Teheran; e nemmeno era ammissibile che si parlasse, riassumendo, di un viaggio di Willkie « nel Levante », nessun turco essendo disposto ad ammettere che il suo paese formi una semplice parte del Levante, anziché assolvere una propria missione ben distinta. Accoglienze gelide Quando l'inviato straordinario di Roosevelt è disceso all'aerodromo di Ankara dall' apparecchio della Pan American Airways System la postuma comunicazione del viaggio fatta dall'ambasciatore Steinhardt a questo Ministero degli Esteri aveva fatto si che per salutare l'ospite s'erano recati sul campo il capo del protocollo ed il capo di gabinetto del ministro degli Esteri Menemcncioglu, che poco dopo riceveva Willkie ed aveva con lui una lunga conversazione. Ma mentre la stampa inglese del Levante pubblicava che « il rappresentante degli Stati U«iti sarebbe stato ricevuto dal Presidente Inònii al quale avrebbe comunicato un messaggio verbale del Presidente Roosevelt », il Presidente Inònii, partito di fresco, viaggiava fra Istanbul e la Tracia e Willkie non venne invitato sulle rive del Bosforo per fare a Ismet la comunicazione che se fosse stata scritta avrebbe comunque potuto essere consegnata al m.ntstro degli Esteri. Era assente da Ankara anche il presidente del Consiglio Saragioglu, che girava per le provincie orientali — cioè a dire, il sottolinearlo è necessario, quelle confinanti con la Russia —, ma fonti anglosassoni' comunicarono che Saragioglu sarebbe rientrato a tempo per ricevere l'ospite, che arrivato il martedì, si riservava di partire al venerdì: il presidente del Consiglio, ritornato nel tardo pomeriggio del mercoledì, ricevè Willkie fra le 10 e le 11 di sera e l'indomani mattina per tempo, con ventiquattro ore di anticipo, Willkie lasciava Ankara. I cronisti di pettegolezzi assicurano che se il fiduciario di Roosevelt è partito piuttosto seccato della maniera in cui la locale ambasciata d'America aveva prcpa rato la sua visita, i diplomatici inglesi residenti in Turchia sono piuttosto soddisfatti della lezioncina inflitta dai turchi agli americani, i quali all'Inghilterra e agli inglesi umiliazioni ne infliggono non poche. Ma come sarebbero andate le cose lo si era capito, dal tono della stampa, ancora prima che Willkie sbarcasse, un giornale avendo ricordato l'attitudine ostile alla Turchia osservata du rante l'ultima guerra dall'amba sciatore Morgenthau, un altro avendo rinfrescata la memoria del male che l'America fece all'Euro pa, alla fine di detta guerra, non , riuscendo ad imporre il rispetto dei principii in nome dei quali era intervenuta nella sistemazione europea per garantire la sta bilità della pace, un terzo ancora chiedendosi perchè mai il signor Willkie si disturbasse per venire a ripetere le cifre della produzione americana che vengono diffuse e commentate da varie fonti giorno per giorno. Che se poi Washington teneva a sentire una volta di più essere fermo intendimento della Turchia il rimanere al di fuori del conflitto attuale, questo era desiderio di facile soddisfazione. Tuttavia adesso mettiamo i pun ti sut/li i: quanto è accaduto non sign'fia affatto che i rapporti tra Ankara e Washington sono en a trati in una fase critica e che la successiva partenza per gli Stati Uniti dell' ambasciatore Steinhardt, ammalato (la famigliaè rimasta in Turchia) debba essere interpretata indizio di tensione e peggio. A conseguenze tanto radicali i turchi, che al fattore americano attribuiscono un'importanza forse mai data all'inglese, non hanno pensato e non pensano, anzi dall'America continuano a sperare forniture. Quello che ai turchi premeva era il rendere evidente che con essi si tratta da pari pari, senza presunzione e senza mettere su aria di protezione. Cosa hanno fatto i turchi con la Russia che voleva immischiarsi nel processo contro gli autori dell'attentato al quale sfuggi per miracolo il signor von Papen? Hanno fatto tranquillamente il processo condannando nella debita misura e dopo, essendo vacante la sede di -Mosca, hanno mandato un nuovo ambasciatore, a dimostrare che la loro attitudine è corretta e legale, in tutti i campi, e non si curano del mancato ritorno ad Anakra dell'ambasciatore russo. Si erano appena letti gli ultimi commenti alla breve apparizione del signor Willkie in terra d'Anatolia, che le agenzie trasmettevano i testi di due discorsi pronunciati l'uno dall'ambasciatore in glese a Washington, Halifax, e l'altro dal suo collega a Madrid, Hoare, che nello stesso giorno, parlando della guerra e del futuro assetto del mondo, hanno proceduto all'elogio del cristianesimo. Un tasto inopportuno A lord Halifax, limitandosi a dire che tutti i mali dell'umanità sono dovuti all'aver trascurato i precetti di Cristo, non sono state mosse critiche eccessive; ma Sir Samuel Hoare per incoraggiare alla crociata contro il nazismo ha rievocato il ricordo delle crociate cristiane del Medio Evo, definendo il nazismo pericolo ancora maggiore di quello degl'infedeli musulmani rappresentati dal famoso Saladino, e questo è stato un po' troppo. Vero è che la Turchia, pur essendo una nazione laica, considera turchi solo i sudditi di fede musulmana: non è forse ugualmente vero che laiche si proclamano alla loro volta le nazioni democràtiche? «E se si vuole organizzare una crociata per la difesa della cristianità — ha scritto il Tasviri Efkar — non sarebbe meglio dirigerla, anziché contro i fascisti e i nazisti, che rispettano i principii della fede, contro i bolscevichi che rinnegano Dio ed i suoi profetit ». Questo tema delle crociate e delle guerre sante fra fedeli di due campi che si chiamavano reciprocamente infedeli, con i turchi non bisogna toccarlo: mesi addietro la radio di Budapest rivendicò i meriti acquistati dagli ungheresi difendendo la cristianità in Europa contro i musulmani e qui ci fu un reazione che senza opportuni solleciti interventi e chiarimenti avrebbe probabilmente distrutto anche quella teoria del turanìsmo che porta a riconoscere per gli ungheresi e i turchi identità di origini razziali; la nube è adesso dissipata. A Sir Samuel Hoare viene però detto che l'Oriente ed il mondo musulmano non dimenticheranno mai le sue parole, che egli insulta tutti i combattenti musulmani in Egitto e altrove, il cui eroismo è pure esaltato dai comunicati ufficiali, e che deridendo il mondo arabo alleato dell'Inghilterra si espone al rischio di creare fra musulmani e nazisti una comunità di destini. Rappresentante d'una potenza che afferma d'essere il più, grande Stato musulmano, Sir Samuel Hoare — hanno scritto i turchi — avrebbe dovuto misurare le sue parole. Italo Zingarelli dlIllllllllIIIIIIIIIIIIIIIIllMllllIlllllIllllllIlllllIIIIIIIIIII Panorama battute sui di Stalingrado, teatro fronte orientale. 1 di una delle più accanite battaglie ohe siano state corti- (Foto Hoffmamn)..