L'amazzone del Sahara

L'amazzone del Sahara L'amazzone del Sahara I mauri ci lasciano soltanto i calzoni - Dalle mosche e dal latte acido al "cuscus,, col pollo - Lalla, la vedova capo-predone - Il convegno nella tenda m. (DAL NOSTRO INVIATO) Scalo, X « «.Sarebbe lungo raccontare come avvenne il primo incontro tra noi e i nomadi Mauri, e come finimmo nel loro accampamento. Certo è che la cosa non sembrava promettere nuUa di buono. I cammellieri si erano mostrati compiacenti nelle trattative d'approccio, ma brutali in seguito. Appena ebbero compreso che erarvamo disarmati ci frugarono come materassi; ci tolsero le giacclic dei pigiama e perfino le maglie. Ci lasciarono soltanto i pantaloni, forse perchè avessimo di che coprirci le parti adamitiche. Ci condussero — è vero — a una tenda. Ma che tenda! Era un pezzo di telone, retto da alcuni bastoni. Dentro c'era uno spaventoso caroseUo di mosche... Poco dopo il ragazzo che ei aveva avvistati e scoperti sulV« uadi>, venne a portarci un po' di j jatte di ca-mmella, mescolato con \ acqua. Questo beveraggio era di- sgustoso e terribilmente acido; ma non avevamo preso nulla dal giorno prima, e ci parve un dono di Dio! — Avevate detto in un primo momento che le cose non vi sembravano tanto brutte! — dichiarai con amarezza al professore. — Che ne pensate orat — Bisogna dar tempo al tempo — rispose asciuttamente il mio compagno. — Siamo capitati probabilmente in mano di predoni: ma qualcosa c'è di strano, che mi lascia sempre sperare... — Da che cosa lo arguite ? — Anzitutto, contrariamente a quel che avviene in questi casi, un oapo-predone non è ancora apparso. Inoltre ci è stata data una tenda e un po' di nutrimento. Grande degnazione da parte di questa gente! Se ci considerassero vere e proprie prede, cioè^degli schiavi, ci lascierebbero all'aperto sotto il solleone. Gli. schiavi, fra queste tribù, non hanno diritto all'asilo... Ritengo tuttavia che. qualcuno comandi, qui!. Non può esserci, tra i Mauri, una carovana, dì... stampo repubblicano. Staremo a vedere. Dopo queste parole sHWIHne, il professore si rinchiuse in un ermetico silenzio. Trascorremmo il pomeriggio in una specie di assopito abbrutimento. Attraverso la tenda potevamo vedere l'accampamento. Esso era composto di una quindicina di tende, e di una quarantina di cammelli e di cammelle. Alcttni maschi soltanto eramo « mehara ■>, cioè cammelli da corsa; gli altri erano volgari cammelli da trasporto. I cammellieri dedicavano soprattutto le loro attenzioni alle cammelle. Il professore mi spiegò che erano cammelle da latte, e il latte è, per il nòmade sahariano, il più prezioso dei nutrimenti. La pietosa Dada Verso sera ci riuscì di vedere alcune donne della carovana; quattro o cinque erano Berbere e quindi padrone; una decina d'altre erano negre e quindi schiave. Scendevano all'madi» per attingervi acqua. Non usavano certo anfore di stampo classico, ma volgari latte da benzina venute da chi sa quale lontano aerodromo e da qualche misterioso « rezzil »; ma le portavano in equilibrio sulla testa con un piglio lieve, quasi grazioso. Durante questa scena, vedemmo giungere una negra dalle forme copiose, ma stracoperte di drappi versicolori, di pendagli e di medaglie. Essa recava un ciòtolone, in cui ondeggiava un po' di latte, e un'altra ciotola più piccola, in cui c'era un mucchietto di € cuscuss », cioè quella specie d'impasto di farina, d'acqua e di olio che costituisce il piatto diciamo così nazionale degli Isla mici, n complesso era nauseabando, ma infine, come ha detto Dante, « pia che l'orror potè il digiuno *. Calò tosto, come «n enorme sipario nero trapunto di stelle, la notte sahariana: bella ma freddissima. Non è difficile prendere una polmonite, in una nottata desertica. Sono i paradossi dei Tropici! Certe situazioni che potrebbero sembrare comiche in altri luoghi diventano invece quasi eroiche in queste remote e stranie regioni. Soprattutto il professore sembrava soffrire della rigida temperatura! Gli si era risvegliata una tosse secca e astiosa. Il poveretto mi faceva pena. Mi venne allora (come si dice nei € film >) un'idea. Mi tolsi i pantaloni (le mutandine mi bastavano) e li avvolsi intomo al magro torace del mio compagno. Nonostante le sue prime ripulse, egli sembrò quindi benedirli, benché fossero di tela! Senonchè qualche ora dopo avvenne un fatto inatteso. La notte volgeva già alle ore piccole, i fuochi dei bivacchi si spegnevano, mandando sprazzi fantomatici sulle tende e sui cammelli assopiti. Le jene sghignazzavano Intorno ol campo. Ed ecco, ci sembrò di udire dietro la nostra tenda una voce soffocata. E tosto vedemmo spuntare entro la stretta fessura dell'entrata, la testa della negra. Entrava car> poni: i suoi grossi occhi bulbosi erano sgranati infantilmente. Elia portava due grosse coperte di lana di cammello. Dopo averle gettate rispettivamente a me e al professore la negra sgattaiolò via in silenzio. — E' una buona sorpresa — commentò il professore, avvolgendosi freddolosamente nella coperta — più buona che non sembri. Questa negra e una « dada», cioè la schiava preferita di qualche Berbera della carovana. Ma potrò dirvi forse qualcosa, di meglio domani! — Dopo di che il professore si distese sibariticamente sulla stuoia e si addormentò. All'alba ci svegliarino i sln- gsrtsmdfppfe i i e e — a n i i l - ghiozzi dei cammelli e le grida secche e gutturali dei carovanieri. Uno di essi venne brutalmente a intimarci di arrotolare la nostra tenda, perchè si partiva. Ci mettemmo al lavoro, nascondendo accuratamente nel grosso rotolo le due preziose coperte. Ci fu destinato un vecchio cammello, che ci attendeva pochi passi più in là. Il conducente era proprio il ragazzo die ci aveva scoperti sull'estuario dell'* uadi ». Sapemmo ohe si chiamava Ibrahim. La situazione migliora Anche lui era diventato prepotente, come sogliono i ragazzi quando si sentono investiti di funzioni più grandi di loro. Ma ecco, per consolarci, giungere la « dada » negra, che ci recava un ciotolone di latte e qualche dattero. < Ci danno già la frutta » commentò il professore. Ma i nomadi elevavano grida astiose e incitamenti per la partenza. Comprendevamo la nostra triste sorte: essere in coda alla colonna e sopportarne quindi tutto il polverone e il lezzo. Ibrahlm era già salitn in sella od invitava perentoriamente a seguirlo. Col progredire del giorno, il deserto si rivgla. Viene la atroce fatica della marcia sotto il solleone: e non di rado la temperatura raggiunge i 56-60 gradi. Allora bisogna cedere; non c'è fibra umana che resista. Io ero letteralmente affranto. Per fortuna, sostammo presso un magro ciuffo di palme, fra 19 quali sorgeva un pozzo rudimentale. Era anche un pascolo per cammelli. Fra il terreno, misto di sabbie e di rocce, sorgevano stentati ciuffi d'erbe da steppa. Dovemmo farci la tenda, che, appena eretta, cominciò a empirsi di mosche. Questo flagello doveva accompagnarci sempre... Mosche. Mosche. Mosche. Mosche. Mosche. Mosche. Mosche. Mosche. Mosche. Mosche. Mosche. Mosche. Mosche. Mosche. Mosche. Mosche. Mosche. Mosche. Mosche. Mosche. Mosclie... Le pareti del nostro torrido rifugio erano letteralmente nere! Sentivo una nausea, che confinava tuttavia con la fame, o, per lo meno, con la carenza dell'organismo, denutrito da due giorni ai razioni sahariane. Ma fu soltanto verso il tramonto che la * dada » giunse con il ciotolone di latto. Quantunque immonda, la broda venne da noi inghiottita con soddisfazione. La « dada » ci aveva anche portato del cuscuss, infarcito di pezzetti oscuri, e alcuni fichi secchi. «fi trattamento migliora sempre più — osservò con un aorriaetto il professore. — TI cuscuss è infiorato di pezzetti di pollo. Pranzo da signori! In genere il cuscuss d'importanza è infarcito con carne di pollo o di montone... ». Quindi il mio compagno si mise a conversare con la « dada », che sembrava quasi fare la vezzosa. I suoi occhi carambolavano e i suoi gesti erano abbondanti, come amplessi. Non capivo nulla. « Volete dirmi — chiesi al professore, quando la negra se ne fu andata — che cosa c'è di nuovo? ». «Afolto di nuovo.' Questa negra è una così detta negra da dote, cioè di quelle schiave che costituiscono una parte della ricchezza dotale d'una Berbera di alta posizione. Si tratta, nella maggior parte dei casi, della vera e unica confidente di una signora marocchina. E molte volte le padrone finiscono per obbedire alle loro « dada » più di quanto si creda. La « dada » mi ha parlato appunto della sua signora... ». Una grossa sorpresa *La moglie del capo-predone o di uno dei suoi accoliti f ». <No. C'è una formidabile sorpresa. Il capopredone, nel nostro caso, non esiste: è morto in uno dei tanti «reszùd che infestano la zona, scontrandosi con elementi ai polizia montata. Il capo-predone ora è... la vedova. Ecco la ragione di certe finezze... Ma forse c'è una ragione di più. Aspettate, per conoscerla, che abbiamo avuto il convegno ». a Quale convegno? ». «La < dada » mi ha detto che stasera, dopo la preghiera, la sua padrona ci riceverà. Si chiama Lalla, Lalla di Sidi-el-Makhri (tale era il nome del feroce marito). Una donna tipica, sembra; una vera amazzone del Sahara... ». Quando fummo all'aria aperta ci accorgemmo che i cammellieri ci trattavano meglio. Uno di essi domandò al professore se io ero del paese del « primo uomo volante ». Erano ricordi del lontano 1911, l'epoca della guerra italoturca. Il « primo uomo volante » era Vallerà capitano Moizo, cioè il primo eroico aviatore di questa nostra gesta d'oltremare, anzi il primo aviatore che impiegò l'aeroplano come mezzo di guerra. Il sole declinava e i cammellieri cominciavano a inginocchiarsi e a prosternarsi: era l'ora della pre gpmvtbE—brsspdtetm«udds3 l e a a e 9 s . l o i , e . . a , a a a e i è a . e e , . » a i e e ghiera. Vedemmo giungere infanto, affannata, la < dada ». Era l'ora del convegno con l'Amazzone del deserto. Confesso che l'avventura cominciava a incuriosirmi: d'altra pai-te non dipendeva da essa tutto il nostro futuro? Attraversammo l'accampamento. Le donne specialmente ci guardavano con curiosità. Qualcuna anche ci indirizzava segni d'invito e grida di «Jù-Jùv>. Certi gesti apparivano inequivocabili... Nondimeno i cammellieri non sembravano interessarsi a questa scena, t E la leggendaria gelosia dei Berberi? » chiedevo al professore. Egli rideva: « Storte da tavolino! — diceva. — Berberi e Arabi subiscono l'Eterno Femminino con rassegnazione. La « dada » di Lalla ci faceva segno intanto di affrettare il passo. Giungemmo così a una tenda più grande, eretta sotto un ciuffo di palme. La « dada » febbrilmente scostò un lembo della dimora e Lalla ci apparve. Evidentemente ella aveva voluto riceverci in magnificenza. Era avvolta in un « haik » di tona bianca e portava un velo sotto gli occhi: voleva indubbiamente darsi l'aria di una dama di Fez o di Marrakesch. I suoi grandi occhi si fissavano- ora 3ii di me ora sul professore, ma più spesso sulla mia persona. Erano occhi nerissimi, belli e dalle ciglia molto lunghe. « Tutte le donne sono belle col velo — mi sussurrava il professore — specialmente nei paesi islamici. Vedremo poi... ». Una proposta d'amore Quando Lalla, dopo averci fatto segno di sedere sui cuscini sparsi a terra,-si tolse il velo, l'impressione non rimase peggiorata. Lalla aveva forse già un accenno di doppio mento. Ma ciò è considerato un bellezza, in Marocco e in Mauretania, dove la donna non piace magra. Lalla ostentava anche un seno rigoglioso ed eretto, che non tutto il ricco medagliere che ornava il suo petto riusciva a nascondere. Poteva avere qualcosa più di SS anni e il suo corpo mostrava ancora grazie giovanili. In seguito agli ordini della padrona la « dada »' si dava d'attorno per preparare il tè alla menta, la caratteristica e refrigerante bevanda moresca. Quindi Lalla cominciò a conversare col mio compagno. Io tacevo, piuttosto annoiato; ma notavo che se Lalla parlava molto .col professore, rtserbava invece la maggior parte dei suoi sguardi per me. Il tè era pronto e cominciammo a sorseggiarlo: era veramente squisito. Il professore intanto mi comunicava i risultati della conversazione: « Lalla dice di aver molta simpatia per noi e ci fa dono di due burnus per coprirci. Anche la noetra condizione alimentare 3arà migliorata. Per ora Lalla fa la sorda alle nostre domande di partenza verso un presidio di Europei. Vedremo. Era già notte, l'ora dei congedi. Prima che partissimo la « dada » mi mormoro qualcosa, giungendo le mani e ridendo. Lalla seguiva attentissima la scena. « Che cosa dice? » domandai al professore. Egli rispose: « Se volete rimanere con la padrona, in questa tenda ». Feci un gesto di ripulsa. La « dada » pareva sconcertata. Lalla, sdraiata sui cuscini, mi fissava senza batter ciglio. Infine sorrise e fece un gesto con la mano. < Avete fatto male a non accettare! » disse il professore malizioso. « Credete che ne vada ora della nostra vita? » gli' chiesi. <t.Oh, non siamo giunti a questo punto! — rispose il professore — Lalla è una donna intelligente e sa attendere. Forse gli siete piaciuto ancor più, perchè non siete un uomo facile. Sapete farvi desiderare ». Quando giungemmo alla nostra tenda, guidati dalla « dada », eh e portava anche i nostri burnus, scorgemmo l'alta e magra figura di un uomo del deserto profilarsi davanti ai bagliori di un braciere. Egli aveva sotto gli occhi una fascia nera. Accanto a lui c'era un « mehara » accosciato, sulla cui sella si erigeva una specie di croce. *E' un Targui — mi sussurrò il professore. — Il nome Targui al plurale diventa Tuareg. I Tuareg sono i misteriosi cavalieri del deserto. Gente strana ». « Che cosa fa qui ? ». « E' ciò che anch'io mi domando. Ne sapremo qualcosa domani ». Mentre fissavamo il Targui dalla soglia della nostra tenda, egli si allontanò lentamente. Pareva un'ombra che camminasse. La « dada » ci fece un segno, come per dire: « Meglio così ». Curio Mortali (Continua) • Uomini e scali in temuto di guerra

Persone citate: Berberi, Mauri, Moizo

Luoghi citati: Berbera, Marocco, Sidi