Un naufragio nel deserto

Un naufragio nel deserto Un naufragio nel deserto I vantaggi di un naufrago presbite -- Drammatico approdo presso un "uadi„ -- In pigiama nel Sahara -■ Prospettive allegre: essere uccisi o diventare schiavi ■• Incontro con una carovana n. (Dal nostro inviato) Scalo X , settembre. * Una nave — seguita il mio interlocutore — ero scoppiata ed era scomparsa negli abissi dell'Oceano insieme a numerose vite umane, ma l'Oceano conservava la sua calma quasi itnpassibile. Remavamo tristemente sopra questa bonaccia, verso l'aurora che colorava già le acque di tinte fiabesche. Quanto miglia o quanti giorni di viaggio era lontana la costa? Non avevamo con noi neppure un biscotto, un thermos con un po' di liquido; dico, un cioccolattino; vestivamo ancora i nostri pigiama. La situazione sarebbe potuta sembrare comica, se non avessimo lasciato una tragedia alle spalle, mentre un'altra sembrava profilarsi davanti a noi. Quanto tempo avremmo potuto resistere in queste condizioni? Soprattutto poteva preoccupare li mancanza d'acqua. Eravamo infatti ancora nella zona, se pur liininare, del Tropico del Cancro, una zona di calori torridi, tanto più che l'estate era im minente. « Vedete laggiù ? E' la costa! »Mentre tiravamo — già fatico samente — di remi, il professore d'un tratto abbandonò i. suoi etendendo il braccio'versi) Oriente, .dove già il globo incandescen te del sole appariva, esclamò: — Vedete laggiù? E' la costaVeramente io non vedevo cheuna linea d'acque increspate davento leggero del mattino e qua e là inceiidiate di bagliori. — Io sono — disse il professore — per mia. disgrazia prèsbiteMa in questo caso è una fortunaScorgo quello che voi non potete ancora discernere. Penso tuttavia che avremo ancora tre buone ore di remi prima di essere a riva. Coraggio, dunque! Tre ore 'non sembravano ancora lunghe, perchè la mattina era frescox Non andò molto che anch'io cominciai a discernere la costa africana. Èra una linea piatta, brunaetra, che quasi si confondeva con le acque oceaniche. — Presumo — disse il professore — che andiamo verso la costa della Mauretania e forse nella sua zona più piatta; quella che confina col Senegal... Pronunziando queste parole il professore si era rabbuiato. Ero così stanco e sfiduciato, che non volli chiedergli neppure la ragio-ne- del suo aspetto preoccupato.UIIIIIIIIIHIIIIIIIIIIIIIIIIIMIIIIIIIIIIIIIIIIIMIIIIIIIMIIIII e , ! e l a . a a n - Pur che si arrivi a terra! — dissi. Avevamo remato per oltre tre ore (il mio orologio da polso, unica cosa che mi era rimasta, mi dava questo ragguaglio prezioso) e la costa appariva più prossima, ma non tanto da lasciarci sperare l'arrivo prima dell'ora meridiana. Erano circa le dieci e il sole si era già tanto alzato sull'orizzonte che il suo calore pesava ormai decisamente sui nostri crani scoperti. Dovevamo, di tanto in tanto, tuffare le mani nell'acqua salsa e bagnarci i capelli per evitare i principii di una insolazione. Fortunatamente si scorgeva già la distesa, giallastra della terra africana, qua e là chiazzata di macchie fulve, quasi leonine. — E' il colore caratteristico del Swìiura Occidentale! — commentò il professore. Ma purtroppo la vicinanza della costa aveva aumentato il movimento delle acque oceaniche sentivamo già l'effetto della vasta risacca atlantica e delle sue profonde e misteriose correnti. — Laggiù c'è l'imboccatura di un *uadiv! —esclamò il profes sore. — Probabilmente questo corso d'acqua sarà quasi secco. Ma qualche sorsata d'acqua potremo forse berla ancora: Coraggio, amico! Anche approdando m pieno Sahara, troviamo che la protezione del buon Dio non ci manca. Il canotto cominciava già a oscillare fortemente e comprendevamo che l'approdo sarebbe stato difficile. Orli di schiume rimbalzanti ci facevano prevedere un arrivo piuttosto movimentato. * Bisogna che riusciamo — disse il professore — a imboccare l'estuario dell'* nodi », oppure dobbiamo andare ad arenarci più in là, dove non ci sono rocce. Se riusciremo a salvare il canotto sarà tanto di guadagnato. Dirigevamo ora tutti i nostri sforzi verso l'imboccatura déll'« uadi ». Ma il canotto era grosso e pesante; due rematori soli — uno dei quali esperto ma piuttosto attempato — non davano certo tutte le garanzie necessarie per una manovra precisa. E avvenne ciò che non avremmo potuto evitare. Presso la riva, la risacca ci fece perdere il controllo della imbarcazione, che s mise di traverso. E' noto come questa' sia la peggiore situazione per un approdo! Il canotto fu investito dalle ondate oceaniche in pieno fianco. Dopo aver rullato paurosamente esso finì per fare un balzo, che purtroppo lo proiettò letteralmente non già verso la imboccatura dell'* ha- IIIIIIIIIIIIIIIHIIIIII1IIIIII1IIIIIIIII1IIIIII mulinimi» di>, ma contro i suoi orli roc- rdosi. Mentre eravamo sbaiz fuor dal canotto, udimmo uno schianto. L'imbarcazione sì era rovesciata sopra la scogliera; una ondata la riprese, la risollevò, la fece ricadere pesantemente. Poco dopo il nostro canotto non era che una carcassa frantumata. Quando ci ritrovammo, doloranti e tastandoci le membra ma ancora intatti, sulla spiaggia, il professore esclamò: — E' un vero naufragio nel deserto! Possiamo ringraziare Dio se non siamo stati ridotti in pezzi. Tuttavia l'Onnipotente ci ha riportati, sì, a terra, ma quasi completamentee nudi, come all'epoca del Paradiso Terrestre. Ora, per andare, non ci rimarranno che le gambe... Una scatola di fiammiferi e un pacchetto di sigarette Girammo lo sguardo in giro per renderci conto del luogo in cui ci trovavamo. Non c'era dubbio! Il mio compagno d'avventura aveva visto giusto: eravamo ai margini oceanici del Sahara. L'unica varietà, nella distesa sabbiosa che ci stava davanti, era offerta dall'* uadi ». Il suo estuario costituiva quasi un piccolo palcoscenico di rocce non alte eretto sulla riva; ma verso l'interno il corso d'acqua sahariano appiattiva gradualmente le sue sponde e restringeva il suo corso. Un po' d'acqua scivolava ancora sul fondo sassoso di questo sommario corso d'acqua: la quan tità di un rigagnolo. Guardavamo malinconicamenU i resti del nostro canotto danzare ancora sulla risacca. — Attenderemo — disse il mio compagno — che tutto questo legname venga gettato a riva. Quando il sole sahariano lo avr< seccato, questo legname servir: se non altro per fare un po' o fuoco... — Con questo calore? — Bisogna pensare alla notte! Le notti sotto estremamente rigide nel Sahara Occidentale, contrariamente a quanto credono i « viaggiatori da tavolino ».' — Ma con die cosa accenderemo questa legna? — E' vero! Siamo forse senza fiammiferi! Mi venne un'idea e frugai nelle tasche del pigiama. Un fumatore impenitente non è mai assolutamente privo di combustibile. Fui fortunato: — Vedette? — esclamai. — Ho con me una scatola di fiammiferi e un pacchetto quasi intatto di sigarette. — Sarà bene che razioniate gli uni e le altre! — disse il Professore. Dopo questa prima battuta di buon umore i pensieri non lieti ci riassalirono. Di che cosa ci saremmo nutriti infatti per vivere? Chi avrebbe udito i nostri richiami o avrebbe scorto le nostre segnalazioni? Per consolarmi accesi una siaaretta. Mi pareva già un atto di prodigalità! — Volete che andiamo a dissetarci? — disse il professore. — Infatti! Sarà meglio farlo subito, perchè più tardi sarà impossibile camminare a capo scoperto, sotto questo sole spietato... — Comi » eia mo intanto a fard dd copricapi coi nostri fazzoletti! Con queste buffe accondature scendemmo, al modo delle scimmie, aiutandoci con le mani e coi piedi, lungo la parete roedosa dell'estuario. Potemmo così arrivare fino al livello del rigagnolo e attingervi con le mani. L'acqua aveva un gusto amarognolo, un po' potassico, ma ci sembrò egualmente squisita. Conserviamo l'ottimismo per le ore peggiori gno Ora — disse il mio compa— è meglio che risaliamo. In alto, al riparo di qualche cavo di roccia, staremo meglio. Quando il sole del Tropico fulminerà a perpendicolo, stenteremo a trovare un angolo d'ombra. Stando in alto potremo anche far meglio le segnalazioni, neW eventualità che qualche nave passi nd paraggi. Veramente in queste acque solevano transitare, nell'anteguerra, piccoli velieri da pesca e numerosi sciabecchi, che facevano il piccolo cabotaggio lungo le coste della Mauretania e ilei Marocco. Ma con la guerra dei mari il loro numero deve essersi sensibilmente ridotto... Essi costituiscono ormai la nostra unica speranza. — Ma non vi sono porti o posti militari lungo questa costa? Potremmo dirigerci verso di essi. — Dipende dal punto in cui siamo arrivati. Se si tratta del Sahara spagnolo, c'è Villa Cisneros, c'è il « presidio » di Capo Yuby, e più verso Nord c'è Va enclave » di Ifni, specie di fetta territoriale inclusa nel Marocco francese. Se siamo invece nella Mauretania propriamente detta, cioè l'ìmmen so territorio che va fino ai con fini del Senegal, i punti di rife- rimento, specialmente lungo la a o o e o o costa, sono più rari. Pensate, fare questa strada a piedi? — E' una situazione pressoché disperata... Ma passerà forse qualche carovana- di Arabi o di Berberi... — E' appunto quello che temo. Questo paese sterminato e arido è il regno dd predoni e dd mercanti di schiavi. Qui infieriscono sempre i « rezzù », specie di scorrerie organizzate da tribù di nomadi, crudeli e sanguinari, contro i quali le rarefatte forze di polizia bianca sono molto spesso impotenti. Se questi nomadi del deserto si imbattono in qualche Bianco isolato, ,lo catturano. Se poi comprendono che il Bianco è un uomo di qualche grado o di importanza civile, esigono, per restituirlo alle autorità, una taglia spesse volte altissima, talvolta perfino favolosa. Ma le cose possono volgere anche al peggio... — E il peggio che cosa sarebbe in questi casi? La morte! — E' l'estrema eventualità. Ma forse c'è qualcosa di peggiore ancora. Se il Bianco catturato è un uomo senza aderenze, i predoni ne pirino Ye"mplicemenìe uno'Tchìàvo.\Ora bisogna sapere che cos'è Za!la vita degli torride ta la tristezza e la dea della loro condizione. — Non siete confortante! — dissi, dopò aver gettato via il mozzicone divenuto gitasi microscopico. — Non 6 il caso, in questa situazione, di fare del sentimentalismo! Bisogna vedere la realtà qual'è. C'è sempre tempo ad es sere ottimisti. L'ottimismo è una riserva che bisogna conservare per le ore peggiori. Il sole, giunto allo Zenit, minacciava di fulminarci con le sue folgori perpendicolari. Tornammo ad arrampicarci lungo i roccioni dell'* uadi ». Giungemmo così in mia specie dì rifugio, sul quale c'erano alcune fette d'ombra; al riparo delle quali cercammo di metterci. Il caldo cominciava a diventare terribile: l'aggettivo non era sciupato in questo caso. C'era ancora tuttavia il conforto di qualche raro soffio dall'Oceano. Non hanno fucili, pugnali? avranno Non avevamo toccato dbo dalla sera precedente, ma non sentivamo appetito. Tuttavia la mancanza di cibo si palesava in noi, sotto forma di una grande rilassatezza, aggravata dal calore. — Vengano pure anche i predoni! — esclamai esasperato — purché usciamo da questa situazione! — Pazienza! Pazienza! — mi ammoniva dolcemente il mio compagno —. La situazione si schiarirà. La sera sembrò risvegliard dal nostro torpore, che somigliava già a una specie di abbrutimento. Un nuovo senso di frescura si era diffuso nell'aria. Il cielo appariva colorato di quella indefinibile tinta verde-pallida, diàfana, che è caratteristica dd tramonti e dei crepuscoli sahariani. Mentre alzavamo la faeda verso questa benedizione del cielo udimmo venire dall'« uadi » alaini suoni rauchi, strani, specie di singhiozzi aspri. — Che cosa succede? — domanda' al professore. — clono cammelli! Poco dopo udimmo anche voci umane, dai timbri gutturali ed aspri. Che effetto fa la voce umana, sia pure sgradevole, in un deserto donde è sparito ogni vestigio di vita! — Probabilmente è una carovana! — osservò il professore. A un tratto vedemmo profilarsi sopra un roedone una figura di indigeno adolescente, che portava una tunica bianca e avcixt in testa la caratteristica calotta di lana che usano i ragazzi Berberi. Egli faceva dei grandi gesti nella nostra direzione, volgendosi poi per fare altri segni indicativi verso il fondo dell'a uadi ». — Il ragazzo ci ha segnalati alla carovana! — disse il professore —. Forse il male non è tanto brutto come poteva sembrare a prima vista. — Cosa volete dire? — Vi spiegherò poi. Il ragazzo fu raggiunto da due carovanieri. Essi erano ravvolti nel loro caratteristico mantello bianco; ma non apparivano armati di fucile. I tre indigeni co mindarono a scendere cautamente il roccione nella nostra dire zione. Il ragazzo li precederà, con mosse da gatto. Di tanto in tanto essi sostavano per confabulate. — Non muoviamoci — disse il mio compagno —. E' il partito migliore. Se d volessero intimare la resa, ci mostrerebbero delle armi. Forse hanno soltanto dei pugnali. Dal costume, sembra gente della Mauretania. Curio Mortavi (Continua), © Uomini e scali m temfio di guerra

Persone citate: Berberi, Comi

Luoghi citati: Marocco, Sahara Occidentale, Villa Cisneros