OBERMANN di Ferdinando Neri

OBERMANN OBERMANN Sotto lo nebbie lente e grige si scolora l'alta montagna: prima lo rupi brulle, poi gli abeti, come una macchia scura che vanisce e si dissolve, e infine le case, più divise, più •' solitarie, nella vita squallida che si restringe e si chiude in una lunga sera. E' l'ora di Obermann, o di Senancour, poiché nel vecchio libro l'autore e il personaggio si confondono in un'immagine sola. Como non ricordare che, poco dopo lo nozze, egli risaliva dal Valle6e per venire a stabilirsi nella vallo d'Aosta? Già declinava il settembre, e tra le forre desolate, ed i nembi e le foreste, la sposa si spaurì e negò di procedere; e fu tra loro la prima e grave discordia... E' vero che a quel tempo, nel 1790, la solitudine delle Alpi appariva più severa e selvaggia; Saussure, Raniond e lui, Senancour, furono i primi a sentirne il fascino che si chiamava i romantico », per diro strano, noetico c sentimen tale. Senancour, che, a rigore, non era un «emigrato» della Rivoluzione, ma finì col trovarsi nelle stesse condizioni degli .emigrati — poiché apparteneva ad una famiglia nobile —, si era ridotto in Svizzera per cercarvi un'intima pace, un'esistenza solinga e spirituale, modellata nella sua fantasia giovanile secondo gli ideali del Rousseau. I suoi primi scritti, Aldomen, le lle.ve.ries sulla natura primitiva dell'uomo, s'ispirano ad un'illusione tutta settecentesca di un'innocente felicità, che gli era già insidiata, e adombrata, da un'indefinita, irrimediabile tristezza. E qui sono le prime fila che il racconto di Obermann (la sua opera maggiore) svolge ed intesse con una coscienza sincera, ostinata, e talvolta penosa. Questo nome di romanzo è rimasto vicino a quelli di Renato (e Senancour, per amor proprio di letterato, teneva ad avvertire che l'eroe dello Chateaubriand gli era sconosciuto quando aveva composto 11 suo libro), di Aroldo, Manfredo, Adolfo... : gli animi fraterni, wertheriani e byroniani, turbati dalla sua stessa angoscia. Il Carducci, ch'ebbe a rammentare Obermann a proposito della melanconia del Petrarca e del Leopardi (di certo, l'una volta e l'altra, sull'indizio del Sainte-Beuve) vi scorgeva a tutti i sintomi del vero mal del seco lo*; del male che intristì tante giovinezze e si propagò con mag giore evidenza nell'età dei gran di sconvolgimenti sociali: una sfiducia iniziale d'ogni slancio e d'ogni azione, una certa inetti tudine a vivere... Non che Se nancour fosse un infermo, o un . minorato; non accusava che una vaga debolezza, e snervatezza, delle braccia: quasi per simbolo di chi non sapesse ghermire < trattenere i beni fiorenti e fu gaci. Ma era in lui, come in René, come negli altri pallidi eroi preromantici e romantici, quell'abbandono, quel languore d'ogni speranza, prima ancora di averle messo alla prova ; e, in ciò diverso dagli altri, Obermann non si drappeggia sdegnoso nel suo dolore, non drammatizza, non impreca: misura con un'ansia segreta lo sue forze morali o gli ostacoli della, via ; si raccoglie, chiede conforto a quanto gli appare d'intorno più povero e semplice. «In ogni momento della sua vita, uno per uno, ciò che importa soprattutto all'uomo è di essere quel ch'egli deve essere». Quell'imperativo, che può riuscire così preciso e così enigmatico, che seduce ed esalta la. volontà, mentr'è confusa e smarrita, e sembra l'unica legge dell'individuo che ne ha ormai ricusata ogni altra comune — quella è per lui solo, nell'essenza dell'umanità ch'egli si appropria e riconosce —, quante volte sarà pronunciato lungo l'Ottocento, fino ad Ibsen, fino a Nietzsche e, per quella scia, fino a Clattdio Cantelmo: «Io pensai di commetterò a una bocca bella e imperiosa e colorita dal mio medesimo sangue l'officio di ripetermi: — 0 tu, sii quale devi essere ». Ma quanti fra quegli spiriti inquieti, anche se generosi, sapevano quel che dovessero essere? Obermann meno di ogni altro, so ogni mattino, ad ogni alba, npn osava godere della sua fresca bellezza, pensando alla lunga giornata che gli si apriva dinanzi, ed era quasi avido che le ore non ancora scoccate fossero travolte nel tempo per mirarle in una prospettiva chimerica, com'è quella delle cose a interamente passate». La specie del suo tormento si rivela nell'attimo di contemplazione serena, subito amareggiata e sommersa da un senso d'inanità, di vacuità, di tedio monotono. L'attimo è in signoria dell'artista, del poeta, che predilesse le Alpi, che vi si addentrò negli autunni silenti, che vi sorprese i più tema' bagliori sulle eriche coperte di rugiada e verso lo alte cime vide scendere «la neve come lana e le nebbie come ceneri ». Si compiaceva delle penombra, degl'« incanti vaporosi», delle lontananze « notturne » ; come se le fiamme del sole sfiorissero nell'arida chiostia le apparenze più delicate, sfumate, cangianti. lvlqcftlnccnrngapz Barbiere In prima linea sul fronte orientale. (Foto Al/.; I costumi, il lavoro, i canti dei montanari, dei pastori aggiungono una nota di dolcezza riposata a quello sfondo di paesaggio, 6enza che sorgano mai a dominarlo, e neppure ad agitarlo: labili forme, spunti di un idillio nostalgico, che si perde a simiglianza di un'eco nelle valli. Ma vivere così, come uno specchio, come uji lago che riflette la luce, i monti, le nuvole, non è la sorte di un uomo; non è quel che Obermann «doveva essere». Poiché egli non si considerava — ed infatti non era — il povero artista; quel suo affidarsi alla natura era un principio, e non un fine; essa gli era presente come la sola cosa salda, sicura, ch'esistesse fuori di lui, ed a cui il suo pensiero potesse ancorarsi. Itestava insoluto, anzi non gli 6Ì poneva veramente il problema d'un rapporto soggettivo con la realtà esterna; non era so non l'invocazione di una salvezza, un impulso del sentimento, che ci spiega quel senso amoroso, intimo, avvolgente, quella dedizione alla bellezza, alle parvenze naturali, che si manifesta in Senancour, più trepida, più profonda che in ogni altro discepolo del Rousseau. Oltre quell'amore, quella passione che si esauriva in se stessa, l'azione in cui avrebbe dovuto compiervi la sua persona morale non si orientava su nessuna certezza. La pagina di poesia si stempera, si trascolora nell'interesse psicologico di una confidenza; v'è una doppia vena, che nel suo corso non allaccia una creazione piena e coerente: esita, serpeggia, si frange con uno scintillio intermesso. Un chiarore fra la nebbia, alle soglie dell'inverno: come tutta la favola triste di Obermann. Ferdinando Neri l

Luoghi citati: Aosta, Clattdio Cantelmo, Como, Svizzera