ESPLOSIONE A PRUA di Curio Mortari

ESPLOSIONE A PRUA • Uomini e scali in temfio di guerra ESPLOSIONE A PRUA Un naufragio nel deserto... - Il professore dalla barbetta di capra Drammatico addio all' emisfero australe - « Prima le donne e i bambini» - Gli ultimi istanti della nave su un abisso di 6000 metri i i o r . l a (DAL NOSTRO INVIATO) Scalo X, settembre. li'uomo che avevo incontrato, parlava freddamente con voce quasi monotona, a somiglianza degli uomini che hanno veramente vissuto e che non sono mai enfatici. —E' stato — diceva — un naufragio nel deserto... — /I caso mi sombra strano! — Non più di tanti altri che capitano in questi tempi. — Mi sembra invece straordinario. Un naufragio nel deserto1 E' un titolo vostro o l'avete preso a prestito da qualche filmi L'uomo mi fissava con uno di quegli sguardi diritti che finiscono per imbarazzare chi li devo sostenere. Evidentemente egli non amava scherzare sul proprio soggetto. — A prestito da un filmi Non vi capisco. Im mia è stata una avventura autentico. Alcuni mesi in una delle più squallide regioni del Sahara, vi ho detta. Ma come abbia potuto naufragare laggiù, non saprei ancora spiegarvi esattamente, ora... Un curioso personaggio che non era uno qualunque In questo porto del Sud, ove indugia, benché già, siamo in autunno, una inverosimile Estate, il sole sembra vuotare dalla sua enorme anfora tutto il suo oro liquido, mentre il mare risciacqua dolcemente la riva sassosa. — Ne ho viste, in quei mesi, di tutti i colori — continua l'uomo — se pure si può dir così della enorme distesa di sabbia sahariana, in cui tutto sembra annegare in una tinta sola, accecante. Fu poco dopo lo scoppio della guerra. Dall'Uruguay, ove ero impiegato da qualche anno . in una fabbrica di prodotti chimici, avevo deciso di tornare in Italia per far fronte ai miei doveri. Mi ero imbarcato sopra una nave di medio tonnellaggio, che batteva la bandiera di un Paese neutro. A bordo c'erano pochi passeggeri: una cinquantina. Eravamo in navigazione da parecchi giorni; avevamo già superata la linea dell'Equatore e et avvicinavamo al Tropico del Cancro, diretti presumibilmente verso il Portogallo, per farvi scalo. Sono sempre stato di natura solitaria e dedito più ai miei studi che alto frequentazioni degli uomini. A rendere anche più assolute queste tendenze della tuta natura, aveva contribuita la vita da pioniere che avevo condotta nelle foreste sud-americane, alla ricerca dei misteriosi segreti chimici che racchiude la paradossale vegetazione dei Paesi tropicali. Durante il viaggio che mi riconduceva in Patria, avevo stretto tuttavia relazione col mio vicino di cabina: era un signore, anziano, di piccola statura e dalla figura schematica. Il suo volto dà vecchia capra era terminato da una barbetta sottile, quasi simile a una corda attorcigliata. Ma i suoi occhi, limpidamente azzurri, avevano qualcosa di si¬ gnificativo; erano gli occhi di un uomo che vede le cose e oltre te cose. Egli non era infatti un individuo qualunque. Oltre un ' titolo accademico (sui registri di bordo era notificato come profef,. sore) dimostrava una elaborate, coltura, e, soprattutto, una vera esperienza della vita. Mi raccontava di aver trascorso gran parte della sua esistenza nell'Africa Equatoriale, Uccidentulo e Settentrionale, dove aveva coperto incarichi vari, circa i quali egli rimaneva tuttavia nel vago. Certo è che questo curioso personaggio conosceva ■ parecchie lingue, non escluse quelle aei mondo islamico, oltre a numeroso parlate e dialetti di quel misterioso inondo che costituisce U substrato tenebroso del Continente Nero. Certamente egli aveva dovuto vivere a lungo in questo ambiente, e vivervi con dimestichezza. La sua vita — egli mi raccontava —' era trascorsa quasi tutta laggiù, tra il Sahara e le grandi foreste equatoriali, ed egli aveva spesso errato dagli ««adi» del Marocco ano grandi arterie fluviali del centro africano. Di questi paesi diceva di èentire sempre, profonda, la nostalgia. Tornava in patria; ma della sua patria parlava di sfuggita, con tristezza, quasi con distacco; dopo che la disfatta militare ne aveva quasi annientate le forzo; si che il tornarvi o no, gli era quasi indifferente. Lasciate le isole di Capo Verde, navigavamo ora verso il Portogallo. Era la fine dì giugno. Le acque di questa zona del Tropico sono, di notte, piene di fosforescenze strane. E' la fantasmagorìa, la festa perenne dei mari caldi. Presso la costa mutammo rotta... La nostra nave procedeva con cautela. Benché battesse bandiera neutrale, la sua fotta non era esente da pericoli. Pur non ammettendo l'errore di un sommergibile belligerante, c'erano da temere le insidie delle mine subacquee, specialmente di quelle vaganti alla deriva. Eravamo, intanto, quasi giunti presso le coste africane, quando il vapore, improvvisamente sembrò v mutar rotta: anzichépuntare verso nord-est esso de- viava ora verso nord. Ne parlavo al-professore, chesembrava meditabondo. — Penso — egli mi disse loco- nicamente — che la nave voglia evitare qualche incaglio momen taneo; per riprendere quindi la sua retta primitiva. Non andò molto che la previsione del professore si avverò. La nave tornò c rivolgere la prua verso nord-est, avvicinandosi notevolmente alla costa. — Ora dovremmo essere — commentò il mio compagno ai viaggio — press'apoco all'altezza delle coste della Mauritania, forse al punto dove questa confina col Senegal, o alquanto più giù... Fu proprio al finire di questa giornata di navigazione che si uvverò la catastrofe, dalla quale doveva scaturire la nostra straordinaria avventura. insieme al Professore avevo trascorso gran parte della notte sul ponte superiore. La lima, pur essendo soltanto ni primo quarto, diffondeva sulle acque dell'Atlantico un delizioso chiarore, Avevamo contemplato a lungo la Croce del Sud: lentamente Vanivamo veduta eclissarsi sul fondo degli orizzonti. A una a una le sue quattro stelle erano impallidite e si erano spente, lasciandoci, nel cuore un inesprimìbile senso di tristezza. Era l'addio all'emisfero australe: sembrava l'addio a tutta una vita. Io e il professore ci eravamo sdquindi lasciati nel corridoio (po-teva essere l'ima di notte) ed e- ravamo rientrati nelle nostre ca-\ftlnc. \Ta rotea Jìcnerata'La ressa disperalaattorno ai canotti Disteso sulla mia cuccetta, stentavo a prender sonno; ma infine le palpebre si chiusero Più che sonno, era una specie di sonnolenza, animata di strane immagini e di liiqitlettMiint, che di tanto in tanto mi facevano trasalire. Quanto tempo trascorsi in questo febbrile dormiveglia? D'improvviso, una spaventosa esplosione sbranò l'aria, empiendomi quasi gli occhi di fuoco! Fui letteralmente proiettato fuori della mia cuccetta. Quando mi rialzai, ebbi la sensazione d'un disasro: udivo grida, richiami, fi. sdii di vapore irrompente, passi affrettati sui ptanclti dei ponti e dei corridoi, ma soprattutto un cupo gorgogliare di aeque, quasi l'irrompere improvviso di un fiume in piena. Cercai la chiavetta della luce elettrica, la girai: nulla, il buio. Allora mi precipitai verso l'uscio delta cabina e lo apersi con iui urto. Anche nel corridoio, buio pesto, tra un fischiare di vapori e li» caldo valutare di fumo che mi toglieva il respiroMa in quel momento udii una voce chiamarmi per cognome, una vocctta anra c perfettamente chiara anche nell'indefinito tumulto della catastrofe. Era ti professore: brancolava anche lui ,. , M/a tenebre, cercandomi. ci ji ìtrovammo tastdhdocK ] — ,che ^ amena7 — gii ormai. — Presto.' Pre-fio! Kaggiun ipiamo i «motti, se siamo anco ra in tempo. Un'esplosione: a prua, nrdCT... fterae stiamo per affondare. Scmtìiv l'acqua, come irrompe f A tentoni cercammo di raggiungere il pvr.tc dei canotti. Ma i viaggiatori fnon molti, per fortuna) facevano ressa già lungo le scalette, iyiso le imbarcazioni. Avvengono, in questi frangenti, scene' di eroismo e di egoismo inimmaginabili. Qui si rivela veramente la natum di ciascun uomo; perchè in queste catastrofi non c'è tempo per mentire ne per dominarsi. intorno ai canotti c'era gid la ressa disperata. Non c'era stato neppure il tempo d'affibbiare le cinture di salvataggio. La nave era tutto un gridio, un invocare. A questo paiirtrmoiilo si mescolavano gli ordini e le bestemmie degli ufficiali e della ciurma. € Prima le donne e i bambini! ». Ma anche questo grido supremo sembrava non trovar eco 'Finalmente le poche passeggere iche bambino, e in uno dei canotti, che cominciò a calare lentamente dai paranchi... Non so come, anch'io mi trovai, dopo dopo, entro una imbarcazione. Accanto a me c'era il professore: due marinai si reggevano ancora, tentennando pericolosamente, sugli orli del canotto. Essi cercamno di aggiustare i remi alle fórcole, mentre finibarcaztone danzava con ritmo dannato sopra un cupo rigurgito d'acque. Proprio in questo momento, una ondata scrollò il canotto, che sbandò fin quasi a capovolgersi. I due disgraziati marinai piombarono senza un arido nell'oceano; li vedemmo lottare per poco in una specie di piccolo Maùlstrom, e (pandi sparire. idei t'nnore, con qual !'"'sr( D'improvviso il piroscafo accettò la sua sorte Avemmo appena il tempo, io e il professore di afferrare i remi, che stavano per precipitare nell'acqua. Li inforcammo, li impugnammo e istintivamente cominciammo a tirare a tutta forza, per allontanarci dalia nave. Fu la nost. i salvezza. Nel rimescolìo dell'oceano, c'era stata una improvvisa controcorrente, grazie alla quale rlu- seminio ad allontanarci di circa duecento metri dalla nave. Era tempo! Ma non tardò a formarsi un nuovo, spaventevole risucchio che, qualche volta, rifluiva irresistibilmente verso il vapore, squassandolo e agitandolo in tutte le strutture. — Eorza, forza sui remi! — continuava a gridarmi e a esortarmi, il professore. — Allontaniamoci ancora! La nave affonda... Io pensavo agli altri che erano rimasti; li additavo al mio compagno. — Ma non vedete che per essi non c'è più niente da fare* — urlava a squarciagola il professore. — Siete pazzo:' Remate, vi ctlco! Il piccolo uomo ultrasessage- \nario pareva un ossesso; sem- \brava diventato incandescente: l'ira gli conferiva una energia 'insospettata. Remai allora a tut, t . di concerto con ta forza, di concerto con lui Fu cosi che potemmo, a circa mezzo chilometro di distanza, assistere al raccapricciante spettacolo dell'inabissamento di una nave. Chi non Ha visto una' scena di questo genere, non può dire di aver vissuto una delle più cupe tragedie umane! Entrando, irrompendo per un enorme squarcio a prua, l'acqua dell'oceano faceva piegare lentamente (con una lentezza angosciosa) la mole del vapore in avanti. Sembrava tuttavia che la nave stentasse a obbedire al funebre, irresistibile richiamo denli abissi. (C'erano, sotto di essa seimila metri di profondità). Poi, d'improvviso, come accettando d'improin-lso la sua sorte, la nave si drizzò quasi verticalmente, da prua a poppa: pareva un'enorme anatra che tuffasse il becco nell'oceano. In questa posizione essa oscillò per un attimo ancora, percorsa da un lungo brivido; poi, in un vasto e sinistro rimescolìo d'acque, essa calò d'improvviso, si inabissò mentre l'oceano schiumava su di essa, sulla sua grossa ombra. Avevamo fatto in tempo a vedere, attaccati a poppa, i superstiti agitarsi come formiche. Soltanto formiche... Curio Mortari (Continua).

Persone citate: Estate

Luoghi citati: Africa Equatoriale, Capo Verde, Italia, Marocco, Mauritania, Portogallo, Uccidentulo, Uruguay