La moglie e la fidanzata di Giulio Caprin

La moglie e la fidanzata La moglie e la fidanzata Ramiro e Carlotta, marito e moglie anzianotti, andavano cobi d'accordo olio potevano raccontarsi, sinceramente, anche i loro sogni. Carlotta, che portava bene la sua cinquantina, donna di pochi nervi e positiva, aveva poco da raccontare, perchè sognava di rado e soltanto quando era imbarazzata di stomaco e la mattina dopo confondeva quello che aveva confusamente sognato. Non dava grande importanza ai sogni, ma stava a sentir volentieri quelli che il marito le raccontava di aver fatti, strani ma non privi di una loro incoerente incoerenza,, lunghi, a scene legate come un film, ben raccontati che pareva d'esserci. A volte supponeva ch'egli, senza avvedersene, li raccomodasse nel ricostruirglieli. C'entravano le situazioni e le persone più impensato, ma non erano mai tali che non potessero essere raccontati da un marito alla propria moglie. Nel caso differente — pensava la ragionevole moglie — il marito faceva bene a tenerseli per se. Ramiro, uomo di fondo più nervoso, teneva alla sua capacità di sognare. Quando aveva lunghi periodi di notti senza sogni, invece di rallegrarsi della sua buona salute, gli pareva di essere privato di una parte della sua vita, la più 6ua, una specie di seconda vita alla quale aveva diritto la notte dopo quella che gli facevano i giorni. "Uomo regolare e laborioso, Ramiro di giorno accudiva alle sue faccende, coltivava le sue relazioni e i suoi affetti, positivo anche lui quanto basta per non confondere le ragioni della realtà legata con la libera fantasia del sogno. Ma gli piaceva, sognando, ritrovarsi in una sua vita segreta, fatta anch'essa su per giù degli elementi dei quali, per più di mezzo secolo, il destino gli aveva intessuto la vita palese, ma combinata più liberamente, con "belle e commoventi sorprese-: casi persone stati d'animo che, svoglio, non gli erano parsi importanti por la sua vita, prendevano nei sogni una forza e un'insistenza che doveva significare qualche co sa. Non gli piacevano i sogni che fanno tutti, rimpastati alla meglio sulle impressioni e preoccupazioni della giornata, con i pensieri diurni che tornano a stancare le notti. Gli piacevano i suoi sogni, che venivano di lontano, da un fondo misterioso di se stesso, inaspettati, incontri e racconti di un altro Ramiro che a .quello solito facevano', a quadri staccati, una vita più libera e spaziante, più profonda. Gli piaceva che in quegli incontri notturni i riconosciuti vivi non si stupissero di stare a conversare con i morti, e lui, attore e spettatore, ci si ritrovasse con i sentimenti caldi e acuti che aveva avuti in altri momenti della sua vita, giovane, fanciullo, lui Ra miro che, risvegliandosi e anche dormendo, sapeva bene di essere nel suo anno cinquantacinquesimo e che il passato, con i 6Uoi morti, non rivive. Ma nei suoi sogni tutto rivi veva e più intensamente di com'era stato vissuto, al suo tem po, fuori del tempo. Era una consolazione, sognando, essere sempre lui e ritrovarsi così naturalmente in cose e reminiscenze perdute sulla via degli anni che, altrimenti, non le avrebbe più riconosciute per sue. Appena svanito il sogno, si destava e lo rivedeva com'era stato, e se lo conservava più che poteva per la giornata nemica del sogno. Gli avveniva perfino di poter continuare per più notti di seguito lo stesso sogno. Carlotta lo ascoltava interessandosi, perchè a tutta la vita del marito voleva bene la buona moglie, anche a codesta alla quale non sapeva se dovesse credere o non credere. Poteva essere il residuo di una certa propensione fantastica e poetica che rammentava in Ramiro giovane, quando si erano conosciuti e subito fidanzati, tanto che egli allora aveva perfino vagheggiato l'idea di diventare uno scrittore. Ma poi, compreso della responsabilità di metter su una famiglia, aveva rinunciato a un'incerta vocazione artistica e si era dato tutto a dirigere una stamperia ereditata dal padre lasciando scrivere agli altri, bei Bogni o brutte verità. Dal suo matrimonio con Carlotta erano nati due bambini che, purtroppo, erano morti tutti e due presto, nè dopo erano riusciti ad averne altri. Dolore e quasi umiliazione che Ramiro aveva cercato di scordare dedicandosi con maggiore accanimento ai suoi affari, che avevano prosperato. Carlotta, donna positiva, in memoria dei loro perduti Carlo e Carla, aveva istituito un piccolo asilo per orfani e ci accudiva, affettuosa massaia. Di Carlo e di Carla sognavano qualche volta il babbo e la mamma? Se, almeno in sogno, li ritrovavano, l'uno non ne parlava all'altro, per non scambiarsi ancora il dolore di saperli per sempre morti e loro, inutilmente, glagtaddnpAgnqMa da un pezzo Ramiro non sognava più, o aveva barlumi di sogni, spenti prima d'illuminarsi, di produrre una vocazione o un affetto. Ne deduceva che anche l'arcana facoltà di sognare è un dono della giovinezza e che ctccqbferzcssqasmnuttgLbptlpctlevdoplnztlq e i , a i e i e a a e e i o a a a a r a a e l e o a a a , o a o o e o oi. e aceno ini a. o mia nme, gli anni, come via via ottundono la vita apparente dell'uomo, così gli spengono anohe quella segreta. Carlotta lo consolava dicendogli ch'era invece buon segno, di equilibrio ben sistemato fra la notte che dev'essere tutta vuota perchè il giorno sia tutto pieno. Anche senza più racconti di sogni, i due sposi anzianotti, ch'erano stati sempre insieme, avevano qualche cosa da raccontarsi. * * n di ro ne e A risognare, Ramiro ricominciò una volta che stette una settimana lontano di caBa, nella città dov'era vissuto da Btudente, ci aveva incontrato Carlotta, e, quasi senza dirselo, si erano subito fidanzati. Per ragioni della famiglia di lei, il fidanzamento era durato molto, anni, sempre rimandandosi il giorno delle nozze. Ma quello stato ambiguo che, caso raro, era riuscito a durare senza disfarsi nè sciuparsi, era stato per i due fidanzati tranquilli e fedeli un periodo di vita assai grazioso, una felicità sospesa e non consumata. Da ammogliati ne riparlavano con tenerezza ; lo rammentavano come una sorte di .privilegio, e a volte Ramiro, scherzando, presentava sua moglie così,: la signora Carlotta, mia ex fidanzata. La rivedeva allora assai carina, bionda, il bel volto d'un ovale purissimo, tutta virginale, un po' timida, più ascoltante che parlante: l'affetto che egli aveva provato per lei aveva avuto anche qualche cosa di contemplativo. Ora, a cinquantanni, Carlotta era una signora, per la sua età, piacente che talvolta poto va ancora arrossire; ma un po dimagrita, scurita di capelli e di occhi, non assomigliava, si capisce, al tipo dei suoi vent'auni: la timidezza silenziosa era divenuta calma riflessiva ma non senza parole. Nella città dov'erano stati per tanto tempo fidanzati, Ramiro la sognò quale era solito vederla quasi ogni sera, nella casa di lei tra due fratelli e due sorelle, tutti minori di lei. Mammina, un po' come la Carlotta di Werther. Era proprio la ragazza che, fra mille, avrebbe scelta per moglie. Non era espansiva, ma le piaceva anche per questo: 'che, così, ogni volta avrebbe avuto l'orgoglio di riconquistarla. Soltanto, nel sogno, non era certo che quella cara bella pura ragazza fosse sicuramente destinata a lui. Gli pareva, come quella di Werther, una Carlotta, purtroppo, già promessa ad un altro. Ma no, quest'altro, che lui sapesse, non esisteva ; la fidanzata era proprio la sua. Restava un po' d'ansia perchè il fidanzamento, lungo, come aveva voluto, per sue ragioni, la famiglia di lei, non doveva essere palese che all'ultimo momento. Il che teneva in imbarazzo Carlotta ma non dispiaceva del tutto a Ramiro, che poteva parlarne come di una ragazza semplicemente corteggiata. Ora, ritrovandola in sogno tale e quale, Ramiro provava una grande dolcezza ma anche una pena: di amare in quella cara originale fanciulla che non vedeva più da tanto tempo una che non fosse quella che era adesso sua moglie. La fidanzata di allora aveva i freschi vent'anni di allora, lui, se non tutti i suoi, molti di più e si rammentava di aver già moglie, un'altra. Timida, la Carlotta sognata non diceva nulla, ma con i fermi ocohi chiari gli diceva : — Perchè mi hai fatto questo torto? Io sono rimasta, tale e quale, ad aspettarti. Ma ora, anche se tu volessi, non vorrei più io. — In so gno Ramiro 6Ì struggeva di es sersi per tanto tempo diluenti cato di quella ragazza che, per via di lui, non si era sposata. Gli veniva da piangere, ma il pianto si addolciva nella gioia che lei fosse sempre lì, tale e quale, così bella giovane e intatta. La tenerezza di allora, ma con più rimpianto, lo commosse risognando la fidanzata qualche notte dopo : un sogno chiaro, circostanziato, collocato nella casa di lei, della quale riconosceva la disposizione di ogni locale e ogni mobile. Due salotti, modestamente borghesi, contigui ma non comunicanti. In tutti e due c'era un tavolino e, intorno, persone sedute a catena. Sedute spiritiche. Quello che era stato suo suocero, morto da un pezzo, passava da una stanza all'altra come dirigendo le due sedute: ad uno dei tavolini c'era sua suocera, anche morta, e i cognati e le cognate, tre vivi e una morta, e altre persone familiari nella casa della sua fidanzata, cadute dalla memoria, ma ora le rivedeva con una certa simpatia, vive o morte che fossero. Nella luce tenuta bassa dagli spiritisti cercò, ansioso, la sua fidanzata: anche di spalle la avrebbe subito raffigurata. Non la scorgeva. Suo suocero, che per il corridoio, passava da una stanza all'altra, gli faceva cenno di non entrare, che era un momento delicatissimo. Silenzio di voci, si sentiva soltanto il toc toc del tavolino che, con un piede alzato, parlava per i morti ai seduti in catena, vivi e morti. La fidanzata ch'era venuto a ritrovare con tanto desiderio non c'era proprio, mentre i suoi parenti c'erano tutti. Forse erano pqdtffcnEaqnsnsvasgMrgrgliuap lì ad' evocarla morta, e lui non lo sapeva. Sarebbe apparsa, stava per riapparire, così giovane e gentile com'egli la aveva amata! e la aveva, non capiva come, perduta. La rivedeva, ma soltanto dentro di sè, ragionando il soglio nel quale si moveva, e lo straziava il rimorso di aver abbandonato un fidanzamento troppo lungo, di avere sposata un'altra che per l'appunto aveva lo stesso nome. Ma era lì per Carlotta, per dire a tutti clic ora si potevano finalmente sposare. Già, come se si potesse sposare una ragazza rimasta a vent'anni, quando si ritorna con trenta di più. E poi la fidanzata, nella casa dov'erano tutti i suoi, vivi e morti, non c'era. Rotto il sogno e il sonno, Ramiro si ritrovò in un letto di albergo, con gli anni e con il pensiero della moglie che aveva. Ma non lo consolò il ricordarci che la sua moglie vera era la fidanzata del sogno. Erano la stessa ed erano due. Quella rimaneva, come la aveva rivista, la gentile fresca fanciulla del fidanzamento incoucluso. Se quella avesse sposato, se la avesse ancora potuta sposare, da lei avrebbe avuti i figli che sarebbero vissuti. Richiuse gli occhi per imprimersi bene quello che aveva, visto e l'affetto dolce dolente che lo aveva intenerito come avesse ritrovato i suoi venticinque anni. Al- zandosi, la mattina dopo, si raccontò il suo sogno, corcò di non perderlo nella luce del giorno che divora i sogni. Quando fu tornato a casa sua, lo raccontò naturalmente a sua moglie e si sforzò di raccontarglielo bene, quanta tenerezza aveva provato a rivedere la sua Car-lotta, seniore fidanzata, così bella e così amata. Pensava che avreb-be fatto piacere anche a lei sentirsi così cara al marito, anche in sogno. Carlotta ascoltò ma restò zitta, come quando sentiva qualche cosa che non le andava affatto. Ramiro ebbe il torto di non capire il dispetto ch'era in quel silenzio, come se il marito, che aveva coniugalmente sognato la moglie, la avesse tradita con il ricordo di una fidanzata che non era lei, che gli era rimasta in cuore perche era giovane fresca. Dovresti esser contenta, Carlotta, che se sogno di una donna che mi è piaciuta non riesco a sognare che te. . — No, caro, di un'altra hai sognato, e me lo hai anche voluto dire. Restò un'ombra fra i due sposi anzianotti che andavano così d'accordo. E dalle loro confidr-ize sparirono i sogni che l'uno poteva fare dell'altro, com'erano già spariti i sogni dei loro bambini, tutti e due morti. Giulio Caprin

Persone citate: Bogni, Di Carlo