CADDERO VICINI

CADDERO VICINI lL LARICE E L'ABETE CADDERO VICINI Piccolo era il cimitero, il re- cinto costruito con tronchi an- cera freschi, le croci uguali di legno bianco; lo dominava una cam>elletta, a cui si saliva per " . j• i_.ll.. _> sin Tinnita. alciki sealini: bella e slanciata, con un'agile cuspide che finiva in una grande e pur leggera croce. Anche per questa chiesina tutto aveva dato il bosco: le pareti, l'altare, la pala e 1 vasi per i fiori erano di legno, ricavato dal bosco. Questo sacrifizio, si, 10 capivano e, volentieri, U nostro larice e il nostro abete avrebbero dato qualche parte viva di eè per contribuire alla costruzione di quel luogo di .pace. Sentivano che di là, da quel cimitero di guerra spirava un aria di semplice raccoglimento, che univa gli uomini alla natura. Tra io loro radici e quei morti che si decomponevano sotto la terra, non c'era più una grande differenza. Forse soltant» la morte rende gli uomini inquieti alla serenità delle cose naturali. Pareva un sacro pegno il piccolo cimitero; una promessa di pace tra morti e vivi, dopo tanto soffrire. I nostri due alberi sentivano quasi d'esser stati 1 testimoni d'un tale accordo e per le loro fronde correva un fremito di commossa fierezza, quando nel silenzio del bosco avevano la impressione che i soldati là sepolti si consolassero di tanta quiete e della loro compagnia sicura. Dei vivi, ora, che passavano per la strada, non c'era nessuno che non si fermasse o molto o poco davanti alle croci del cimitero. L'abete, un po' rigido, tentennava la cima come a dire: «tardi imparate dai vostri fratelli caduti a rispettare il dono della vita che v'ha fatto Dio; vi serva almeno il loro sacrifizio».11 larice invece si commoveva e in certo suo modo, per quella sensibilità ch'è anche nell'anima vegetale, s'impietosiva della sorte che scaglia gli uomini un contro l'altro in un furore d'odio e poi, d'inipi'ovviso, li sofferma pensosi e tristi davanti alla distruzione compiuta con le loro etesse mani. non esisteva ancora. I nostri due alberi, in quel tempo, non si la gnavano di sopportare il peso della neve: si sentivano anzi protetti da quel soffice mantello contro ì venti gelati; e quale pace all'intorno: sotto la candida coperta il bosco poteva riposare, senza timore di turbamenti; era epoca di quiete e di meditazione. Ma ora gli uomini avevano violato anche la calma maestosa degli inverni: correvano e volteggiavano coi loro schi sulla neve ; certi agili sciatori raccorciavano il percorso della strada e qualcuno aveva il coraggio d'infilarsi in discesa proprio tra i nostri due alberi, lasciando, sui loro rami più bassi, il pizzicore di qualche involontaria frustata coi bastoncini. Buffi erano certi costumi che portavano le donne: certo alla loro presunzione pareva che quello scenario candido e la luce così viva si prestassero solo a mettere in rilievo i loro vistosi colori. Il larice non aveva simpatia per le donne e tanto meno l'abete; facevano eccezione per poche; tutte le altre le sentivano stonato lassù, in quell'atmosfera: qualche irrimediabile frivolezza, un gesto inutile spesso le tradiva inadatte al clima della montagna. Ma nell'ultimo tempo avevano osservato una fiera e pur dolce figura passar frequente sotto di loro. Ogni moto di lei era accompagnato dalla grazia, una bellezza semplice e viva nell'armonia delle sue forme. Quando la prima volta ella s'accorse dei due alberi vicini e stette lungamente a mirarli, qualche cosa come un fluido misterioso pa'ssò tra la creatura umana e quelle creature vegetali. Mai avevano inteso, il lance e l'abete, d'esser stati così penetrati e compresi da uno sguardo e da un animo umano. E allorchè quella figura, ch'era una donna, ma una donna tutta diversa dalle altre, s'avvicinò all'abete e posò la mano sulla sua ruvida scorza, l'albero ebbe' un sussulto nelle fibre e gradì quel contatto come una schietta carezza. Ogni volta che passava, ella si soffermava a lungo sotto di loro. La sua voce somigliava al canto degli uccelli ed ella parlava ai due alberi col candore di chi sa asfN o ì e a o e a o e i a e e n a , i o a a d'essere, compreso. La capivano infatti. Il larice rispondeva col tremolio delle sue tenere frange, mentre l'abete raddolciva la rigidità delle fronde con espressive lucentezze. I colloqui avevano la leggerezza di sentimenti aerei che volano, s'intrecciano e si fondono insieme, in un profumo di spiritualità primigenia. Nella memoria delle lontane origini, ancor viva nelle loro radici, 1 duo alberi ricordavano che all'alba dei tempi uomini e vegetali comunicavano così. Quella creatura umana aveva un'anima tanto sensibile che meglio s'accordava con le piante e con gli uccelli, cól vento e col sole, che non con gli altri uomini. Ma davanti al cimiterino di guerra, ella non soltanto sostava ; ingentiliva di fiori le croci e pareva attardarsi a consolare e a ricever consolazione dai morti. Fu lei, una triste mattina, a far capire ni due alberi che si stava compiendo un sacrilegio, un'atrocità. S'era rifugiata tremante in mezzo a loro e di là assistettero insieme allo strazio : il cimiterino fu sconvolto, abbattuto il recinto e le croci, le povere ossa furono insaccate in piccoli sacchetti color ruggine e portate giù in malo modo, come fossero delle ingombranti e insen sibili pietre. Oh, gli uomini a che comi arrivano ! Il tremito di quel la creatura spaurita si propagò anche ai due alberi. Da quel giorno non vissero più Bicuri. Le mani che avevano dissepolto le ossa, con l'indifferenza di chi non si rende conto neppure della religiosa pace della morte, po; tevano tranquillamente affondar l'accetta nelle loro fibre vive. Non passò molto tempo che i loro timori s'avverarono. Vennero i boscaioli, ascoltarono il bel suono dei loro tronchi centenari e, con rabbiosa lena, H intaccarono. Sotto i colpi* mortali l'abe.te mantenne la sua fierezza, gemet te il larice piangendo con tutte le sue tremule foglie. Uno dopo l'altro furono abbattuti. Caddero vicini, come vicini erano vissuti. Qualche mattina dopo nel silenzio del bosco si levò un urlo d'esasperazione': il grido della creatura umana che aveva trovato i suoi amati compagni uccisi, spogliati dei rami e scortecciati. Le sembrarono ancora caldi di vita, quando ne carezzò i tronchi con le mani. Nel vuoto rimasto (quanto largo spazio avevano occupato sotto il cielo), permaneva il loro forte profumo. Giani Stuparich cnndmccsctrmsddppeztp

Persone citate: Giani Stuparich