Le conserve alimentari nell'industria autarchica di Antonio Antonucci

Le conserve alimentari nell'industria autarchica Una mostra a Parma Le conserve alimentari nell'industria autarchica (DAL NOSTRO INVIATO) PARMA, settembre. Malgrado le difficoltà della guerra, Parma ha allestito tra i suoi | magnifici giardini una prima richissima mostra delle conserve aimentari, oltremodo necessarie alla civiltà moderna. Veramente questa necessità fu sempre sentia, con l'unica eccezione, che io mi sappia, di alcune tribù precoombiane, vergognose di conservare qualsiasi cibo per l'indomani, orse allo scopo di costringere continuamente alla caccia e alla lotta. Ma, in antico i mezzi di conservazione erano pochi e difettosi: il sole, il fumo, il forno, l'olio, 'aceto, gli intestini animali e basta. Nella maggior parte dei casi, la conservazione mutava il sapore delle cose e sempre era a scapito della loro freschezza. Nel museo egiziano di Torino si possono vedere tuttora alcune carni affumicate, poste nella tomba del signor Kajè, ingegnere minerario vissuto 1405 anni or sono. Hanno un colore raccapricciante non tutto imputabile al tempo, mentre le nostre conserve sembrano vive. Il merito, come tutti sanno, va dato al principio della sterilizzazione al caldo e ai recipienti con chiusura ermetica. L'idea fu lanciata sul finire del 1700 dal cuoco francese . ppert quantunque il nostro Lazzaro Spallanzani ci avesse pensato prima. Ma il pensarci non basta, gli altri si misero in moto e l'inseguimento non è sempre comodo. Quest'inseguimento è però oggi accelerato dall'autarchia con risultati sorprendenti. Per limitarci alla sola mostra, 47 ditte produttrici si occupano di carni e pesci in scatola, condimenti, estratti, succhi, concentrati, gelatine, sciroppi, salse, confetture, latte e farine lattee, pomodoro e derivati, verdure essiccate e conserve di frutta, burro, formaggi, caseine, marmellate, ecc. A passarli in rivista, è un po' il supplizio di Tantalo ma qualche cartello ci scherza su, come questo, in una sezione salami che modifica un noto verso: «Guarda e passa! Non ti curar di lor... ». Alla produzione occorreva l'ausilio del macchinario. La civiltà moderna non ha tempo e bisogna far in fretta, donde le macchine sono chiamate anche là dove la loro presenza sembrerebbe ridicola. Ecco infatti una sgranatrice di piselli. E ce ne sono di ogni specie, fornite da 25 industrie: affettatrici, iscatolatrici, dosatrici, fettucciatrici, sbucciamele, concentratrici, separasemi, denocciolatrici, tritatrlci, piegatrici e via dicendo. Qualcuna ha nomi difficili, come, per esempio, la « curlingatrice », la quale prepara la curva di adesione al coperchio. E poi ci sono macchine per incapsulare i vasetti, macchine per lavarli, macchine per ingommare le etichette. Altre 41 industrie provvedono allo scatolame, agl'imballaggi e bisogni vari. La guerra ha acutizzato il problema dello scatolame, data la nostra deficienza di stagno e l'Ente della Mostra ha spronato l'autarchia con 120 mila lire di premio per il miglior surrogato della banda stagnata. Questa è già messa da parte con il lamierino verniciato che riduce lo stagno da 100 a 20. Una curiosa' vernice è quella ricavata dalle buccie di pomodoro, trasformate in gommoresina. E poi si fa avanti l'alluminio con vantaggi formidabili: mille recipienti ai cartone alluminio da un litro pesano appena Kg. 9,70 contro i 220 chilogrammi della latta e i 780 chilogrammi del vetro. - Alla grandiosa battaglia autarchica contribuisce naturalmente anche la chimica, ed ecco una lunga multicolore teoria di vasi, vasetti, cristalli, polveri e polverine. Bisogna riconoscere che la civiltà ha complicato un po' tutto e strane voci concorrono alle operazioni apparentemente più semplici: per l'incollatura dei cartoni è necessario il silicato di ammonio,- ci vuole il cloruro di ammonio per la zincatura; per i formaggi fusi occorrono i fosfati trisodici e bisodici; la conservazione del latte vuole il protossido d'idrogeno. Un personaggio ormai comune è l'acido salicilico come antifermentativo. Abbiamo accennato alle vernicinterne dello scatolame. Ma poi csonfl tutte le altre. Ed anche qul'autarchia trionfa. Nè dobbiamo dimenticare gli inchiostri per le etichette. Sulle quali etichette, sè pure soffermata l'attenzione dell'Ente che ha bandito un concorso con 5 mila lire di premi. Quando l'appetito ha bisogno di spronipare che l'etichetta funzioni da eccellente richiamo. Guardiamoper esempio, questo drago che sostituisce la fiamma tradizionale lanciata dalla sua gola con un bepomodoro presentato, gentilmenteoppure il famoso bue che va in scatola di « motu proprio », con la felicità negli occhi perchè sicuro di trovarcisi a meraviglia... E poi ogni tanto è giusto invitare la immaginazione ai banchetti decommercio. Tra le macchine stavamo per dimenticare i frigoriferi: andiamo a vederli. Ce ne sono di piccoli di giganteschi. Accanto ad essialtri macchinoni, gli essiccatoi, cdanno le conserve in pani. Insomma più si guarda e più il panorama si arricchisce, allineando una somma di sforzi che onora la nostra industria e, con essa, il principio autarchico che la anima. Lstrada dell'autarchia non è sbarrata da nessun ostacolo: infatti alla stessa mostra si può vederpersino il pepe italiano, un pepsintetico perfettamente imitatnegli acini, ricavato da frutti aromatici piccanti, foglie ed erbe essenziere, semi peptici, colore innocuo. Al palato il sapore è press'a poco identico. Dio mio, la pianta del pepe lo fa migliore ma bsogna riflettere che lo produce dmigliaia e migliaia di anni. Questo è ancora giovane. Antonio Antonucci ai

Persone citate: Lazzaro Spallanzani

Luoghi citati: Parma, Torino