II sacco del pellegrino

II sacco del pellegrino II sacco del pellegrino i i a e Le nuvole, o i bambini Dice Baudelaire che il camminante Ita da parlare soltanto con le nu™™~vole. In quei momenti in cui si è soli, soli in tetra traniera, e ignorando o conosceno male la lingua del paese ci rende improvviso il bisogno di ire qualche cosa a qualcuno, parebbe infatti di poterci liberare il uore soltanto alzando gli occhi l cielo, e conversando con quelle nubi che si fanno e si disfano in orme umane, con moti e cenni d'un alto linguaggio silenzioso. Sfa quando il cielo è sereno, e non ci sono nuvole e farci segno assù, con chi parlerà dunque Veule solitario? Parlerà coi fanciulli. Coi più piccini: quelli che appena incominciano a compitare, e si esprimono cogli occhi assai più che on le parole. Ci si intende sempre, in dialoghi di sguardo. E a quei bimbi noi potremo dire tutto, anche non trovando neppure un vocabolo per farci capire. Noi conosciamo male la loro lingua, ed essi appena la balbettano. Da questa comune esitazione verà una confidenza, una simpatia, un'intesa perfetta. In questa paeggiata ignoranza, saremo costretti a servirci delle sillabe essenziali, le sillabe della sincerità primitiva: e ci sentiremo tanto più vincolati dalle difficoltà di cercarle insieme, dalla fatica di pronunziarle, dall'impossibilità di sostituirle con altre parole meno rozze e meno sincere, Fu in uno di quei momenti di tristezza, per un'uggiosa strada del B.randeburgo, ch'ebbi a incon-trarmi in una bambina di tre o quattr'anni, la quale andava mordicchiando un suo duro pane sull'uscio d'un casolare. — Brot... gut... — feci io, sorridendole. Non avrei saputo dirle altro. Ma essa pure mi sorrise, rispondendomi, e non sapendo altro dirmi, a sua volta, che gut e brot. Eravamo sulla strada monotona, sulla strada senza fine. Dopo due ore di cammino, era quella la mia prima sosta. Seguitammo a ripeterci brot e gut, gut e brot, teneramente, gli occhi negli occhi, finché mi sentii riposato d'anima e di corpo. Poi il pellegrino riprese il suo viaggio, consolato da un discorso che veramente gli era parso, nel suo balbettio primordiale, schietto come uno sguardo, buono come il pane. Cristo in Posteria mmmm—^~offesi, lagrimanti e sanguinanti sono visibili solo all'aperto, tanto in Venosta che in Pusteria: e cioè su quelle croci che fanno da segnali a strade e sentieri. Nelle chiese, viceversa, raro è che si mostri Cristo sulla croce, o la Vergine trafitta da sette spade. Sono chiese-balocchi, e accolgono immagini tutte liete, tutte ridenti: angeli fanciulli, Gesù Bambino, Maria in braccio a Sant'Anna. Immagini da luogo di festa, da giorno del Signore. Le stesse acolture del Pichler vi mostrano a preferenza, non già martiri straziati, ma figure di piena serenità, mandriani in abito di gala, villanelle dalla falciola d'oro, santi avventurosi o santi guerrieri simili al fanti azzimati d'un gioco di carte, alle porcellane d'un servizio tereslano da caffè. Dove Cristo sanguina e geme è sulla strada: sulla strada della fatica lunga e della speranza incerta; sulla strada dove tutti, come Lui, dobbiamo subire una sorte, attendere una requie, sop^ portare una croce. Me ne vo, con Bepi Bevilacqua e nnrtafnrtiina Nando Palmieri,ponatonuna per una strada dlquan-La cocorita campagna, , d'ecco una fanciulletla, pietosa d'aspetto e già sdentata a quindici anni, con un cappelluccio in tignato e di traverso che par mes so per burla, e una gabbietta con dentro una cocorita che appare pur essa già stinta, già muffa nelle sue penne tropicali, ci offre il pianeta della buona sorte. Acconsentiamo tutti e tre. La ragazza batte un colpo allo sportello della gabbia, e la pappagallina, obbediente, leva col becco da una scatola un foglietiino color drosa E' per me. Foi uno celesteE' per Nando. Poi uno verdogno lo. E' per Bepi. Il mio dice, testualmente, che se finora non ho fatto fortuna è stato perchè ce non ho dato retta agli impulsi del cuore ». Diventerò ricco e celebre se mi deciderò, una buona volta, ad essere un pochino più impulsivo. I due amici non mi comunicano il loro pronostico, ma soltanto il terno da giocare al lotto che tien dietro agli anni che avranno da campare. Non mi dicono neppure quanti siano questi anni. Evidentemente, come i miei, sono troppi. Non ci credono, come non credono al resto, e tutt'al più fidano nel terno secco. Questa mancanza di fede nel soprannaturale, in cui però sopravvive un'ignobile speranza di guadagno, mi riempie di indignazione. Se non fosse la mia capacità, conosciuta persino dalle cocorite, di contenere gl'impulsi del cuore, chissà come insorgerei contro i due increduli, pei quali la magia serve soltanto alla cabala del lotto, oltre che a quella dei letterati senza ingegno. Sto zitto, invece, meditando il mio oroscopo color di rosa. Per farsi perdonare la sua diffidenza, Palmieri ci racconta una storia. Una terribile storia: quella dell'attore Oreste Calabresi, a cui un pianeta di buona fortuna promise cmquanlasette anni di vita, che avendone già cinquantaquattro visse nel terrore di quei tre che gli restavano, e che morì per l'appunto di lì a tre anni, secondo la data prevista dal pianeta... Nel quale, spiega Nando, evidentemente un 57 era sfuggito in luogo d'un 75: poicftè non c'è pronostico stampato che prometta una vita così breve. E così la svista d'un tipografo, che già fece la gloria d'un verso di Malherbe fece una volta tanto anche la credibilità d'un indovine. Ramoerti

Persone citate: Baudelaire, Bepi Bevilacqua, Gesù Bambino, Malherbe, Nando Palmieri, Oreste Calabresi, Palmieri, Pichler