SALIMBENE di Ferdinando Neri

SALIMBENE SALIMBENE Esce di questi giorni, in due volumi degli Scrittori d'Italia, una nuova edizione della Cronica di fra Salimbene: a cura di Ferdinando Bernini, che da molti anni si era dedicato allo studio di un testo, e di un autore, così interessanti La cronaca, composta alla fine del Duecento (fra il 1283 circa e il 1287), si conserva in un unico manoscritto — ora della Biblioteca Vaticana — ch'è probabilmente, lo stesso originale, e ch'ebbe esso pure una storia curiosa; perchè, dapprima negletto (e ne caddero molti fogli in principio ed in fine), fu poi ricercato, letto in segreto, ceduto dall'uno all'altro possessore, scomparso per un certo tempo: basti dire che, sui primi anni del Settecento il Muratori, così vigile ed esperto d'ogni scritto storico medievale, lo credeva perduto. Fu dato allo stampe, su di una copia imperfetta, soltanto nella seconda metà del secolo ecorso ; la miglior edizione, finora, era quella preparata da Osvaldo Holder-Egger per i Monumenta Germaniae historica. Ma si tratta di un'opera italiana, e di un'opera che rispecchia, con un fare domestico e bonario, un secolo di storia, ch'è, per eccellenza, storia dantesca:_ gli Svevi e gli Angioini (e quelli, afferma Salimbene, trascorsi come una nave sulle acque, senza lasciare vestigio), e, da Ezzelino da Romano a Guido da Montefeltro, una moltitudine di figure che si avvivano pur sempre alla luce della Divina Commedia. Lo più fosche, come le più bizzarre: i traditori confitti nel ghiaccio, Buoso da Dovara e Tebaldcllo; e tutto un lato della bolgia degl'indovini : Michele Scotto, Guido Bonatti, e Asdente, il calzolaio da Parma, concittadino di Salimbene, che lo conosceva e gli voleva bene: era "puro e semplice, timorato di Dio e cortese di modi» e aveva la sua bottega «in capo al ponte, e vicino al pozzo, per la strada che va a Borgo San Donnino ». E tutto quel mondo è descritto da un frate minore, che si mescolava col popolo, e'ch'era schietto, arguto, ingenuo ed ostinato ad un tempo, e ci teneva a vedere le cose e la gente con i suoi occhi e giudicare con la sua testa, per quanto piena di pre giudizi. Quel che conta nella sua Cronaca è proprio lui; la sua vita vi ha una parte maggiore che non sia quella di papa Innocenzo III o dell'imperatore Federico II, e risorge dall'oscurità ne' suoi episodi più minuti. Si comincia dalla culla; che c'era stato a Parma un terremoto, e la madre era fuggita portando le due figliolette per timore che il Battistero, vicino alla loro casa, le cadesse addosso; ma aveva lasciato il piccolo Salimbene, che più tardi seppe il fatto da lei e non glielo perdonò mai o quia plus debebat curare de me masculo quam de filiabus». Un lettore che non sapesse di latino, questo di Salimbene lo capisce lo stesso; e non è l'ultimo merito della 6ua scrittura, in cui le movenze del linguaggio nativo si volgono spensierate, di tanto più precise e pittoresche. Iso lo stilè è rozzo, non manca di un'arte e di una sua o composizione », sorretta da un intimo legame dei ricordi lontani, diciamo dal senso e dallo spirito duna vita, a suo modo armonica e avventurosa. Uno dei tratti più di frequente segnalati della Cronaca è quello in cui Salimbene narra che un giorno della sua giovinezzaquestuando a Pisa con un suo compagno, entrò in una corte, e sotto una vite frondosa che tutta la copriva di verde e d'ombra : e v'erano leopardi e altre fiere d'oltremare, e giovani e fanciulle, adorni ed amabili, che sonavano viole e cetre e cantavano una canzone strana e bella che allietava il cuore. I due fratstettero a lungo in silenzio ad ammirare la scena festosa, che non avevano veduto nò videro poi mai l'uguale. Ora, quella visione di meraviglia e di dolcezza mondana non è posta a caso nel racconto, e non può isolarsi da quel che segue. Mentr'esce di là, Salimbene incontra un uomo che non conosceva, e che gli dice ch'è dParma anche lui, e lo investe, e10 vilipende: Va, meschinellova ; a casa di tuo padre (ch'era infatti un ricco signore, e avevfatto di tutto per trattenere Salimbene, e poi per strapparldall'ordine) i servitori vivonnell'abbondanza, e tu vai mendicando il pane, quando potrestdel tuo far la carica ai poveri..11 frate respinge quell'intrussfoggiando molti passi della Bibbia (di cui, egli avverte altrovcon compiacenza, era t dottissmo », ed appare fin troppo dalinesauribili citazioni che costelano le sue pagine) ; ma la sere la notte ripensa con tristezzcheJorfjeonoBciuto non aveva toto, e che gli stava dinanzi unvia ben lunga e penosa. Finamente riposa in un breve sonne gli sembra di tornare alla qustua in un altro quartiere Pisa ; ed ecco che scendendo veso l'Arno gli appare il figlio Dio che viene da una casa potando del pane e lo ripone nesporta; e così pure la Vergi e S. Giuseppe, fin che la sporta è colma. Senza che l'autore v'insista, è chiaro che tutta la narrazione è ordinata ad un fine e riassume le prove e i rimpianti e la conferma della sua vocazione religiosa. E sarà un caso, ma quel frate laico pisano che l'accompagnava era d'animo leggero: un giorno fu tratto da un pozzo dove si era gettato per disperazione, e poco dopo sparve, e i frati sospettarono che il diavolo se lo fosse portato via... E quello sconosciuto che si diceva di Parma... Il diavolo ha la sua parte nella cronaca di Salimbene ; e non è una maschera, un diavolo che scherzi e faccia soltanto paura, come in tanti aneddoti grotteschi ed ameni; è risoluto, malvagio, omicida : il principio, e l'artefice del male. Di tre scolari di Bologna, che volevano entrare nell'ordine, due furono uccisi da lui, a distanza di tempo, nello stesso posto, presso il ponte del Reno; e il terzo ebbe notizia della loro morte per mezzo di un indemoniato; ma era un uomo di malizia, una « subdola volpe », e il Nemico ebbe ragione anche di lui. Più ci spaventa l'inganno di cui fu vittima un fraticello semplice o virtuoso, a cui il diavolo si presentò in aspetto angelico e, citando il Vangelo, lo indusse a prendere un martello e dei grossi chiodi, e a crocifiggersi da sò... La novella e la farsa del Medio Evo non sono benigne verso le donne; le trattano brutalmente, con un riso di scherno. Salimbeue non s'illude e ne sta lontano; ma i suoi sentimenti sono seri, e la sua comprensione persino gentile: come nel ricordo di colei che aveva chiesto la sua amicizia, non fosse che in ispirito, e, respinta, invasa dalla febbre, si sentiva morire di tristezza : si consolò quando le fu detto ch'egli pregava per l'anima sua. E pochi racconti, realisti, pareggiano per umana tragicità quello che Salimbene costringe in venti righe: d'una donna ch'era stata sorpresa e violata da un viandante, ed ogni volta che confessava la sua disgrazia diveniva preda dei santi uomini a cui 6Ì era genuflessa : ormai avvilita, disperata, senza scampo. Il frate che da ultimo l'ascolta, e l'assolve, le domanda perchè tenga in mano un coltello ; ed essa risponde che aveva fermo in cuore di togliersi la vita se anche lui l'avesse invitata a peccare: oVade in pace, dilecta filia ! ». E' vero che gli altri erano preti secolari, e il salvatore un frate minore: il dissidio è acerbo, perenne nella Cronica; non che occultarlo, Salimbene lo dispie-, ga, l'ostenta, se ne trastulla. E' l'uomo del convento, stretto al suo drappello; e se questo si scinde, come accadde a più riprese nel primo secolo dell'Ordine, egli proietta la sua ostilità sui fratelli discordi. Santa semplicità! Poiché il carattere di Salimbene è la negazione di ogni ipocrisia; e anche di ogni accidia. E' il francescano delle origini ; i suoi fratelli più'anziani avevano parlato col Santo. Ed essere frate gli piaceva, come gli piacevano tante cose umili ed oneste ; ed anche vivere e girare per il mondo, e sapere dei vari costumi, e degli uomini d'ogni ceto; delle vigne, e delle messi ; e dei lupi, e dell'Anticristo, che Gherardino Segalelli gli assicurava ch'era già nato. Tutto si dispone per lui su di un piano dimesso, mediocre, pettegolo, se si vuole; ma senza ambagi, a linee incise e dense, come i tronchi d'una selvetta su di un orizzonto sereno. Ferdinando Neri

Persone citate: Asdente, Federico Ii, Ferdinando Bernini, Guido Bonatti, Innocenzo Iii, Michele Scotto, Osvaldo Holder-egger

Luoghi citati: Bologna, Borgo San Donnino, Italia, Parma, Pisa