I TRE GIORNI DI PASSIONE dei legionari della "Tagliamento"

I TRE GIORNI DI PASSIONE dei legionari della "Tagliamento" italiauti som, rflojyrg ggL noi* I TRE GIORNI DI PASSIONE dei legionari della "Tagliamento" L'epica resistenza di un battaglione isolato nella steppa contro i rinnovati attacchi di soverchiane forze sovietiche (Da uno dei nostri inviati) Fronte del Don, 14 settembre. L'ordine di sistemarsì-a difesa su alcune quote giunse che gli uomini del X Battaglione Camicie Nere della « Tagliamento » avevano ultimato allora allora le postazioni sulla « ballai ». Il comandante del Battaglione, un uomo alto di statura e largo di spalle ma col volto piccolo, ascintto, il naso filato e le labbra sottili, cercò con un leggero sorriso le due quote sulla carta. Sapeva che queste altro noti erano che semplici entità geografiche, segni pressoché convenzionali ritrovabili sulla carta ma non altrettanto facili a ritrovarsi atti terreno. 'Sulla carta difatti ritrovò subito le due quote fra una sene di curve di livello che, in prossimità del Don, si avvicinavano quasi a toccaisi. Ma quando, dopo averle fissate sulla carta, alzò lo sguardo per cercarle sul terreno, egli non vide davanti a sè che uh succedersi di curve tutte uguali, un accavallarsi monotono di ondulazioni larghe senza rilievi, senza creste, senza una gibbosità qualsiasi, suscettibili di distinguere un punto dall'altro, perchè nella steppa, sotto l'appa renza di eterna metamorfosi, le stesse forme si ripetono all'infinito. Il seniore perciò cercò sulla carta qualche punto di riferimento: una lieve insenatura del Don, una curva di livello, un incrocio di piste e alcune <: balke », quegli squarci e quelle crepe, cioè, che si incidono profonde nella steppa, mettendone spesso a nudo le viscere stesse. E diede ordine agli autocarri di mettersi subito in marcia. Occorreva far presto. L'ordine di. trasferimento sulle due quote era giunto alle 11,30. Alle 15 la colonna autocarrata giungeva ad un chilometro dalle quote, due lunghe ondulazioni un po' gibbose all'estrema destra e all'estrema sinistra e so-3rastanti parallelamente il corso ci Don. Preceduti sulla « quota » Precedeva la vettura del comandante con tre autocarri. Un po' distanziato il resto della co lonna. Ad un tratto, mentre.le prime quattro macchine scendevano lungo un costone, echeggiò una scarico di mitragliatrice, subito seguita dal crepitio della fucileria. E poi un'altra scarica di mitragliatrice ed altra fucileria. Veniva, questo fuoco, da una pista che portava da est, verso unti delle quote da occupare, e prendeva i nostri sul fianco. Il nemico aveva preceduto le Camicie Nere sulla quota. Davanti a sorprese del genere è anzitutto questione di calma. E la calma non mancò al comandante del Battaglione. ■ Fatti scendere gli uomini dai primi tre autocarri, egli iniziava una immediata reazione di fuoco; mentre nello stesso tempo provvedeva ad arrestare la colonna degli autocarri e a schierare il grosso del Battaglione a difesa. Ma la posizione apparve subito insostenibile. I rossi premevano in forze, dilagavano da ogni parte attraverso le .« balke », apparivano all'improvviso fra le alte erbe della steppa, sparavano con le armi automatiche, scomparivano per riapparire di nuovo più avanti e più numerosi. Il comandante allora, dopo avere 7nesso al sicuro gli automezzi, ordinò ai reparti di portarsi in una posizione più anetrata, all'incrocio di due piste, sopra una specie di pianoro lievemente in pendenza. Due ore dopo, di fronte e sulla destra, i rossi attaccavano con violenza inaudita. E incominciarono così quelli che ora i legionari della « Tagliamento n chiamano « i tre giorni di pussione ». Uno contro dodici Per tre giorni difatli questi legionari, attaccati, premuti, circondati da ogni parte da un nemico dodici volte superiore, sep pero resistere, difendersi e con trattaccare. Per tre notti e per tre giorni non chiusero occhioche il nemico, continuamente rin forzato, attaccava in tutte le ore con un accanimento che a volte raggiungeva il parossismo. Tre volte accerchiati, tre volte saprirono un varco, il comandante del Battaglione in testa. E ogni volta si portarono dietro ■morti e i feriti, e ogni volta sattestarono su nuove posizionper resistere ancora e combattere. Senza possibilità di rifornimenti regolari, quelle Camicie Nere lesinarono sulle munizioni, miaogni pallottola sparata aveva la sua vittima. Si batterono con i calci dei moschetti e con i pugnali. Si accontentarono di una galletta per tre giorni. Succhiarono la rugiada dalle erbe della steppa-. Furono per tre giorni un migliaio di uomini che non avevano più nulla nel cuore, più nulla nel corpo se non la brama darginare la fiumana nemica, dripetere sulle steppe assolate deDon le gesta compiute nell'inverno sui campi di neve del Doneda loro stessi o dai compagnquelli caduti e quelli rientrati iPatria feriti. L'esempio dei capli univa, li fondeva, .te faceva uncosa sfila. Sulla nuova posizione dunqula lotta si accese subito furiosaEbbe flussi e riflussi. Ad un certo momento ì rossi giunsero pochi metri. Venivano avanti frl'erba, t « parabellum * e i fuciautomatici tenuti a metà vitaSparavano a raffiche, spostandos\ con il corpo leggermente da destra a sinistra e da sinistra a destra. Un reparto di Camicie Nere, nascosto nell'eibu, scattò i piedi, atterrò i rossi a bombe a mano, si impadroni delle loro armi automatiche e con queste continuò a combattere. Ma a poco a poco la nuova posizione apparve anch'essa insostenibile. Il nemico aveva portato sotto i mortai e slava dilagando con notevoli forze s-ulla destra nell'intento di aggirare i nostri da tergo. Le munizioni d'altronde incominciavano a scarseggiare. Tutto era stato rovesciato sul nemico. Un secondo ripiegamento si impose. I militi andarono ad attestarsi nuovamente all'incrocio di due piste.' Ma il nemico, sempre rinforzato, non tardò a farsi sotto. Qualche sua pattuglia cercò di insinuarsi nel nuovo schieramento. Venne accolta e respinta con le ultime bombe a mano. Frattanto era caduta la notte, una notte formicolante di stelle, con qualche nube solitaria cullata dal vento e un freddo pungente quasi gelido portato dalle steppe lontane. Nel silenzio perfetto si sentita distintamente il vociare dei russi che si appostavano- e di quando in quando gli ordini secchi impartiti con voci rauche. I legionari aspettavano l'attacco dà un momento all'altro. Erano ormai decisi a resistere fino all'estremo sacrificio perché sapevano che la loro resistenza avrebbe permesso ad altri nostri reparti di sganciarsi. Finite le munizioni, essi avrebbero combattuto con la baionetta e con f pugnali e, se la baionetta e il pugnale si fossero spezzati, si sarebbero battuti con le mani e con i denti. Passò un'ora. Poi arrivò dalla destra il fragore distinto di una battaglia: il frullìo della mitraglia, gli scoppi laceranti dei mortai e il martellare cupo dei cannoni che battevano, battevano all'orizzonte e ogni loro colpo striava la notte di fiamme gialligne e di lingue bianco-bluastre. Prima di mezzanotte il fragore della battaglia incominciò a diminuire; si smorzò lentamente; si spense del tutto. I nostri si erano sganciati dal nemico. E i legionari ripresero a sentire il vociare dei russi vicini. II comandante allora radunò gli ufficiali per esaminare la situazione: il nemico riceveva rinforzi di continuo. Se ne sentiva l'avvicinarsi attraverso il vociare degli uomini e il fruscio delle erbe. Di sicuro attendeva l'alba per attaccare. I nostri reparti d'altronde si erano sganciati. All'alba forniti di armi e di munizioni i legionari erano schierati lungo la « balka » che da quota X scende sulla sinistra di un villaggio. Alle 7,50 le postazioni per le armi di accompagnamento e per gli uomini erano ultimate. Con pochi attrezzi a disposizione i legionari avevano scavate le postazioni servendosi soprattutto dei pugnali. Un anno fa qirca gli stessi uomini o i loro camerati feriti o caduti avevano incavato con le punte dei pugnali i gradini per scavalcare il fosso anticarro di Pawlograd, largo tre metri e profondo quattro. L'attacco nemico Passò il giorno senza avvenimenti notevoli. Venne la nuova notte con tutte le sue stelle. Celati fra l'erba, acquattati entro le buche, i militi attesero il nemico il suo avvicinarsi era stato segna lato dalle pattuglie e successiva¬ mente dal solito vociare degli uomini, dagli ordini rauchi e secchi. Verso le venti si senti un urlo, un grido altissimo- « Urrah! Urrah! » ed i russi attaccarono. Vennero respinti dopo due ore. Attaccarono di nuovo a mezzanotte e furono di nuovo respinti. Il terzo attacco versò le tre del mattino venne condotto a grande velocità e fra urla forsennate. A tratti gli « Urrah! » degli assalitori dominavano il crepitìo delle armi. Si esaltavano quegli uomini nella febbre de1 combattimento e nelle urla. Sembravano, i loro « Urrah! », grida di sparvieri che piombano sulla preda; ululi di sciacalli in caccia, e sembrar*' ,io pure appelli terrificanti di gente perduta, tanto c'era qualche cosa -di angoscioso in quel grido di guerra che il clangor della battaglia ben presto assorbiva e assopiva. L'attacco urlante venne per la terza volta rattenuto e respinto dopo essersi frazionato in decine di duelli frenetici, di scontri a corpo a corpo, durante cui le Camicie Nere si trovarono a fateia a faccia col nemico, e alle prime luci del giorno poterono fissarlo negli occhi e lottare con lui in iin susseguirsi mortale di finte e controfinte. Alle sette il seniore inviaxta al comandante della « Tagliamento » il seguente fonogramma: «Sono fortemente premuto sul fronte di tutto il battaglione, ma in modo\particolare sulla sinistra. Sono privo di wiunteioni per le armi da accompagnamento. Ho armi che non funzionano. Resisto ugualmente ». Paolo Zappa

Persone citate: Paolo Zappa