Guardarobiera del conte

Guardarobiera del conte Guardarobiera del conte JHTllHlllllllIMlllllllllllllllllllllllllllllItlllllllllllllllllllVi dispiace se vi riconduco ella casa napoletana dove traorse la mia infanzia, fra due rasognate sorelle e una mamma orse un po' troppo facile al ianto e al rÌ60? Era uno stanne alla base del campanile di ant'Agostino degli Scalzi, come dissi; una porta-finestra da a in un'esigua striscia di terremo sassoso come il letto di un tornte, che noi chiamavamo giarno ; sei lire al mese pagavamo affitto. , Come guardarobiera del conte ì M. la vedova Marotta (questa madre dalle lacrime e dai sorrisi ubitanei, che mi ha trasmesso nolti connotati fisici e la confienziale perentoria maniera di parlare dei miei guai ai santi) odeva un salario di dieci lire ettimanali. Mio padre, avvocao e signorotto irpino, l'aveva resa dal popolo in seconde noze, questa sarti aa di venticinque nni più giovane di lui: moreno dopo una lunga dispendiosa malattia non le lasciò che i Nari, una zia e non so quanti cuini ricchi, i quali appunto riucirono a procurarle il posto di uardarobiera presso il nobiluomo che ho detto. Mia madre arlò alla za Nardi del seppellimento di mio padre. Domandò: — Voi che siete sua sorella, e he possedete una tomba di famiglia a Poggioreale, non potrete accogliervelo? La zia Luisa era una gelida vecchietta con la quale spero che non mi sia riserbato nessun inontro ultraterreno. Rimproverò mia madre per la sua "vanità, la sortò ad adeguarsi al nostro nuovo stato, dichiarò che il colocamento di suo fratello nella omba dei Nardi esigeva costoissime pratiche e promise che io avrei potuto recarmi nella sua villa tutti i pomeriggi, per ritirare gli avanzi del pranzo. Deducetene che mio padre si allogò nella fossa comune, dove immagino che Dio fosse costretto a frugare a lungo, ogni volta che gli orfani e la vedova pregavano per il defunto avvocato ; quanto ai cibi, andavo effettivamente a ritirarli ogni giorno alle sedici e ancor oggi, se ci ripenso, mi sentori tepore e la forma del pentolino fra le dita, mentre le inferriate del Ponte della Sanità (ì Nardi abitavano a Capodimonte) mi sfilano accanto non più rigide e fredde come mi apparivano allora, ma illeggiadrite e spiritualizzate dal ricordo, dolci come stecche di ventaglio. Nel pentolino la zia Luisa mescolava tutto, spaghetti e insalata e magari croste di i sfogliatelle » ; una volta ci trovammo anche un pettine, ma onestamente lo restituimmo. E da un maturo cameriere del conte di M., dopo un po' che serviva in quella casa, mia madre ebbe una proposta di matrimonio. * * Ah pensate a una casa di poveri, posta al piar*verreno di un campanile, nel giorno in cui la giovane vedova che ha suddiviso il locale mediante coperte sostenute da corde tese, per separare di notte il figlio maschio dalle femmine, viene chiesta ufficiai mente in moglie da un grasso e bonario cameriere. Ada, la mia sorella maggore, mi aveva vagamente informato di ciò che sta va per accadere. Per tutta la mattina io non ebbi il coraggio di guardare mia madre ; del re sto immagino che essendo egual mente occupata a sfuggire i miei occhi attoniti non si avvide del mio disagio. Era una nuvolosa domenica di marzo; mia madre cominoiò a sfaccendare con lo strofinaccio fin dall'alba, come se avesse dovuto asciugare tutta la città lavata dalla pioggia; spolverò e lucidò con l'alito il grande ritratto di mio padre, fece altrettanto con noi, ci collocò su tre sedie contro la parete d'in gresso, specialmente della mia pettinatura pareva preoccupata Ricordo i volti seri e assorti del le mie sorelle (le bambine, al contrario dei maschi, hanno sem pre l'aria di saper tutto sul ma trimonio; direi che le bambine nascono sposate) ; e quanto a me sentivo di essermi irreparabil mente smarrito, suppongo che mi ero trasformato in uno qualsiasi degli oggetti della casa, dei più fragili, forse il lume a petrolio, to la campana di vetro su Gesù Bambino, che poteva cadere ed infrangersi da un momento all'altro. Pensavo alle sere che andavo ad aspettare mia madre in Via dei Mille, presso la Casa del Conte. Compariva e con lievi gesti mi rassettava il vestito. Prendevo la sua mano e ci avviavamo. Era lunga la strada ; bulle salite del Museo o di Santa Teresa io camminando mi addormentavo, con la fiducia e il tepore di quella cara mano nelle dita. Ah, forse non più che per un passo o due; riaprendo con un sussulto gli occhi pesanti tornavo a vedere il suo volto bianco dietro la veletta; eravamo a Toledo e lei già diceva: <r Poppino, siamo arrivati ». Possibile che ora avesse dimenticato tutto questo? «Mamma, tu eri già fidanzata con me ! » avrei voluto dirle mettendomi a piangere. . * * Arrivò prima don Giulio, il rngino prete, che doveva presiedere alla cerimonia: mentre mia minte chgmste diguDPsechsizisesumzatàfisemcaggt'riledm—Prm—èLladvgsnpmètlsrcdgrcocodCqsaPNppmp—gafszlstddmsmmDschsd llllllllIlHlllllllllllliHIIIHIIIiliiiiiiiHiniHll,,!!,!!!», e o i l a e o e a l ò a l e e e i u e a n i ai mi e o e o ti o a: so ri onil ea madre gli serviva il caffè, entrò in una folata di pioggia l'eventuale promesso sposo. Si sedette e si mise il cappello sulle ginocchia. La tonaca e l'anello del cugino prete lo intimidivano. I miei occhi erano diventati finestre; lo pareti si allontanavano e noi eravamo tutti là, al'centro di una radura. Mia madre non guardava niente e nessuno. Disse : — Don Giulio, questo e don Pasquale di cui vi ho parlato. — Buonasera eminenza — disse il cameriere grasso. — Non sono eminenza — dichiarò il cugino prete. — Monsignore, bacio le mani. — Non sono monsignore. — E pazienza. Gradite il pensiero — concluse con rassegnazione il cameriere grasso. Silenzio. Mia madre non si era seduta. Ritta 60tto il ritratto del suo morto avvocato era andata a mettersi, piccola e bianca e senza forme come le mamme in realtà non sono che nel ricordo dei figli maschi. — Parliamo, Concetta — disse il cugino prete. — Mi vuole — disse semplice mente mia madre, indicando il cameriere grasso Il cugino prete formulò adeguate domande. Il cameriere grasso dichiarò che era da vent'anni a,l servizio del conte di M., rivelò che possedeva un gruzzoletto, confermò la sua intenzione di sposare al più presto mia madre. Concetta sfammi a sentire — disse il cugino prete. — Don Pasquale mi sembra un uomo serio, con ottime intenzioni. Per me, non vedo difficoltà. Gesù — disse mia madre. — Domandategli perchè non si è.sposato prima ! Non riconoscevo la sua voce. Le parole pareva che le si tarlassero in bocca. Se una vedova di avvocato, successivamente diventata guardarobiera, può sogghignare, ritengo che mia madre sogghignasse. Vedevo le sue mani tremare. Ripetè: — Perchè non vi siete sposato prima? — Non lo so — rispose il cameriere grasso. — Il matrimonio è come la morte, viene una volta sola. — Francamente, don Pasquale, questo non è normale — disse mia madre, con un riso isterico. — Voi arrivate a quarantacinque anni senza sposarvi, e poi di colpo, vedete me... — Signora mia, destino; si gnifica che a questo dovevo ar rivare. Il cameriere grasso aggiunse che non giustificava l'evidente ostilità di mia madre. Che cosa c'era da dire sul suo conto? Era onesto, aveva una casa e un po' di denaro: tutto il rione di Chiaia poteva rispondere di questo. Il cugino prete approvò celestialmente. Mia madre sussultò accorgendosene. Disse: — Nel vostro interesse, Don Pasquale, non fatemi parlare ! Il cameriere grasso impallidii. Nella vita dei camerieri grassi, per esemplari che siano, c'è sempre qualche fosco episodio di marsine rivoltate e fatte pagare per nuove al padrone. — Donna Concetta, che c'è? — disse comunque il cameriere grasso. Mamma, ti rivedo. Addossata al muro sotto il ritratto del defunto avvocato, tu ti irrigidivi sempre più ; uria pietosa fierez za induriva il tuo volto bianco e le parole ti si tarlavano in bocca — I miei ' tre figli, don Pa squale. —"Certo — disse il cugino prete. — Avranno in lui un secondo padre. — Così è — disse sogguardandoci il cameriere grasso. — Figuriamoci — esclamò mia madre. — Proprio voi ! Per questo li ho allevati. Per darli in mano a voi. Forse volete co minciare? Peppino, vieni qua Don Pasquale ti vuol dare uno schiaffo ! — Uno schiaffo? — balbettò il cameriere grasso. — Ma io gli ho portato le caramelle... — Saranno avvelenate I — strillò mia madre, collocandosi fra noi e lui. — Padre, giudicate voi 6e que sto è il modo... — disse sbalor dito il cameriere grasso. — Don Giulio, non ci seccate — replicò mia madre. Parve aspirare tutta l'aria dello stanzone. Senza riflettere, vuotandosi di parole come se si vuotasse di un convulso pianto, strillò : — Ditelo pure che vi fanno "ola ! Mi levo il pane di bocca per nutrirli! Lavoro giorno e notte e voi lo sapete! Li tiro su come meglio posso, e perchè lo faccio? Per darli a don Pasquale! Perchè don Pasquale si sfoghi! E come no! Ada, Maria, Peppino, eccolo qua il vostro secondo padre... Vi romperà le ossa ! , Il cameriere grasso si alzò. Rivoletti di sudore gli scorrevano sulle guance violette di barba ben rasa. Disse : — Io? Io picchio i bambini, forse ? — Don Pasqua', e voi siete anche presuntuoso ! — ribattè mia madre, con una veemenza che vsuilsufocuclifsfagGlspmdso fece riadagiare spossatosulla sedia. — Voi chi sa perchè vi credete diverso dagli altri... vi date arie di superiorità! Ma con me non attacca. Eccovi la mia risposta: no. .1 bambini non si toccano. Don Pasqua', non vi voglio. — Parlate voi, eminenza — supplicò, fra sintomi di asfissia, il cameriere grasso. Ma mia madre si era chinata su di lui, parlava come se gli si fosse inginocchiata davanti : — Un padrigno, don Pasqua', che schifo ! Lo avreste voluto, Lasciateci perdere, una vedova e tre orfanelli. A voi che vi costa? Peppino è così delicato... ci sono tante vedove con figli grandi, robusti, che si possono difendere... Don Pasqua, fate un matrimonio da uomo! Il cugino prete e il cameriere grasso si alzarono insieme. — E' pazza — disse don Giulio. — Se non vi dispiace tolgo l'incomodo — balbettò don Pasquale. Il cameriere grasso uscì per primo. — Le caramelle ! — gridò mia madre, rincorrendolo e infilandogli il pacchetto nella tasca del soprabito. Infine don Giulio osservò brevemente che mia madre aveva un pessimo carattere. Disse : • — Hai perduto un'ottima occasione di sistemarti. E non so fino a quando potremo continuare ad aiutarti. — Avete ragione — disse umilmente mia madre. — I tempi sono duri. Da domani non manderò più il pentolino. Il cugino prete uscì per sempre dalla nostra vita, con tutti i Nardi. Le nuvole si erano diradato; il sole irruppe dalla porta-fine6tra, proprio come se don Giulio gli avesse ceduto il passo sulla soglia, o meglio come se durante tutto quell'indimenticabile trattenimento egli lo avesse tenuto avvolto nella sua tonaca nera. Mamma. Tu ti sedesti in mezzo a noi, ed era evidente che nè allora nè mai ci avresti dato un secondo padre. Senza una parola, senza guardarci, ci scompigliavi i capelli, ci spiegazzavi i vestiti che all'alba avevi rammendati e stirati con tanta cura ; e ora non ci 6ei più, trent'anni,' sono passati da quel giorno, piccola e bianca guardarobiera del conte.. Giuseppe Marotta

Persone citate: Chiaia, Donna Concetta, Gesù, Gesù Bambino, Giuseppe Marotta, Marotta, Nari

Luoghi citati: Capodimonte, Toledo