Due nasi di cartone

Due nasi di cartone Due nasi di cartone A quel tempo il pittore M. era molto povero. Viveva con la donna che aveva sposata da poco, in un quartierino alla periferia. Il matrimonio, secondo i propositi del pittore, avrebbe dovuto mettere fine alla corruzione dei suoi costumi e dargli la calma necessaria per lavorare. La fortuna l'aveva assistito facendogli incontrare una candida giovane dotata oltre che di grazia di una straordinaria pazienza. Mai essa si lamentò una volta delle sregolatezze e stranezze, delle apatie, nelle quali ogni tanto il marito ricadeva, come neppure mai si dolse della miseria che affliggeva la loro casa. Tutto ciò per il pittore M., che in fondo era di animo mite e buono, rappresentava lo stimolo più grande, alla buona condotta. Si può affermare infatti che al tempo di questo episodio la situazione era assai migliorata: da parecchi mesi, nè il vino, nè le donne, nè ie perfide compagnie avevano distolto l'artista dal 'suo lavoro ; che era di duplice natura: quello orgoglioso e improduttivo del cavalletto e quello abbastanza redditizio che consisteva nell'affrescare e qualche volta anche soltanto imbiancare le cappelle di certe chiesette foranee. Evidentemente questa idea aveva una nobile origine di concepimento, anche se rivolta a fini commerciali. Il desiderio di raccogliere la lezione dei maestri, non fu di sicuro assente dai suoi pensieri, e lo sanno.i preti di campagna ai quali egli vantava per lunghe ore la bellezza dell'affresco, ammonendoli, con gli esempi degli antichi, a non lasciar decadere un costume che ha la sua grande parte nella gloria della Chiesa. Che fosse in buona fede e non parlasse soltanto per procacciare commissioni, lo dimostrava l'impegno col quale, specialmente nei primi tempi, eseguì gli affreschi. Chi visitasse certe chiesette della Bassa Lodigiana non gli mancherebbe la gioia di qualche scoperta. Tanta sincerità e tanto sforzo non possono essere compromessi dalle saltuarie depressioni nelle quali l'artista e il suo aiutante cadevano, come quella volta che si bevvero le varie dozzine d'uova avute dal canonico per l'esecuzione della pittura, secondo la norma antica che l'uovo rende compatto e plastico il colore. Non fu facile convincere l'incredulo prelato ad aprire la dispensa per un uso così aasur do, ma infine piegò di fronte agli altissimi esempi citati dal pitto re. In quell'epoca gli accadeva ancora di girare a stomaco vuoto per le parrocchie del Milanese. **# Dunque, una sera il pittore M vide la moglie rientrare in casa piangente. — La mamma sta male — essa disse. — Sono venuta a prendere qualcosa per la notte. Non posso neanche farti da mangiare. Per stasera potresti andare in trattoria. — No, no — egli disse — non ho voglia di uscire, mi fo qualcosa da me, e poi vado a letto, e auguri — aggiunse con quella sua voce pacata, sempre di cuore, mai per nulla ironica, anche se velatamente astratta. Ma rimasto solo, quella serata libera gli si aperse davanti in una sterminata latitudine. Dopo tanti mesi laboriosi, il tarlo di gioventù gli si riaffacciò alla mente con meravigliose attrattive. E poiché una volta che l'idea era venuta, nessuno l'avrebbe più scacciata, si mise senz'altro ad immaginare come meglio avrebbe potuto fare, e la decisione fu assai temperata: niente trattoria, nè donne, ma soltanto una cena a due sotto il tetto coniugale con l'amico più caro, che era poi il suo assistente, compagno remissivo di tante avventure. In tal modo egli si circondava di attenuanti, preoccupato anche 'di non arrecare offesa al dolore della moglie. Si sentì a posto, quasi lusingato di una soluzione tanto moderata e umana, e uscì a prelevare l'amico e a fare acquisti di cibi e di vini. Ritornarono insieme e solennemente si misero a tavola. Saranno state le nove di sera. #*# Cominciarono lentamente, conversando adagio. Si conoscevano a fondo e non duravano fatica a capirsi. Sarebbero stati benis simo anche a non dir nulla e a guardarsi sorridendo i bocconi Ma queBte non erano .le inten zioni del pittore M. Mangiare e bere in compagnia per lui voleva dire anche conversare, anzi soprattutto conversare, spingen do al massimo l'impiego della fantasia in argomenti che gii erano cari: l'arte e la morale L'amico che aveva di faccia non era un contraddittore sollecito, ascoltava e annuiva, oppure taceva sorridendo. Ma questo acca deva soltanto all'inizio. Col pas sare del tempo si scaldava e prò gressivamente veniva a galla, e allora si vedeva quant'egli fosse carico di convinzioni e di argomenti per farle valere, pur conservando anche lui, come il pittore M., la più grande tranquillità. E amici forse erano diven tati proprio per questo: l'iden tica assoluta mancanza di scatti, di ire, di gesti istintivi, si fossero pure trovati nelle più vio lente congiunture. Il loro gusto era di ragionare per scoprirsi le idee- e rivangare il bello che c'è nelle cose umane. Se non si trovavano d'accordo andavano per le lunghe fino a che una leggera pressione di prestigio del pittore M. non induceva la natura più arrendevole dell'amico ad as sociarsi. Si può dire che fu verso '.e undici che la conversazione raggiunse il suo punto supremo. A quell'ora molte bottiglie erano già state eliminate e si approssimava il turno dei liquori, prima i.rosoli, poi i secchi per ridar timbro al palato. La stanza appariva, nella calda nube di fumo, al limite ideale per spronare gli spiriti alle pùnte di resa. Era il momento in cui il pittore M. si faceva ancora più guardingo e distillava lo parole per le sue frasi, provando euforia a staccarsele dalle labbra. Ed era anche il momento in cui bisognava condensare il proprio pensiero senza ripetersi. Troviamo dunque i limiti alla lezione di Cezanne. Oppure problemi più vasti, sempre tenuti in precisi contorni, di civiltà e di costumi. Ma soprattutto era a questo punto he s'infiltrava nella conversazione un dato impuro in tanto diinteresse : il proprio lavoro d'arista del pittore M. Dei suoi quadri non parlava mai, ma giunto à certi culmini si scopriva e aludeva con improvvisa manovra ai suoi ideali, senza tema alcuna di apparire vanitoso agli occhi clementi dell'amico. Era una breve digressione, ma ne usciva pago. Dopo di che, anche quella sera, la conversazione si allentò A mezzanotte non c'era più nul la da bere, la più attenta ricognizione non fruttò che qualche dito di marsala in una bottiglia stappata: un obbrobrio in tanta delizia, ma finirono per inghiottire anche quello. -- - . **# Ma come si poteva mettere fine ad una serata come quella? Si sentivano ancora ben desti. Che si poteva fare per superare la crisi? Avvenne casualmente che là loro attenzione, mentre giravano estasiati e costernati per la casa, si fermò a due grossi nasi di cartone dai vivaci colori appesi a una parete. II pittore M. ne prese uno e se lo mise, l'amico fece altrettanto. Poteva essere un rimedio al tracollo ormai imminente. Si rimisero infatti a sedére e riattaccarono con grande impegno a parlare. Arturo Tofanelli

Persone citate: Arturo Tofanelli, Cezanne