I disperati tentativi sovietici sul Don inesorabilmente respinti dagli Italiani

I disperati tentativi sovietici sul Don inesorabilmente respinti dagli Italiani NEI* SETTORE OVE VI GII. A. Jk'AMfZJB I disperati tentativi sovietici sul Don inesorabilmente respinti dagli Italiani Due giorni fanti della di furiosi combattimenti, sostenuti dai " Pasubio „ e dai Legionari • Violenti scontri corpo a corpo - Numerosi prigionieri catturati (Da uno dei nostri inviati) Fronte de! Don, 26 agosto (ritard.) Dopo il fallimento dei primi tre tentativi, i sovietici cercarono nuovamente di passare il Don due volte in due giorni, ieri e ieri l'altro, una volta all'alba e l'altra poco prima di mezzogiorno. Zia battaglia a cavallo del fiume si risvegliò all'improvviso in un gracidare tambureggiante e furioso di ranocchi metallici. E si protrasse ogni volta per ore. Per ore il nemico, con accanimento, con disperazione, immise nella lotta forze fresche a rincalzo di quelle che nella notte avevano traghettato il fiume e, approfittando della topografia del terreno, a canneti e a boscaglie, si era appostato nei punti strategici più convenienti. Falciata una prima ondata, ne appariva una seconda, una terza. Per ore i sovietici continuarono a sbucare, come vomitati dal fiume stesso. Accanimento nemico Tanta insistenza si spiega. E' più che logico — dal punto di vista sovietico, beninteso — che i rossi si sforzino di sfondare nel settore tenuto dalla nostra Armata. Man mano, difatti, che l'attacco tedesco su Stalingrado si è fatto più minaccioso e inesorabile, man Viano che la cavalcata tedesco-alleata sul Caucaso divenia più travolgente, al Comando moscovita si impone, più necessaria che mai, una offensiva di alleggerimento. Per le forze impegnate dai sovietici e da noi sistematicamente contenute e distrutte, per il furore stesso della battaglia e per l'importanza deqli obiettivi, il settore tenuto dall'Armata italiana in Russia — settore che non si può fissare con un nome, perchè lungo i chilometri e chilometri del suo schieramento non esiste una grande città e nemmeno una località degna di rilievo, ma soltanto sparuti villaggi cosacchi — è ormai diventalo un simbolo come Voronez, come Orel, come Rscev: un simbolo della disperazione sovietica e dell'insuperabile e insuperata capacità delle truppe dell'Asse, sia nell'offesa come nella difesa. Una differenza tuttavia esiste nei confronti di Voronez, di Orel, di Rscev; ed è che un eventuale successo russo nel settore in parola avrebbe più immediato riflesso sullo svolgimento delle operazioni verso Stalingrado e 8ul Caucaso, inciderebbe più direttamente sul dis]K>sitivo germanico e alleato. Di fronte a una posta così alta, perciò, è naturale che il nemico abbia tentato e ancora tenti di passare, sacrificando uomini e materiali. I tentativi di forzare il Don, ieri e ieri l'altro, incominciarono in modo identico. Poco prima del l'alba, da un punto qualunque, una batteria sovietica si mise a sparare un poco qua e un poco là, quasi non avesse un bersaglio preciso. Poi tacque. E subito una seconda, una terza, una quarta presero successivamente a sparare Lì per lì si poteva avere l'impres-' sione che i rossi non sapessero sparare o avessero soltanto voglia di sprecare munizioni. Simili tiri all'apparenza disordinati, dovevano invece servire a tastare il terreno; con essi il comando sovietico cercava di provocare la nostra reazione, di disturbarci, di infastidirci. Durarono due ore ieri l'altro. Poi dai canneti e dalle boscaglie davanti ai nostri avamposti si videro sbucare i primi reparti sovietici, si videro pure imbarcazioni scendere in acqua dalla riva sinistra e automezzi carichi di munizioni entrare decisamente nel fiume. Di fronte a tentativi del genere è anzitutto questione di calma. E la calma non mancò mai nè ai comandanti, nè ai gregari. La reazione dipènde dal terreno, dalla larghezza del fiume, dalla velocità della corrente, dalla irruenza dell'avversario e dalla maggiore o minore possibilità di concentrare nel minore spazio di tempo la più grande massa di fuoco. Ieri l'altro i sovietici attaccarono, con gli effettivi di una divisione, nel punto di congiuntura, due nostre unità. Uscendo dalla solita boscaglia, malgrado l'immediato tiro di sbarramento, tre battaglioni di fucilieri, seminando di morti la strada, riuscirono ad attestarsi sopra una leggera ondulazione del terreno. E da qui, ricevuti massicci rinforzi, partirono a ventaglio all'attacco. A un certo momento vennero a trovarsi a 50, a SO, a 20 metri, dalle nostre posizioni. La nostra reazione Allora i Bersaglieri e le Camicie Nere innestarono le baionette e attesero. E cominciò il corpo a corpo. Durò un'ora, e fu un susseguirsi mortale di finte è controfinte, durante cui i nostri, trascinati dagli ufficiali, vennero a trovarsi più volte alle spalle dei rossi; e questi, sospinti dagli ufficiali e dai commissari, alle spalle dei nostri. Alla fine, i sovietici, decimati, furono rigettati sulla leggera ondulazione del terreno raggiunta, al primo balzo. Tina volta qui, si trovarono in una situazione disperata. Indietreggiare oltre, raggiungere cioè la boscaglia e ripassare il fiume era impossibile, perchè, frattanto, la. nostra artiglieria si era fatta sotto, e manteneva un infernale fuoco di sbarramento; riprendere V attacco nemmeno, perchè il terreno era scoperto e battuto, metro per metro, dalle mitragliatrici e dai mortai; resìstere sul posto, su quella gobba appena accennata, senza un appi glia e senza un pezzo di manovra, meno che mai. Isolati da una cortina dì fuoco, premuti sui fianchi, quei mille, milleduecento uomini superatiti di una intera divisione, non si arresero. Scavarono affret latamente delle piccole trincee e vi si appiattarono dentro. Battu te dalle nostre artiglierie, sgretolate a poco a poco e livellate, queste, trincee, dopo alcune ore, si cambiarono in una tomba comune per quei disperati. L'attacco di ieri venne portato — inizialmente con irruenza minore, ma in più forze — tre divisioni di fucilieri, fra cui una di siberiani — e si sviluppò su di un fronte più vasto e con un più ampio senso della manovra. Assalti senza economia / fanti della « Pasubio », che già avevano arginato la scorsa settimana due tentativi precedenti, videro i sovietici muoversi tra i canneti, quando il Don, sotto il sole dello zenit, sfavillava di briUii come una lastra di cristallo. Ne falciarono con le mitragliatrici una prima e una seconda ondata. Il grosso del nemico tuttavia riuscì ad affacciarsi a un vallone che tagliava perpendicolarmente il nostro schieramento, tra N. K. e P. L. I rossi erano sostenuti da numerose armi di accompagnamento. I nostri li lasciarono avanzare per un certo tratto; ma quando essi stavano per convergere, con l'intenzione evidente di prenderci alle spalle, come ad un improvviso colpo di bacchetta, tutte le nostre armi automatiche, i mortai e i cannoni di accompagnamento aprirono il fuoco. I sovietici ondeggiarono indecisi. Qualche reparto indietreggiò, subito riuscendo a riportarsi tra i canneti; altri restarono e vennero decimati prima di potersi ritirare; molti continuarono ad avanzare, e vetinero in parte annientati e in parte fatti prigionieri. Neppure un'ora dopo, i rossi ripresero il tambureggiamento dell'artiglieria per facilitare ad altri contingenti il traghetto del Don, un poco più sulla destra, dove era schierata la legione croata. Ma si trattò di un semplice diversivo. L'attacco in forze doveva essere ripetuto lungo il vallone, nel punto cioè strategicamente più favorevole al nemico fosse stato possibile' raggiungere le ondulazioni circostanti, avrebbe rotto in due punti il nostro schieramento. Un battaglione rosso, che evidentemente stava di riserva fra i canneti, avanzò quasi di corsa quando sulla sinistra l'attacco a scopo diversivo non era ancora finito e dalla riva opposta altre forze iniziavano il traghetto. Seguì un assalto in massa- a formazione quasi chiusa, entro cui i nostri mortai e le nostre mitraglitrici aprivano un fuoco spaventoso. Senza economìa, il comando sovietico ripetè fino a sera gli assalti, e in ordine sparso e in or dine chiuso, tentò altri diversivi e sulla sinistra e sulla destra. Tutti finirono come il primo: o si esaurirono prima che i reparti raggiungessero le nostre lìnee, o si spezzettarono in dieci episodi frenetici, durante i quali i fanti della « Pasubio » e i militi della legione croata, malgrado la violenza del sole, la superiorità numerica del nemico e la sua implacabile ostinazione, tennero le armi ben salde nelle mani e seppero mirare freddamente e bene. Gli abitati di N. K. e P. L„ alle cui prime case si erano i> ,-,p £„„,,;,f„„ÌC„attestati i sovietici, vennero riconquistatiprima di sera. Paolo Zappa. Pattuglie nemiche operanti sui fronte egiziano vengono catturate dal pronto intervento dei nostri reparti. (Telefoto Luce - Cantori)

Persone citate: Orel, Paolo Zappa, Viano

Luoghi citati: Russia, Stalingrado, Voronez