IL BIVIO

IL BIVIO IL BIVIO «uhi HHimiiiiiiinmiiii in umiliti nLa strada era in salita. Irma, in testa, spingeva con forza e\con eleganza i pedali o vi appoggiava il corpo ora da una parte ora dall'altra. Il sole mattutino veniva di traverso ed ella vedeva nell'ombra al suo fianco i propri movimenti, e li correggeva secondo un principio di grazia che aveva fisso in mente. Sentiva la ruota di Federico frusciare a un palmo dalla sua ruota di dietro, vedeva l'ombra di lui ogni tanto avanzare è coprire l'ombra sua propria. Alle curve si voltava un poco per sorridergli e per sbirciare a che distanza venissero su gli altri due. Quando le sembravano troppo vicini, un gusto maligno affrettava il ritmo dei ginocchi ; sapeva che Margherita avrebbe da prima sbuffato e poi ceduto. Margherita s'affannava davvero, ma non voleva cedere ; guardava anche lei la propria ombra e lo dispiacevano quei suoi fianchi troppo grossi; era bene sforzarsi «per la lineai, tuttavia non perdonava all'amica di voler esser lei sempre la prima. Perchè dovevano tutti uniformarsi ai capricci d'Irma? — Ernesto ! Ernesto s'affiancò a Marghe rita. — Va' a dire a quella squinsia che se crede di farci buttar fuori i polmoni, ha sbagliato. Ernesto fece scattare .quelle sue gambe che sembravano corde d'acciaio e fu con poche pedalate all'altezza d'Irma. — Pare che stamattina quei di dietro siano fiacchi. Sei pregata di non correr tanto. — Correrei — disse Irma volgendosi ridente a Ernesto e affrettando per dispetto i movimenti. — Questo sarebbe correre? Ma vanno più forte i « pancioni ij ci lasceremo sorpassare da loro? — Uuh... — fece Ernesto — vuoi che li stacchiamo ? — e strizzò l'occhio. Presero l'avvio e una forte andatura. Federico, rimasto un po' indietro, gridò che si calmassero. Margherita era furente, aveva il fiato corto e pedalava come se si sforzasse, senza riuscire, di lanciare nell'aria quel suo grosso corpo. «Me la pagherai», si rodeva tra sè- contro Ernesto, cè questa l'ultima domenica che vengo in gita con tei. Tuttavia riusciva a tenersi vicina alla ruota di Federico. Questi, vedendo che i due davanti avevano preso la fuga e non sentendosi la voglia d'inseguirli, mollò' un poco per farsi affiancare da Margherita. — Sono pazzi quei due; facciamola con calma noi, Margherita, li raggiungeremo. — Che bella mattinata — disse Margherita con finta e affannosa disinvoltura —, jo me la godo, perchè ò stupido star col naso sul manubrio e buttar fuori il fiato senza guardarsi attorno, 60Ì0 per il gusto di divorar chilometri. Federico vedeva veramente che Margherita era costretta, nello sforzo di pedalare, a far più attenzione al manubrio che alla strada, <j osservava quella sua figura un po' tozza con le ginocchia grosse. Tra Irma e Margherita c'era la differenza che passa tra una poledra nervosa < una vitella placida. Ma Federico era un po' stanco dei capricci d'Irma. Tra poco sarebbero giunti al bivio; se i due davanti avessero av"uto l'imprudenza di non at tenderli neppur là, egli pensava di proporre a Margherita un cam biamento di rotta. Ma non sapeva fino a che punto Margherita fosse attaccata a Ernesto. Federico era stato sempre facile a innamorarsi, egli dava poco peso all'amore. Con le altre s'era divertito, ma con Irma era giunto a quella svolta pericoT Iosa, in cui dal passatempo si gira inavvertitamente al tormento. Forse quel giorno poteva cogliere l'occasione per liberarsi d'Irma. Dette un'altra sbirciata più attenta a Margherita e la trovò in fondo in fondo piacente con quesuo nasino all'iMÙ e col petto sodo che ogni tanto formava «rilievo» nello sforzo dell'ineguale pedalare. Tastò terreno. — Mi pare che Ernesto sia poco cavaliere. — Non me ne importa proprio niente. Guarda com'è bello quebosco di querce. Rado era il bosco in pendio, sche ogni quercia epiccava nella sua struttura: vecchi alberi contorti, che il sole illuminava dscorcio, facendo risaltare su datronchi solidi e neri le verdi tenere chiome e stampandosi sutappeto d'erba con chiaroscuri dtrine. Federico godeva piuttosto d'im magazzinare aria buona; quell'entusiasmarsi per il paesaggio ed esclamare ogni tanto: «guarda, bello •, gli parevano romanticherie. Già nel suo cuore nasceva il rimpianto per Irmach'era fatta un po' come lui; e, si rimproverava di non aver accelerato subito la marcia, quando quei due s'eran messi a cor rere Ora aveva sullo stomaco quella romantica di MargheritaCosa gli era venuto in mente n iiimimiuiimii mini iiiiiiiiiiiihiÌT per fortuna, non le aveva ancora fatto la proposta. Quando Ernesto con Irma si vide tanto staccato dagli altri due, cominciò a sentirsi colpevole e cercò di rallentare ; ma quel diavolo d'Irma ormai lo trascinava. — Ti sei mai innamorato d'una ragazza magra, Ernesto? — Irma sollevava una mano dal manubrio, si faceva solecchio e, guardando il compagno con una ridento ironia negli occhi, continuava a premer forte sui pedali appoggiando il ritmo con le spalle agili e alzando le belle gi nocchia nude. Ernesto aveva un difetto di pronuncia che nell'eccitazione della corsa gli s'accentuava ; certe parole gli s'inceppavano all'esse e quell'esse sibilava come una sirena? — Io amo le grasssse ; ma ce la faccio anche con le magre. — Furbone d!un Ernesto! In coda Margherita e in cima Irma; è così? Irma lo prendeva in giro; ella aveva una gran padronanza sugli uomini, sicura della propria attrattiva. Aveva scherzato e le piaceva ancora scherzare con tan ti; ma di Federico s'era inna morata; era la prima volta che s'innamorava d'un uomo. Non glielo dava'n capire, perchè era fiera; adoperava invece tutto il suo fascino e le arti femminili per tenerselo sottomesso. All'apparenza lo trattava come tutti gli altri, ma dentro il suo cuore per lui nascondeva sempre un po' di trepidazione. Anche ora che lo sapeva solo con Margherita, distanziati e fuori di vista, la pungeva una sottile gelosia; voleva vincerla e perciò continuava a scherzare con Ernesto. Non si fidava della volubilità di Federico. Se non fosse stato per mantenere il suo puntiglio, avrebbe rallentato. Perchè Federico era rimasto indietro con Margherita? Come non era 6tato geloso d'Ernesto e non li aveva inseguiti nella fuga? Ora ella intendeva andar fino in fondo; voleva metterlo alla prova. Al prossimo bivio pensava di proporre a Ernesto di nascondersi, per vedere con che « animo » venissero su quei due « Sacconi ». — Non sei geloso di Federico? — Se la goda pure. — Così poco sicuro sei della tua Margherita? — E' una civetta che' frassscheggia con tutti —. canticchiò e strizzò l'occhio'. Le risposte d'Ernesto, sebbene provocate, misero una spina di più nel cuore d'Irma. Ernesto era un bonaccione:'ci stava volentieri a tutti gli scherzi; era capace d'irritare Margherita sino a farla piangere, ma poi sapeva calmarla. Era sicurissimo dell'affetto di Margherita. A lui non garbavano i caratteri come Irma, capricciosi e malfidi. Egli aveva bisogno d'un amore calmo. Vedeva che Irma era più bella e desiderabile ; ma non voleva ammattire dietro le donne. Tutta la settimana era docile ; se la domenica si sfogava, Margherita poteva perdonargli. Federico era uno di quegli amici, come ce ne son pochi. Compagnia migliore non poteva trovarla. Bisognava non guastarla ; al bivio vicino egli sarebbe smontato e avrebbe fatto smontare Irma; li avrebbero attesi e insieme poi, in accordo perfetto, avrebbero continuato la strada. Uno spuntino delizioso in mezzo ai prati avrebbe coronato, come le altre domeniche, la bella amicizia. * * Poco prima del bivio Margherita 6cese di bicicletta. Federico credette ch'ella volesse ammirare il paesaggio ; « bello » esclamò volgendosi, tanto per farle piacere, e rallentò. — Non vengo più avanti, ritorno. — Eh? Cosa ti salta in mente. Via ; sono qui alla Svoltata che ci attendono. Vado a vedere e ti faccio un cenno. — No, no; io ritorno. — Non essere così bambina. — Questa specie di capricci Federico non li poteva sopportare. — Non sto bene. — Marghe rita s'appoggiò alla sponda erbosa; era pallida. «Anche questa mi tocca», pensò Federico, imbarazzato poiché non sapeva soccorrerla. — Vado a cercarli, ritorno giù con loro. Tu aspettaci qui. Vide che s'era buttata giù e gli parvo svenuta. «Bella gita», dis se rabbiosamente fra sè; «e di domeniche non ce n'è che una alla settimana». Al bivio, Ernesto e Irma s'eran messi all'ombra d'una quercia e chiacchieravano. — Margherita s'è fermata, si 6ente male — gridò Federico. — Dov'è? — Ernesto balzò su. — Sulla sponda della strada, qua sotto. Rimasti soli, Federico e Irma litigarono. Irma gli fece una scena di gelosia, la prima da quando si amavano; ed egli ne fu contento. Quando Ernesto e Margherita, pedalando e sorridendo, arrivarono al bivio, videro sotto la quercia soltanto le due biciclette — Ohe, Rico, Irma — gridò Ernesto. 'Di tra i oespugli, più in alto, si levò una gran risata. Federico e Irma scesero- giù ab bracci ati. — Che splendore di mattina — esclamò Margherita. Giani Stuparich La conquista della vetta dell'EIbrus nel Caucaso: gli Alpenjager bivaccano sulle pendici del massiccio, durante la rischiosa missione di guerra. (Telefoto).

Persone citate: Giani Stuparich, Iosa, Rado

Luoghi citati: Marghe