La "Negra,, tra i riflettori di Curio Mortari

La "Negra,, tra i riflettori UOMINI E SCALI IN TEMPO DI GUERRA La "Negra,, tra i riflettori "Partite anche senza di me, andate a Gibilterra!,,: ma capitan Zena non aveva firmato nessun ordine di quel genere - La sfida nella notte alla squadra inglese - Finalmente in salvo in Italia!... ni. (DAL NOSTRO INVIATO) SCALO X. Quando Capitan Zena giunge con la scialuppa, nel cuore della notte, sotto i fianchi della nave, il Primo Ufficiale lo attende dall'alto della scaletta. — Siete voi, Capitano? — E chi dovrebbe essere? Quando Capitan Zena è in cima alla scaletta, trova l'Ufficiale con un foglietto in mano. — Che cosa sigìiifìca quel foglio? — E' vostro: o, piuttosto, c'è in fondo una firma aie dovrebbe essere la vostra! — .No» capisco. Datemi la lanterna. L'Ufficiale proietta luce sul pezzo di carta. E' dattilosciitto e in calce, porta una firma incerta. H testo dice: «Partite d'urgenza, anche senza di me. Fate scalo a Gibilterra, ove vi raggiungerò to sto, con altro mezzo. - F.to Capitan Zena ». Jl Capitano trasecola: — Io non ho mai scritto un biglietto di questo genere! E chi lo ha portato? — Un uomo, in canotto. — Indigeno? — Non sembrava: l'avrei piuttosto detto un bianco, un bianco del Sud... Comunque avevo dato ordine per approntare la partenza. — Avete fatto bene; così salperemo subito. Subito, capite? Poco dopo, infatti, senza dare neppure un cenno di sirena, senza fare chiasso, silenziosa, quasi navigasse sopra una distesa di olio nero, la nave lascia il porto di Tangeri. Capitan Zena, dalla torretta di comando contempla ancora una volta la città marocchina, che sembra una macchia pallida nella notte meravigliosamente stellata. <r. Addio, Tangeri! — egli pensa. — Quando ti rivedrò ancora? ». Ma nella vita di un uomo di mare, non c'è tempo per le nostalgie. La « danza » incomincia Capitan Zena pensa piuttosto alla rotta « di fortuna » che bisognerà seguire, per sfuggire alla vigilanza delle navi da guerra incrocianti nello Stretto di Gibilterra. Bisognerà accostare fino al possibile, ansi fino all'impossibile, alla costa africana; direi quasi sfiorarla — pensa Capitan Zena. — Lo scafo potrà così confondersi con la massa oscura delle rocce costiere. La « Negra » naviga con tutti i fuochi spenti. Son le 23. Nel cielo splendidamente sereno c'è ancora purtroppo un quarto di luna, che va tramontando verso occidente. E' contro questo spicchio lunare, che mette ancora qualche arabesco d'argento sulle acque, che Capitan Zena se la prende... Il chiarore benché tenue che s'irradia ancora do attesto frammento di luna, può rivelare la sagoma della nave. Ma verso mezzanotte esso sarà già scomparso oltre l'orizzonte e allora regnerà buio fondo, e si potrà forzare. Mezzanotte! E' l'ora romantica. Ma in questo momento, per i marinai della « Negra », essa rappresenta soltanto l'ora in cui scade un « ultimatum ». Che cosa pollerà di nuovo nel mondo la notte tra il 10 e Vii giugno? La radio della saletta non ha lasciato dubbi in proposito: siamo al punto culminante. — Bisogna — dice Capitan Zena all'Ufficiale di rotta — c/te riusciamo a passare lo Stretto prima di mezzanotte. Anche volendolo, non potranno fermarci fino alle 2/;.- andrcbbcio contro le convenzioni internazionali. Ma potrebbero inseguirci dopo! — Cominciamo intanto a passare il varco più pericoloso. Poi si vedrà... Abbiamo sempre il porto di Ceuta per rifugiarci, in dannata ipotesi! Capitan Zena segue intanto un altro pensiero: «Adesso comprendo, perchè quella figlia di Jena voleva farmi restare questa notte a Tangeri! Per fortuna, vegliava il buon Abdallah! Caio e buon Ab dallah, come mi sdebiterò verso di lui, se riesco a scampare a questo pericolo? » La « Negra » è giunta all'imboccatura dello Stretto: sono le 11 e un quarto. La luna è tramontata oltre Tarifa, sulla costa spagnola, Ma il pericolo non e svanito. La danza per la « Negra » comincia proprio ora. — Ci siamo! — borbotta Capitan Zena additando all'Ufficiale una linea di sagome oscure e mas sicce. — Non v'è dubbio: sono na vi da guerra. Bisogna forzare! E imboccato il piccolo megafo no, comanda alla sala delle macchine: « Tutta! ». La « Negra » versa ora dalla ciminiera torrenti di fumo nero, mentre i fuochisti, nudi fino alla cintola, infocati dalle vampe come demòni, ficcano c rificcano le pale colme negli sportelli, le immergono con quasi tutto il manico, a rischio di lasciare le mani nella fornace. La « Negra » ha buon gioco nella tenebra assoluta che ora impera e la sua sagoma si confonde quasi assolutamente con la costa marocchina, fosca come una pare te di carbone. Ma dalla squadra immobile si stacca d'un tratto il fascio di un proiettore. Lentamente, a ventaglio, esso gira tutt'intorno, sulle acque nere e lucide dello Stretto, cercando evidentemente la preda. — Accosta, accosta alla riva africana! — dice Capitan Zena al timoniere. — Rischiamo di urtare in qualche scoglio, Capitano! — Si rischia, in questi casi; si rischia! Faro contro faro La ruota del timone gira verso destra. Il fascio di luce del proiettore continua intanto a sciabolare la superficie del mare; ma, buon per la «Negra» esso sembra aver piuttosto di mira l'imboccatura dello Stretto verso nordovest, mentre la « Negra » poggia veiso sud-est. Rimane così, lungo la costa marocchina, una striscia di tenebra fonda, sulla quale la « Negra » scivola come sopra un fiume d'inchiostro. Le sue vecchie macchine fanno prodigi: l'asse dell'elica, sforzando i suoi gin, fa gemere le vecchie strutture. Ma c'è sempre il pericolo immanente del fascio luminoso, che rasenta le acque, esplora la costa, talvolta sciabola rapidamente e tal altra s'indugia quasi con meditata crudeltà a pochi metri dalla « Negra » che sbuffa e suda dannatamente. Il riflettore sembra quasi in certi momenti aver individuata la rotta della « Negra », ma pare che la segua senza illuminarla decisamente. Anche i cuori più coriacei, i cuori dalle valvole più resistenti, trepidano in una avventura come questa! Ufficiali e uomini di equipaggio (salvo i fuochisti, seppelliti nel loro inferno incar.descente) sono tutti in coperta a contemplare questo spettacolo, che in altri momenti sarebbe sembra to non soltanto banale, ma insi gnificante. Tutti gli sguardi sono fissi ora su quella lama di luce fosforescente che li segue, come la lama di una mostruosa spada posta alle reni della « Negra ». Ma Capitan Zena con il suo occhio esercitato da vecchio mari naia, ha scoperto una circostanza favorevole. La luce del riflettore forse per una esitazione o per una speciale tendenza di chi la mano via, non segue la linea della costa a fior d'acqua, ma oscilla ora troppo alta ora troppo bassa; co sì che la « Negra » riesce sempre a rimanere in una zona buia, resa anche più fitta dal contrasto tra la luce abbagliante e la tenebra. — Fin che la luce rimane li — pensa Capitan Zena — possiamo continuare la rotta felicemente. Ma se quel riflettore « centra » Ja scia della nave, siamo fritti! Ma ecco che il faro, quasi avesse intutto il pensiero e le trepidazioni di Capitan Zena, allunga il suo raggio mantenendosi tuttavia sulla linea della costa rocciosa, quasi voglia frugare le rive ma rocchine. Ma basterà ormai una deviazione minima ver3o il basso, perchè la « Negra » i enga a tro varsi nel fascio di luce In questo momento Capitan Zena non darebbe più, la vita per un centesimo... «Siamo piesi» egli pensa. Eppure in fondo al suo cuore ri mane ancora un barlume di ottimismo, che si confonde in questi casi con quel senso di fatalismo che tutti \ grandi nomadi hanno in sè. I fatti danno improvvisamente ragione al lupo di mare genovese, Sono quei fatti inattesi che sembrano un privilegio delle grandi avventure c che vengono d'improvviso a sconvolgerò i piani che sembravano già regolati dal Destino. II riflettore abbassando lenta mente il suo fascio di luce pare ormai ghermire la nave, quando un altro fascio di Iure irrompe dalle tenebre; ma proveniente da una direzione tutt'affatto opposta a quella del riflettore in caccia. Questi infatti irradia da Occidente; invece il nuovo riflettore è sbucato da Oriente, anzi, per essere più precisi, da Sud-Est. Il nuovo fascio di luce avanza, si dilata, fruga la distesa del mare e viene a un tratto a infrangerò, contro quello occidentale. Sembra lo scontro di due comete! — Io credo — dice Capitan Zena all'Ufficiale di rotta — che sia un faro proveniente dalla direzione di Ceuta... — ... oppure di qualche nave che viene da Oriente! — Se è una nave da guerra, può darsi che capitiamo proprio in mezzo alla danza! — Ma il fuoco del nuovo faro sembra avere una origine fissa! — A meno che la nave sia ferma. — Io penso che sia il faro della Almina (faro che sorge su Monte Hacho, il baluardo di Ceuta - N. d. I.) . La vedetta salvatrice Infatti da un'osservazione più meditata, sembra risultare che il faro venga da Ceuta, il porto del Marocco spagnolo che inquieta tanto — comò dicevo un tempo in una mia corrispondenza di guerra dinante la primissima fase della, insurrezione nazionale — i sonni di Gibilterra. La «Negra » sta ora quasi arrivando nelle vicinanze del porto di Ceuta e può dirsi, in un certo senso, salva. Ma è una situazione che non garba completamente a Capitan Zena e ai suoi uomini. Ri- parare in un porto neutrale, dove tutto sarà benigno e accogliente, sta bene, ma ciò significherà anche, secondo i Trattati, il disarmo c l'internamento... Certo, tutto ciò è preferibile alla cattura da parte del nemico. Ma il desiderio della Patria è troppo forte e una cupa tristezza scende su, tutti questi uomini, pur così provati dalle avversità della vita e della loro vita. Essere ormai sulla strada del ritorno, dentro il Mediterraneo e dover abbandonare il bel sogno che pareva ormai tanto vicinò, è penoso più d'ogni altra pena! Senonchè chi può dire, anche al l'ultimo minuto, l'ultima parola! C'è sempre — come ho detto — l'impensato delle grandi avventure! Ed ecco, anche per la « Negra » il colpo di fortuna che Capitan Zena, con l'occhio linceo del vecchio lupo di mare, coglie subito a volo. Mentre il raggio del riflettore, che chiameremo occidentale, bat taglia sempre più col raggio prò veniente da Oriente (i loro raggi si incrociano, si scontrano, quasi mandano scintille, come le lame di due paradossali duellanti) la sagoma di un'altra piccola nave appare entro le loro luci. Si tratta di un piccolo scafo, probabilmente quello di un rimorchiatole o d'una « vedetta ». Verso le Baleari Basta questa apparizione, perchè il raggio occidentale si impadronisca di essa, la «centri» e si indugi a metterla sempre più in luce. Evidentemente da bordo delle navi nemiche si studia la piccola nave, si vuole quasi arrestarla, quasi abbacinarla con l'irruzione di tanta luce. Capitan Zena manda una rude esclamazione, che può essere fraintesa, ma non dai suoi uomini E' un grido di gioia! Bisogna forzare sempre più — egli grida al megafono. Evidentemente il riflettore nemico ha ormai preso un granchio: bisogna approfittarne fin che si è in tempo, e filare nell'oscurità. Tanto più che, quasi per un gioco, il raggio del riflettore orientale si mette a battagliare col raggio occidentale e a disturbarne in tutti i modi l'azione. Mentre i due riflettori si accaniscono sul moscerino, la « Negra » fila, accostando un po' più verso il centro dello Stretto. Ancora un po' di strada e lo Stretto sarà definitivamente superato. Non si potrà certo dire clic il pericolo sia allora assolutamente scomparso; ma sarà già molto. La prima notte di una dichiarazione di guerra non sempre le navi da guerra si mettono subito in azione, e se mai, corrono verso obicttivi più grossi. Così la « Negra » fila verso Est, senza rispai miai e carbone, fila assolutamente invisibile nella notte profonda. Appoggeremo verso le Baleari — dice Capitan Zena — c dopo stringeremo verso la Sardegna. Come, nella luce periata di una serena alba di giugno, la « Negra» sia apparsa davanti al porto di Cagliari, Cajritan Zena e neppure i suoi uomini sanno ancora. Le vicende della navigazione erano state molte, e le paure anche! Sulla distesa del Mediterraneo, nuda ormai come una distesa di sabbia desertica, si errino uditi rombi lontani, le cupe voci dei cannoni e degli esplosivi aerei; ma, per fortuna, nessun naviglio, nessun apparecchio crune cdaerdapplirsi à Utialciare J'«flon>iosffl|navigazione della « Negra », Seduto qualche ora dopo coi suoi ufficiali in un solatio caffè del porto, Capitari Zena rievocavo le incende della grossa avventura. — L'abbiamo scampata bella, capitano! — diceva il Primo Ufficiale. Potete ben dirlo! Ma il primo colpo di fortuna è stato quello del moscerino, davanti a Ceuta. E' stata una bella beffa! Saranno ancora là a girargli intorno quei riflettori? E giù risate, che, quando sono risate di marinai, sono sempre grasse. — Però — conchiuse Capitan Zena — iZ primissimo colpo di fortuna l'ho avuto a Tangeri, per opera del mio amico Abdallah! — Non ce ne avete mai parla to! — esclamò il Commissario, curioso come sempre. — Questa storia, ve la raccon tcrò un'ulti a volta. Curio Mortari FINE