Rivelazioni

Rivelazioni fìnalisi del pessimismo "nouecento,, Rivelazioni Se le posizioni delle contempo-ranee teologie (di cui ho parlato nel precedente articolo) si considerano un momento, non solo come espressioni di stati d'animo soggettivi, ma pure — data la loro rispondenza a « situazioni > del tempo e il largo seguito che hanno avuto — come espressioni teofaniche, voci di Dio, risposte alle chiamate di spiriti angosciati dal pessimismo novecento, possono distinguersi in esse due differenti rivelazioni. Una dice all'uomo, col Barth: tu sei troppo in basso, tu e tutta la vita che ti circonda siete irrimediabilmente perduti, io mi allontano ancor di più da voi, per difendere me stesso dalla contaminazione e dalla possibile accusa di esserne anch'io in certo senso responsabile. Continua pure, uomo, a confondere il male col bene, tanto non sarai mai capace di farne una netta distinzione e io stesso non sarò più un padre giusto e misericordioso, ma un despota, che se dovesse decidersi ad accordare ancora, talvolta, la sua grazia, non lo farebbe che imponendoti il martirio della croce. E l'uomo, non vedendo più attorno a sè croci e santi, non scorgendo più miracoli etici, come nel Medio Evo, accettando questa rivelazio ne si sentirebbe terribilmente so lo, meschino, perduto sul suo sco glio planetario, nell'infinito cosmo del peccato. Ma l'altra rivelazione dice, col Berdiaeff e con altri: io non ho colpa, o uomo, del tuo male; esso si è introdotto nella mia creazione venendo dall'insondabile; io ho fatto tutto quello che ho potuto per indirizzare la libertà negativa verso il bene; non mi hai ancora ascoltato, ma sei ancora in tempo: non ti adagiare nel compromesso realistico, non sperare 1 neppure una dispotica salute da un Dio ignoto, che snerverebbe la tua vitalità nell'attesa scoraggiante di una imperscrutabile predestinazione: alzati e cammina verso l'immortalità, che è immortalità di valori morali, affratellandoti con i tuoi simili, poiché nella solitudine individuale non v'è salvezza. L'uomo novecento può scegliere tra le due voci di Dio, se non vuol restare adagiato nella soluzione che il realismo, dettato dalla sua piccola voce umana, gli ha fin'ora suggerita. E io penso che esso non supererà definitivamente il suo pessimismo, se al Dio di Barth che si allontana, rinnegando la sua paternità, non griderà forte e deciso: «Padre, perdonami, hai ragione ad allontanarti; ma, ecco, io comincerò da oggi a redimermi, rendendomi degno dell'intenzione etica che ti ha guidato nel darmi vita e pensiero ». E non basterà che si fermi al proposito, ma dovrà passare all'azione. In prima dovrà cominciare dal districarsi dalla babele delle parole con la quale tutto indifferentemente si chiama oggi morale, spirituale, mistico, o immorale, materialistico, ateo, a secondo che convenga all'egoismo logico della polemica momentanea. Dopo, stabilita una gerarchia di valori sul contenuto di quell'insegnamento evangelico troppo trascurato nelle religioni della « salute », che orientano alla mera fede, più o meno mediatrice, dovrà procedere alla loro promozione delle opere a realtà effettuale, estendendoli a tutte le sfere della vita, senza alcuna esclusione o compromesso. E cosi potrà, forse, cautamente sperare di essere sulla via della volontà divina. D. A. Cai-clone

Persone citate: Barth