Il tranello di Asuncion nella Casbah di Tangeri di Curio Mortari

Il tranello di Asuncion nella Casbah di Tangeri UOMINI E SCALI IN TEMPO DI GUERRA Il tranello di Asuncion nella Casbah di Tangeri Stiamo per entrare in ballo - Capitan Zena in cerca di notizie - II misterioso avvertimento del caffettiere AbdaUah - La bella andalusa aspetta ancora ♦♦♦ n. (Da uno dei nostri inviati) SCALO X... — Notizie non buone! — risponde il Secondo Ufficiale. — La radio ha parlato della partenza dell'Ambasciatore Ecc. Bastianini da Londra... Forse stiamo per entrare in ballo. — A maggior ragione — risponde Capitan Zena — bisogna forzare fino a Tangeri, e, se occorre, oltre Tangeri! La « Negra » si avvicina sensibilmente alla costa. Ecco, nell'insenatura protetta da capo Spartel, la Disione di Tangeri mattutina, città candida e oscura, splendente e misteriosa insieme, dove le eleganze della diplomazia si mescolano ai bianchi mantelli delle Berbere mascherate, e i costumi del vecchio Marocco profondano le loro radici nel terreno segreto delle sètte. — Il dannato cacciatorpedinie re non è più riapparso? —■ do ?»and« Capitan Zena all'ufficiale. La notte lo ha inghiottito. Davanti a Gibilterra Ma verso lo Stretto di Gibilter ra si vede una scura parata di navi da guerra. I fumaioli sono in affluito. Qualcosa evidentemente si prepara. Il porto è quasi deserto. Qualche naviglio leggero da guerra è all'ancora, al largo: tonnellaggio straniero. Egli osserva tuttavia che appena la « Negra » si è ancorata, non c'è infornò ad essa quell'accorrere di scialuppe che costituisce di solito uno degli spettacoli pittoreschi degli arrivi. Sono di solito piccole imbarcazioni di indigeni che recano mercanzie locali e pittoresche, od offrono i loro svariati servigi al forestiero. Questo fatto, che rende tristi gli ufficiali e la ciurma, fa riflettere Capitan Zena, e lo conferma nell'idea che il ciclone sia prossimo... «Andiamo a terra» decide Capitan Zena. Quando la scialuppa, che reca a bordo il capitano, un ufficiale e due marinai attracca alla banchina, il mattino si apre già a ventaglio sul candore fantasioso di Tangeri. Lasciata la scialuppa, e dopo aver impartito istruzioni ai marinai perchè lo attendano verso mezzogiorno, Capitan Zena con l'Ufficiale penetra nel « Piccolo Socco », che è già tutto in effervescenza per i mercati mattutini. La parte propriamente portuaria di Tangeri è divisa in due vecchi quartieri, sporchi ma di grande valore descrittivo:' il « Piccolo Socco » e il « Gran Socco » : il pri mo verso la riva, il secondo aggrappato alla parte più alta della città. (« Socco» sarebbe la corra sione ispana-berbera della parola indigena « suk », c/ie significa « mercato »). Il « Piccolo Socco » è specialmente abitato da una popolazione varia, bianca e indigena insieme, ma soprattutto meticcia. Qui ' raccostameli fra le due razze hanno dato luogo spssso a ingrate mescolanze, le quali se vanno a scapito dei lineamenti migliori del genere umano, non mancano tuttavia di colore e di pittoresco. Piccoli caffè dall'aspetto fumoso e quasi tostato, molto spesso sporco, invadono coi loro tavofini di ferro le vie strettissime, che son¬ davano nel cuore della città me-' Uccia col loro labirinto complicato. Eppure in queste spaccature la folla rigurgita, specialmente nelle ore dèi mattino, quando alla gente della città si mescolano unche i Berberi e gli Arabi che vengono dall'interno con le loro mercanzìe, soprattutto frutti, verdure e fiori. Da bottegucce indigene di ogni colore e di ogni tipo emanano anche quei caratteristici odori, che lasciano all'olfatto un ricordo inconfondibile, perchè fetori ed aromi strani si mescolano in essi stranamente. Ma particolarmente la notte, fa di questo Labirinto indescrivibile uno spettacolo misterioso, in cui i riverberi rossastri delle lanterne e dei fuochi proiettano strane ombre sui muri e negli angoli, mentre ombre ravvolte passano furtivamente. E' in queste ore che Tangeri moltiplica qui i suoi contatti ambigui e i suoi incroci minotaurini, accumula i propri Velluti e i propri feltri, dai quali erompe talvolta il delitto. Ma Capitan Zena non vuole pren dere stamane la rituale « agitar diente» nei caffè del Piccolo Sor co: egli ha fretta di andare alla Legazione d'Italia (se ancora t aperta...) per aver notizie sulla si tuazione. La Legazione sorge nella zona di Tangeri alta, sopra il Grande Socco: essa è tutta bianca e prò pria come se- portasse un'uniforme coloniale. Ma, come le uniformi essa è, in tempi come questi abbotionatissima! Cxtpitan Zena non riesce ad avere che vaghe spiegazioni. Certo il suo fiuto di marinaio sembra dirgli che nell'aria c'è qualcosa di nuovo e diremo quasi di estremo. Che conseguenze trarne? Egli pensa che, dopo aver sondato l'ambiente di Tangeri portuaria, dove le notìzie si infilano come colpi di vento per poi svanire in misteriosi anfratti, sarà bene anche prima dell'alba levare le ancore, approfittando del quarto di luna che galleggerà ancora nel cielo. Il Capitano torna a bordo a mezzogiorno. Agli Ufficiali dà ordini di conseguenza: — completare le provviste, tenersi pronti a partire anche in serata, ove occorresse. « Attento al Piccolo Socco » Nel pomeriggio Capitan Zena si rimbarca sulla scialuppa e va a terra. Ha preso con se Baciccia, il più fido dei suoi marinai, uno di Camogli che ha navigato tutti ì mari del mondo con lìti, un veterano della Negra. Appena l'imbarcazione ha preso terra Capitan Zena raccomanda a Bacìccia di non perder d'occhio la scialuppa e di attenderlo verso le prime oredelia notte. Non ha bisogno di sentire la risposta per essere sicuro... Capitan Zena s'incammina quindi per il Piccolo Socco, che, in quest'ora assolata, è ancora alquanto deserto. Nonostante le preoccupazioni, egli è ripreso dalla nostalgia dei luoghi, che forse non rivedrà più per molto tempo o non rivedrà mai! D'altra parte Capitan Zena pensa di raccogliere durante questo suo vagabondaggio quegli indìzi sulla situazione che un uomo di fiuto sa scoprire anche in particolari che ad altri sembrerebbero anonimi. Capitan Zena comincia quindi ad ascendere i viottoli angusti ma immacolati della Casbah. Capitan Zena giunge fino agli estremi baluardi inalati della Casbah ed entra in un piccolo caffè indigeno, che ha un'ampia terrazza protesa sul panorama di Tangeri. Abdallah, il baffuto proprietario del caffè, è un vecchio amico dì Capitan Zena, un amico prezioso anche nei tempi della rivolta nazionale, quando Zena aveva bisogno di aiuti e di consigli... Ma Abdallah oggi, nonostante le cortesie di cui colma l'amico ■— al quale offre sin delizioso the moresco alla menta — è piuttosto taciturno. Egli tuttavia non abbandona le sue antiche amicizie, pur non volendo parlare troppo. A Capitan Zena raccomanda, prima di congedarsi da lui: «Attenzione al Piccolo Socco! E, se potete, partite stanotte; siete ancora in tempo». «Quando ci rivedremo Abdallah?». «Speriamo nell'Altissimo! ». E Abdallah leva gli occhi accorati verso il ciclo. E' commosso nel lasciare l'amico, ma la com mozione di un vecchio Berbero non trapela che per sfumature. Misteriosi fili spionistici Capitan Zena ridiscende pensie roso le scalinate della Casbah Che cosa ha voluto dire Abdallah con quel « Attenzione al Piccolo Socco»? Certo in questo quartiere (Zena lo sa per le esperienze fatte nell'estate infiammata del 19S6) fermentano tutti i rigurgiti più bassi dell'umanità giocano tutti gli istinti e tutte le astuzie. Ma Capitan Zena non è nato ieri, diamine! D'altra parte il pericolo lo ha sempre oscurameli te tentato. Se un posto gli viene vietato, egli tosto lo desidera, pernii impulso strano che gli viene dal fondo, come l'ondata grossa Siederà — egli pensa — in un caffè e anche qui ascolterò quel che si dice circa gli affari di que sti giorni... ». Capitan Zena cerca un tavolino piuttosto isolato. Ma. la gente sta così stretta che par d'c3scre in un corridoio. In genere si tratta di sanguimisti oziosi, dall'occhio scaltrito pur nella sua scura sonnolenza: gente pronta all'affare e al baratto. E ci sono le donne. Ma le donne di solito non siedono al caffè; passano nella via. Berbere con l'anfora in testa, dirette alla fontana ceramicata; spagnole dì diversa origine e di diverso tipo: carnose e procaci quelle di Malaga; magre e neruose come gazzelle o come antilopi le Andaluse. E poi ci sono le mulatte, alle quali la mistione delle razze dà fascini inesplicabili, quasi velenosi. Un uomo di mare, soprattutto se ha dei gradi sulle maniche, attira subito le donne dei porti. Esse sperano sempre di trovare nelle sue tasche il piccolo Eldorado! E non è difficile che queste falene portuario si avvicinino sul far della sera, quando è prossima l'ora della cena, dei balli e quindi delle situazioni orizzontali. Nò si deve credere che si tratti sempre di donne mature e dipinte, di megere rossastre o d'altri sottoprodotti del genere. A Tangeri gira, specialmente in questi tempi agitati, tutta una giovane fauna dalle apparenze fascinatrici ma dai propositi pratici; ragazze uscite da fóndachi strani e governate da misteriosi fili, speculativi e anchespionistici. Tangeri, in regime in-tcrnuzionale è stata sempre il vaso di prova e d'incubazione dei micrcoi di questa specie. Mentre Capitan Zena sta sorbendo una mistura agrodolce, una ragazza bruna, chiomata, sottilee agile come un capriolo, viene aPer giungere al ristorante, che« trova in Tangeri alta, fri^sedere presso di lui. Gli occhi del la giovane donna lampeggiano, tentatori. Pur nelle sue urie assolute e orgogliose, ella dimostra di non essere insensibile alla presenza del lupo di mare ligure. Vecchia storia. Un motivo qualunque i»uXa la conversazione; la ragazza dice di chiamarsi Asuncion e di essere una signorina di buona famiglia in vacanza a Tangeri. Capitan Zena ondeggia tra la tentazione e la prudenza. Asuncion gli fa cairìre che non disdegna di diridere con lui una cenetta. Sono rosi stellate e profonde le notti di Tangeri, quando gli oleandri sono in fiore! « Fino alla cena posso arrivare — pensa Capitan Zena. ■— Intanto, fra il lasco e il brusco, qualcosa godrà e qualcosa saprò ». Troppe domande- atd'iircrsure il « Gran Socco », do ve gli incantatori di serpenti, i dervisci giranti, i cicchi di Allah intrattengono crocchi d'indigeni curiosi, il crepuscolo è fresco, delizioso e tentatore. Asnncinn è tornita come un birillo d'avorio. di a li aè znao oa ia ral eanr A a oe, n o loso m ro ici e h ah lo rnta rià le è il i ne erne n el e no ta n di lnal Ma al re la dì o: aelE ali ni to tslo! ear ma di si re eoa, gilai te da Gli attacchi fini rivelano l'incrocio cordovano. Camminando qùttsi di punta, i piedini di Asuncion (quei piccoli piedi che in Andalusia si chiamano « pics de cabra», piedi di capra) dònno alle sue anche strette un ritmo inquietante. In tempi normali questa cenetta costituirebbe una parentesi frivola, amabile e, dopo tutto, lecita. Ma Capitan Zena prova tuttavia un curioso disagio, quasi un'angoscia oscura. Si sente isolato, anche se la compagnia è aderente e cinguettante. Egli ascolta nel cuore, sempre, un richiamo lontano: quello della Patria. Certe domande della ragazza non gli garbano: « Che fate qui? Dov'è la vostra nave? Non è da guerra? Che carico portate? ». Afa Asuncion insiste soprattutto sul suo pernottamento a Tangeri. Non intende tornare nella casa antica e muffosa della vecchia « tìa » (zia); vuol,darsi uiiu vita notturna, gustarne a fondo il sapore, di cui ignora ancora tutto. Un'altra donna, al suo posto, sarebbe ben felice di liberarsi di un uomo piuttosto maturo, poco do po la mezzanotte... Invece Asuncion paria di vedere l'alba, l'alba color ambra illuminare l'orizzonte, fra i palmizi di Tangeri alta. Troppe moine, troppo attaccamento, troppa azione... Come può ere dere Capitan Zena al colpo di folgore, in questi tempi in cui le polveri sono troppo bagnate" Mentre il capitano e Asuncion cenano, all'aperto, tra una cornice dì fiori, c'è un indigeno che, all'angolo della via, volge di tanto in tanto lo sguardo indolente verso di loro. Che cosa può volere, si domanda Capitan Zena, quel Marocchino dal volto fiero di vecchio combattente del Biff ' « Si parte subito » A un certo momento, forse a cagione della lauta cena ben innaffiata di vini generosi, Asuncion domanda al suo compagno di assentarsi un momento, per andare alla toeletta. Poco dopo l'indigeno lascia il suo angolo, va diritto a Capitan Zena, sì china verso di lui e gli sussurra: « Mi manda Abdallah. Non fidatevi di quella donna: vi tende un agguato. Partite prima di mezzanotte con la nave, fin che siete in tempo... ». Capitan Zena non si è ancora riavuto dalla sorpresa, che già il Marocchino si è dileguato nel crepuscolo. « Buono e caro Abdallah! » pensa subito Zena. Certo, è triste, in una serata come questa abbandonare una giovane compagnia; ma bisogna an darsene. Egli ha capito: non soltanto un amico si interessa a lui Italiano; ma forse tutto un ambiente che vuol salvare la sua l'i¬ he\tinno di bicchieri toccati. Asun n--,cion si sporge verso Capitan Ze¬ ta, quella dei suoi uomini e la suanave. Capitan Zena tuttavia ritiene che sia meglio non precipitare gli eventi, anche per non dar sospetto alla donna. Asuncion ritorna già infatti, le labbra «rifatte» e un delicato spolvero dì piumino sul volto. Capitan Zena simulando la impazienza per il ritardo di Asuncion, propone lo spumante, promettendo quindi una fantastica notte in un ritrovo di danze. La ragazza è felice. Il cameriere reca la bottìglia di vecchio blusone. correttamente imbavagliata nel secchiello d'argento. Il tappo detona amabilmente. Spuma! Tin- aei rna na e gli sfiora la bocca con la sua bocca. Egli fa l'ìnebbriuto. Benanche, poro dopo, chiede a Asuncion la stessa licenza che ella gli aveva domandato prima. lei« Ti prenderò allo stesso laccio!» a\egli pensa. Asuncion gli racco¬ manda di essere brevissimo: intanto darà ordine al cameriere di chiamare un tussì. Capitan Zena, con passo dinoccolato, entra nel ristorante, va in cerca del proprietario, e salda il conto. Quindi entra un momento nella toeletta, per non dar sospetti anche a lui. Ma esce quasi subito, infila una porta laterale, e rapidamente si confonde nella folla. Per una di quelle piccole vie a gradini che, fra villini e giardini scendono alla riva, egli scende quasi a rompicollo. Un sospiro di soddisfazione gli esce dal petto quando scorge, alla luce d'un fanale sulla riva, il suo Baciccia che lo attende, diritto come una sentinell'i. ■—Si parte subito! — mormora Capitan Zena. — Si terna in Italia... — In Italia? — risponde Baciccia, con un nodo di commozione he\neV*t™F" Asuncion attexde in ^ltta^L^^^^ tor- mentando nervosamente, con le el o, odi ncue z e na ri. non di no di no re nal- o i ah ni e è io. unghie smaltate di rosso, il cristallo del bicchiere. Dovrei attendere etneora... Curio Mortari (Continua)