Storia della "Negra,,

Storia della "Negra,, Uomini e scali in tempo di guerra Storia della "Negra,, le orecchie - Sorpresa dalla guerra in pieno Atlantico r *^ Tutta nera con un fiocco rosso • Senza lingua ma con 12 nodi all'ora con un cacciatorpediniere alle calcagna e a — e à l a ò a o — * e a l ¬ (DAL NOSTRO INVIATO) I. rn queste vie™*, d'uomini e' di scali tn tempo di guerra — sulle f&&W£^g'-V£. manzesco non manca: è il roman- go vero, il romanzo vìvo. Si cer- -.ano talvolta (per i volumi e per ufli schermi) motivi ed intrecci, e,ml mondo oggi ne è pieno. Ho rac-i contato finora storie di oscuri equipaggi e di grigie navi da carico, in balia dei marosi e anche degli agguati: erano i romanzi de¬ gli « ausiliari » T'ope che affiancano era piti infocata e aggressiva delle squadre e dei convogli. Ma sono, comunque, romanzi svolgentisi in circolo chiuso, su di una pista acquea prestabilita. Si tratta quasi di un liscio e lucido « maneggio » su cui s'inseguono navi e cavalloni, gesta e procelle; ma su un itinerario determinato, che quasi sempre si ripete, con gli stessi scah e gli stessi approdi. Fine maggio 1940 Esiste invece un campo più vasto, complicato e, oserei aire, cinematografico, per ' questa vita errante d'eccezione. E' proprio su questo campo che intendiamo spaziare da oggi. Si tratta di storie passate e recenti, spesso anche presenti. In questa nuova « aerte » della nostra inchiesta a largo raggio su «uomini e scali in tempo di guerra », sono naturalmente e soprattutto gli Italiani a interessarci: coloro che, vivendo o trovandosi per ragion di mestiere in terre d'oltremare, anelavano al ritorno verso la Madre Patria, come gli uccelli, obbedendo a un segre to e inesplicabile «sesto senso», anelano di tornare, sia pur tra gli orrori della tempesta, al proprio nido. Forse questa nuova inchiesta darà spunti analogici per altri scritti e per pellicole sensazionali (da un documentario proiettato recentemente ho già visto, ad esempio, rappresentata la vita dei nostri pescatori, ai quali la Stampa fin dal 1939 aveva dedicato attraverso i miei scritti, i primi saggi descrittivi); ma voglio sperare che coloro che si serviranno di questi spunti, vorranno ricordarne almeno la fonte originaria... E cominciamo con la storia di questa « Negra », da collocarsi nei giorni dell' avanzata primavera 19!t0, alla vigilia dell'entrata in guerra dell'Italia. Una nave. Descriverla sarebbe il meno: una nave mercantile di circa 5000 tonnellate, dal collo lungo e dallo scafo caliginoso, qua e là scrostato e macchiato di rossastro come il guscio di una vecchia aragosta. Ancora azionata dal cai bone, essa riporta ormai ai tempi mitici della navigazione a vapore. Ma intorno al suo lungo fumaiolo gira un nastro rosso. Una specie di civetteria, come ne hanno le donne in genere e in specie le negre dell'Africa tropi cale. Perciò la ciurma ha thia mato questa nave « La Negra » indipendentemente dal suo vero nome, il nome del Registro marittimo; e, come una negra, la tartassa, la maltratta, la sfrutta; ma non può farne a meno, il che significa che, in cuor proprio, la stima. Vecchia nave, quindi, che appena possiede a bordo una radio ricevente, perchè le navi antiquate di questo tipo non merita- sècpgE»o il lusso — dice il suo capi(o)io, un genovese che l'equipaggio chiama semplicemente Capitan Zena mplicemente Capiti di avere anche una radio tra u e e a o i e , i o a i i o i i o . i i a n e i o , i a i e . e n » o a a o - smittente. — « La Negra » — egli dice — è come una donna che abbia orecchie, ma sia senza lingua. Meglio per noi... Veniamo ora ai fatti. La « Negra » si trova, sul finire del maggio 19$0, nell'Oceano Atlantico meridionale, in piena navigazione. Essa marcia immersa fin quasi ai parapetti, perchè porta un carico grosso; un carico diciamo cos\ universale. Questa nave può, in una parola, sembrare un bazar navigante, perchè nelle sue stive c'è di tutto un po': dai carichi di caffè e di zucchero ai sugheri, dalle scatole di conserva ai bottoni, dalla tela d'imballaggio al pesce secco. Comunque questa navigazione è un affare. O, meglio, sarà un affare se le minacce che gravano sul mondo, e in ispecial modo su questo Oceano, non si risolveranno in un'altra tempesta in cui venga coinvolta anche l'Italia. La guerra è già scoppiata da quasi un anno tra la Germania e l'Intesa. L'oceano non è orinai più un campo libero, sconfinatamente libero come nei tempi di pace; ma una distesa vigilata da occhi misteriosi, subacquei ed aerei; sorvegliata da presenze invisibili, occhiute ed attente. Oltre a questo stato di cose ci sono anche le voci che corrono; anzi correvano a Pernambuco, scalo di partenza della « Negra ». Anche l'entrata in guerra dell'Italia sembrava allora imminente, e la partenza era avvenuta tra presagi sinistri Prospettiva antipatica snSglvprospettiva, rimanere vigilati senon proprio prigionieri, iti un por-Oggi Capitan Zena naviga affidandosi alla buona stella. Se la « Negra » arriva in tempo, non soltanto è salvo l'onore, ma anche l'affare, il che, per un buon navigatore ligure, non è del tutto disprezzabile. Se le ostilità scoppiano prima, invece, bisognerà enfiare nella danza... Bisognerà allora cercare di sfuggire al nemico, di filare alla chetichella e, in cattiva ipotesi, tentar di gettar la nave entro un porto neutrale ove verrà sequestrata. Ma che bella por to qiialungue, lontani dalla Pa trio! La ipotesi peggiore invece porterebbe al siluramento, cioè la morte in bocca ai pesci e la fine del carico in fondo al mare. Intanto la «Negra» naviga senza risparmio di carbone. Qualcuno della ciurma brontola che una negra con l'udito ma senza lingua, comincia a diventare un impaccio. Quell'affare della radio soltanto ricevente, preoccupa quelli che pensano, in certi casi, a chiedere aiuto. — Se ci fosse questa radio trasmittente — mugugna qualcuno — potremmo metterci in contatto con qualche nostra nave da guerra... Cosi invece, si naviga nel buio. Sull'Atlantico, agitato dalle prime raffiche dell' Equinozio, c'è quel senso di solitudine strana, di o,lre»»o auasi di squallore, che non si spiega, eppure dà, al cuore dei cnaviganti una specie di stretta.ì ' Si sente quasi, tutt'intorno, un grande vuoto, che non è quello solito dei cieli e degli abissi oceanici. In tempo normale le navi vanno o vengono, s'incrociano, si scambiano saluti. Ma ora invece le navi sono sparite: è molto se se ne scorge qualcuna lontanissima sull'orizzonte, simile a un uccello migrante, incalzato dal presentimento della tempesta. Attorno alla radio Nonostante il suo rubicondo ottimismo esteriore, Capitan Zena ragiona; da vecchio lupo di mare. Egli pensa già a rintracciare le vecchie cinture di salvataggio e scende nella 3tìva per operare una specie di ricognizione circospetta. Ci va quando è certo di non incontrare qualcuno dei cani e gatti della 3ua ciurma. Non vuole allarmarli prima del tempo. Le cinture di salvataggio! Quante amabili teorie su questi benefici arnesi, che dovrebbero salvpre anche il vecchio Noè! Oli è che la gente che non ha mai navigato o non ha navigato sul serio, vive di teorie e conta gli spigoli del tavolino. Le cinture; eccole là, gettate alla rinfusa sul piancito, grigiastre e slabbrate come vecchi sacchi. Chi ci aveva mai pensato? Bisognerà pure, se le notizie pggiorano, riordinare questi arnesi, portarli sul ponte; appenderli, secondo i regolamenti, alle ringhiere. Ma a che cosa servono queste cinture? Esse hanno una certa funzione col mare calmo; ma col mare grosso sono come paglie. Nella lotta coi marosi è guesnone di fiato, e il fiato non dura a lungo. La navigazione procede più spedita che può. Ma la c Negra », con le sue vecchie macchine a carbone, non può coprire più di 1112 nodi all'ora. E il nastro atlantico è lungo... Nella saletta degli ufficiali ("«Simile — dice Capitan Zena — a una casa di Pompei >) a mezzo giorno e a sera si ascolta la radio; una radio scassata e asmatica, interrotta spesso da colpi di tosse. Specialmente in questi giore\ni, essa sembra agitata da un or-\gasino quaii epilettico. a n n o n a e a dtndmtdgscpasfssDTtsgcppntcsnmsngapnmZe a e a e a n a , o o l è n Roma, Parigi, Berlino, Londra, Nuova York. E' la ridda delle no-\tizie, illogica e febbrile! C'è già\ la guerra su vasti fronti, in set-\tori /ontani... Battaglie di terra e scontri navali si succedono. C'è, inoltre la strage operata dalle mi ne subacquee. — Che ne ditet capitano? — chieda qualche ufficiale. Capitan Zena scuote la testa. Non può parlare perchè il cervello lavora troppo in questi momenti! Intanto ufficiali e ciurma fantasticano: pensano al Brasile che hanno lasciato qualche giorno prima; alle seduzioni che li trattenevano. Ci son sempre le donne che tentano e all'ultimo momento scongiurano di non partire! «Perchè cercare il pericolo e l'ignoto"! Qui c'è tutto: l'amore, il paese tropicale, ricco c sontuoso, ta fa- ciiità della vita ' . , __*»« 7„ 2S* ^^tSUL.^rJÉ^'\mti di costellazioni sconosexu-^^J^Jt^f^trfl»*LfLefT\denti te. namente tentanti delle Sirene, seduttrici di marinai. Ma il richiamo della Patria è forte, è più forte d'ogni altra voce: è il richiamo della Riviera lontana, dei suoi scogli, delle sue risacche dolci e misteriose, mentre nella sera si accendono i primi astri... Arrivare, comunque arrivare, prima che lo scoppio delle ostilità abbia lacerato l'orizzonte con la sua fiammata sinistra. E se il tempo mancasse? Se fosse troppo tardi? Cap'tan Zena si passa la mano ruvida sulla testa rasa. In qual porto riparare1! Dakar"! Lisbona"! Tangeri"! Meglio Tangeri, dove vige lo Statuto Internazionale e l'Italia è rappresentata nel quadripotere che regge le sorti dì questa zona marocchina. Si, bisognerà appoggiarsi per qualche ora a Tangerì e sapere come stanno le cose. La navigazione intanto continua quasi monotona. Di tanto in tanto piovaschi obliqui si aprono come ventagli fuor delle nuvole, e scendono sull'oceano. Capitan Zena ha raccomandato al capomacchina di forzare: — Buttate carbone senza risparmio! La Negra è a due soli giorni d'i navigazione dalla costa africana. Verso il tramonto del primo giorno l'Ufficiale di rotta viene alla ricerca di Capitan Zena. E' preoccupato: , — Capitano — egli dice — venite a vedere sulla torretta di comando. Non so se mi inganno... — Che cosa? — chiede Capitan Zena precedendo l'Ufficiale. — Una nave da guerra. — Ci segue? — Mi pare! — E perchè ci dovrebbe seguire, se In guerra non c'è ancora? — Uhm! Fa come il pescecane che segue una nave, quando spera ci sia dentro il morto.... — Che cosa vi prende? La nave fantasma Capitan Zena tuttavia accelera il passo e sale la scaletta quasi di corsa. Quindi punta il binoccolo su un punto lontano. Il timoniere, mentre regola l'oscillare della sua ruota dentata, è anche lui tutt'oc \chi verso una lontanissima c sot \ tile sagoma che appare sull'oriz\zonte occidentale. Capitan Zena osserva studiosamente: , — gì — egn mormora — è un pescecane, di quelli che dite voi. Ma non grosso... Un cacciatorpediniere... Da che direzione veniva? — Da sud-est. — Probabilmente dalle coste africane.... — Poi ha modificato la rotta, quasi che volesse mettersi nella nostra scia. — Idee! — contraddice Capitan Zena, che non vuol mai darla vin ta a nessuno. — Che cosa può importargli di una vecchia nave di ■iOnn ihnncììntc-) w „ni i„ « MèTZratk. BA font sia calda anche ttof, caro amico! L'Ufficiale di rotta tace, inghiottendo la propria convinzione. w-^S^nte% ta di quella nave e tenetemi informato. Capitan Zeno, non vuol sbotto- rM*,T™%&&1& propria cabina, dal cui oblò ri¬ prende a scrutare il caccia. La sagoma della nave appare ora al- \OMlnto ingrandita. Indubbiamentt ^ ^ ve%cità che puo 0itrepas \sa™ i 30 nodi, non àura fatica ( a e a ! o i n o e i . o e ' n ? e a guadagnare strada nella direzione della povera Negra. Senonchè sembra all'occhio esperto di Capitan Zena che, dopo aver guadagnato parecchio, il caccia mantenga ora la stessa distanza. — Avrei preferito — commenta Capitan Zena con dispetto — che mi avesse raggiunto. Olie ne avrei dette quattro. Invece questo tenermi a bada, comincia a darmi sui nervi! Capitan Zena lascia la cabina e sale dal marconista. — Ci sono notizie? — domanda. pzda i o , a a n . ? e a, a n i — Vaghe, confuse — risponde il marconista. — La situazione j sembra tesa, ma non frrimediaM- le per il momento. | — Bisogna forzare su Tangeri — dice Capitan Zena, quasi par- lando fra sè. — Là sapremo qual- cosa di più preciso. — Se ci arriveremo! — com- menta una voce sulla soglia della cabina. E' il Commissario, che si è a/- facciato in questo momento. Pensate alla vostra cambu- \ «a.' — risponde Capitan Zena irritato. A Tangeri ,rlS2 t^c^eat^kW^ e giù, a passi pesanti, fin che l'ira gli è sbollita. Poi torna nella propria cabina e punta il binocolo attraverso l'oblò. Il caccia è sempre là; alla stessa, esatta distanza. Si direbbe immobile, di vef?-o. Capitan Zena non vuol dire al\ Commissario di far uscire dalla I stilla le cinture e di rivederle e' riordinarle; ma pensa che il provvedimento non potrà tardare. All'ora di cena, mentre il tramonto incendia lontani castelli di nuvole sull'oceano, la nave fantasma è sempre là, alla stessa distanza. Capitan Zena fa un gesto di dispetto, proprio mentre il Commissario sopraggiunge e con un sorrisetto ironico gli dice: — La cena è in tavola, Capitano! Capitan Zona dà un'ultima occhiata al caccia. — Il buio ce lo toglierà di vista! — dice il secondo Ufficiale che sopraggiunge. — Ma ine lo sentirò pesare sullo stomaco tutta la notte! — risponde sacripantando Capitan Zena. La cena è consumata svoglia tornente. Si bevono piuttosto lenotizie della radio; ma sono laco niche. C'è invece molta musica, e la musica, in certi casi, dà ai nervi. Non resta che andare a coricarsi. Tanto che varrebbe stare in piedi ? All'alba Capitan Zena è destato dal secondo Ufficiale: — Capitano, il caccia durante la notte è scomparso. E siamo già ir. vista di Capo Spartel! — Allora siamo quasi a Tangeri! — «ctonia Capitan Zena con un respiro di sollievo. Ma il ™ respiro ai sollievo, ma i SeC°Md° VffÌCtale 9H Pa ! e. E le notizie? — Curio chiede. Mortari Storia della "Negra,, Uomini e scali in tempo di guerra Storia della "Negra,, le orecchie - Sorpresa dalla guerra in pieno Atlantico r *^ Tutta nera con un fiocco rosso • Senza lingua ma con 12 nodi all'ora con un cacciatorpediniere alle calcagna e a — e à l a ò a o — * e a l ¬ (DAL NOSTRO INVIATO) I. rn queste vie™*, d'uomini e' di scali tn tempo di guerra — sulle f&&W£^g'-V£. manzesco non manca: è il roman- go vero, il romanzo vìvo. Si cer- -.ano talvolta (per i volumi e per ufli schermi) motivi ed intrecci, e,ml mondo oggi ne è pieno. Ho rac-i contato finora storie di oscuri equipaggi e di grigie navi da carico, in balia dei marosi e anche degli agguati: erano i romanzi de¬ gli « ausiliari » T'ope che affiancano era piti infocata e aggressiva delle squadre e dei convogli. Ma sono, comunque, romanzi svolgentisi in circolo chiuso, su di una pista acquea prestabilita. Si tratta quasi di un liscio e lucido « maneggio » su cui s'inseguono navi e cavalloni, gesta e procelle; ma su un itinerario determinato, che quasi sempre si ripete, con gli stessi scah e gli stessi approdi. Fine maggio 1940 Esiste invece un campo più vasto, complicato e, oserei aire, cinematografico, per ' questa vita errante d'eccezione. E' proprio su questo campo che intendiamo spaziare da oggi. Si tratta di storie passate e recenti, spesso anche presenti. In questa nuova « aerte » della nostra inchiesta a largo raggio su «uomini e scali in tempo di guerra », sono naturalmente e soprattutto gli Italiani a interessarci: coloro che, vivendo o trovandosi per ragion di mestiere in terre d'oltremare, anelavano al ritorno verso la Madre Patria, come gli uccelli, obbedendo a un segre to e inesplicabile «sesto senso», anelano di tornare, sia pur tra gli orrori della tempesta, al proprio nido. Forse questa nuova inchiesta darà spunti analogici per altri scritti e per pellicole sensazionali (da un documentario proiettato recentemente ho già visto, ad esempio, rappresentata la vita dei nostri pescatori, ai quali la Stampa fin dal 1939 aveva dedicato attraverso i miei scritti, i primi saggi descrittivi); ma voglio sperare che coloro che si serviranno di questi spunti, vorranno ricordarne almeno la fonte originaria... E cominciamo con la storia di questa « Negra », da collocarsi nei giorni dell' avanzata primavera 19!t0, alla vigilia dell'entrata in guerra dell'Italia. Una nave. Descriverla sarebbe il meno: una nave mercantile di circa 5000 tonnellate, dal collo lungo e dallo scafo caliginoso, qua e là scrostato e macchiato di rossastro come il guscio di una vecchia aragosta. Ancora azionata dal cai bone, essa riporta ormai ai tempi mitici della navigazione a vapore. Ma intorno al suo lungo fumaiolo gira un nastro rosso. Una specie di civetteria, come ne hanno le donne in genere e in specie le negre dell'Africa tropi cale. Perciò la ciurma ha thia mato questa nave « La Negra » indipendentemente dal suo vero nome, il nome del Registro marittimo; e, come una negra, la tartassa, la maltratta, la sfrutta; ma non può farne a meno, il che significa che, in cuor proprio, la stima. Vecchia nave, quindi, che appena possiede a bordo una radio ricevente, perchè le navi antiquate di questo tipo non merita- sècpgE»o il lusso — dice il suo capi(o)io, un genovese che l'equipaggio chiama semplicemente Capitan Zena mplicemente Capiti di avere anche una radio tra u e e a o i e , i o a i i o i i o . i i a n e i o , i a i e . e n » o a a o - smittente. — « La Negra » — egli dice — è come una donna che abbia orecchie, ma sia senza lingua. Meglio per noi... Veniamo ora ai fatti. La « Negra » si trova, sul finire del maggio 19$0, nell'Oceano Atlantico meridionale, in piena navigazione. Essa marcia immersa fin quasi ai parapetti, perchè porta un carico grosso; un carico diciamo cos\ universale. Questa nave può, in una parola, sembrare un bazar navigante, perchè nelle sue stive c'è di tutto un po': dai carichi di caffè e di zucchero ai sugheri, dalle scatole di conserva ai bottoni, dalla tela d'imballaggio al pesce secco. Comunque questa navigazione è un affare. O, meglio, sarà un affare se le minacce che gravano sul mondo, e in ispecial modo su questo Oceano, non si risolveranno in un'altra tempesta in cui venga coinvolta anche l'Italia. La guerra è già scoppiata da quasi un anno tra la Germania e l'Intesa. L'oceano non è orinai più un campo libero, sconfinatamente libero come nei tempi di pace; ma una distesa vigilata da occhi misteriosi, subacquei ed aerei; sorvegliata da presenze invisibili, occhiute ed attente. Oltre a questo stato di cose ci sono anche le voci che corrono; anzi correvano a Pernambuco, scalo di partenza della « Negra ». Anche l'entrata in guerra dell'Italia sembrava allora imminente, e la partenza era avvenuta tra presagi sinistri Prospettiva antipatica snSglvprospettiva, rimanere vigilati senon proprio prigionieri, iti un por-Oggi Capitan Zena naviga affidandosi alla buona stella. Se la « Negra » arriva in tempo, non soltanto è salvo l'onore, ma anche l'affare, il che, per un buon navigatore ligure, non è del tutto disprezzabile. Se le ostilità scoppiano prima, invece, bisognerà enfiare nella danza... Bisognerà allora cercare di sfuggire al nemico, di filare alla chetichella e, in cattiva ipotesi, tentar di gettar la nave entro un porto neutrale ove verrà sequestrata. Ma che bella por to qiialungue, lontani dalla Pa trio! La ipotesi peggiore invece porterebbe al siluramento, cioè la morte in bocca ai pesci e la fine del carico in fondo al mare. Intanto la «Negra» naviga senza risparmio di carbone. Qualcuno della ciurma brontola che una negra con l'udito ma senza lingua, comincia a diventare un impaccio. Quell'affare della radio soltanto ricevente, preoccupa quelli che pensano, in certi casi, a chiedere aiuto. — Se ci fosse questa radio trasmittente — mugugna qualcuno — potremmo metterci in contatto con qualche nostra nave da guerra... Cosi invece, si naviga nel buio. Sull'Atlantico, agitato dalle prime raffiche dell' Equinozio, c'è quel senso di solitudine strana, di o,lre»»o auasi di squallore, che non si spiega, eppure dà, al cuore dei cnaviganti una specie di stretta.ì ' Si sente quasi, tutt'intorno, un grande vuoto, che non è quello solito dei cieli e degli abissi oceanici. In tempo normale le navi vanno o vengono, s'incrociano, si scambiano saluti. Ma ora invece le navi sono sparite: è molto se se ne scorge qualcuna lontanissima sull'orizzonte, simile a un uccello migrante, incalzato dal presentimento della tempesta. Attorno alla radio Nonostante il suo rubicondo ottimismo esteriore, Capitan Zena ragiona; da vecchio lupo di mare. Egli pensa già a rintracciare le vecchie cinture di salvataggio e scende nella 3tìva per operare una specie di ricognizione circospetta. Ci va quando è certo di non incontrare qualcuno dei cani e gatti della 3ua ciurma. Non vuole allarmarli prima del tempo. Le cinture di salvataggio! Quante amabili teorie su questi benefici arnesi, che dovrebbero salvpre anche il vecchio Noè! Oli è che la gente che non ha mai navigato o non ha navigato sul serio, vive di teorie e conta gli spigoli del tavolino. Le cinture; eccole là, gettate alla rinfusa sul piancito, grigiastre e slabbrate come vecchi sacchi. Chi ci aveva mai pensato? Bisognerà pure, se le notizie pggiorano, riordinare questi arnesi, portarli sul ponte; appenderli, secondo i regolamenti, alle ringhiere. Ma a che cosa servono queste cinture? Esse hanno una certa funzione col mare calmo; ma col mare grosso sono come paglie. Nella lotta coi marosi è guesnone di fiato, e il fiato non dura a lungo. La navigazione procede più spedita che può. Ma la c Negra », con le sue vecchie macchine a carbone, non può coprire più di 1112 nodi all'ora. E il nastro atlantico è lungo... Nella saletta degli ufficiali ("«Simile — dice Capitan Zena — a una casa di Pompei >) a mezzo giorno e a sera si ascolta la radio; una radio scassata e asmatica, interrotta spesso da colpi di tosse. Specialmente in questi giore\ni, essa sembra agitata da un or-\gasino quaii epilettico. a n n o n a e a dtndmtdgscpasfssDTtsgcppntcsnmsngapnmZe a e a e a n a , o o l è n Roma, Parigi, Berlino, Londra, Nuova York. E' la ridda delle no-\tizie, illogica e febbrile! C'è già\ la guerra su vasti fronti, in set-\tori /ontani... Battaglie di terra e scontri navali si succedono. C'è, inoltre la strage operata dalle mi ne subacquee. — Che ne ditet capitano? — chieda qualche ufficiale. Capitan Zena scuote la testa. Non può parlare perchè il cervello lavora troppo in questi momenti! Intanto ufficiali e ciurma fantasticano: pensano al Brasile che hanno lasciato qualche giorno prima; alle seduzioni che li trattenevano. Ci son sempre le donne che tentano e all'ultimo momento scongiurano di non partire! «Perchè cercare il pericolo e l'ignoto"! Qui c'è tutto: l'amore, il paese tropicale, ricco c sontuoso, ta fa- ciiità della vita ' . , __*»« 7„ 2S* ^^tSUL.^rJÉ^'\mti di costellazioni sconosexu-^^J^Jt^f^trfl»*LfLefT\denti te. namente tentanti delle Sirene, seduttrici di marinai. Ma il richiamo della Patria è forte, è più forte d'ogni altra voce: è il richiamo della Riviera lontana, dei suoi scogli, delle sue risacche dolci e misteriose, mentre nella sera si accendono i primi astri... Arrivare, comunque arrivare, prima che lo scoppio delle ostilità abbia lacerato l'orizzonte con la sua fiammata sinistra. E se il tempo mancasse? Se fosse troppo tardi? Cap'tan Zena si passa la mano ruvida sulla testa rasa. In qual porto riparare1! Dakar"! Lisbona"! Tangeri"! Meglio Tangeri, dove vige lo Statuto Internazionale e l'Italia è rappresentata nel quadripotere che regge le sorti dì questa zona marocchina. Si, bisognerà appoggiarsi per qualche ora a Tangerì e sapere come stanno le cose. La navigazione intanto continua quasi monotona. Di tanto in tanto piovaschi obliqui si aprono come ventagli fuor delle nuvole, e scendono sull'oceano. Capitan Zena ha raccomandato al capomacchina di forzare: — Buttate carbone senza risparmio! La Negra è a due soli giorni d'i navigazione dalla costa africana. Verso il tramonto del primo giorno l'Ufficiale di rotta viene alla ricerca di Capitan Zena. E' preoccupato: , — Capitano — egli dice — venite a vedere sulla torretta di comando. Non so se mi inganno... — Che cosa? — chiede Capitan Zena precedendo l'Ufficiale. — Una nave da guerra. — Ci segue? — Mi pare! — E perchè ci dovrebbe seguire, se In guerra non c'è ancora? — Uhm! Fa come il pescecane che segue una nave, quando spera ci sia dentro il morto.... — Che cosa vi prende? La nave fantasma Capitan Zena tuttavia accelera il passo e sale la scaletta quasi di corsa. Quindi punta il binoccolo su un punto lontano. Il timoniere, mentre regola l'oscillare della sua ruota dentata, è anche lui tutt'oc \chi verso una lontanissima c sot \ tile sagoma che appare sull'oriz\zonte occidentale. Capitan Zena osserva studiosamente: , — gì — egn mormora — è un pescecane, di quelli che dite voi. Ma non grosso... Un cacciatorpediniere... Da che direzione veniva? — Da sud-est. — Probabilmente dalle coste africane.... — Poi ha modificato la rotta, quasi che volesse mettersi nella nostra scia. — Idee! — contraddice Capitan Zena, che non vuol mai darla vin ta a nessuno. — Che cosa può importargli di una vecchia nave di ■iOnn ihnncììntc-) w „ni i„ « MèTZratk. BA font sia calda anche ttof, caro amico! L'Ufficiale di rotta tace, inghiottendo la propria convinzione. w-^S^nte% ta di quella nave e tenetemi informato. Capitan Zeno, non vuol sbotto- rM*,T™%&&1& propria cabina, dal cui oblò ri¬ prende a scrutare il caccia. La sagoma della nave appare ora al- \OMlnto ingrandita. Indubbiamentt ^ ^ ve%cità che puo 0itrepas \sa™ i 30 nodi, non àura fatica ( a e a ! o i n o e i . o e ' n ? e a guadagnare strada nella direzione della povera Negra. Senonchè sembra all'occhio esperto di Capitan Zena che, dopo aver guadagnato parecchio, il caccia mantenga ora la stessa distanza. — Avrei preferito — commenta Capitan Zena con dispetto — che mi avesse raggiunto. Olie ne avrei dette quattro. Invece questo tenermi a bada, comincia a darmi sui nervi! Capitan Zena lascia la cabina e sale dal marconista. — Ci sono notizie? — domanda. pzda i o , a a n . ? e a, a n i — Vaghe, confuse — risponde il marconista. — La situazione j sembra tesa, ma non frrimediaM- le per il momento. | — Bisogna forzare su Tangeri — dice Capitan Zena, quasi par- lando fra sè. — Là sapremo qual- cosa di più preciso. — Se ci arriveremo! — com- menta una voce sulla soglia della cabina. E' il Commissario, che si è a/- facciato in questo momento. Pensate alla vostra cambu- \ «a.' — risponde Capitan Zena irritato. A Tangeri ,rlS2 t^c^eat^kW^ e giù, a passi pesanti, fin che l'ira gli è sbollita. Poi torna nella propria cabina e punta il binocolo attraverso l'oblò. Il caccia è sempre là; alla stessa, esatta distanza. Si direbbe immobile, di vef?-o. Capitan Zena non vuol dire al\ Commissario di far uscire dalla I stilla le cinture e di rivederle e' riordinarle; ma pensa che il provvedimento non potrà tardare. All'ora di cena, mentre il tramonto incendia lontani castelli di nuvole sull'oceano, la nave fantasma è sempre là, alla stessa distanza. Capitan Zena fa un gesto di dispetto, proprio mentre il Commissario sopraggiunge e con un sorrisetto ironico gli dice: — La cena è in tavola, Capitano! Capitan Zona dà un'ultima occhiata al caccia. — Il buio ce lo toglierà di vista! — dice il secondo Ufficiale che sopraggiunge. — Ma ine lo sentirò pesare sullo stomaco tutta la notte! — risponde sacripantando Capitan Zena. La cena è consumata svoglia tornente. Si bevono piuttosto lenotizie della radio; ma sono laco niche. C'è invece molta musica, e la musica, in certi casi, dà ai nervi. Non resta che andare a coricarsi. Tanto che varrebbe stare in piedi ? All'alba Capitan Zena è destato dal secondo Ufficiale: — Capitano, il caccia durante la notte è scomparso. E siamo già ir. vista di Capo Spartel! — Allora siamo quasi a Tangeri! — «ctonia Capitan Zena con un respiro di sollievo. Ma il ™ respiro ai sollievo, ma i SeC°Md° VffÌCtale 9H Pa ! e. E le notizie? — Curio chiede. Mortari Storia della "Negra,, Uomini e scali in tempo di guerra Storia della "Negra,, le orecchie - Sorpresa dalla guerra in pieno Atlantico r *^ Tutta nera con un fiocco rosso • Senza lingua ma con 12 nodi all'ora con un cacciatorpediniere alle calcagna e a — e à l a ò a o — * e a l ¬ (DAL NOSTRO INVIATO) I. rn queste vie™*, d'uomini e' di scali tn tempo di guerra — sulle f&&W£^g'-V£. manzesco non manca: è il roman- go vero, il romanzo vìvo. Si cer- -.ano talvolta (per i volumi e per ufli schermi) motivi ed intrecci, e,ml mondo oggi ne è pieno. Ho rac-i contato finora storie di oscuri equipaggi e di grigie navi da carico, in balia dei marosi e anche degli agguati: erano i romanzi de¬ gli « ausiliari » T'ope che affiancano era piti infocata e aggressiva delle squadre e dei convogli. Ma sono, comunque, romanzi svolgentisi in circolo chiuso, su di una pista acquea prestabilita. Si tratta quasi di un liscio e lucido « maneggio » su cui s'inseguono navi e cavalloni, gesta e procelle; ma su un itinerario determinato, che quasi sempre si ripete, con gli stessi scah e gli stessi approdi. Fine maggio 1940 Esiste invece un campo più vasto, complicato e, oserei aire, cinematografico, per ' questa vita errante d'eccezione. E' proprio su questo campo che intendiamo spaziare da oggi. Si tratta di storie passate e recenti, spesso anche presenti. In questa nuova « aerte » della nostra inchiesta a largo raggio su «uomini e scali in tempo di guerra », sono naturalmente e soprattutto gli Italiani a interessarci: coloro che, vivendo o trovandosi per ragion di mestiere in terre d'oltremare, anelavano al ritorno verso la Madre Patria, come gli uccelli, obbedendo a un segre to e inesplicabile «sesto senso», anelano di tornare, sia pur tra gli orrori della tempesta, al proprio nido. Forse questa nuova inchiesta darà spunti analogici per altri scritti e per pellicole sensazionali (da un documentario proiettato recentemente ho già visto, ad esempio, rappresentata la vita dei nostri pescatori, ai quali la Stampa fin dal 1939 aveva dedicato attraverso i miei scritti, i primi saggi descrittivi); ma voglio sperare che coloro che si serviranno di questi spunti, vorranno ricordarne almeno la fonte originaria... E cominciamo con la storia di questa « Negra », da collocarsi nei giorni dell' avanzata primavera 19!t0, alla vigilia dell'entrata in guerra dell'Italia. Una nave. Descriverla sarebbe il meno: una nave mercantile di circa 5000 tonnellate, dal collo lungo e dallo scafo caliginoso, qua e là scrostato e macchiato di rossastro come il guscio di una vecchia aragosta. Ancora azionata dal cai bone, essa riporta ormai ai tempi mitici della navigazione a vapore. Ma intorno al suo lungo fumaiolo gira un nastro rosso. Una specie di civetteria, come ne hanno le donne in genere e in specie le negre dell'Africa tropi cale. Perciò la ciurma ha thia mato questa nave « La Negra » indipendentemente dal suo vero nome, il nome del Registro marittimo; e, come una negra, la tartassa, la maltratta, la sfrutta; ma non può farne a meno, il che significa che, in cuor proprio, la stima. Vecchia nave, quindi, che appena possiede a bordo una radio ricevente, perchè le navi antiquate di questo tipo non merita- sècpgE»o il lusso — dice il suo capi(o)io, un genovese che l'equipaggio chiama semplicemente Capitan Zena mplicemente Capiti di avere anche una radio tra u e e a o i e , i o a i i o i i o . i i a n e i o , i a i e . e n » o a a o - smittente. — « La Negra » — egli dice — è come una donna che abbia orecchie, ma sia senza lingua. Meglio per noi... Veniamo ora ai fatti. La « Negra » si trova, sul finire del maggio 19$0, nell'Oceano Atlantico meridionale, in piena navigazione. Essa marcia immersa fin quasi ai parapetti, perchè porta un carico grosso; un carico diciamo cos\ universale. Questa nave può, in una parola, sembrare un bazar navigante, perchè nelle sue stive c'è di tutto un po': dai carichi di caffè e di zucchero ai sugheri, dalle scatole di conserva ai bottoni, dalla tela d'imballaggio al pesce secco. Comunque questa navigazione è un affare. O, meglio, sarà un affare se le minacce che gravano sul mondo, e in ispecial modo su questo Oceano, non si risolveranno in un'altra tempesta in cui venga coinvolta anche l'Italia. La guerra è già scoppiata da quasi un anno tra la Germania e l'Intesa. L'oceano non è orinai più un campo libero, sconfinatamente libero come nei tempi di pace; ma una distesa vigilata da occhi misteriosi, subacquei ed aerei; sorvegliata da presenze invisibili, occhiute ed attente. Oltre a questo stato di cose ci sono anche le voci che corrono; anzi correvano a Pernambuco, scalo di partenza della « Negra ». Anche l'entrata in guerra dell'Italia sembrava allora imminente, e la partenza era avvenuta tra presagi sinistri Prospettiva antipatica snSglvprospettiva, rimanere vigilati senon proprio prigionieri, iti un por-Oggi Capitan Zena naviga affidandosi alla buona stella. Se la « Negra » arriva in tempo, non soltanto è salvo l'onore, ma anche l'affare, il che, per un buon navigatore ligure, non è del tutto disprezzabile. Se le ostilità scoppiano prima, invece, bisognerà enfiare nella danza... Bisognerà allora cercare di sfuggire al nemico, di filare alla chetichella e, in cattiva ipotesi, tentar di gettar la nave entro un porto neutrale ove verrà sequestrata. Ma che bella por to qiialungue, lontani dalla Pa trio! La ipotesi peggiore invece porterebbe al siluramento, cioè la morte in bocca ai pesci e la fine del carico in fondo al mare. Intanto la «Negra» naviga senza risparmio di carbone. Qualcuno della ciurma brontola che una negra con l'udito ma senza lingua, comincia a diventare un impaccio. Quell'affare della radio soltanto ricevente, preoccupa quelli che pensano, in certi casi, a chiedere aiuto. — Se ci fosse questa radio trasmittente — mugugna qualcuno — potremmo metterci in contatto con qualche nostra nave da guerra... Cosi invece, si naviga nel buio. Sull'Atlantico, agitato dalle prime raffiche dell' Equinozio, c'è quel senso di solitudine strana, di o,lre»»o auasi di squallore, che non si spiega, eppure dà, al cuore dei cnaviganti una specie di stretta.ì ' Si sente quasi, tutt'intorno, un grande vuoto, che non è quello solito dei cieli e degli abissi oceanici. In tempo normale le navi vanno o vengono, s'incrociano, si scambiano saluti. Ma ora invece le navi sono sparite: è molto se se ne scorge qualcuna lontanissima sull'orizzonte, simile a un uccello migrante, incalzato dal presentimento della tempesta. Attorno alla radio Nonostante il suo rubicondo ottimismo esteriore, Capitan Zena ragiona; da vecchio lupo di mare. Egli pensa già a rintracciare le vecchie cinture di salvataggio e scende nella 3tìva per operare una specie di ricognizione circospetta. Ci va quando è certo di non incontrare qualcuno dei cani e gatti della 3ua ciurma. Non vuole allarmarli prima del tempo. Le cinture di salvataggio! Quante amabili teorie su questi benefici arnesi, che dovrebbero salvpre anche il vecchio Noè! Oli è che la gente che non ha mai navigato o non ha navigato sul serio, vive di teorie e conta gli spigoli del tavolino. Le cinture; eccole là, gettate alla rinfusa sul piancito, grigiastre e slabbrate come vecchi sacchi. Chi ci aveva mai pensato? Bisognerà pure, se le notizie pggiorano, riordinare questi arnesi, portarli sul ponte; appenderli, secondo i regolamenti, alle ringhiere. Ma a che cosa servono queste cinture? Esse hanno una certa funzione col mare calmo; ma col mare grosso sono come paglie. Nella lotta coi marosi è guesnone di fiato, e il fiato non dura a lungo. La navigazione procede più spedita che può. Ma la c Negra », con le sue vecchie macchine a carbone, non può coprire più di 1112 nodi all'ora. E il nastro atlantico è lungo... Nella saletta degli ufficiali ("«Simile — dice Capitan Zena — a una casa di Pompei >) a mezzo giorno e a sera si ascolta la radio; una radio scassata e asmatica, interrotta spesso da colpi di tosse. Specialmente in questi giore\ni, essa sembra agitata da un or-\gasino quaii epilettico. a n n o n a e a dtndmtdgscpasfssDTtsgcppntcsnmsngapnmZe a e a e a n a , o o l è n Roma, Parigi, Berlino, Londra, Nuova York. E' la ridda delle no-\tizie, illogica e febbrile! C'è già\ la guerra su vasti fronti, in set-\tori /ontani... Battaglie di terra e scontri navali si succedono. C'è, inoltre la strage operata dalle mi ne subacquee. — Che ne ditet capitano? — chieda qualche ufficiale. Capitan Zena scuote la testa. Non può parlare perchè il cervello lavora troppo in questi momenti! Intanto ufficiali e ciurma fantasticano: pensano al Brasile che hanno lasciato qualche giorno prima; alle seduzioni che li trattenevano. Ci son sempre le donne che tentano e all'ultimo momento scongiurano di non partire! «Perchè cercare il pericolo e l'ignoto"! Qui c'è tutto: l'amore, il paese tropicale, ricco c sontuoso, ta fa- ciiità della vita ' . , __*»« 7„ 2S* ^^tSUL.^rJÉ^'\mti di costellazioni sconosexu-^^J^Jt^f^trfl»*LfLefT\denti te. namente tentanti delle Sirene, seduttrici di marinai. Ma il richiamo della Patria è forte, è più forte d'ogni altra voce: è il richiamo della Riviera lontana, dei suoi scogli, delle sue risacche dolci e misteriose, mentre nella sera si accendono i primi astri... Arrivare, comunque arrivare, prima che lo scoppio delle ostilità abbia lacerato l'orizzonte con la sua fiammata sinistra. E se il tempo mancasse? Se fosse troppo tardi? Cap'tan Zena si passa la mano ruvida sulla testa rasa. In qual porto riparare1! Dakar"! Lisbona"! Tangeri"! Meglio Tangeri, dove vige lo Statuto Internazionale e l'Italia è rappresentata nel quadripotere che regge le sorti dì questa zona marocchina. Si, bisognerà appoggiarsi per qualche ora a Tangerì e sapere come stanno le cose. La navigazione intanto continua quasi monotona. Di tanto in tanto piovaschi obliqui si aprono come ventagli fuor delle nuvole, e scendono sull'oceano. Capitan Zena ha raccomandato al capomacchina di forzare: — Buttate carbone senza risparmio! La Negra è a due soli giorni d'i navigazione dalla costa africana. Verso il tramonto del primo giorno l'Ufficiale di rotta viene alla ricerca di Capitan Zena. E' preoccupato: , — Capitano — egli dice — venite a vedere sulla torretta di comando. Non so se mi inganno... — Che cosa? — chiede Capitan Zena precedendo l'Ufficiale. — Una nave da guerra. — Ci segue? — Mi pare! — E perchè ci dovrebbe seguire, se In guerra non c'è ancora? — Uhm! Fa come il pescecane che segue una nave, quando spera ci sia dentro il morto.... — Che cosa vi prende? La nave fantasma Capitan Zena tuttavia accelera il passo e sale la scaletta quasi di corsa. Quindi punta il binoccolo su un punto lontano. Il timoniere, mentre regola l'oscillare della sua ruota dentata, è anche lui tutt'oc \chi verso una lontanissima c sot \ tile sagoma che appare sull'oriz\zonte occidentale. Capitan Zena osserva studiosamente: , — gì — egn mormora — è un pescecane, di quelli che dite voi. Ma non grosso... Un cacciatorpediniere... Da che direzione veniva? — Da sud-est. — Probabilmente dalle coste africane.... — Poi ha modificato la rotta, quasi che volesse mettersi nella nostra scia. — Idee! — contraddice Capitan Zena, che non vuol mai darla vin ta a nessuno. — Che cosa può importargli di una vecchia nave di ■iOnn ihnncììntc-) w „ni i„ « MèTZratk. BA font sia calda anche ttof, caro amico! L'Ufficiale di rotta tace, inghiottendo la propria convinzione. w-^S^nte% ta di quella nave e tenetemi informato. Capitan Zeno, non vuol sbotto- rM*,T™%&&1& propria cabina, dal cui oblò ri¬ prende a scrutare il caccia. La sagoma della nave appare ora al- \OMlnto ingrandita. Indubbiamentt ^ ^ ve%cità che puo 0itrepas \sa™ i 30 nodi, non àura fatica ( a e a ! o i n o e i . o e ' n ? e a guadagnare strada nella direzione della povera Negra. Senonchè sembra all'occhio esperto di Capitan Zena che, dopo aver guadagnato parecchio, il caccia mantenga ora la stessa distanza. — Avrei preferito — commenta Capitan Zena con dispetto — che mi avesse raggiunto. Olie ne avrei dette quattro. Invece questo tenermi a bada, comincia a darmi sui nervi! Capitan Zena lascia la cabina e sale dal marconista. — Ci sono notizie? — domanda. pzda i o , a a n . ? e a, a n i — Vaghe, confuse — risponde il marconista. — La situazione j sembra tesa, ma non frrimediaM- le per il momento. | — Bisogna forzare su Tangeri — dice Capitan Zena, quasi par- lando fra sè. — Là sapremo qual- cosa di più preciso. — Se ci arriveremo! — com- menta una voce sulla soglia della cabina. E' il Commissario, che si è a/- facciato in questo momento. Pensate alla vostra cambu- \ «a.' — risponde Capitan Zena irritato. A Tangeri ,rlS2 t^c^eat^kW^ e giù, a passi pesanti, fin che l'ira gli è sbollita. Poi torna nella propria cabina e punta il binocolo attraverso l'oblò. Il caccia è sempre là; alla stessa, esatta distanza. Si direbbe immobile, di vef?-o. Capitan Zena non vuol dire al\ Commissario di far uscire dalla I stilla le cinture e di rivederle e' riordinarle; ma pensa che il provvedimento non potrà tardare. All'ora di cena, mentre il tramonto incendia lontani castelli di nuvole sull'oceano, la nave fantasma è sempre là, alla stessa distanza. Capitan Zena fa un gesto di dispetto, proprio mentre il Commissario sopraggiunge e con un sorrisetto ironico gli dice: — La cena è in tavola, Capitano! Capitan Zona dà un'ultima occhiata al caccia. — Il buio ce lo toglierà di vista! — dice il secondo Ufficiale che sopraggiunge. — Ma ine lo sentirò pesare sullo stomaco tutta la notte! — risponde sacripantando Capitan Zena. La cena è consumata svoglia tornente. Si bevono piuttosto lenotizie della radio; ma sono laco niche. C'è invece molta musica, e la musica, in certi casi, dà ai nervi. Non resta che andare a coricarsi. Tanto che varrebbe stare in piedi ? All'alba Capitan Zena è destato dal secondo Ufficiale: — Capitano, il caccia durante la notte è scomparso. E siamo già ir. vista di Capo Spartel! — Allora siamo quasi a Tangeri! — «ctonia Capitan Zena con un respiro di sollievo. Ma il ™ respiro ai sollievo, ma i SeC°Md° VffÌCtale 9H Pa ! e. E le notizie? — Curio chiede. Mortari