Un romantico in trono di Filippo Burzio

Un romantico in trono MEDITAZIONI STORICHE Un romantico in trono Pochi momenti storici sono più secondo il mio cuore di quei 1814-15 che vede 1 inizio, ben presto delusivo, della Restaurazione in Europa. Se fosse lecito, in questa sede di riflessioni generali, parlare dei fatti propri, osserverei che a_ torto è stato detto, e da più d'uno, che le mie simpatie profonde e innate vadano al Settecento (ricordo perfino, e sia raccontato per ischerzo, che un famoso grafologo di Ginevra riscontrò nella mia scritt ira tutte le caratteristiche settecentesche; una vera e singolare, diceva lui, « reviviscenza • : ed era come entralo in travet pronunciando queste parole, con vivo stupore di noi astanti): no, quella, fra le varie atmosfere del passato recente, che mi è più propizia ; la mia aura, o patria, ideale, non è il Settecento volteriano, ma la felice sintesi dell'Illuminismo e del Cristianesimo realizzata dal Romanticismo della prima ora ; quel romanticismo umbratile e refrigerante, che l'umanità uscita dagli orrori della Rivoluzione, e dall'arso ventennio delle guerre napoleoniche, respira a pieni polmoni con un senso indicibile di freschezza e di liberazione: quello in. cui il pur nobile e glorioso razionalismo si contempera ed arricchisce di tutte le vitamine di un sentimento religioso, senza cui la vita è apparsa troppo assurda e sterile cosa ; e che può ancora assumere, allora, l'illustre e caro sembiante cristiano — mentre la tragedia del tempo nostro è che quella divina polla di religiosità sembra progressivamente inaridirsi, per essiccamento, soprattutto, delle sue fonti dogmatiche e teologiche. E' quel romanticismo di Chateaubriand, della Stael, di Manzoni, dei grandi tedeschi, per cui anche Rousseau può esser chiamato il «protoromantico»: delizioso, fugace periodo, iu cui la Ragione appare alleata alla Fede, e il presuntuoso ed arido Illuminismo deve abbassare le armi davanti alla risorgente intuizione che non tutto si può «dimostrare», e che senza una mistica fiducia « suprarazionale » nei propri destini, lo slancio umano ha le ali irremissibilmente tagliate. Sorrette da quella fede, immense speranze si accendono nel cuore dei patrioti italiani e tedeschi: sul suolo della patria, libera dal tallone invasore, è ormai possibile costruir l'avvenire ! C è una pagina dimenticata dell'autobiografia di Cesare Balbo che rende mirabilmente quel senso ine briante di aurora, di secol nuo vo, di pagina bianca che si apre nel libro della storia: è una notte di luna in Parigi,_ vuota già delle truppe napoleoniche, e non ancora occupata dagli alleati ; sopraffatta dall'cmpito dei presagi" e delle speranze d'Italia, egli si affaccia al balcone pensando al suo Piemonte lontano. E' il momento storico che 6Ì concreta, politicamente, nei primi Ministeri «moderati» della restaurata Monarchia francese : Richelieu, Decazes, Villèle, prima che si scatenino gli ultra ed il Terrore Bianco ; e vi si armonizza senza sforzo la stessa saggezza un po' scettica del re Luigi XVIII, nel cui (pur così poco romantico) temperamento coesistono i due principi antitetici, di un volterianismo nativo, e della tradizione cattolica, da sovrano « legittimo » che si rispetti. Ma non l'obeso e frusto Borbone, bensì lo snello Romanof. nel pieno fulgore della sua virilità seducente, è il compiuto simbolo, l'incarnazione quasi miracolosa, tanto è pertinente, dell'epoca: lo zar Alessandro, che ha condotto da Mosca a Parigi la coalizione europea, e che in quegli anni — con uno sforzo magnifico di maturazione e di elevazione — ha saputo diventar quasi pari al gigantesco avversario, e agli eventi. E' veramente singolare, a riflettervi, che quel tempo abbia saputo produrre, oltre al formidabile stampo dell'uomo fatale, anche la sua perfetta antitesi, per opporglielaal momento opportuno. Ciò non è troppo frequente nella storia ; solo la coppia AnnibaleScipione, forse, vi è paragonabile, ma capovolta; mentre le altre, Cesare-Pompeo, o Carlo V-Francesco I, sono già meno espressive e simmetriche, più squilibrate. Bello, elegante, generoso, irresistibile, Alessandro è in quegli anni il Principe Azzurro del romanticismo politico e letterario europeo, che è ai suoi piedi da un capo all'altro del Continente: egli ha tutto quello che manca a Napoleone, e che l'opinione — sazia di realismo e vaga d'idealità, arsa di politica e nostalgica di religione — reclama. E notate che non si tratta solo di qualità esteriori e psicologiche, di coincidenze fortuite o sforzate, di un carattere «rappresentativo» dovuto agli eventi e al posto che occupa, come accade così spesso ai regnanti. No, qui è l'uomo vero, non il manichino regale, che appare, che opera, lotta, e s'impone. TI 9U0 stesso avversario, che ha l'occhio esperto, lo ha definito da tempo «l'unico intelligente », fra i sovrani della coalizione. I casi recenti, le grandi prove, la sublimità e asprezza del compito lo hanno sferzato, rendendo esplicito in lui tutto il 6U0 me glio: l'uomo si è elevato col suo scopo, come dice Goethe ; ma poiquesto ci vuol della stoffa. Gli storici sono concordi nel rilevare come le sue migliori qualità si esaltino in quel periodo, in cui giunge anch'egli a sentirsi l'uomo del destino, investito di una missione: i suoi proclami a truppe e a popoli sono mirabili, reggono il confronto (in tutt'altro stile!) dei «Bollettini» napoleq nici ; le sue decisioni lungimiranti, la sua volontà tenacissi¬ ma; perfino la sua capacità di lavoro (in lui slavo, romantico. 0 per di più gran signore di razza) potente. Cara buona amica ■— scrive un giorno dei 1813 alla prediletta sorella Caterina — ho creduto che la testa non mi reggesse per la grande quantità di lavoro che m'è caduta sulle spalle: l'alleanza coi Prussiani, gif accordi militari, l'arrivo del generale Scharnhorst, quello lell'ambasciatore d'Inghilterra, tre corrieri da Copenaghen, da Stoccolma e da Mosca, l'inviato austriaco, l'aiutante di campo del re di Prussia, Wrangel, e finalmente la presa di Berlino — e tutto questo insieme... L'incomprensione dei politici e diplomatici davanti a questa apparizione umana è grande, ma comprensibile: un cristiano, un autentico cristiano (sia pure ampiamente peccatore del più dolce peccato) sul trono ; e per di più un cavaliere antico, un paladino! Che egli interpreta le aspirazioni profonde dell'epoca pur nella fugace ripresa degli ideali cavallereschi, in un'aureola di medioevalismo, già quanto mai «Walter Scott». Fedeltà — grida egH alla conculcata dinastia prussiana porgendole la mano soccorritrice; pietà —■ verso il nemico vinto, che tutti vorrebbero distruggere, e freme a Fontainebleau. La gente, che ha visto Marat, Robespierre, Talleyrand, l'assassinio del duca d'Enghien, la prigionia di Pio VII, il ratto di Baiona, si frega gli occhi, e non osa credere ai propri orecchi: Non temete nulla — dice ai Parigini, venuti a offrirgli la resa, « col suo bello sguardo pieno di franchezza > — nè per le vostre case, nè per i vostri monumenti... I soldati non alloggeranno presso gli abitanti; voi non dovrete pensare al loro nutrimento... Prendo la capitale intera sotto la mia protezione... Non ho nemici in Francia, o piuttosto non nè avevo che uno, ma esso non regna più... lo vengo a portarvi la pace: Poche ore dopo è l'entrata in Parigi, l'apoteosi : Alle 11, preceduto dai Cosacchi rossi della sua guardia e dal corazzieri bianchi della guardia prussiana, lo zar, con l'uniforme della guardia a cavallo, fa il suo ingresso dalla barriera di Pantin. Cavalca con la sua abituale eleganza... avendo alla sinistra il re di Prussia e a destra il generalissimo Schwerzenberg... Giunti ai Campi Elisi, i sovrani pap.-ano in rivista le proprie truppe, ^'entusiasmo del pubblico trabocca. Per contemplar meglio l'autocrate russo, che splende d'allegria e di maestà come un semidio, certe giovani donne della più alta società, ch'è meglio non nominare, s'infilano tra i Cosacchi rossi e salgono fieramente sulla groppa dei loro cavalli. Alessandro, che le vede; dice ridendo a Schwarzenberg: « Purché i miei Cosacchi non rapiscano queste nuove Sabine! >. Poi, poco dopo, lo slavo, il romantico prendono in lui progressivamente il sopravvento, insidiandone la volontà fattiva: benché la sua nobile tempra, esaltandosi in un travolgente misticismo, splenda forse ancora in un'avventura finale — quella della sua finta morte e del suo ritiro eremitico — che sarebbe interessante, dal- punto di vista demiurgico, esaminare. Ci chiedevamo, in un recente articolo, se il fallimento di quel sistema della «Santa Alleanza», che rappresenta — insieme all'abbattimento di Napoleone, e a numerosi altri atti di portata permanente — il suo patrimonio storico, fosse dovuto unicamente, alla sua insufficienza, realizzatrice di statista. Nq, evidentemente: gli uomini non meritano di'essere governati da così nobili principi come quelli ch'egli (con una sincerità e purezza d'intenzioni, che la storia è sempre più costretta a riconoscergli) ha enunciato e messo in pratica: Con questa alleanza fraterna e cristiana, ho voluto applicare alle relazioni civili e politiche degli Stati i principi di pace, di concordia e d'amore che son frutto della religione cristiana,. Il mio scopo esclusivo è d'unificare tutti gli interessi morali dei popoli... e lo scetticismo derisorio con cui i Metternich, i Talleyrand, i Castlereagh accolgono il progetto d'Alessandro, e immediatamente lo sabotano, rappresenta, nella sua grettezza egoistica, il realismo politico, conoscitore della vera natura delle masse umane. Eppure, questi sogni vanno di quando in quando sognati, non solo per salvaguardar l'avvenire (per quanto remoto e mitico), ma per lasciare almeno qualche fermento ideale nella quotidiana meschinità e ferocia della storia. E, sotto questo aspetto di « mito attivo », il sogno d'Alessandro è 6tato concretamente, e sia pure parzialmente, efficace — nei gabinetti e sulle piazze rivoluzionarie — almeno fino al '48, collegandosi u ispirazioni e movimenti analoghi, come il neo-guelfismo, e simili. Poi il secolo, invecchiando, si avvia verso durezze sempre maggiori: è la fine del primo romanticismo, è l'avvento di Marx e di Nietzsche. Dei tre tipi di «europeismo» che l'epoca di Alessandro ha conosciuto: quello egemonicOfmilitarista di Napoleone, quello politico-cquilibrìttico del gruppo MetternichTalleyrand-Castlereagh, ed il suo, che possiamo chiamare federativo-cristiano — è stato il secondo a dominar l'Ottocento, in una sempre più faticosa e contrastata vittoria: finche, infranto quell'equilibrio per l'urgere di crescenti tensioni e disarmonie interne, il nostro travagliato Continente entra, con la guerra del 1914, e col suo seguito attuale, in ima crisi di vita odi morte. ' Filippo Burzio Un romantico in trono MEDITAZIONI STORICHE Un romantico in trono Pochi momenti storici sono più secondo il mio cuore di quei 1814-15 che vede 1 inizio, ben presto delusivo, della Restaurazione in Europa. Se fosse lecito, in questa sede di riflessioni generali, parlare dei fatti propri, osserverei che a_ torto è stato detto, e da più d'uno, che le mie simpatie profonde e innate vadano al Settecento (ricordo perfino, e sia raccontato per ischerzo, che un famoso grafologo di Ginevra riscontrò nella mia scritt ira tutte le caratteristiche settecentesche; una vera e singolare, diceva lui, « reviviscenza • : ed era come entralo in travet pronunciando queste parole, con vivo stupore di noi astanti): no, quella, fra le varie atmosfere del passato recente, che mi è più propizia ; la mia aura, o patria, ideale, non è il Settecento volteriano, ma la felice sintesi dell'Illuminismo e del Cristianesimo realizzata dal Romanticismo della prima ora ; quel romanticismo umbratile e refrigerante, che l'umanità uscita dagli orrori della Rivoluzione, e dall'arso ventennio delle guerre napoleoniche, respira a pieni polmoni con un senso indicibile di freschezza e di liberazione: quello in. cui il pur nobile e glorioso razionalismo si contempera ed arricchisce di tutte le vitamine di un sentimento religioso, senza cui la vita è apparsa troppo assurda e sterile cosa ; e che può ancora assumere, allora, l'illustre e caro sembiante cristiano — mentre la tragedia del tempo nostro è che quella divina polla di religiosità sembra progressivamente inaridirsi, per essiccamento, soprattutto, delle sue fonti dogmatiche e teologiche. E' quel romanticismo di Chateaubriand, della Stael, di Manzoni, dei grandi tedeschi, per cui anche Rousseau può esser chiamato il «protoromantico»: delizioso, fugace periodo, iu cui la Ragione appare alleata alla Fede, e il presuntuoso ed arido Illuminismo deve abbassare le armi davanti alla risorgente intuizione che non tutto si può «dimostrare», e che senza una mistica fiducia « suprarazionale » nei propri destini, lo slancio umano ha le ali irremissibilmente tagliate. Sorrette da quella fede, immense speranze si accendono nel cuore dei patrioti italiani e tedeschi: sul suolo della patria, libera dal tallone invasore, è ormai possibile costruir l'avvenire ! C è una pagina dimenticata dell'autobiografia di Cesare Balbo che rende mirabilmente quel senso ine briante di aurora, di secol nuo vo, di pagina bianca che si apre nel libro della storia: è una notte di luna in Parigi,_ vuota già delle truppe napoleoniche, e non ancora occupata dagli alleati ; sopraffatta dall'cmpito dei presagi" e delle speranze d'Italia, egli si affaccia al balcone pensando al suo Piemonte lontano. E' il momento storico che 6Ì concreta, politicamente, nei primi Ministeri «moderati» della restaurata Monarchia francese : Richelieu, Decazes, Villèle, prima che si scatenino gli ultra ed il Terrore Bianco ; e vi si armonizza senza sforzo la stessa saggezza un po' scettica del re Luigi XVIII, nel cui (pur così poco romantico) temperamento coesistono i due principi antitetici, di un volterianismo nativo, e della tradizione cattolica, da sovrano « legittimo » che si rispetti. Ma non l'obeso e frusto Borbone, bensì lo snello Romanof. nel pieno fulgore della sua virilità seducente, è il compiuto simbolo, l'incarnazione quasi miracolosa, tanto è pertinente, dell'epoca: lo zar Alessandro, che ha condotto da Mosca a Parigi la coalizione europea, e che in quegli anni — con uno sforzo magnifico di maturazione e di elevazione — ha saputo diventar quasi pari al gigantesco avversario, e agli eventi. E' veramente singolare, a riflettervi, che quel tempo abbia saputo produrre, oltre al formidabile stampo dell'uomo fatale, anche la sua perfetta antitesi, per opporglielaal momento opportuno. Ciò non è troppo frequente nella storia ; solo la coppia AnnibaleScipione, forse, vi è paragonabile, ma capovolta; mentre le altre, Cesare-Pompeo, o Carlo V-Francesco I, sono già meno espressive e simmetriche, più squilibrate. Bello, elegante, generoso, irresistibile, Alessandro è in quegli anni il Principe Azzurro del romanticismo politico e letterario europeo, che è ai suoi piedi da un capo all'altro del Continente: egli ha tutto quello che manca a Napoleone, e che l'opinione — sazia di realismo e vaga d'idealità, arsa di politica e nostalgica di religione — reclama. E notate che non si tratta solo di qualità esteriori e psicologiche, di coincidenze fortuite o sforzate, di un carattere «rappresentativo» dovuto agli eventi e al posto che occupa, come accade così spesso ai regnanti. No, qui è l'uomo vero, non il manichino regale, che appare, che opera, lotta, e s'impone. TI 9U0 stesso avversario, che ha l'occhio esperto, lo ha definito da tempo «l'unico intelligente », fra i sovrani della coalizione. I casi recenti, le grandi prove, la sublimità e asprezza del compito lo hanno sferzato, rendendo esplicito in lui tutto il 6U0 me glio: l'uomo si è elevato col suo scopo, come dice Goethe ; ma poiquesto ci vuol della stoffa. Gli storici sono concordi nel rilevare come le sue migliori qualità si esaltino in quel periodo, in cui giunge anch'egli a sentirsi l'uomo del destino, investito di una missione: i suoi proclami a truppe e a popoli sono mirabili, reggono il confronto (in tutt'altro stile!) dei «Bollettini» napoleq nici ; le sue decisioni lungimiranti, la sua volontà tenacissi¬ ma; perfino la sua capacità di lavoro (in lui slavo, romantico. 0 per di più gran signore di razza) potente. Cara buona amica ■— scrive un giorno dei 1813 alla prediletta sorella Caterina — ho creduto che la testa non mi reggesse per la grande quantità di lavoro che m'è caduta sulle spalle: l'alleanza coi Prussiani, gif accordi militari, l'arrivo del generale Scharnhorst, quello lell'ambasciatore d'Inghilterra, tre corrieri da Copenaghen, da Stoccolma e da Mosca, l'inviato austriaco, l'aiutante di campo del re di Prussia, Wrangel, e finalmente la presa di Berlino — e tutto questo insieme... L'incomprensione dei politici e diplomatici davanti a questa apparizione umana è grande, ma comprensibile: un cristiano, un autentico cristiano (sia pure ampiamente peccatore del più dolce peccato) sul trono ; e per di più un cavaliere antico, un paladino! Che egli interpreta le aspirazioni profonde dell'epoca pur nella fugace ripresa degli ideali cavallereschi, in un'aureola di medioevalismo, già quanto mai «Walter Scott». Fedeltà — grida egH alla conculcata dinastia prussiana porgendole la mano soccorritrice; pietà —■ verso il nemico vinto, che tutti vorrebbero distruggere, e freme a Fontainebleau. La gente, che ha visto Marat, Robespierre, Talleyrand, l'assassinio del duca d'Enghien, la prigionia di Pio VII, il ratto di Baiona, si frega gli occhi, e non osa credere ai propri orecchi: Non temete nulla — dice ai Parigini, venuti a offrirgli la resa, « col suo bello sguardo pieno di franchezza > — nè per le vostre case, nè per i vostri monumenti... I soldati non alloggeranno presso gli abitanti; voi non dovrete pensare al loro nutrimento... Prendo la capitale intera sotto la mia protezione... Non ho nemici in Francia, o piuttosto non nè avevo che uno, ma esso non regna più... lo vengo a portarvi la pace: Poche ore dopo è l'entrata in Parigi, l'apoteosi : Alle 11, preceduto dai Cosacchi rossi della sua guardia e dal corazzieri bianchi della guardia prussiana, lo zar, con l'uniforme della guardia a cavallo, fa il suo ingresso dalla barriera di Pantin. Cavalca con la sua abituale eleganza... avendo alla sinistra il re di Prussia e a destra il generalissimo Schwerzenberg... Giunti ai Campi Elisi, i sovrani pap.-ano in rivista le proprie truppe, ^'entusiasmo del pubblico trabocca. Per contemplar meglio l'autocrate russo, che splende d'allegria e di maestà come un semidio, certe giovani donne della più alta società, ch'è meglio non nominare, s'infilano tra i Cosacchi rossi e salgono fieramente sulla groppa dei loro cavalli. Alessandro, che le vede; dice ridendo a Schwarzenberg: « Purché i miei Cosacchi non rapiscano queste nuove Sabine! >. Poi, poco dopo, lo slavo, il romantico prendono in lui progressivamente il sopravvento, insidiandone la volontà fattiva: benché la sua nobile tempra, esaltandosi in un travolgente misticismo, splenda forse ancora in un'avventura finale — quella della sua finta morte e del suo ritiro eremitico — che sarebbe interessante, dal- punto di vista demiurgico, esaminare. Ci chiedevamo, in un recente articolo, se il fallimento di quel sistema della «Santa Alleanza», che rappresenta — insieme all'abbattimento di Napoleone, e a numerosi altri atti di portata permanente — il suo patrimonio storico, fosse dovuto unicamente, alla sua insufficienza, realizzatrice di statista. Nq, evidentemente: gli uomini non meritano di'essere governati da così nobili principi come quelli ch'egli (con una sincerità e purezza d'intenzioni, che la storia è sempre più costretta a riconoscergli) ha enunciato e messo in pratica: Con questa alleanza fraterna e cristiana, ho voluto applicare alle relazioni civili e politiche degli Stati i principi di pace, di concordia e d'amore che son frutto della religione cristiana,. Il mio scopo esclusivo è d'unificare tutti gli interessi morali dei popoli... e lo scetticismo derisorio con cui i Metternich, i Talleyrand, i Castlereagh accolgono il progetto d'Alessandro, e immediatamente lo sabotano, rappresenta, nella sua grettezza egoistica, il realismo politico, conoscitore della vera natura delle masse umane. Eppure, questi sogni vanno di quando in quando sognati, non solo per salvaguardar l'avvenire (per quanto remoto e mitico), ma per lasciare almeno qualche fermento ideale nella quotidiana meschinità e ferocia della storia. E, sotto questo aspetto di « mito attivo », il sogno d'Alessandro è 6tato concretamente, e sia pure parzialmente, efficace — nei gabinetti e sulle piazze rivoluzionarie — almeno fino al '48, collegandosi u ispirazioni e movimenti analoghi, come il neo-guelfismo, e simili. Poi il secolo, invecchiando, si avvia verso durezze sempre maggiori: è la fine del primo romanticismo, è l'avvento di Marx e di Nietzsche. Dei tre tipi di «europeismo» che l'epoca di Alessandro ha conosciuto: quello egemonicOfmilitarista di Napoleone, quello politico-cquilibrìttico del gruppo MetternichTalleyrand-Castlereagh, ed il suo, che possiamo chiamare federativo-cristiano — è stato il secondo a dominar l'Ottocento, in una sempre più faticosa e contrastata vittoria: finche, infranto quell'equilibrio per l'urgere di crescenti tensioni e disarmonie interne, il nostro travagliato Continente entra, con la guerra del 1914, e col suo seguito attuale, in ima crisi di vita odi morte. ' Filippo Burzio Un romantico in trono MEDITAZIONI STORICHE Un romantico in trono Pochi momenti storici sono più secondo il mio cuore di quei 1814-15 che vede 1 inizio, ben presto delusivo, della Restaurazione in Europa. Se fosse lecito, in questa sede di riflessioni generali, parlare dei fatti propri, osserverei che a_ torto è stato detto, e da più d'uno, che le mie simpatie profonde e innate vadano al Settecento (ricordo perfino, e sia raccontato per ischerzo, che un famoso grafologo di Ginevra riscontrò nella mia scritt ira tutte le caratteristiche settecentesche; una vera e singolare, diceva lui, « reviviscenza • : ed era come entralo in travet pronunciando queste parole, con vivo stupore di noi astanti): no, quella, fra le varie atmosfere del passato recente, che mi è più propizia ; la mia aura, o patria, ideale, non è il Settecento volteriano, ma la felice sintesi dell'Illuminismo e del Cristianesimo realizzata dal Romanticismo della prima ora ; quel romanticismo umbratile e refrigerante, che l'umanità uscita dagli orrori della Rivoluzione, e dall'arso ventennio delle guerre napoleoniche, respira a pieni polmoni con un senso indicibile di freschezza e di liberazione: quello in. cui il pur nobile e glorioso razionalismo si contempera ed arricchisce di tutte le vitamine di un sentimento religioso, senza cui la vita è apparsa troppo assurda e sterile cosa ; e che può ancora assumere, allora, l'illustre e caro sembiante cristiano — mentre la tragedia del tempo nostro è che quella divina polla di religiosità sembra progressivamente inaridirsi, per essiccamento, soprattutto, delle sue fonti dogmatiche e teologiche. E' quel romanticismo di Chateaubriand, della Stael, di Manzoni, dei grandi tedeschi, per cui anche Rousseau può esser chiamato il «protoromantico»: delizioso, fugace periodo, iu cui la Ragione appare alleata alla Fede, e il presuntuoso ed arido Illuminismo deve abbassare le armi davanti alla risorgente intuizione che non tutto si può «dimostrare», e che senza una mistica fiducia « suprarazionale » nei propri destini, lo slancio umano ha le ali irremissibilmente tagliate. Sorrette da quella fede, immense speranze si accendono nel cuore dei patrioti italiani e tedeschi: sul suolo della patria, libera dal tallone invasore, è ormai possibile costruir l'avvenire ! C è una pagina dimenticata dell'autobiografia di Cesare Balbo che rende mirabilmente quel senso ine briante di aurora, di secol nuo vo, di pagina bianca che si apre nel libro della storia: è una notte di luna in Parigi,_ vuota già delle truppe napoleoniche, e non ancora occupata dagli alleati ; sopraffatta dall'cmpito dei presagi" e delle speranze d'Italia, egli si affaccia al balcone pensando al suo Piemonte lontano. E' il momento storico che 6Ì concreta, politicamente, nei primi Ministeri «moderati» della restaurata Monarchia francese : Richelieu, Decazes, Villèle, prima che si scatenino gli ultra ed il Terrore Bianco ; e vi si armonizza senza sforzo la stessa saggezza un po' scettica del re Luigi XVIII, nel cui (pur così poco romantico) temperamento coesistono i due principi antitetici, di un volterianismo nativo, e della tradizione cattolica, da sovrano « legittimo » che si rispetti. Ma non l'obeso e frusto Borbone, bensì lo snello Romanof. nel pieno fulgore della sua virilità seducente, è il compiuto simbolo, l'incarnazione quasi miracolosa, tanto è pertinente, dell'epoca: lo zar Alessandro, che ha condotto da Mosca a Parigi la coalizione europea, e che in quegli anni — con uno sforzo magnifico di maturazione e di elevazione — ha saputo diventar quasi pari al gigantesco avversario, e agli eventi. E' veramente singolare, a riflettervi, che quel tempo abbia saputo produrre, oltre al formidabile stampo dell'uomo fatale, anche la sua perfetta antitesi, per opporglielaal momento opportuno. Ciò non è troppo frequente nella storia ; solo la coppia AnnibaleScipione, forse, vi è paragonabile, ma capovolta; mentre le altre, Cesare-Pompeo, o Carlo V-Francesco I, sono già meno espressive e simmetriche, più squilibrate. Bello, elegante, generoso, irresistibile, Alessandro è in quegli anni il Principe Azzurro del romanticismo politico e letterario europeo, che è ai suoi piedi da un capo all'altro del Continente: egli ha tutto quello che manca a Napoleone, e che l'opinione — sazia di realismo e vaga d'idealità, arsa di politica e nostalgica di religione — reclama. E notate che non si tratta solo di qualità esteriori e psicologiche, di coincidenze fortuite o sforzate, di un carattere «rappresentativo» dovuto agli eventi e al posto che occupa, come accade così spesso ai regnanti. No, qui è l'uomo vero, non il manichino regale, che appare, che opera, lotta, e s'impone. TI 9U0 stesso avversario, che ha l'occhio esperto, lo ha definito da tempo «l'unico intelligente », fra i sovrani della coalizione. I casi recenti, le grandi prove, la sublimità e asprezza del compito lo hanno sferzato, rendendo esplicito in lui tutto il 6U0 me glio: l'uomo si è elevato col suo scopo, come dice Goethe ; ma poiquesto ci vuol della stoffa. Gli storici sono concordi nel rilevare come le sue migliori qualità si esaltino in quel periodo, in cui giunge anch'egli a sentirsi l'uomo del destino, investito di una missione: i suoi proclami a truppe e a popoli sono mirabili, reggono il confronto (in tutt'altro stile!) dei «Bollettini» napoleq nici ; le sue decisioni lungimiranti, la sua volontà tenacissi¬ ma; perfino la sua capacità di lavoro (in lui slavo, romantico. 0 per di più gran signore di razza) potente. Cara buona amica ■— scrive un giorno dei 1813 alla prediletta sorella Caterina — ho creduto che la testa non mi reggesse per la grande quantità di lavoro che m'è caduta sulle spalle: l'alleanza coi Prussiani, gif accordi militari, l'arrivo del generale Scharnhorst, quello lell'ambasciatore d'Inghilterra, tre corrieri da Copenaghen, da Stoccolma e da Mosca, l'inviato austriaco, l'aiutante di campo del re di Prussia, Wrangel, e finalmente la presa di Berlino — e tutto questo insieme... L'incomprensione dei politici e diplomatici davanti a questa apparizione umana è grande, ma comprensibile: un cristiano, un autentico cristiano (sia pure ampiamente peccatore del più dolce peccato) sul trono ; e per di più un cavaliere antico, un paladino! Che egli interpreta le aspirazioni profonde dell'epoca pur nella fugace ripresa degli ideali cavallereschi, in un'aureola di medioevalismo, già quanto mai «Walter Scott». Fedeltà — grida egH alla conculcata dinastia prussiana porgendole la mano soccorritrice; pietà —■ verso il nemico vinto, che tutti vorrebbero distruggere, e freme a Fontainebleau. La gente, che ha visto Marat, Robespierre, Talleyrand, l'assassinio del duca d'Enghien, la prigionia di Pio VII, il ratto di Baiona, si frega gli occhi, e non osa credere ai propri orecchi: Non temete nulla — dice ai Parigini, venuti a offrirgli la resa, « col suo bello sguardo pieno di franchezza > — nè per le vostre case, nè per i vostri monumenti... I soldati non alloggeranno presso gli abitanti; voi non dovrete pensare al loro nutrimento... Prendo la capitale intera sotto la mia protezione... Non ho nemici in Francia, o piuttosto non nè avevo che uno, ma esso non regna più... lo vengo a portarvi la pace: Poche ore dopo è l'entrata in Parigi, l'apoteosi : Alle 11, preceduto dai Cosacchi rossi della sua guardia e dal corazzieri bianchi della guardia prussiana, lo zar, con l'uniforme della guardia a cavallo, fa il suo ingresso dalla barriera di Pantin. Cavalca con la sua abituale eleganza... avendo alla sinistra il re di Prussia e a destra il generalissimo Schwerzenberg... Giunti ai Campi Elisi, i sovrani pap.-ano in rivista le proprie truppe, ^'entusiasmo del pubblico trabocca. Per contemplar meglio l'autocrate russo, che splende d'allegria e di maestà come un semidio, certe giovani donne della più alta società, ch'è meglio non nominare, s'infilano tra i Cosacchi rossi e salgono fieramente sulla groppa dei loro cavalli. Alessandro, che le vede; dice ridendo a Schwarzenberg: « Purché i miei Cosacchi non rapiscano queste nuove Sabine! >. Poi, poco dopo, lo slavo, il romantico prendono in lui progressivamente il sopravvento, insidiandone la volontà fattiva: benché la sua nobile tempra, esaltandosi in un travolgente misticismo, splenda forse ancora in un'avventura finale — quella della sua finta morte e del suo ritiro eremitico — che sarebbe interessante, dal- punto di vista demiurgico, esaminare. Ci chiedevamo, in un recente articolo, se il fallimento di quel sistema della «Santa Alleanza», che rappresenta — insieme all'abbattimento di Napoleone, e a numerosi altri atti di portata permanente — il suo patrimonio storico, fosse dovuto unicamente, alla sua insufficienza, realizzatrice di statista. Nq, evidentemente: gli uomini non meritano di'essere governati da così nobili principi come quelli ch'egli (con una sincerità e purezza d'intenzioni, che la storia è sempre più costretta a riconoscergli) ha enunciato e messo in pratica: Con questa alleanza fraterna e cristiana, ho voluto applicare alle relazioni civili e politiche degli Stati i principi di pace, di concordia e d'amore che son frutto della religione cristiana,. Il mio scopo esclusivo è d'unificare tutti gli interessi morali dei popoli... e lo scetticismo derisorio con cui i Metternich, i Talleyrand, i Castlereagh accolgono il progetto d'Alessandro, e immediatamente lo sabotano, rappresenta, nella sua grettezza egoistica, il realismo politico, conoscitore della vera natura delle masse umane. Eppure, questi sogni vanno di quando in quando sognati, non solo per salvaguardar l'avvenire (per quanto remoto e mitico), ma per lasciare almeno qualche fermento ideale nella quotidiana meschinità e ferocia della storia. E, sotto questo aspetto di « mito attivo », il sogno d'Alessandro è 6tato concretamente, e sia pure parzialmente, efficace — nei gabinetti e sulle piazze rivoluzionarie — almeno fino al '48, collegandosi u ispirazioni e movimenti analoghi, come il neo-guelfismo, e simili. Poi il secolo, invecchiando, si avvia verso durezze sempre maggiori: è la fine del primo romanticismo, è l'avvento di Marx e di Nietzsche. Dei tre tipi di «europeismo» che l'epoca di Alessandro ha conosciuto: quello egemonicOfmilitarista di Napoleone, quello politico-cquilibrìttico del gruppo MetternichTalleyrand-Castlereagh, ed il suo, che possiamo chiamare federativo-cristiano — è stato il secondo a dominar l'Ottocento, in una sempre più faticosa e contrastata vittoria: finche, infranto quell'equilibrio per l'urgere di crescenti tensioni e disarmonie interne, il nostro travagliato Continente entra, con la guerra del 1914, e col suo seguito attuale, in ima crisi di vita odi morte. ' Filippo Burzio