IL CAVALLO

IL CAVALLO IL CAVALLO Consolata si pettinava ed era una bella fatica, perchè i suoi erano veramente capelli lunghi: quando stava seduta, toccavano terra. Come la deridevano, per quei capelli, le sue compagne di collegio ! — Sembri una contadina — le dicevano le più maligne, e credevano di farle dispetto. — Ma io sono; infatti, una contadina!... —■ olla affermava con accento di sfida, guardandole ben dentro gli occhi. — E mi pettinerò sempre così, se lo volete sapere, con le trecce intorno alla testa, e non porterò mai il cappello I Quel collegio!... A pensarci si sentiva ancora fremere e doveva smettere di pettinarsi per raccogliersi il viso nelle mani, comi a sfuggire una visione d'orrore. Quel che vi aveva sofferto!... Del resto, 60I0 la parola «collegio 1 era sempre stata per lei come una minaccia. Da piccolina, quando le dicevano : — Se sei cattiva andrai in collegio — ella si sentiva il cuoricino.balzare in petto come impazzito dallo spavento e supplicava a manine giunte che, per carità, le facessero qualunque cosa, ma in collegio non la mandassero. Poiera stato proprio il destino che l'aveva voluto. Ella era già una giovinetta quando mortole il padre (la mamma era mancata da un pezzo) il tutore, un vecchio notaio della città, non volendo prenderla con se, l'aveva messa in collegio. Vedendola disperata tutti allora le dicevano : — Ma è un collegio signorile, uno depiù signorili che ci siano. Vedracome vi imparerai le belle maniere!... Pensavano che sarebbe diventata una signora, lei che era ancora una vera selvaggia. E in collegio c'era stata un bel po'fino ai ventun anni suonati. Pole porte del carcere si erano aperte. E adesso, se Dio volevaera padrona di se, libera, e poteva vivere nella sua vecchia casa, lì, fuor del paese, e pensaralle sue cascine, alle sue bestiee a quella terra che amava tantda volerla perfin baciare. Chliberazione, buon Dio, che feli cita !... E così pensando si alzò, andalla finestra e guardò fuori, stupita, un giovane che passava cavallo, proprio davauti alla sucasa. Strano, perchè quelli noerano luoghi da cavalieri eleganti. Guardò meglio, aguzzgli occhi, trasecolò. Ma costuera Sandrino, il suo Sandriuo!.Possibile?... Lo riconosceva perfettamente, quantunque fosseranni che non l'aveva più vistoda quando il tutore l'aveva mesa in collegio, vietandole perfindi tornare a casa durante le vacanze, col pretesto che era 6olaMa nessuno aveva come lui quecapelli d'un biondo dolce e opaco e in tal quantità... Sandrno!... Cadde a sedere su di unseggiola, costernata. Dunque luera diventato un signore, giustal contrario di lei che aveva voluto restare una contadina. Usignore e se ne andava a cavallproprio davanti a casa sua, senza volgere nemmeno la testaQuel Sandrino!... Orfano anchlui e allevato da una zia chl'adorava ed era ricca, in terre in cascine, quanto i genitori dConsolata, era 6tato il migliorel'unico suo compagno d'infanziaLei, più impulsiva, più vivace10 dominava allora e si divertivun mondo a raccontargli un sacco di frottole, che lui beveva dvero piccolo minchione. Solquando lei scoppiava a ridere, saccorgeva di essere stato ingannato e diventava, in viso, dfuoco. Ma come brillavano allora i suoi occhi azzurri!... Perquando lei aveva paura e saltellava come un'invasata davanti una vespa, oppure rallentava passo vedendo in fondo al sentiero qualche ragazzaccio che accennava a prenderli a sassateallora lui se la metteva dietro lspalle e diventava coraggioso come un leone, per difenderla.Ma nei giochi, ubbidiva. Lei dceva : — Siamo due indiani, due selvaggi... — E più spesso— Siamo due contadini. Tu se11 marito, va a lavorare, io sonla moglie e sto qui a farti dmangiare... — Oh, che dolci ricordi, che bei tempi ! Ci avevsempre pensato, in collegio. A dir ia verità egli era stato il punto fermo e luminoso della sua vta, la stella del suo cielo, a cuella aveva sempre guardato penon disperare. E ora... Risentva un'amarezza indicibile, tuttla gioia del suo ritosno e delllibertà conquistata sfumava. Pazienza. Solo che non rincontrasse mai ! Sarebbe sempre passatdalla porticina che dava necampi, e più che mai sarebbe dventata selvatica senza voler pivedere nessuno... Per ora nopoteva ancora impedire a se stesa di mettersi vicino alla finstra, la mattina, quando Sandrno passava, per guardare, dstraforo, lui e il suo cavallo, ucavallo scuro a macchie chiare che le pareva, chissà perchpiuttosto svogliato e infelicPoi soffocava un singhiozzo. Cola signorina Remigia, una povra zitella che, da anni, venivin casa a cucirle i vestiti, elcercò di sapere qualcosa di luvisto che la signorina Remigandava anche in casa 6ua a fagli abiti della zia. — Mi par così cambiato, Sandrino... _— CambiatoT... — e la vecchsignorina la guardava stupita disopra delle lenti che le strigevano la punta del naso. — me par sempre lo stesso. — Ma se va perfino a cvallo !... — A cavallo?... L'ho visto bicicletta, ma a cavallo... . — Sicuro e bisogna vedere arie che si dà. La signorina Remigia sentibisogno di cambiare discorso. diceva : — Ma perchè ora chsiete proprio una bella signorin e così ricca non vi fate mandare qualche bell'abito dalla città? — Per farne che?... — diceva Consolata — Son fin troppo belli i vostri, cara Remigia, da portaro per boschi e per prati, c da una cascina all'altra. Non faceva più altro ora. Si alzava all'alba, non stava più ad aspettare che passasse Sandrino, ma si metteva in giro alla ricerca di tutte lo vecchie emozioni, riconoscendo gli alberi più vecchi e i tronchi coperti di muschio, risalendo la 6trada della vita compiuta, e rimanendo così commossa e triste da mettersi a pia ngere. Fu entrando un giorno nella più grande cascina dei suoi possessi, che vide, in una vecchia scuderia, qualcosa che la fece trasalire e attrasse la sua attenzione. Quel cavallo... Ma certo, scuro, chiazzato di chiaro, con un'aria incerta e infelice... Era il cavallo di Sandrino, non c'era dubbio!... Ella gli si avvicinò; non aveva confidenza coi cavalli, ma neppure paura. Il cavallo volse la lunga testa a guardarla o sembrò dirle: — Finalmente! Consolata allora allungò una mano e gli fece una carezza. — Come va che questo cavallo è qui?... Non è di Sandrino? Il contadino accennò di sì, con un sorriso furbo. — Già... infatti me l'ha venduto lui, quasi per niente. — Come quasi per niente?... Dite la verità... Non ha voluto nulla?... — IBè, se non sapeva cosa farsene... Non gli serviva più, ini ha detto. E non se lo poteva più vedere davanti agli occhi, non so poi perchè... Consolata stette a lungo lì immobile c sembrava che lei e il cavallo s'intrattonessero in un muto, misterioso colloquio. Alla fine ella disse: —-Mettetegli un po' la briglia, adesso glie lo riporto. Oh, lo conduco a mano, io non so cavalcale. Non farà mica storie? — Per questo — disse il contadino — è un vero agnello. Così Consolata comparve, a un certo momento, davanti a Sandrino che in mezzo al cortile, dietro il pózzo, sramiciato e. con i capelli scompigliati sulla fronte, segava un mucchio di legna con energia selvaggia. — Salve, Sandrino — ella disse. — Sono Consolata, non mi riconosci?... Egli era rimasto come fulminato, pallido pallido, e stentava a trovar la parola. — Figurati un po' — ella disse avanzandosi — ■ sono andata alla cascina grossa e ho trovato questo cavallo, che ha cominciato a dirmi: portami da Sandrino, portami subito da Sandrino. Non la smetteva più e ho dovuto portartelo. — Il cavallo... ti... ha... detto... Ah, egli era pur sempre lo stesso scioccone, al quale, in primo momento, ella poteva raccontare qualunque frottola. Scoppiò a ridere v lui divenne di fuoco. E come brillavano i suoi occhi azzurri ! — Sicché, Sandrino, non vuoi più saperne di cavalcare? — Sciocchezze - egli borbottò e si ravviava i capelli, impacciato. — E' stata la zia che... Sai, lei diceva che ormai tu dovevi essere una di quelle yignoriiiR eleganti che badano a certe cose... E secondo lei, io, per essere alla tua altezza, dovevo apparirti... — Ah, era la zia... Di colpo ella si avvicinò a lui, tutta felice. — Ma no Sandrino. noi non siamo due signori, siamo due contadini... Era il principio dell'antico gioco. Felici, riaero, guard;.ndosi negli occhi. Intanto il cavallo, rimasto indietro, vedendoli così allegri, tutto ringalluzzito si avvicinò e si mise a seguirli passo passo, come se fosse deciso a non abbandonarli più. Dopo tutto, ne aveva il diritto. Carola Prosneri IL CAVALLO IL CAVALLO Consolata si pettinava ed era una bella fatica, perchè i suoi erano veramente capelli lunghi: quando stava seduta, toccavano terra. Come la deridevano, per quei capelli, le sue compagne di collegio ! — Sembri una contadina — le dicevano le più maligne, e credevano di farle dispetto. — Ma io sono; infatti, una contadina!... —■ olla affermava con accento di sfida, guardandole ben dentro gli occhi. — E mi pettinerò sempre così, se lo volete sapere, con le trecce intorno alla testa, e non porterò mai il cappello I Quel collegio!... A pensarci si sentiva ancora fremere e doveva smettere di pettinarsi per raccogliersi il viso nelle mani, comi a sfuggire una visione d'orrore. Quel che vi aveva sofferto!... Del resto, 60I0 la parola «collegio 1 era sempre stata per lei come una minaccia. Da piccolina, quando le dicevano : — Se sei cattiva andrai in collegio — ella si sentiva il cuoricino.balzare in petto come impazzito dallo spavento e supplicava a manine giunte che, per carità, le facessero qualunque cosa, ma in collegio non la mandassero. Poiera stato proprio il destino che l'aveva voluto. Ella era già una giovinetta quando mortole il padre (la mamma era mancata da un pezzo) il tutore, un vecchio notaio della città, non volendo prenderla con se, l'aveva messa in collegio. Vedendola disperata tutti allora le dicevano : — Ma è un collegio signorile, uno depiù signorili che ci siano. Vedracome vi imparerai le belle maniere!... Pensavano che sarebbe diventata una signora, lei che era ancora una vera selvaggia. E in collegio c'era stata un bel po'fino ai ventun anni suonati. Pole porte del carcere si erano aperte. E adesso, se Dio volevaera padrona di se, libera, e poteva vivere nella sua vecchia casa, lì, fuor del paese, e pensaralle sue cascine, alle sue bestiee a quella terra che amava tantda volerla perfin baciare. Chliberazione, buon Dio, che feli cita !... E così pensando si alzò, andalla finestra e guardò fuori, stupita, un giovane che passava cavallo, proprio davauti alla sucasa. Strano, perchè quelli noerano luoghi da cavalieri eleganti. Guardò meglio, aguzzgli occhi, trasecolò. Ma costuera Sandrino, il suo Sandriuo!.Possibile?... Lo riconosceva perfettamente, quantunque fosseranni che non l'aveva più vistoda quando il tutore l'aveva mesa in collegio, vietandole perfindi tornare a casa durante le vacanze, col pretesto che era 6olaMa nessuno aveva come lui quecapelli d'un biondo dolce e opaco e in tal quantità... Sandrno!... Cadde a sedere su di unseggiola, costernata. Dunque luera diventato un signore, giustal contrario di lei che aveva voluto restare una contadina. Usignore e se ne andava a cavallproprio davanti a casa sua, senza volgere nemmeno la testaQuel Sandrino!... Orfano anchlui e allevato da una zia chl'adorava ed era ricca, in terre in cascine, quanto i genitori dConsolata, era 6tato il migliorel'unico suo compagno d'infanziaLei, più impulsiva, più vivace10 dominava allora e si divertivun mondo a raccontargli un sacco di frottole, che lui beveva dvero piccolo minchione. Solquando lei scoppiava a ridere, saccorgeva di essere stato ingannato e diventava, in viso, dfuoco. Ma come brillavano allora i suoi occhi azzurri!... Perquando lei aveva paura e saltellava come un'invasata davanti una vespa, oppure rallentava passo vedendo in fondo al sentiero qualche ragazzaccio che accennava a prenderli a sassateallora lui se la metteva dietro lspalle e diventava coraggioso come un leone, per difenderla.Ma nei giochi, ubbidiva. Lei dceva : — Siamo due indiani, due selvaggi... — E più spesso— Siamo due contadini. Tu se11 marito, va a lavorare, io sonla moglie e sto qui a farti dmangiare... — Oh, che dolci ricordi, che bei tempi ! Ci avevsempre pensato, in collegio. A dir ia verità egli era stato il punto fermo e luminoso della sua vta, la stella del suo cielo, a cuella aveva sempre guardato penon disperare. E ora... Risentva un'amarezza indicibile, tuttla gioia del suo ritosno e delllibertà conquistata sfumava. Pazienza. Solo che non rincontrasse mai ! Sarebbe sempre passatdalla porticina che dava necampi, e più che mai sarebbe dventata selvatica senza voler pivedere nessuno... Per ora nopoteva ancora impedire a se stesa di mettersi vicino alla finstra, la mattina, quando Sandrno passava, per guardare, dstraforo, lui e il suo cavallo, ucavallo scuro a macchie chiare che le pareva, chissà perchpiuttosto svogliato e infelicPoi soffocava un singhiozzo. Cola signorina Remigia, una povra zitella che, da anni, venivin casa a cucirle i vestiti, elcercò di sapere qualcosa di luvisto che la signorina Remigandava anche in casa 6ua a fagli abiti della zia. — Mi par così cambiato, Sandrino... _— CambiatoT... — e la vecchsignorina la guardava stupita disopra delle lenti che le strigevano la punta del naso. — me par sempre lo stesso. — Ma se va perfino a cvallo !... — A cavallo?... L'ho visto bicicletta, ma a cavallo... . — Sicuro e bisogna vedere arie che si dà. La signorina Remigia sentibisogno di cambiare discorso. diceva : — Ma perchè ora chsiete proprio una bella signorin e così ricca non vi fate mandare qualche bell'abito dalla città? — Per farne che?... — diceva Consolata — Son fin troppo belli i vostri, cara Remigia, da portaro per boschi e per prati, c da una cascina all'altra. Non faceva più altro ora. Si alzava all'alba, non stava più ad aspettare che passasse Sandrino, ma si metteva in giro alla ricerca di tutte lo vecchie emozioni, riconoscendo gli alberi più vecchi e i tronchi coperti di muschio, risalendo la 6trada della vita compiuta, e rimanendo così commossa e triste da mettersi a pia ngere. Fu entrando un giorno nella più grande cascina dei suoi possessi, che vide, in una vecchia scuderia, qualcosa che la fece trasalire e attrasse la sua attenzione. Quel cavallo... Ma certo, scuro, chiazzato di chiaro, con un'aria incerta e infelice... Era il cavallo di Sandrino, non c'era dubbio!... Ella gli si avvicinò; non aveva confidenza coi cavalli, ma neppure paura. Il cavallo volse la lunga testa a guardarla o sembrò dirle: — Finalmente! Consolata allora allungò una mano e gli fece una carezza. — Come va che questo cavallo è qui?... Non è di Sandrino? Il contadino accennò di sì, con un sorriso furbo. — Già... infatti me l'ha venduto lui, quasi per niente. — Come quasi per niente?... Dite la verità... Non ha voluto nulla?... — IBè, se non sapeva cosa farsene... Non gli serviva più, ini ha detto. E non se lo poteva più vedere davanti agli occhi, non so poi perchè... Consolata stette a lungo lì immobile c sembrava che lei e il cavallo s'intrattonessero in un muto, misterioso colloquio. Alla fine ella disse: —-Mettetegli un po' la briglia, adesso glie lo riporto. Oh, lo conduco a mano, io non so cavalcale. Non farà mica storie? — Per questo — disse il contadino — è un vero agnello. Così Consolata comparve, a un certo momento, davanti a Sandrino che in mezzo al cortile, dietro il pózzo, sramiciato e. con i capelli scompigliati sulla fronte, segava un mucchio di legna con energia selvaggia. — Salve, Sandrino — ella disse. — Sono Consolata, non mi riconosci?... Egli era rimasto come fulminato, pallido pallido, e stentava a trovar la parola. — Figurati un po' — ella disse avanzandosi — ■ sono andata alla cascina grossa e ho trovato questo cavallo, che ha cominciato a dirmi: portami da Sandrino, portami subito da Sandrino. Non la smetteva più e ho dovuto portartelo. — Il cavallo... ti... ha... detto... Ah, egli era pur sempre lo stesso scioccone, al quale, in primo momento, ella poteva raccontare qualunque frottola. Scoppiò a ridere v lui divenne di fuoco. E come brillavano i suoi occhi azzurri ! — Sicché, Sandrino, non vuoi più saperne di cavalcare? — Sciocchezze - egli borbottò e si ravviava i capelli, impacciato. — E' stata la zia che... Sai, lei diceva che ormai tu dovevi essere una di quelle yignoriiiR eleganti che badano a certe cose... E secondo lei, io, per essere alla tua altezza, dovevo apparirti... — Ah, era la zia... Di colpo ella si avvicinò a lui, tutta felice. — Ma no Sandrino. noi non siamo due signori, siamo due contadini... Era il principio dell'antico gioco. Felici, riaero, guard;.ndosi negli occhi. Intanto il cavallo, rimasto indietro, vedendoli così allegri, tutto ringalluzzito si avvicinò e si mise a seguirli passo passo, come se fosse deciso a non abbandonarli più. Dopo tutto, ne aveva il diritto. Carola Prosneri IL CAVALLO IL CAVALLO Consolata si pettinava ed era una bella fatica, perchè i suoi erano veramente capelli lunghi: quando stava seduta, toccavano terra. Come la deridevano, per quei capelli, le sue compagne di collegio ! — Sembri una contadina — le dicevano le più maligne, e credevano di farle dispetto. — Ma io sono; infatti, una contadina!... —■ olla affermava con accento di sfida, guardandole ben dentro gli occhi. — E mi pettinerò sempre così, se lo volete sapere, con le trecce intorno alla testa, e non porterò mai il cappello I Quel collegio!... A pensarci si sentiva ancora fremere e doveva smettere di pettinarsi per raccogliersi il viso nelle mani, comi a sfuggire una visione d'orrore. Quel che vi aveva sofferto!... Del resto, 60I0 la parola «collegio 1 era sempre stata per lei come una minaccia. Da piccolina, quando le dicevano : — Se sei cattiva andrai in collegio — ella si sentiva il cuoricino.balzare in petto come impazzito dallo spavento e supplicava a manine giunte che, per carità, le facessero qualunque cosa, ma in collegio non la mandassero. Poiera stato proprio il destino che l'aveva voluto. Ella era già una giovinetta quando mortole il padre (la mamma era mancata da un pezzo) il tutore, un vecchio notaio della città, non volendo prenderla con se, l'aveva messa in collegio. Vedendola disperata tutti allora le dicevano : — Ma è un collegio signorile, uno depiù signorili che ci siano. Vedracome vi imparerai le belle maniere!... Pensavano che sarebbe diventata una signora, lei che era ancora una vera selvaggia. E in collegio c'era stata un bel po'fino ai ventun anni suonati. Pole porte del carcere si erano aperte. E adesso, se Dio volevaera padrona di se, libera, e poteva vivere nella sua vecchia casa, lì, fuor del paese, e pensaralle sue cascine, alle sue bestiee a quella terra che amava tantda volerla perfin baciare. Chliberazione, buon Dio, che feli cita !... E così pensando si alzò, andalla finestra e guardò fuori, stupita, un giovane che passava cavallo, proprio davauti alla sucasa. Strano, perchè quelli noerano luoghi da cavalieri eleganti. Guardò meglio, aguzzgli occhi, trasecolò. Ma costuera Sandrino, il suo Sandriuo!.Possibile?... Lo riconosceva perfettamente, quantunque fosseranni che non l'aveva più vistoda quando il tutore l'aveva mesa in collegio, vietandole perfindi tornare a casa durante le vacanze, col pretesto che era 6olaMa nessuno aveva come lui quecapelli d'un biondo dolce e opaco e in tal quantità... Sandrno!... Cadde a sedere su di unseggiola, costernata. Dunque luera diventato un signore, giustal contrario di lei che aveva voluto restare una contadina. Usignore e se ne andava a cavallproprio davanti a casa sua, senza volgere nemmeno la testaQuel Sandrino!... Orfano anchlui e allevato da una zia chl'adorava ed era ricca, in terre in cascine, quanto i genitori dConsolata, era 6tato il migliorel'unico suo compagno d'infanziaLei, più impulsiva, più vivace10 dominava allora e si divertivun mondo a raccontargli un sacco di frottole, che lui beveva dvero piccolo minchione. Solquando lei scoppiava a ridere, saccorgeva di essere stato ingannato e diventava, in viso, dfuoco. Ma come brillavano allora i suoi occhi azzurri!... Perquando lei aveva paura e saltellava come un'invasata davanti una vespa, oppure rallentava passo vedendo in fondo al sentiero qualche ragazzaccio che accennava a prenderli a sassateallora lui se la metteva dietro lspalle e diventava coraggioso come un leone, per difenderla.Ma nei giochi, ubbidiva. Lei dceva : — Siamo due indiani, due selvaggi... — E più spesso— Siamo due contadini. Tu se11 marito, va a lavorare, io sonla moglie e sto qui a farti dmangiare... — Oh, che dolci ricordi, che bei tempi ! Ci avevsempre pensato, in collegio. A dir ia verità egli era stato il punto fermo e luminoso della sua vta, la stella del suo cielo, a cuella aveva sempre guardato penon disperare. E ora... Risentva un'amarezza indicibile, tuttla gioia del suo ritosno e delllibertà conquistata sfumava. Pazienza. Solo che non rincontrasse mai ! Sarebbe sempre passatdalla porticina che dava necampi, e più che mai sarebbe dventata selvatica senza voler pivedere nessuno... Per ora nopoteva ancora impedire a se stesa di mettersi vicino alla finstra, la mattina, quando Sandrno passava, per guardare, dstraforo, lui e il suo cavallo, ucavallo scuro a macchie chiare che le pareva, chissà perchpiuttosto svogliato e infelicPoi soffocava un singhiozzo. Cola signorina Remigia, una povra zitella che, da anni, venivin casa a cucirle i vestiti, elcercò di sapere qualcosa di luvisto che la signorina Remigandava anche in casa 6ua a fagli abiti della zia. — Mi par così cambiato, Sandrino... _— CambiatoT... — e la vecchsignorina la guardava stupita disopra delle lenti che le strigevano la punta del naso. — me par sempre lo stesso. — Ma se va perfino a cvallo !... — A cavallo?... L'ho visto bicicletta, ma a cavallo... . — Sicuro e bisogna vedere arie che si dà. La signorina Remigia sentibisogno di cambiare discorso. diceva : — Ma perchè ora chsiete proprio una bella signorin e così ricca non vi fate mandare qualche bell'abito dalla città? — Per farne che?... — diceva Consolata — Son fin troppo belli i vostri, cara Remigia, da portaro per boschi e per prati, c da una cascina all'altra. Non faceva più altro ora. Si alzava all'alba, non stava più ad aspettare che passasse Sandrino, ma si metteva in giro alla ricerca di tutte lo vecchie emozioni, riconoscendo gli alberi più vecchi e i tronchi coperti di muschio, risalendo la 6trada della vita compiuta, e rimanendo così commossa e triste da mettersi a pia ngere. Fu entrando un giorno nella più grande cascina dei suoi possessi, che vide, in una vecchia scuderia, qualcosa che la fece trasalire e attrasse la sua attenzione. Quel cavallo... Ma certo, scuro, chiazzato di chiaro, con un'aria incerta e infelice... Era il cavallo di Sandrino, non c'era dubbio!... Ella gli si avvicinò; non aveva confidenza coi cavalli, ma neppure paura. Il cavallo volse la lunga testa a guardarla o sembrò dirle: — Finalmente! Consolata allora allungò una mano e gli fece una carezza. — Come va che questo cavallo è qui?... Non è di Sandrino? Il contadino accennò di sì, con un sorriso furbo. — Già... infatti me l'ha venduto lui, quasi per niente. — Come quasi per niente?... Dite la verità... Non ha voluto nulla?... — IBè, se non sapeva cosa farsene... Non gli serviva più, ini ha detto. E non se lo poteva più vedere davanti agli occhi, non so poi perchè... Consolata stette a lungo lì immobile c sembrava che lei e il cavallo s'intrattonessero in un muto, misterioso colloquio. Alla fine ella disse: —-Mettetegli un po' la briglia, adesso glie lo riporto. Oh, lo conduco a mano, io non so cavalcale. Non farà mica storie? — Per questo — disse il contadino — è un vero agnello. Così Consolata comparve, a un certo momento, davanti a Sandrino che in mezzo al cortile, dietro il pózzo, sramiciato e. con i capelli scompigliati sulla fronte, segava un mucchio di legna con energia selvaggia. — Salve, Sandrino — ella disse. — Sono Consolata, non mi riconosci?... Egli era rimasto come fulminato, pallido pallido, e stentava a trovar la parola. — Figurati un po' — ella disse avanzandosi — ■ sono andata alla cascina grossa e ho trovato questo cavallo, che ha cominciato a dirmi: portami da Sandrino, portami subito da Sandrino. Non la smetteva più e ho dovuto portartelo. — Il cavallo... ti... ha... detto... Ah, egli era pur sempre lo stesso scioccone, al quale, in primo momento, ella poteva raccontare qualunque frottola. Scoppiò a ridere v lui divenne di fuoco. E come brillavano i suoi occhi azzurri ! — Sicché, Sandrino, non vuoi più saperne di cavalcare? — Sciocchezze - egli borbottò e si ravviava i capelli, impacciato. — E' stata la zia che... Sai, lei diceva che ormai tu dovevi essere una di quelle yignoriiiR eleganti che badano a certe cose... E secondo lei, io, per essere alla tua altezza, dovevo apparirti... — Ah, era la zia... Di colpo ella si avvicinò a lui, tutta felice. — Ma no Sandrino. noi non siamo due signori, siamo due contadini... Era il principio dell'antico gioco. Felici, riaero, guard;.ndosi negli occhi. Intanto il cavallo, rimasto indietro, vedendoli così allegri, tutto ringalluzzito si avvicinò e si mise a seguirli passo passo, come se fosse deciso a non abbandonarli più. Dopo tutto, ne aveva il diritto. Carola Prosneri