Nizza in una lezioncina di Vittorio Amedeo II al Re Sole

Nizza in una lezioncina di Vittorio Amedeo II al Re Sole LE INTERESSANTI VICENDE DI UNA CITTA' ITALIANISSIMA Nizza in una lezioncina di Vittorio Amedeo II al Re Sole e ! i l a . H duca sabaudo Vittorio Ame- adeo II prese effettivamente il Go- pverno del suo Stato nel 1684, ~ quando in Europa brillava In tutto il suo splendore l'astro di Luigi XIV, il re Sole. Costui aveva, in quello stesso anno, brutalmente bombardato Genova, disubbidiente alla sua proibizione di costruire galee per la Spagna; ed aveva potuto farlo impunemente, perchè con la pace di Nimega, dopo la vittoriosa guerra contro la coalizione europea della quale facevano parte gli Spagnoli e gli Olandesi, egli aveva iniziato la sua incontrastata espansione in Italia ed in Germania. Vittorio Amedeo II, rimasto dal 1675 al 1684 sotto la reggenza della madre Maria Giovanna di Nemours vassalla di Luigi XIV, anche dopo la sua ascesa al trono dovette, con grande mortificazione, subire la volontà del potente re francese, trovandosi il suo ducato incuneato tra le due fortezze francesi di Pinerolo e di Casale; però scoppiata la guerra tra l'Impero austriaco, la Spagna, l'Olanda, l'Inghilterra da un lato (potènze tutte aderenti alla lega di Augusta) e Luigi XIV dall'altro, egli riuscì -a. • svincolarsi dagl'impegni che aveva col suo prepotente alleato, ed aderì alla coalizione antifrancese. Decisione audace qPPDNSDSsLSi ' o o a l e o , e i o e e l o ì , ò o r a ua a di e, a e. i, e a n eà a Decisione audace, pagata assai cara, sul principio delle ostilità, perchè le sorti delle armi non gli furono favorevoli, avendo Luigi XIV preso di mira in modo particolare il Piemonte, che voleva eliminare subito dalla lotta, con 10 spiegamento di ingenti forze le quali erano riuscite a vincere il valoroso principe sabaudo in due grandi battaglie, a Staffarda nel 1690 ed a Marsiglia nel 1693. La contea di Nizza come quella che dava al Ducato l'accesso al mare, era di grande importanza per mantenere lo Stato sabaudo forte militarmente ed economicamente; per la sua posizione strategica era già stata teatro di guerre nei secoli precedenti; per la sua importanza economica era indispensabile alla prosperità delle finanze sabaude. Ed era ciò che ben sapeva Luigi XIV: in un documento del suo Stato Maggiore dettato nel 1691, alla vigilia di ordinare la distruzione del famoso castello di Nizza, si afferma espll cltamente tale importanza, dichiarando che la Contea comprendeva tra città e villaggi ben 330 centri abitati, senza contare quel 11 di Oneglia che erano 80. La cit tà di Nizza, secondo l'anonimo redattore, era il deposito del sale del Piemonte: impossessandosi di essa, si sarebbe dunque apportato un danno incalcolabile al duca sabaudo, perchè il sale rappresentava una cospicua risorsa finanziaria per il suo Stato. Ma, soggiungeva subito l'estensore del documento, non c'era da illudersi sulla facilità della conquista del Ducato: certo non si sarebbe trionfato della irreducibile avversione degli abitanti per i Francesi, se non tagliando gli ulivi, gli aranci, le viti, cioè tutte le fonti della loro vita, privi delle quali sarebbero ridotti a mendicare. Antifrancesi irreducibili Nè mal si apponevano 1 Francesi giudicando I Nizzardi loro irriducibili avversari; perchè, nonostante le forze militari veramente ingenti riversate sulla Contea, non avrebbero potuto impadronirsi del Castello, se non fossero ricorsi al tradimento. La difesa fu tanto tenace ed aspra, che Luigi XIV, al fine di liberarsi per sempre da una cosi poderosa opera militare che lo aveva a lungo tenuto in iscacco, diede ordine al comandante delle sue truppe, duca di Berwick, di raderlo al suolo insieme con le mura della città. La distruzione del Castello avvenuta nel 1691 ha notevole importanza nella Storia di Nizza, perchè le sue rovine, testimoni eloquenti del metodi usati dai Francesi per privarli della loro Indipendenza, acuirono contro di essi l'avversione dei Nizzardi toccati profondamente nel loro orgoglio. Il terribile bombardamento contro il Castello e la città — furono sparati migliaia di obici — e la conseguente lotta tra le opposte artiglierie durante il lungo assedio, apportarono ingenti perdite di vite umane e danni materiali ascendenti ad oltre un milione di franchi. L'avversione dei Nizzardi si mutò in odio, mentre cresceva l'affetto e la devozione per il duca di Savoia. Bene si fa interprete di questo stato degli rnzmddccRcqmctpnNebgeztpnsdsgetqgAltlld animi un mediocrissimo anonimo poeta in un sonetto che mi piace ~ qui riportare: «Pria eli partimi nella notte oscura, Perchè l'opra non fu degna del giorno. Per lasciarsi più facile ài ritorno Dier fuoco i Galli alle nicesl mura. Ma non sarà perciò meno sicura Nizza con questa inaspettato, scorno, Supplirà la virtù ch'ivi ha soggiorno, Delle mura il valor poco si cura. Inutili dispetti o stolte mire SI raddoppia il furor, l'alto dispetto, se il muro cadde, crcscon l'ire; Kon son d'uopo lo mura al nostro [affetto, Le mura di Vittorio all'avvenire Saran la sua costanza c il nostro afifetto ». Una guerra disastrosa 0 e i o e e a i , u r o l , i i o i o — o rei e e a li La lunga, eroica, impreveduta resistenza del Castello contribuì non poco a far fallire gli ambiziosi disegni franco-spagnoli di mettere fuori combattimento il duca di Savoia. Non passarono due mesi da questi avvenimenti che la battaglia di Torino quasi contemporaneamente a quella di Ramillles nei Paesi Btissi, stron cò l'azione di Luigi XTV; e come quest'ultima segnò la fine del dominio spagnolo nei Paesi Bassi, cosi la battaglia di Torino pose termine allo stesso dominio nella penisola . italiana ed iniziò una nuova èra per la nostra storia. I Nizzardi, da parte loro, potevano essere orgogliosi di aver contribuito col loro sacrificio a cosi grande evento. Le alterne vicende della guerra ebbero gravi conseguenze per Nizza che fu più volte invasa, con tutte le conseguenze che l'invasione porta. E si può dire che ancora non aveva preso respiro da questo conflitto chiusosi coi trattati di Rijswijk nel 1697. che fu trascinata in un'altra e più gravosa guerra, quella combattuta per la egemonia europea ch'era contesa tra Spagna e Francia, volendo quest'ultima sostituirsi alla Spagna nei dominli italiani. Vittorio Amedeo II dapprima si schierò a lato di Luigi XIV; poi, sorti contrasti col possente re che non voleva tener fede ai patti, si uni alla lega anti-francese, e ne subì la dura conseguenza di perdere ad occidente la Savoia e Susa, e ad oriente Vercelli. La stessa capitale, Torino, fu in grave pericolo; i quattro mesi d'assedio alla cittadella subiti dal maggio 1706 la avevano ridotta agli estremi, quando il generoso sacrificio di Pietro Mlcca e l'energico Intervento del principe Amedeo di Sa voia trasformarono una disfatta che sembrava imminente in una radiosa vittoria, la quale portò il trionfo delle armi austriache in Italia su quelle francesi. La guerra conclusasi con i trattati di Utrecht e di Rastadt significò per l'Italia la sostituzione dèi dominio austriaco a quello spagnolo, ma anche, fra l'altro, la liberazione da ogni occupazione francese del Piemonte e l'ingrandimento e il consolidamento della casa di Savoia la quale ebbe sotto il suo scettro la Sicilia, e, con la dignità regale, si elevò a prima poteriza italiana dopo l'Austria. Non soltanto Vittorio Amedeo n, ma anche i suoi sudditi ebbero chiara consapevolezza di questa svolta della loro storia; se ne accorsero anche i Nizzardi che erano quasi avulsi dal suo Stato per le difficili comunicazioni col Piemonte e, principalmente nei mesi invernali, con le principali città dello Stato. rtqdiIgnecttpdprqccmcdmtneUn entusiasmo sincero Nizza, finalmente, tripudiava. Il 7 e l'8 settembre aveva dimostrato 11 suo vero volto, celebrando la ricorrenza della vittoria sui Francesi a Torino, nella quale aveva scritto una pagina di gloria Pietro Micca. c In questo gior no ■— e precisamente il giorno 7, ricorda un anonimo cronista nizzardo — si illuminarono le finestre della città come quelle del palazzo del Governo, ed il giorno successivo, 8, ricorrenza dell'assedio tolto a Torino, si fece una grande processione, nella quale si portò la Vergine sotto un baldacchino ». SI comprende come a Vittorio Amedeo si prepararono feste degne di un trionfatore; già a Sospello, dove giunse con la regina il 29 settembre, era dovuto passare sotto tre archi di trionfo, uno dei quali era costituito da una corona reale sorretta da due leoni d'oro; e fu dettata per l'occasione una epigrafe in latino, nella quale si esaltava 11 sovrano per aver affermato, Ingrandito, Illustrato con le armi la diplomazia e la conseguita pace vittoriosa, i suoi pos- A Nizza le accoglienze non tu- namdgdtnpdtitnpsddrtpmstbi rono meno clamorose; 11 re giunto poco dopo le truppe, con le quali si doveva Imbarcare per andare . a cingere la corona regale in Sicilia, aveva trovato la città In pieno delirio. I consoli che già gli erano andati incontro, il giorno 30 si recarono al palazzo ove egli risiedeva per fargli omaggio con l'offrirgli il tradizionale donativo. La sera furono illuminate tutte le finestre della città; ed i pescatori bruciarono una catasta di legna di fronte alla porta del palazzo ove egli risiedeva, e fecero fuochi artificiali accanto ai quali era spiegato uno stendardo con la scritta « Viva il Re di Sicilia ». Segui, infine, un corteo di mogli e figlie dei pescatori che cantavano canzoni paesane, una delle quali in onore di Vittorio Amedeo. Né v'ha dubbio che l'entusiasmo dei Nizzardi per il ritorno dei Savoia fosse sincero, che essi si sentivano veramente liberati da un incubo. * L'opera della ricostruzione i e l o a i o a o i e e n - - I ventldue anni trascorsi tra aspre guerre, con le conseguenti confische, dilapidazioni e saccheggi, avevano ridotto male Nizza e fa Contea. Le amministrazioni civiche solo dopo la pace di Utrecht avevano potuto pienamente rendersi conto del baratro scavato nelle loro finanze, per rimediare al quale si attennero ad un regime di stretta economia, diminuendo le spese e le Indennità dei magistrati cittadini, dei funzionari e degli inservienti; dovettero inoltre alienare parte dei beni comunali ed aumentare le imposte, soprattutto sugli immobili, cercando nello stesso tempo di ammortizzare i debiti ed ì gravosissiml interessi. La miseria si faceva sentire specialmente nelle classi meno abbienti e tra il clero di campagna. Occorreva che il Governo si desse attivamente ad un'opera di ricostruzione integrale, escludendo, per prima cosa, le ingerenze straniere sempre deleterie. Ma perchè la ricostruzione potesse compiersi, si doveva, come per il passato, proteggere il commercio marittimo della Contea, insidiato dal vicini, ed in modo particolare dai Francesi. DI ciò era ben convinto Vittorio Amedeo II il quale, non appena rientrato nei suoi Stati, fece comprendere agli invadenti vicini che l'aria di Nizza non si confaceva troppo loro. E cosi quando il console francese Saint-Marcel giunto nel settembre 1713, volle collocare lo stemma di Luigi XIV sulla porta del suo consolato senza averne prima richiesto il permesso al Governatore del Re di Sardegna, conte Dorla di Prelà, fu invitato a farlo togliere Immediatamente, spettando tale prerogativa soltanto agli ambasciatori: era, questa, un'avvertenza data bruscamente al rappresentante di un governo straniero, che si sapeva giunto a Nizza con una missione contrastante con gl'interessi dello Stato Sardo, perchè con mezzi leciti ed illeciti egli mirava ad ottenere condizioni di favore per i commercianti suol connazionali, attirati nella Contea più che da ogni altra cosa, dal ricostituito porto franco. Però la reazione immediata non solo da parte delle autorità governative, ma anche dei commercianti e della popolazione tutta, gli apri bene gli occhi, tanto che ragguagliando il suo Ministro sull'inìzio poco felice certo della sua missione, cosi si esprimeva: « Si è risoluti a stancarmi tanto che mi si costringerà di troncare ogni mia attività; ma terrò duro soprattutto confidando nella vostra autorità e bontà ». Ma egli s'illudeva. Ne ebbe il sospetto quando gli giunse la notizia che l'unica tipografia della città aveva ricevuto l'ordine di non lavorare per 11 Consolato francese; ne ebbe la certezza, quando fu risposto con un netto rifiuto alla sua domanda di ottenere, secondo una antica consuetudine, 11 2 per cento sul valore delle merci importate dalla Francia nella Contea; cosi che il 48 ottobre fu costretto a confessare alla Corte: « Non si nasconde che mi si tartasserà tanto da costringermi ad abbandonare il mio posto e che nessun altro si troverà che vorrà sostituirmi per le rendite mediocri del consolato che va di male in peggio ». Un compito difficile pmhtdvprnetscpbgdszrelVdOttsgDi fronte all'universale ostilità che non gli permetteva di trafficare come avrebbe voluto, pensò di organizzare i suoi connazionali residenti nella Contea; ma anche questa volta invano: al suo appello solo tre o quattro risposero, . n i a i e i a l a i o o 1 i : d e à e e perchè, com'egli scriveva, < la maggior parte sono dei caparbi che hanno succhiato il latte della gente di questo paese che lo sono più d'ogni altro »; successivamente dovette constatare una realtà ancor più amara: che 1 Francesi preferivano i Nizzardi ai loro connazionali, perchè la maggior parte di essi rinnegavano la loro patria; 11 qualificava perciò di bancarottieri e altri titoli del genere, e ne trasmetteva un elenco incompleto, essendogli stato impossibile saperne i nomi mettendosi in relazione con taluni di costoro, quali temevano di cadere in di sgrazia se comunicavano con lui: anzi, di più, era stato loro proibito di abboccarsi col loro console. « Mi si fugge come un appestato », dichiarava. Nonostante ciò, tentava di condurre a buon fine l'incarico avuto di impadronirsi del commercio marittimo a favore del suo Stato, approfittando, come s'è detto, che a Nizza v'era il porto franco. Però non appena ebbe concreta mente iniziato questa sua attività, fu chiamato dal Governatore di Villafranca, dall'Intendente, dall'Avvocato Generale e dalle altre autorità della Contea e minacciato di espulsione se avesse persistito. La stretta vigilanza delle autorità e l'ostilità dei commercianti fecero miseramente fallire il suo disegno; con amarezza il 21 febbraio 1714 doveva constatare: * i bastimenti nizzardi e genovesi, che sono quasi ogni giorno nel porto di Villafranca in numero di 130, sovente contro « uno » francese, continuano a trafficare in questo paese e nelle sue vicinanze. Un buon francese mi ha detto in segreto che d'ora in poi ne vedremo delle più belle, essendo nei propositi del governo e della' cittadinanza di far crollare il Consolato. In realtà, dall'Inizio del dicembre — e si era in febbraio — il Consolato non ha riscosso a Nizza e a Villafranca, tanto da pagare uno dei Vide consoli; dal consolato di Oneglia non s'è riscosso un centesimo ». E concludeva tristemente: « Sono molto sospettato in questo paese dal quale non riesco ad avere informazioni se non con grande stento e grande cautela ». Né si creda che costui fosse un visionarlo o avesse particolari interessi a comportarsi cosi. Anche i Consoli precedenti, dal 1672 in poi avevano subito traversie simili alle sue , e anche più gravi come accadde ad un nuovo rappresentante del re di Francia a Nizza, Barbet da Longpré, nominato nell'aprile del 1715, e succe duto al morto Saint-Marcel. Poi che costui intrigava per ingerirsi in faccende che non lo riguarda vano, fu sostituito nella carica nell'agosto 17.17 da Francesco De vant, il quale il 23 maggio 1718 ebbe l'ordine in nome del re dal conte Cauda di Casalletto, governatore della Contea, di uscire dallo Stato entro ventiquattro ore; ed avendo egli tentato di tergiversare, fu, senza tanti riguardi, imbarcato su un veliero che lo portò in Francia. Un carteggio significativo notetovdnprecatedpduspprclmmsò i e o, Una cosi rigida difesa dei loro interessi da parte di Vittorio Amedeo II accese sempre più le simpatie del Nizzardi per la casa Savoia. Quali fossero, invece, i loro sentimenti per la Francia, affermano in varie occasioni esplicitamente, nelle loro corrispondenze, i consoli già ricordati. Spigoliamo qua e là in questo carteggio. Il Longpré il 27 giugno 1714 scriveva che « la nobiltà, la plebe e la borghesia erano ostili alla Francia ». Il 17 novembre dichiarava che il Vicario di Villafranca gli aveva detto confidenzialmente «di essere stupito della grande avversione che i Piemontesi avevano per la Francia e che da questo fatto traeva foschi auspici > ; il 14 ottobre 1716 confermava che « 1 Piemontesi erano sempre pieni di fiele contro i Francesi... >. Era, in verità, eccessiva la pretesa dei Francesi di voler godere ancora della stima, della fiducia e dell'amore del Nizzardi, dopo quanto avevano per colpa loro subito le popolazioni, per ben ventitré anni. A sua volta Amedeo II di Savoia, tanto fiero assertore della dignità della sua Casa e difensore strenuo degli interessi dei suoi sudditi, con l'assumersi, al domani d'aver cinto la corona regale, l'atteggiamento che abbiamo illustrato contro 11 potente e prepotente Re Sole, pose una pietra miliare per la costruzione di quell'edificio che i suoi successori eressero nel modo da noi tutti oggi ammirato. Arturo Codignola Nizza in una lezioncina di Vittorio Amedeo II al Re Sole LE INTERESSANTI VICENDE DI UNA CITTA' ITALIANISSIMA Nizza in una lezioncina di Vittorio Amedeo II al Re Sole e ! i l a . H duca sabaudo Vittorio Ame- adeo II prese effettivamente il Go- pverno del suo Stato nel 1684, ~ quando in Europa brillava In tutto il suo splendore l'astro di Luigi XIV, il re Sole. Costui aveva, in quello stesso anno, brutalmente bombardato Genova, disubbidiente alla sua proibizione di costruire galee per la Spagna; ed aveva potuto farlo impunemente, perchè con la pace di Nimega, dopo la vittoriosa guerra contro la coalizione europea della quale facevano parte gli Spagnoli e gli Olandesi, egli aveva iniziato la sua incontrastata espansione in Italia ed in Germania. Vittorio Amedeo II, rimasto dal 1675 al 1684 sotto la reggenza della madre Maria Giovanna di Nemours vassalla di Luigi XIV, anche dopo la sua ascesa al trono dovette, con grande mortificazione, subire la volontà del potente re francese, trovandosi il suo ducato incuneato tra le due fortezze francesi di Pinerolo e di Casale; però scoppiata la guerra tra l'Impero austriaco, la Spagna, l'Olanda, l'Inghilterra da un lato (potènze tutte aderenti alla lega di Augusta) e Luigi XIV dall'altro, egli riuscì -a. • svincolarsi dagl'impegni che aveva col suo prepotente alleato, ed aderì alla coalizione antifrancese. Decisione audace qPPDNSDSsLSi ' o o a l e o , e i o e e l o ì , ò o r a ua a di e, a e. i, e a n eà a Decisione audace, pagata assai cara, sul principio delle ostilità, perchè le sorti delle armi non gli furono favorevoli, avendo Luigi XIV preso di mira in modo particolare il Piemonte, che voleva eliminare subito dalla lotta, con 10 spiegamento di ingenti forze le quali erano riuscite a vincere il valoroso principe sabaudo in due grandi battaglie, a Staffarda nel 1690 ed a Marsiglia nel 1693. La contea di Nizza come quella che dava al Ducato l'accesso al mare, era di grande importanza per mantenere lo Stato sabaudo forte militarmente ed economicamente; per la sua posizione strategica era già stata teatro di guerre nei secoli precedenti; per la sua importanza economica era indispensabile alla prosperità delle finanze sabaude. Ed era ciò che ben sapeva Luigi XIV: in un documento del suo Stato Maggiore dettato nel 1691, alla vigilia di ordinare la distruzione del famoso castello di Nizza, si afferma espll cltamente tale importanza, dichiarando che la Contea comprendeva tra città e villaggi ben 330 centri abitati, senza contare quel 11 di Oneglia che erano 80. La cit tà di Nizza, secondo l'anonimo redattore, era il deposito del sale del Piemonte: impossessandosi di essa, si sarebbe dunque apportato un danno incalcolabile al duca sabaudo, perchè il sale rappresentava una cospicua risorsa finanziaria per il suo Stato. Ma, soggiungeva subito l'estensore del documento, non c'era da illudersi sulla facilità della conquista del Ducato: certo non si sarebbe trionfato della irreducibile avversione degli abitanti per i Francesi, se non tagliando gli ulivi, gli aranci, le viti, cioè tutte le fonti della loro vita, privi delle quali sarebbero ridotti a mendicare. Antifrancesi irreducibili Nè mal si apponevano 1 Francesi giudicando I Nizzardi loro irriducibili avversari; perchè, nonostante le forze militari veramente ingenti riversate sulla Contea, non avrebbero potuto impadronirsi del Castello, se non fossero ricorsi al tradimento. La difesa fu tanto tenace ed aspra, che Luigi XIV, al fine di liberarsi per sempre da una cosi poderosa opera militare che lo aveva a lungo tenuto in iscacco, diede ordine al comandante delle sue truppe, duca di Berwick, di raderlo al suolo insieme con le mura della città. La distruzione del Castello avvenuta nel 1691 ha notevole importanza nella Storia di Nizza, perchè le sue rovine, testimoni eloquenti del metodi usati dai Francesi per privarli della loro Indipendenza, acuirono contro di essi l'avversione dei Nizzardi toccati profondamente nel loro orgoglio. Il terribile bombardamento contro il Castello e la città — furono sparati migliaia di obici — e la conseguente lotta tra le opposte artiglierie durante il lungo assedio, apportarono ingenti perdite di vite umane e danni materiali ascendenti ad oltre un milione di franchi. L'avversione dei Nizzardi si mutò in odio, mentre cresceva l'affetto e la devozione per il duca di Savoia. Bene si fa interprete di questo stato degli rnzmddccRcqmctpnNebgeztpnsdsgetqgAltlld animi un mediocrissimo anonimo poeta in un sonetto che mi piace ~ qui riportare: «Pria eli partimi nella notte oscura, Perchè l'opra non fu degna del giorno. Per lasciarsi più facile ài ritorno Dier fuoco i Galli alle nicesl mura. Ma non sarà perciò meno sicura Nizza con questa inaspettato, scorno, Supplirà la virtù ch'ivi ha soggiorno, Delle mura il valor poco si cura. Inutili dispetti o stolte mire SI raddoppia il furor, l'alto dispetto, se il muro cadde, crcscon l'ire; Kon son d'uopo lo mura al nostro [affetto, Le mura di Vittorio all'avvenire Saran la sua costanza c il nostro afifetto ». Una guerra disastrosa 0 e i o e e a i , u r o l , i i o i o — o rei e e a li La lunga, eroica, impreveduta resistenza del Castello contribuì non poco a far fallire gli ambiziosi disegni franco-spagnoli di mettere fuori combattimento il duca di Savoia. Non passarono due mesi da questi avvenimenti che la battaglia di Torino quasi contemporaneamente a quella di Ramillles nei Paesi Btissi, stron cò l'azione di Luigi XTV; e come quest'ultima segnò la fine del dominio spagnolo nei Paesi Bassi, cosi la battaglia di Torino pose termine allo stesso dominio nella penisola . italiana ed iniziò una nuova èra per la nostra storia. I Nizzardi, da parte loro, potevano essere orgogliosi di aver contribuito col loro sacrificio a cosi grande evento. Le alterne vicende della guerra ebbero gravi conseguenze per Nizza che fu più volte invasa, con tutte le conseguenze che l'invasione porta. E si può dire che ancora non aveva preso respiro da questo conflitto chiusosi coi trattati di Rijswijk nel 1697. che fu trascinata in un'altra e più gravosa guerra, quella combattuta per la egemonia europea ch'era contesa tra Spagna e Francia, volendo quest'ultima sostituirsi alla Spagna nei dominli italiani. Vittorio Amedeo II dapprima si schierò a lato di Luigi XIV; poi, sorti contrasti col possente re che non voleva tener fede ai patti, si uni alla lega anti-francese, e ne subì la dura conseguenza di perdere ad occidente la Savoia e Susa, e ad oriente Vercelli. La stessa capitale, Torino, fu in grave pericolo; i quattro mesi d'assedio alla cittadella subiti dal maggio 1706 la avevano ridotta agli estremi, quando il generoso sacrificio di Pietro Mlcca e l'energico Intervento del principe Amedeo di Sa voia trasformarono una disfatta che sembrava imminente in una radiosa vittoria, la quale portò il trionfo delle armi austriache in Italia su quelle francesi. La guerra conclusasi con i trattati di Utrecht e di Rastadt significò per l'Italia la sostituzione dèi dominio austriaco a quello spagnolo, ma anche, fra l'altro, la liberazione da ogni occupazione francese del Piemonte e l'ingrandimento e il consolidamento della casa di Savoia la quale ebbe sotto il suo scettro la Sicilia, e, con la dignità regale, si elevò a prima poteriza italiana dopo l'Austria. Non soltanto Vittorio Amedeo n, ma anche i suoi sudditi ebbero chiara consapevolezza di questa svolta della loro storia; se ne accorsero anche i Nizzardi che erano quasi avulsi dal suo Stato per le difficili comunicazioni col Piemonte e, principalmente nei mesi invernali, con le principali città dello Stato. rtqdiIgnecttpdprqccmcdmtneUn entusiasmo sincero Nizza, finalmente, tripudiava. Il 7 e l'8 settembre aveva dimostrato 11 suo vero volto, celebrando la ricorrenza della vittoria sui Francesi a Torino, nella quale aveva scritto una pagina di gloria Pietro Micca. c In questo gior no ■— e precisamente il giorno 7, ricorda un anonimo cronista nizzardo — si illuminarono le finestre della città come quelle del palazzo del Governo, ed il giorno successivo, 8, ricorrenza dell'assedio tolto a Torino, si fece una grande processione, nella quale si portò la Vergine sotto un baldacchino ». SI comprende come a Vittorio Amedeo si prepararono feste degne di un trionfatore; già a Sospello, dove giunse con la regina il 29 settembre, era dovuto passare sotto tre archi di trionfo, uno dei quali era costituito da una corona reale sorretta da due leoni d'oro; e fu dettata per l'occasione una epigrafe in latino, nella quale si esaltava 11 sovrano per aver affermato, Ingrandito, Illustrato con le armi la diplomazia e la conseguita pace vittoriosa, i suoi pos- A Nizza le accoglienze non tu- namdgdtnpdtitnpsddrtpmstbi rono meno clamorose; 11 re giunto poco dopo le truppe, con le quali si doveva Imbarcare per andare . a cingere la corona regale in Sicilia, aveva trovato la città In pieno delirio. I consoli che già gli erano andati incontro, il giorno 30 si recarono al palazzo ove egli risiedeva per fargli omaggio con l'offrirgli il tradizionale donativo. La sera furono illuminate tutte le finestre della città; ed i pescatori bruciarono una catasta di legna di fronte alla porta del palazzo ove egli risiedeva, e fecero fuochi artificiali accanto ai quali era spiegato uno stendardo con la scritta « Viva il Re di Sicilia ». Segui, infine, un corteo di mogli e figlie dei pescatori che cantavano canzoni paesane, una delle quali in onore di Vittorio Amedeo. Né v'ha dubbio che l'entusiasmo dei Nizzardi per il ritorno dei Savoia fosse sincero, che essi si sentivano veramente liberati da un incubo. * L'opera della ricostruzione i e l o a i o a o i e e n - - I ventldue anni trascorsi tra aspre guerre, con le conseguenti confische, dilapidazioni e saccheggi, avevano ridotto male Nizza e fa Contea. Le amministrazioni civiche solo dopo la pace di Utrecht avevano potuto pienamente rendersi conto del baratro scavato nelle loro finanze, per rimediare al quale si attennero ad un regime di stretta economia, diminuendo le spese e le Indennità dei magistrati cittadini, dei funzionari e degli inservienti; dovettero inoltre alienare parte dei beni comunali ed aumentare le imposte, soprattutto sugli immobili, cercando nello stesso tempo di ammortizzare i debiti ed ì gravosissiml interessi. La miseria si faceva sentire specialmente nelle classi meno abbienti e tra il clero di campagna. Occorreva che il Governo si desse attivamente ad un'opera di ricostruzione integrale, escludendo, per prima cosa, le ingerenze straniere sempre deleterie. Ma perchè la ricostruzione potesse compiersi, si doveva, come per il passato, proteggere il commercio marittimo della Contea, insidiato dal vicini, ed in modo particolare dai Francesi. DI ciò era ben convinto Vittorio Amedeo II il quale, non appena rientrato nei suoi Stati, fece comprendere agli invadenti vicini che l'aria di Nizza non si confaceva troppo loro. E cosi quando il console francese Saint-Marcel giunto nel settembre 1713, volle collocare lo stemma di Luigi XIV sulla porta del suo consolato senza averne prima richiesto il permesso al Governatore del Re di Sardegna, conte Dorla di Prelà, fu invitato a farlo togliere Immediatamente, spettando tale prerogativa soltanto agli ambasciatori: era, questa, un'avvertenza data bruscamente al rappresentante di un governo straniero, che si sapeva giunto a Nizza con una missione contrastante con gl'interessi dello Stato Sardo, perchè con mezzi leciti ed illeciti egli mirava ad ottenere condizioni di favore per i commercianti suol connazionali, attirati nella Contea più che da ogni altra cosa, dal ricostituito porto franco. Però la reazione immediata non solo da parte delle autorità governative, ma anche dei commercianti e della popolazione tutta, gli apri bene gli occhi, tanto che ragguagliando il suo Ministro sull'inìzio poco felice certo della sua missione, cosi si esprimeva: « Si è risoluti a stancarmi tanto che mi si costringerà di troncare ogni mia attività; ma terrò duro soprattutto confidando nella vostra autorità e bontà ». Ma egli s'illudeva. Ne ebbe il sospetto quando gli giunse la notizia che l'unica tipografia della città aveva ricevuto l'ordine di non lavorare per 11 Consolato francese; ne ebbe la certezza, quando fu risposto con un netto rifiuto alla sua domanda di ottenere, secondo una antica consuetudine, 11 2 per cento sul valore delle merci importate dalla Francia nella Contea; cosi che il 48 ottobre fu costretto a confessare alla Corte: « Non si nasconde che mi si tartasserà tanto da costringermi ad abbandonare il mio posto e che nessun altro si troverà che vorrà sostituirmi per le rendite mediocri del consolato che va di male in peggio ». Un compito difficile pmhtdvprnetscpbgdszrelVdOttsgDi fronte all'universale ostilità che non gli permetteva di trafficare come avrebbe voluto, pensò di organizzare i suoi connazionali residenti nella Contea; ma anche questa volta invano: al suo appello solo tre o quattro risposero, . n i a i e i a l a i o o 1 i : d e à e e perchè, com'egli scriveva, < la maggior parte sono dei caparbi che hanno succhiato il latte della gente di questo paese che lo sono più d'ogni altro »; successivamente dovette constatare una realtà ancor più amara: che 1 Francesi preferivano i Nizzardi ai loro connazionali, perchè la maggior parte di essi rinnegavano la loro patria; 11 qualificava perciò di bancarottieri e altri titoli del genere, e ne trasmetteva un elenco incompleto, essendogli stato impossibile saperne i nomi mettendosi in relazione con taluni di costoro, quali temevano di cadere in di sgrazia se comunicavano con lui: anzi, di più, era stato loro proibito di abboccarsi col loro console. « Mi si fugge come un appestato », dichiarava. Nonostante ciò, tentava di condurre a buon fine l'incarico avuto di impadronirsi del commercio marittimo a favore del suo Stato, approfittando, come s'è detto, che a Nizza v'era il porto franco. Però non appena ebbe concreta mente iniziato questa sua attività, fu chiamato dal Governatore di Villafranca, dall'Intendente, dall'Avvocato Generale e dalle altre autorità della Contea e minacciato di espulsione se avesse persistito. La stretta vigilanza delle autorità e l'ostilità dei commercianti fecero miseramente fallire il suo disegno; con amarezza il 21 febbraio 1714 doveva constatare: * i bastimenti nizzardi e genovesi, che sono quasi ogni giorno nel porto di Villafranca in numero di 130, sovente contro « uno » francese, continuano a trafficare in questo paese e nelle sue vicinanze. Un buon francese mi ha detto in segreto che d'ora in poi ne vedremo delle più belle, essendo nei propositi del governo e della' cittadinanza di far crollare il Consolato. In realtà, dall'Inizio del dicembre — e si era in febbraio — il Consolato non ha riscosso a Nizza e a Villafranca, tanto da pagare uno dei Vide consoli; dal consolato di Oneglia non s'è riscosso un centesimo ». E concludeva tristemente: « Sono molto sospettato in questo paese dal quale non riesco ad avere informazioni se non con grande stento e grande cautela ». Né si creda che costui fosse un visionarlo o avesse particolari interessi a comportarsi cosi. Anche i Consoli precedenti, dal 1672 in poi avevano subito traversie simili alle sue , e anche più gravi come accadde ad un nuovo rappresentante del re di Francia a Nizza, Barbet da Longpré, nominato nell'aprile del 1715, e succe duto al morto Saint-Marcel. Poi che costui intrigava per ingerirsi in faccende che non lo riguarda vano, fu sostituito nella carica nell'agosto 17.17 da Francesco De vant, il quale il 23 maggio 1718 ebbe l'ordine in nome del re dal conte Cauda di Casalletto, governatore della Contea, di uscire dallo Stato entro ventiquattro ore; ed avendo egli tentato di tergiversare, fu, senza tanti riguardi, imbarcato su un veliero che lo portò in Francia. Un carteggio significativo notetovdnprecatedpduspprclmmsò i e o, Una cosi rigida difesa dei loro interessi da parte di Vittorio Amedeo II accese sempre più le simpatie del Nizzardi per la casa Savoia. Quali fossero, invece, i loro sentimenti per la Francia, affermano in varie occasioni esplicitamente, nelle loro corrispondenze, i consoli già ricordati. Spigoliamo qua e là in questo carteggio. Il Longpré il 27 giugno 1714 scriveva che « la nobiltà, la plebe e la borghesia erano ostili alla Francia ». Il 17 novembre dichiarava che il Vicario di Villafranca gli aveva detto confidenzialmente «di essere stupito della grande avversione che i Piemontesi avevano per la Francia e che da questo fatto traeva foschi auspici > ; il 14 ottobre 1716 confermava che « 1 Piemontesi erano sempre pieni di fiele contro i Francesi... >. Era, in verità, eccessiva la pretesa dei Francesi di voler godere ancora della stima, della fiducia e dell'amore del Nizzardi, dopo quanto avevano per colpa loro subito le popolazioni, per ben ventitré anni. A sua volta Amedeo II di Savoia, tanto fiero assertore della dignità della sua Casa e difensore strenuo degli interessi dei suoi sudditi, con l'assumersi, al domani d'aver cinto la corona regale, l'atteggiamento che abbiamo illustrato contro 11 potente e prepotente Re Sole, pose una pietra miliare per la costruzione di quell'edificio che i suoi successori eressero nel modo da noi tutti oggi ammirato. Arturo Codignola Nizza in una lezioncina di Vittorio Amedeo II al Re Sole LE INTERESSANTI VICENDE DI UNA CITTA' ITALIANISSIMA Nizza in una lezioncina di Vittorio Amedeo II al Re Sole e ! i l a . H duca sabaudo Vittorio Ame- adeo II prese effettivamente il Go- pverno del suo Stato nel 1684, ~ quando in Europa brillava In tutto il suo splendore l'astro di Luigi XIV, il re Sole. Costui aveva, in quello stesso anno, brutalmente bombardato Genova, disubbidiente alla sua proibizione di costruire galee per la Spagna; ed aveva potuto farlo impunemente, perchè con la pace di Nimega, dopo la vittoriosa guerra contro la coalizione europea della quale facevano parte gli Spagnoli e gli Olandesi, egli aveva iniziato la sua incontrastata espansione in Italia ed in Germania. Vittorio Amedeo II, rimasto dal 1675 al 1684 sotto la reggenza della madre Maria Giovanna di Nemours vassalla di Luigi XIV, anche dopo la sua ascesa al trono dovette, con grande mortificazione, subire la volontà del potente re francese, trovandosi il suo ducato incuneato tra le due fortezze francesi di Pinerolo e di Casale; però scoppiata la guerra tra l'Impero austriaco, la Spagna, l'Olanda, l'Inghilterra da un lato (potènze tutte aderenti alla lega di Augusta) e Luigi XIV dall'altro, egli riuscì -a. • svincolarsi dagl'impegni che aveva col suo prepotente alleato, ed aderì alla coalizione antifrancese. Decisione audace qPPDNSDSsLSi ' o o a l e o , e i o e e l o ì , ò o r a ua a di e, a e. i, e a n eà a Decisione audace, pagata assai cara, sul principio delle ostilità, perchè le sorti delle armi non gli furono favorevoli, avendo Luigi XIV preso di mira in modo particolare il Piemonte, che voleva eliminare subito dalla lotta, con 10 spiegamento di ingenti forze le quali erano riuscite a vincere il valoroso principe sabaudo in due grandi battaglie, a Staffarda nel 1690 ed a Marsiglia nel 1693. La contea di Nizza come quella che dava al Ducato l'accesso al mare, era di grande importanza per mantenere lo Stato sabaudo forte militarmente ed economicamente; per la sua posizione strategica era già stata teatro di guerre nei secoli precedenti; per la sua importanza economica era indispensabile alla prosperità delle finanze sabaude. Ed era ciò che ben sapeva Luigi XIV: in un documento del suo Stato Maggiore dettato nel 1691, alla vigilia di ordinare la distruzione del famoso castello di Nizza, si afferma espll cltamente tale importanza, dichiarando che la Contea comprendeva tra città e villaggi ben 330 centri abitati, senza contare quel 11 di Oneglia che erano 80. La cit tà di Nizza, secondo l'anonimo redattore, era il deposito del sale del Piemonte: impossessandosi di essa, si sarebbe dunque apportato un danno incalcolabile al duca sabaudo, perchè il sale rappresentava una cospicua risorsa finanziaria per il suo Stato. Ma, soggiungeva subito l'estensore del documento, non c'era da illudersi sulla facilità della conquista del Ducato: certo non si sarebbe trionfato della irreducibile avversione degli abitanti per i Francesi, se non tagliando gli ulivi, gli aranci, le viti, cioè tutte le fonti della loro vita, privi delle quali sarebbero ridotti a mendicare. Antifrancesi irreducibili Nè mal si apponevano 1 Francesi giudicando I Nizzardi loro irriducibili avversari; perchè, nonostante le forze militari veramente ingenti riversate sulla Contea, non avrebbero potuto impadronirsi del Castello, se non fossero ricorsi al tradimento. La difesa fu tanto tenace ed aspra, che Luigi XIV, al fine di liberarsi per sempre da una cosi poderosa opera militare che lo aveva a lungo tenuto in iscacco, diede ordine al comandante delle sue truppe, duca di Berwick, di raderlo al suolo insieme con le mura della città. La distruzione del Castello avvenuta nel 1691 ha notevole importanza nella Storia di Nizza, perchè le sue rovine, testimoni eloquenti del metodi usati dai Francesi per privarli della loro Indipendenza, acuirono contro di essi l'avversione dei Nizzardi toccati profondamente nel loro orgoglio. Il terribile bombardamento contro il Castello e la città — furono sparati migliaia di obici — e la conseguente lotta tra le opposte artiglierie durante il lungo assedio, apportarono ingenti perdite di vite umane e danni materiali ascendenti ad oltre un milione di franchi. L'avversione dei Nizzardi si mutò in odio, mentre cresceva l'affetto e la devozione per il duca di Savoia. Bene si fa interprete di questo stato degli rnzmddccRcqmctpnNebgeztpnsdsgetqgAltlld animi un mediocrissimo anonimo poeta in un sonetto che mi piace ~ qui riportare: «Pria eli partimi nella notte oscura, Perchè l'opra non fu degna del giorno. Per lasciarsi più facile ài ritorno Dier fuoco i Galli alle nicesl mura. Ma non sarà perciò meno sicura Nizza con questa inaspettato, scorno, Supplirà la virtù ch'ivi ha soggiorno, Delle mura il valor poco si cura. Inutili dispetti o stolte mire SI raddoppia il furor, l'alto dispetto, se il muro cadde, crcscon l'ire; Kon son d'uopo lo mura al nostro [affetto, Le mura di Vittorio all'avvenire Saran la sua costanza c il nostro afifetto ». Una guerra disastrosa 0 e i o e e a i , u r o l , i i o i o — o rei e e a li La lunga, eroica, impreveduta resistenza del Castello contribuì non poco a far fallire gli ambiziosi disegni franco-spagnoli di mettere fuori combattimento il duca di Savoia. Non passarono due mesi da questi avvenimenti che la battaglia di Torino quasi contemporaneamente a quella di Ramillles nei Paesi Btissi, stron cò l'azione di Luigi XTV; e come quest'ultima segnò la fine del dominio spagnolo nei Paesi Bassi, cosi la battaglia di Torino pose termine allo stesso dominio nella penisola . italiana ed iniziò una nuova èra per la nostra storia. I Nizzardi, da parte loro, potevano essere orgogliosi di aver contribuito col loro sacrificio a cosi grande evento. Le alterne vicende della guerra ebbero gravi conseguenze per Nizza che fu più volte invasa, con tutte le conseguenze che l'invasione porta. E si può dire che ancora non aveva preso respiro da questo conflitto chiusosi coi trattati di Rijswijk nel 1697. che fu trascinata in un'altra e più gravosa guerra, quella combattuta per la egemonia europea ch'era contesa tra Spagna e Francia, volendo quest'ultima sostituirsi alla Spagna nei dominli italiani. Vittorio Amedeo II dapprima si schierò a lato di Luigi XIV; poi, sorti contrasti col possente re che non voleva tener fede ai patti, si uni alla lega anti-francese, e ne subì la dura conseguenza di perdere ad occidente la Savoia e Susa, e ad oriente Vercelli. La stessa capitale, Torino, fu in grave pericolo; i quattro mesi d'assedio alla cittadella subiti dal maggio 1706 la avevano ridotta agli estremi, quando il generoso sacrificio di Pietro Mlcca e l'energico Intervento del principe Amedeo di Sa voia trasformarono una disfatta che sembrava imminente in una radiosa vittoria, la quale portò il trionfo delle armi austriache in Italia su quelle francesi. La guerra conclusasi con i trattati di Utrecht e di Rastadt significò per l'Italia la sostituzione dèi dominio austriaco a quello spagnolo, ma anche, fra l'altro, la liberazione da ogni occupazione francese del Piemonte e l'ingrandimento e il consolidamento della casa di Savoia la quale ebbe sotto il suo scettro la Sicilia, e, con la dignità regale, si elevò a prima poteriza italiana dopo l'Austria. Non soltanto Vittorio Amedeo n, ma anche i suoi sudditi ebbero chiara consapevolezza di questa svolta della loro storia; se ne accorsero anche i Nizzardi che erano quasi avulsi dal suo Stato per le difficili comunicazioni col Piemonte e, principalmente nei mesi invernali, con le principali città dello Stato. rtqdiIgnecttpdprqccmcdmtneUn entusiasmo sincero Nizza, finalmente, tripudiava. Il 7 e l'8 settembre aveva dimostrato 11 suo vero volto, celebrando la ricorrenza della vittoria sui Francesi a Torino, nella quale aveva scritto una pagina di gloria Pietro Micca. c In questo gior no ■— e precisamente il giorno 7, ricorda un anonimo cronista nizzardo — si illuminarono le finestre della città come quelle del palazzo del Governo, ed il giorno successivo, 8, ricorrenza dell'assedio tolto a Torino, si fece una grande processione, nella quale si portò la Vergine sotto un baldacchino ». SI comprende come a Vittorio Amedeo si prepararono feste degne di un trionfatore; già a Sospello, dove giunse con la regina il 29 settembre, era dovuto passare sotto tre archi di trionfo, uno dei quali era costituito da una corona reale sorretta da due leoni d'oro; e fu dettata per l'occasione una epigrafe in latino, nella quale si esaltava 11 sovrano per aver affermato, Ingrandito, Illustrato con le armi la diplomazia e la conseguita pace vittoriosa, i suoi pos- A Nizza le accoglienze non tu- namdgdtnpdtitnpsddrtpmstbi rono meno clamorose; 11 re giunto poco dopo le truppe, con le quali si doveva Imbarcare per andare . a cingere la corona regale in Sicilia, aveva trovato la città In pieno delirio. I consoli che già gli erano andati incontro, il giorno 30 si recarono al palazzo ove egli risiedeva per fargli omaggio con l'offrirgli il tradizionale donativo. La sera furono illuminate tutte le finestre della città; ed i pescatori bruciarono una catasta di legna di fronte alla porta del palazzo ove egli risiedeva, e fecero fuochi artificiali accanto ai quali era spiegato uno stendardo con la scritta « Viva il Re di Sicilia ». Segui, infine, un corteo di mogli e figlie dei pescatori che cantavano canzoni paesane, una delle quali in onore di Vittorio Amedeo. Né v'ha dubbio che l'entusiasmo dei Nizzardi per il ritorno dei Savoia fosse sincero, che essi si sentivano veramente liberati da un incubo. * L'opera della ricostruzione i e l o a i o a o i e e n - - I ventldue anni trascorsi tra aspre guerre, con le conseguenti confische, dilapidazioni e saccheggi, avevano ridotto male Nizza e fa Contea. Le amministrazioni civiche solo dopo la pace di Utrecht avevano potuto pienamente rendersi conto del baratro scavato nelle loro finanze, per rimediare al quale si attennero ad un regime di stretta economia, diminuendo le spese e le Indennità dei magistrati cittadini, dei funzionari e degli inservienti; dovettero inoltre alienare parte dei beni comunali ed aumentare le imposte, soprattutto sugli immobili, cercando nello stesso tempo di ammortizzare i debiti ed ì gravosissiml interessi. La miseria si faceva sentire specialmente nelle classi meno abbienti e tra il clero di campagna. Occorreva che il Governo si desse attivamente ad un'opera di ricostruzione integrale, escludendo, per prima cosa, le ingerenze straniere sempre deleterie. Ma perchè la ricostruzione potesse compiersi, si doveva, come per il passato, proteggere il commercio marittimo della Contea, insidiato dal vicini, ed in modo particolare dai Francesi. DI ciò era ben convinto Vittorio Amedeo II il quale, non appena rientrato nei suoi Stati, fece comprendere agli invadenti vicini che l'aria di Nizza non si confaceva troppo loro. E cosi quando il console francese Saint-Marcel giunto nel settembre 1713, volle collocare lo stemma di Luigi XIV sulla porta del suo consolato senza averne prima richiesto il permesso al Governatore del Re di Sardegna, conte Dorla di Prelà, fu invitato a farlo togliere Immediatamente, spettando tale prerogativa soltanto agli ambasciatori: era, questa, un'avvertenza data bruscamente al rappresentante di un governo straniero, che si sapeva giunto a Nizza con una missione contrastante con gl'interessi dello Stato Sardo, perchè con mezzi leciti ed illeciti egli mirava ad ottenere condizioni di favore per i commercianti suol connazionali, attirati nella Contea più che da ogni altra cosa, dal ricostituito porto franco. Però la reazione immediata non solo da parte delle autorità governative, ma anche dei commercianti e della popolazione tutta, gli apri bene gli occhi, tanto che ragguagliando il suo Ministro sull'inìzio poco felice certo della sua missione, cosi si esprimeva: « Si è risoluti a stancarmi tanto che mi si costringerà di troncare ogni mia attività; ma terrò duro soprattutto confidando nella vostra autorità e bontà ». Ma egli s'illudeva. Ne ebbe il sospetto quando gli giunse la notizia che l'unica tipografia della città aveva ricevuto l'ordine di non lavorare per 11 Consolato francese; ne ebbe la certezza, quando fu risposto con un netto rifiuto alla sua domanda di ottenere, secondo una antica consuetudine, 11 2 per cento sul valore delle merci importate dalla Francia nella Contea; cosi che il 48 ottobre fu costretto a confessare alla Corte: « Non si nasconde che mi si tartasserà tanto da costringermi ad abbandonare il mio posto e che nessun altro si troverà che vorrà sostituirmi per le rendite mediocri del consolato che va di male in peggio ». Un compito difficile pmhtdvprnetscpbgdszrelVdOttsgDi fronte all'universale ostilità che non gli permetteva di trafficare come avrebbe voluto, pensò di organizzare i suoi connazionali residenti nella Contea; ma anche questa volta invano: al suo appello solo tre o quattro risposero, . n i a i e i a l a i o o 1 i : d e à e e perchè, com'egli scriveva, < la maggior parte sono dei caparbi che hanno succhiato il latte della gente di questo paese che lo sono più d'ogni altro »; successivamente dovette constatare una realtà ancor più amara: che 1 Francesi preferivano i Nizzardi ai loro connazionali, perchè la maggior parte di essi rinnegavano la loro patria; 11 qualificava perciò di bancarottieri e altri titoli del genere, e ne trasmetteva un elenco incompleto, essendogli stato impossibile saperne i nomi mettendosi in relazione con taluni di costoro, quali temevano di cadere in di sgrazia se comunicavano con lui: anzi, di più, era stato loro proibito di abboccarsi col loro console. « Mi si fugge come un appestato », dichiarava. Nonostante ciò, tentava di condurre a buon fine l'incarico avuto di impadronirsi del commercio marittimo a favore del suo Stato, approfittando, come s'è detto, che a Nizza v'era il porto franco. Però non appena ebbe concreta mente iniziato questa sua attività, fu chiamato dal Governatore di Villafranca, dall'Intendente, dall'Avvocato Generale e dalle altre autorità della Contea e minacciato di espulsione se avesse persistito. La stretta vigilanza delle autorità e l'ostilità dei commercianti fecero miseramente fallire il suo disegno; con amarezza il 21 febbraio 1714 doveva constatare: * i bastimenti nizzardi e genovesi, che sono quasi ogni giorno nel porto di Villafranca in numero di 130, sovente contro « uno » francese, continuano a trafficare in questo paese e nelle sue vicinanze. Un buon francese mi ha detto in segreto che d'ora in poi ne vedremo delle più belle, essendo nei propositi del governo e della' cittadinanza di far crollare il Consolato. In realtà, dall'Inizio del dicembre — e si era in febbraio — il Consolato non ha riscosso a Nizza e a Villafranca, tanto da pagare uno dei Vide consoli; dal consolato di Oneglia non s'è riscosso un centesimo ». E concludeva tristemente: « Sono molto sospettato in questo paese dal quale non riesco ad avere informazioni se non con grande stento e grande cautela ». Né si creda che costui fosse un visionarlo o avesse particolari interessi a comportarsi cosi. Anche i Consoli precedenti, dal 1672 in poi avevano subito traversie simili alle sue , e anche più gravi come accadde ad un nuovo rappresentante del re di Francia a Nizza, Barbet da Longpré, nominato nell'aprile del 1715, e succe duto al morto Saint-Marcel. Poi che costui intrigava per ingerirsi in faccende che non lo riguarda vano, fu sostituito nella carica nell'agosto 17.17 da Francesco De vant, il quale il 23 maggio 1718 ebbe l'ordine in nome del re dal conte Cauda di Casalletto, governatore della Contea, di uscire dallo Stato entro ventiquattro ore; ed avendo egli tentato di tergiversare, fu, senza tanti riguardi, imbarcato su un veliero che lo portò in Francia. Un carteggio significativo notetovdnprecatedpduspprclmmsò i e o, Una cosi rigida difesa dei loro interessi da parte di Vittorio Amedeo II accese sempre più le simpatie del Nizzardi per la casa Savoia. Quali fossero, invece, i loro sentimenti per la Francia, affermano in varie occasioni esplicitamente, nelle loro corrispondenze, i consoli già ricordati. Spigoliamo qua e là in questo carteggio. Il Longpré il 27 giugno 1714 scriveva che « la nobiltà, la plebe e la borghesia erano ostili alla Francia ». Il 17 novembre dichiarava che il Vicario di Villafranca gli aveva detto confidenzialmente «di essere stupito della grande avversione che i Piemontesi avevano per la Francia e che da questo fatto traeva foschi auspici > ; il 14 ottobre 1716 confermava che « 1 Piemontesi erano sempre pieni di fiele contro i Francesi... >. Era, in verità, eccessiva la pretesa dei Francesi di voler godere ancora della stima, della fiducia e dell'amore del Nizzardi, dopo quanto avevano per colpa loro subito le popolazioni, per ben ventitré anni. A sua volta Amedeo II di Savoia, tanto fiero assertore della dignità della sua Casa e difensore strenuo degli interessi dei suoi sudditi, con l'assumersi, al domani d'aver cinto la corona regale, l'atteggiamento che abbiamo illustrato contro 11 potente e prepotente Re Sole, pose una pietra miliare per la costruzione di quell'edificio che i suoi successori eressero nel modo da noi tutti oggi ammirato. Arturo Codignola