Cronache del Teatro

Cronache del Teatro Cronache del Teatro I giovani a convegno - Più alte esigenze e mezzi per soddisfarli - Perchè gli scrittori non scrivono per il teatro? o e r r , e a e a, o, aa n e ò e a e o o. à o o n ea a o o, o Al recente convegno di Firenze, in cui sono state esaminate le possibilità di un teatro per la gioventù, è stata fatta questa proposta: creiamo — è stato detto — nei grandi centri (e s'è persino fissata una delimitazione di territorio), accanto a ogni palestra della GIL un teatro della GIL, teatro stabile con compagnia professio,nale. Non è, certo, affare dì poco conto; nè possiamo nasconderci le dimcoltà di attuazione di un progetto simile; tuttavia non possiamo non rilevarne il suo alto e importantissimo significato umano e morale. C'è sotto sotto, in questa proposta, un desiderio di conoscenza, una volontà di conquista, un'ansia verso la perfezione che denunziano lo stato d'animo dei giovani di oggi nei confronti della cultura: è tutto un nuovo orientamento educativo che si rivela e s'afferma In un momento In cui un nuovo mondo si definisce e si concreta. Il teatro accento alla palestra. Ritorna alla memoria il pensiero di uno dei più grandi dittatori .intellettuali di ogni tempo: «11 teatro è ciò che lo spirito umano ha inventato di più nobile e di utile per formare i costumi e raffinarli: è questo il capolavoro della società. « Nonostante le deviazioni, le trasformazioni, gli abusi, 11 compito fondamentale del teatro, istruttivo ed educativo, rimane intatto e validissimo: se i giovani invocano il teatro accanto alla palestra vuol dire che essi riconoscono che il teatro è elemento essenziale e Imprescindibile della loro educazione spirituale; vuol dire che essi, In assoluto sono perifettamente coscienti della necessità di accoppiare la salute del corpo a quella dello spirito per raggiungere quell'equilibrio!, umano m cui risiede la certezza del loro destino. Come fare per venire incontro alle legittime aspirazioni dei giovani? Notiamo intanto che a suscitarle e ad acuirle codeste aspirazioni è stato proprio il Regime, istituendo quei Tcatri-GuJ che hanno fatto quasi ovunque ottima prova. Ma i giovani non sono pienamente soddisfatti; non vogliono esperimenti di fortuna od esercitazioni dilettantesche : vogliono un teatro vero, un teatro responsabile, un teatro d'arte. Era logico che cosi avvenisse. I giovani vogliono educarsi come pubblico, ma essi riconoscono che tale educazione non può compiersi attraverso rappresentazioni assolutamente ina- coplalmficdevechscstsuremè sascrebrdumpmtegchBLRchBe a o e i a a n U a e a n i a ò o e a a » i e a sE e k a o e o , a ra di ia di Lddeguate cui partecipano camerati volenterosi che si prestano gentilmente, o attraverso spettacoli approssimativi in cui la stessa divina parola perde senso ed espressione per difetto di recitazione e di misura. L'arte è una cosa difficile assai. Transigere in qualche modo, sia pure col nobile scopo di appassionare comunque i giovani al teatro può giovare una volta: non giova due, che il pubblico si fa presto esigente, e pretende e strepita, e norfsente ragioni. Se s'impone dunque una maggior cura, un più attento studio, una più limpida realizzazione delle opere che vengono presentate nei teatrini del GUF, che sono e rimangono co munque pregevoli banchi di prova del giovani meglio dotati — il teatro del GUF di Roma, dove spesso recitano valorosi attori delle nostre scene assolve magnlflcamen te il suo compito informativo < culturale — si deve, a più forte ragione pensare a soddisfare le esigenze spirituali di queste mas se anelanti al meglio. H problema s'Innesta in quello più vasto deflla dilatazione nazionale e totalitaria del teatro. Tutte le provvidenze del Regime in questo campo sono tese a questo scopo: portare 11 teatro al popolo e Il popolo al teatro. Il prossimo funzlonamemto deM'E.T.I. è, in questo senso, un gran passo. I giovani dicono: Istituite spettacoli speciali per noi o ribassate i prezzi in modo da permetterci un giù facile accesso alle sale di speticolo. Noi, in generale, abbiamo sempre propugnato la seconda soluzione. E anche oggi non sapremmo smentirci, pur non escludendo che si possano organizzare, per speciali ragioni e in speciali contingenze, appositi spettacoli ! per i giovani. Ma il costo del bighetto è e rimane la causa prima da rimuovere se vogliamo veder rifiorire il nostro teatro di prosa. H problema del repertorio è, si, importante — c'è tanto da scegliere nel teatro di tutti l tempi! — ma è ancora più importante il problema della frequenza. Il rapporto tra frequenza e repertorio è più un arzigogolo intellettualistico che un dato di fatto. Pochi spettacoli, ma buoni, realizzati con sensibilità e intelligenza, richiameranno più pubblico che non dieci novità ordinarie. S'è sempre visto, e sempre si vedrà. E ora due parole di commento al commento. Traendo le conclusioni dal convegno di Firenze, i giovani si rivolgono ai vecchi per dir loro: avete visto? noi abbiamo dimostrato non solo di voler apprendere ma di aspirare, con purezza di cuore e d'intenti, alla vera arte teatrale. Noi amiamo il teatro, e piuttosto che creare un altro fronte, vi chiediamo di mettervi al passo e di darci frutti e insegnamenti degni. Alessandro Brissonl consiglia persino ai vecchi di fare l'anno venturo un viaggetto a Firenze — cosa che potrebbe anche essere utile. Ma, ce lo lascino dire con tutta franchezza 1 giovani, codeste ci sembran preoccupazioni che denunziano una strana paura o un indistinto senso di debolezza. Nel teatro non ci sono e non ci possono essere diversi fronti. Il fronte è unico: c'è gente che va avanti e gente che rimane indietro. Ora 1 giovani, truppe d'assalto, se sanno di poterlo fare, debbono gettarsi avanti senza curarsi di chi rimane indietro, senza chieder permessi a nessuno, senz'altre riverenze che non siano quelle dettate dalla buona educazione. Un saluto e via. Spesso non occorre nemmeno il saluto. Essi non si aspettino dunque niente da nessuno; vadano avanti se hanno lena, e, se raggiungeranno primi :1 traguardo, tutti applaudiranno. Non c'è nulla di più nobile e di più crudele dell'arte. *** Si tornano ad invitare gli scrittori a scrivere per 11 teatro. Nobile proposito. Anche noi abbiamo rivolto più volte simile invito agli scrittori italiani, in verità con scarso frutto. Ma non significa. Può darsi che questa sia la volta buona, tanto più che la proposta viene da un giovane e tenderebbe a impegnare seriamente autorità e scrittori italiani, almeno alcuni scrittori Italiani, In un compito certamente meritorio se non altro ai fini dello stile. Fulchignoni porta argomenti validissimi per giustificare ia sua proposta, ma noi, col tempo, ab- gddcarftGdclgcpcndubiamo dovuto convincerci, di unal cosa che purtroppo era tanto semplice, e cioè che se gli scrittori, alcuni scrittori qualificati, la maggioranza degli scrittori quali ficati non scrivono per il teatro si deve al fatto che non sanno scrivere per il teatro. Nessuno nega che in questi ultimi venti anni gli scrittori italiani si slan fatti uno stile che resiste alla pagina — i risultati raggiunti sono anzi ammi revoli — ma il sospetto è legittimo: se non scrivono per il teatro è perchè non sanno. Quelli che sanno hanno sempre scritto e scrivono. Una commedia riuscita rende cento volte di più che un libro egualmente riuscito. Non c'è dunque bisogno di altri allettamenti: c'è quello sovrano della pronta cassa. • Fulchignoni dice: diamo commissione di comporre un'opera di teatro a cinque scrittori da scegliersi tra i seguenti: Alvar, Bacchelli, Brancati, Bernari, Bilenchi, Buzzati, Comisso, Gadda, Gatto, Longanesi, Maccari, Palazzeschi, Rossi, Tofanelli, Zavattini. E perchè escludere — diciamo noi — Baldini, Civinini, Malaparte, Vit¬ SS}" I torini, Piovene, Savinio, Bonsanti, Cabella, Dessi, Caldaroni, Bardi, Barrili, Angloletti e tanti altri? Ma, siamo giusti, a costoro chi ha mai vietato e chi vieta di scrivere per il teatro? Ci vuol proprio la commissione? A che serve la commissione ? Se si tratta di trovare un garante finanziario in caso di insuccesso o di mezzo fiasco, allora è meglio non farne nulla. Se l'opera vale, frutta. E come! Niente paura, dunque. Gli scrittori che sanno fare il teatro hanno grandissimo interesse a farlo. Lo facciano. Lo strano è che Fulchignoni, che vuole la commissione per gli scrittori italiani, ha poi l'aria di rimproverare a Bontcmpelli di aver scritto Cenerentola su commissione del Maggio Fiorentino. E lo stesso Fulchignoni non ha fatto rappresentare pochi mesi fa un suo lavoro scritto su commissione, un atto che, fatte le debite proporzioni, ha avuto su per giù lo stesso successo di Cenerentola'! E dunque? Non gli bastano questi due esempi lampanti a Fulchignoni per accorgersi della inutilità della sua proposta? La verità è che chi sa scrivere per il teatro, scrive. Un infortunio può capitare a chiunque, piccolo o grande che sia, scrittore e non scrittore. Ma scrivere un'opera teatrale non è la stessa cosa che scrivere un romanzo. E non c'è commissione, per quanto vistosa sia, che possa fare del più nobile degli scrittori un uomo di teatro. s. s. Cronache del Teatro Cronache del Teatro I giovani a convegno - Più alte esigenze e mezzi per soddisfarli - Perchè gli scrittori non scrivono per il teatro? o e r r , e a e a, o, aa n e ò e a e o o. à o o n ea a o o, o Al recente convegno di Firenze, in cui sono state esaminate le possibilità di un teatro per la gioventù, è stata fatta questa proposta: creiamo — è stato detto — nei grandi centri (e s'è persino fissata una delimitazione di territorio), accanto a ogni palestra della GIL un teatro della GIL, teatro stabile con compagnia professio,nale. Non è, certo, affare dì poco conto; nè possiamo nasconderci le dimcoltà di attuazione di un progetto simile; tuttavia non possiamo non rilevarne il suo alto e importantissimo significato umano e morale. C'è sotto sotto, in questa proposta, un desiderio di conoscenza, una volontà di conquista, un'ansia verso la perfezione che denunziano lo stato d'animo dei giovani di oggi nei confronti della cultura: è tutto un nuovo orientamento educativo che si rivela e s'afferma In un momento In cui un nuovo mondo si definisce e si concreta. Il teatro accento alla palestra. Ritorna alla memoria il pensiero di uno dei più grandi dittatori .intellettuali di ogni tempo: «11 teatro è ciò che lo spirito umano ha inventato di più nobile e di utile per formare i costumi e raffinarli: è questo il capolavoro della società. « Nonostante le deviazioni, le trasformazioni, gli abusi, 11 compito fondamentale del teatro, istruttivo ed educativo, rimane intatto e validissimo: se i giovani invocano il teatro accanto alla palestra vuol dire che essi riconoscono che il teatro è elemento essenziale e Imprescindibile della loro educazione spirituale; vuol dire che essi, In assoluto sono perifettamente coscienti della necessità di accoppiare la salute del corpo a quella dello spirito per raggiungere quell'equilibrio!, umano m cui risiede la certezza del loro destino. Come fare per venire incontro alle legittime aspirazioni dei giovani? Notiamo intanto che a suscitarle e ad acuirle codeste aspirazioni è stato proprio il Regime, istituendo quei Tcatri-GuJ che hanno fatto quasi ovunque ottima prova. Ma i giovani non sono pienamente soddisfatti; non vogliono esperimenti di fortuna od esercitazioni dilettantesche : vogliono un teatro vero, un teatro responsabile, un teatro d'arte. Era logico che cosi avvenisse. I giovani vogliono educarsi come pubblico, ma essi riconoscono che tale educazione non può compiersi attraverso rappresentazioni assolutamente ina- coplalmficdevechscstsuremè sascrebrdumpmtegchBLRchBe a o e i a a n U a e a n i a ò o e a a » i e a sE e k a o e o , a ra di ia di Lddeguate cui partecipano camerati volenterosi che si prestano gentilmente, o attraverso spettacoli approssimativi in cui la stessa divina parola perde senso ed espressione per difetto di recitazione e di misura. L'arte è una cosa difficile assai. Transigere in qualche modo, sia pure col nobile scopo di appassionare comunque i giovani al teatro può giovare una volta: non giova due, che il pubblico si fa presto esigente, e pretende e strepita, e norfsente ragioni. Se s'impone dunque una maggior cura, un più attento studio, una più limpida realizzazione delle opere che vengono presentate nei teatrini del GUF, che sono e rimangono co munque pregevoli banchi di prova del giovani meglio dotati — il teatro del GUF di Roma, dove spesso recitano valorosi attori delle nostre scene assolve magnlflcamen te il suo compito informativo < culturale — si deve, a più forte ragione pensare a soddisfare le esigenze spirituali di queste mas se anelanti al meglio. H problema s'Innesta in quello più vasto deflla dilatazione nazionale e totalitaria del teatro. Tutte le provvidenze del Regime in questo campo sono tese a questo scopo: portare 11 teatro al popolo e Il popolo al teatro. Il prossimo funzlonamemto deM'E.T.I. è, in questo senso, un gran passo. I giovani dicono: Istituite spettacoli speciali per noi o ribassate i prezzi in modo da permetterci un giù facile accesso alle sale di speticolo. Noi, in generale, abbiamo sempre propugnato la seconda soluzione. E anche oggi non sapremmo smentirci, pur non escludendo che si possano organizzare, per speciali ragioni e in speciali contingenze, appositi spettacoli ! per i giovani. Ma il costo del bighetto è e rimane la causa prima da rimuovere se vogliamo veder rifiorire il nostro teatro di prosa. H problema del repertorio è, si, importante — c'è tanto da scegliere nel teatro di tutti l tempi! — ma è ancora più importante il problema della frequenza. Il rapporto tra frequenza e repertorio è più un arzigogolo intellettualistico che un dato di fatto. Pochi spettacoli, ma buoni, realizzati con sensibilità e intelligenza, richiameranno più pubblico che non dieci novità ordinarie. S'è sempre visto, e sempre si vedrà. E ora due parole di commento al commento. Traendo le conclusioni dal convegno di Firenze, i giovani si rivolgono ai vecchi per dir loro: avete visto? noi abbiamo dimostrato non solo di voler apprendere ma di aspirare, con purezza di cuore e d'intenti, alla vera arte teatrale. Noi amiamo il teatro, e piuttosto che creare un altro fronte, vi chiediamo di mettervi al passo e di darci frutti e insegnamenti degni. Alessandro Brissonl consiglia persino ai vecchi di fare l'anno venturo un viaggetto a Firenze — cosa che potrebbe anche essere utile. Ma, ce lo lascino dire con tutta franchezza 1 giovani, codeste ci sembran preoccupazioni che denunziano una strana paura o un indistinto senso di debolezza. Nel teatro non ci sono e non ci possono essere diversi fronti. Il fronte è unico: c'è gente che va avanti e gente che rimane indietro. Ora 1 giovani, truppe d'assalto, se sanno di poterlo fare, debbono gettarsi avanti senza curarsi di chi rimane indietro, senza chieder permessi a nessuno, senz'altre riverenze che non siano quelle dettate dalla buona educazione. Un saluto e via. Spesso non occorre nemmeno il saluto. Essi non si aspettino dunque niente da nessuno; vadano avanti se hanno lena, e, se raggiungeranno primi :1 traguardo, tutti applaudiranno. Non c'è nulla di più nobile e di più crudele dell'arte. *** Si tornano ad invitare gli scrittori a scrivere per 11 teatro. Nobile proposito. Anche noi abbiamo rivolto più volte simile invito agli scrittori italiani, in verità con scarso frutto. Ma non significa. Può darsi che questa sia la volta buona, tanto più che la proposta viene da un giovane e tenderebbe a impegnare seriamente autorità e scrittori italiani, almeno alcuni scrittori Italiani, In un compito certamente meritorio se non altro ai fini dello stile. Fulchignoni porta argomenti validissimi per giustificare ia sua proposta, ma noi, col tempo, ab- gddcarftGdclgcpcndubiamo dovuto convincerci, di unal cosa che purtroppo era tanto semplice, e cioè che se gli scrittori, alcuni scrittori qualificati, la maggioranza degli scrittori quali ficati non scrivono per il teatro si deve al fatto che non sanno scrivere per il teatro. Nessuno nega che in questi ultimi venti anni gli scrittori italiani si slan fatti uno stile che resiste alla pagina — i risultati raggiunti sono anzi ammi revoli — ma il sospetto è legittimo: se non scrivono per il teatro è perchè non sanno. Quelli che sanno hanno sempre scritto e scrivono. Una commedia riuscita rende cento volte di più che un libro egualmente riuscito. Non c'è dunque bisogno di altri allettamenti: c'è quello sovrano della pronta cassa. • Fulchignoni dice: diamo commissione di comporre un'opera di teatro a cinque scrittori da scegliersi tra i seguenti: Alvar, Bacchelli, Brancati, Bernari, Bilenchi, Buzzati, Comisso, Gadda, Gatto, Longanesi, Maccari, Palazzeschi, Rossi, Tofanelli, Zavattini. E perchè escludere — diciamo noi — Baldini, Civinini, Malaparte, Vit¬ SS}" I torini, Piovene, Savinio, Bonsanti, Cabella, Dessi, Caldaroni, Bardi, Barrili, Angloletti e tanti altri? Ma, siamo giusti, a costoro chi ha mai vietato e chi vieta di scrivere per il teatro? Ci vuol proprio la commissione? A che serve la commissione ? Se si tratta di trovare un garante finanziario in caso di insuccesso o di mezzo fiasco, allora è meglio non farne nulla. Se l'opera vale, frutta. E come! Niente paura, dunque. Gli scrittori che sanno fare il teatro hanno grandissimo interesse a farlo. Lo facciano. Lo strano è che Fulchignoni, che vuole la commissione per gli scrittori italiani, ha poi l'aria di rimproverare a Bontcmpelli di aver scritto Cenerentola su commissione del Maggio Fiorentino. E lo stesso Fulchignoni non ha fatto rappresentare pochi mesi fa un suo lavoro scritto su commissione, un atto che, fatte le debite proporzioni, ha avuto su per giù lo stesso successo di Cenerentola'! E dunque? Non gli bastano questi due esempi lampanti a Fulchignoni per accorgersi della inutilità della sua proposta? La verità è che chi sa scrivere per il teatro, scrive. Un infortunio può capitare a chiunque, piccolo o grande che sia, scrittore e non scrittore. Ma scrivere un'opera teatrale non è la stessa cosa che scrivere un romanzo. E non c'è commissione, per quanto vistosa sia, che possa fare del più nobile degli scrittori un uomo di teatro. s. s. Cronache del Teatro Cronache del Teatro I giovani a convegno - Più alte esigenze e mezzi per soddisfarli - Perchè gli scrittori non scrivono per il teatro? o e r r , e a e a, o, aa n e ò e a e o o. à o o n ea a o o, o Al recente convegno di Firenze, in cui sono state esaminate le possibilità di un teatro per la gioventù, è stata fatta questa proposta: creiamo — è stato detto — nei grandi centri (e s'è persino fissata una delimitazione di territorio), accanto a ogni palestra della GIL un teatro della GIL, teatro stabile con compagnia professio,nale. Non è, certo, affare dì poco conto; nè possiamo nasconderci le dimcoltà di attuazione di un progetto simile; tuttavia non possiamo non rilevarne il suo alto e importantissimo significato umano e morale. C'è sotto sotto, in questa proposta, un desiderio di conoscenza, una volontà di conquista, un'ansia verso la perfezione che denunziano lo stato d'animo dei giovani di oggi nei confronti della cultura: è tutto un nuovo orientamento educativo che si rivela e s'afferma In un momento In cui un nuovo mondo si definisce e si concreta. Il teatro accento alla palestra. Ritorna alla memoria il pensiero di uno dei più grandi dittatori .intellettuali di ogni tempo: «11 teatro è ciò che lo spirito umano ha inventato di più nobile e di utile per formare i costumi e raffinarli: è questo il capolavoro della società. « Nonostante le deviazioni, le trasformazioni, gli abusi, 11 compito fondamentale del teatro, istruttivo ed educativo, rimane intatto e validissimo: se i giovani invocano il teatro accanto alla palestra vuol dire che essi riconoscono che il teatro è elemento essenziale e Imprescindibile della loro educazione spirituale; vuol dire che essi, In assoluto sono perifettamente coscienti della necessità di accoppiare la salute del corpo a quella dello spirito per raggiungere quell'equilibrio!, umano m cui risiede la certezza del loro destino. Come fare per venire incontro alle legittime aspirazioni dei giovani? Notiamo intanto che a suscitarle e ad acuirle codeste aspirazioni è stato proprio il Regime, istituendo quei Tcatri-GuJ che hanno fatto quasi ovunque ottima prova. Ma i giovani non sono pienamente soddisfatti; non vogliono esperimenti di fortuna od esercitazioni dilettantesche : vogliono un teatro vero, un teatro responsabile, un teatro d'arte. Era logico che cosi avvenisse. I giovani vogliono educarsi come pubblico, ma essi riconoscono che tale educazione non può compiersi attraverso rappresentazioni assolutamente ina- coplalmficdevechscstsuremè sascrebrdumpmtegchBLRchBe a o e i a a n U a e a n i a ò o e a a » i e a sE e k a o e o , a ra di ia di Lddeguate cui partecipano camerati volenterosi che si prestano gentilmente, o attraverso spettacoli approssimativi in cui la stessa divina parola perde senso ed espressione per difetto di recitazione e di misura. L'arte è una cosa difficile assai. Transigere in qualche modo, sia pure col nobile scopo di appassionare comunque i giovani al teatro può giovare una volta: non giova due, che il pubblico si fa presto esigente, e pretende e strepita, e norfsente ragioni. Se s'impone dunque una maggior cura, un più attento studio, una più limpida realizzazione delle opere che vengono presentate nei teatrini del GUF, che sono e rimangono co munque pregevoli banchi di prova del giovani meglio dotati — il teatro del GUF di Roma, dove spesso recitano valorosi attori delle nostre scene assolve magnlflcamen te il suo compito informativo < culturale — si deve, a più forte ragione pensare a soddisfare le esigenze spirituali di queste mas se anelanti al meglio. H problema s'Innesta in quello più vasto deflla dilatazione nazionale e totalitaria del teatro. Tutte le provvidenze del Regime in questo campo sono tese a questo scopo: portare 11 teatro al popolo e Il popolo al teatro. Il prossimo funzlonamemto deM'E.T.I. è, in questo senso, un gran passo. I giovani dicono: Istituite spettacoli speciali per noi o ribassate i prezzi in modo da permetterci un giù facile accesso alle sale di speticolo. Noi, in generale, abbiamo sempre propugnato la seconda soluzione. E anche oggi non sapremmo smentirci, pur non escludendo che si possano organizzare, per speciali ragioni e in speciali contingenze, appositi spettacoli ! per i giovani. Ma il costo del bighetto è e rimane la causa prima da rimuovere se vogliamo veder rifiorire il nostro teatro di prosa. H problema del repertorio è, si, importante — c'è tanto da scegliere nel teatro di tutti l tempi! — ma è ancora più importante il problema della frequenza. Il rapporto tra frequenza e repertorio è più un arzigogolo intellettualistico che un dato di fatto. Pochi spettacoli, ma buoni, realizzati con sensibilità e intelligenza, richiameranno più pubblico che non dieci novità ordinarie. S'è sempre visto, e sempre si vedrà. E ora due parole di commento al commento. Traendo le conclusioni dal convegno di Firenze, i giovani si rivolgono ai vecchi per dir loro: avete visto? noi abbiamo dimostrato non solo di voler apprendere ma di aspirare, con purezza di cuore e d'intenti, alla vera arte teatrale. Noi amiamo il teatro, e piuttosto che creare un altro fronte, vi chiediamo di mettervi al passo e di darci frutti e insegnamenti degni. Alessandro Brissonl consiglia persino ai vecchi di fare l'anno venturo un viaggetto a Firenze — cosa che potrebbe anche essere utile. Ma, ce lo lascino dire con tutta franchezza 1 giovani, codeste ci sembran preoccupazioni che denunziano una strana paura o un indistinto senso di debolezza. Nel teatro non ci sono e non ci possono essere diversi fronti. Il fronte è unico: c'è gente che va avanti e gente che rimane indietro. Ora 1 giovani, truppe d'assalto, se sanno di poterlo fare, debbono gettarsi avanti senza curarsi di chi rimane indietro, senza chieder permessi a nessuno, senz'altre riverenze che non siano quelle dettate dalla buona educazione. Un saluto e via. Spesso non occorre nemmeno il saluto. Essi non si aspettino dunque niente da nessuno; vadano avanti se hanno lena, e, se raggiungeranno primi :1 traguardo, tutti applaudiranno. Non c'è nulla di più nobile e di più crudele dell'arte. *** Si tornano ad invitare gli scrittori a scrivere per 11 teatro. Nobile proposito. Anche noi abbiamo rivolto più volte simile invito agli scrittori italiani, in verità con scarso frutto. Ma non significa. Può darsi che questa sia la volta buona, tanto più che la proposta viene da un giovane e tenderebbe a impegnare seriamente autorità e scrittori italiani, almeno alcuni scrittori Italiani, In un compito certamente meritorio se non altro ai fini dello stile. Fulchignoni porta argomenti validissimi per giustificare ia sua proposta, ma noi, col tempo, ab- gddcarftGdclgcpcndubiamo dovuto convincerci, di unal cosa che purtroppo era tanto semplice, e cioè che se gli scrittori, alcuni scrittori qualificati, la maggioranza degli scrittori quali ficati non scrivono per il teatro si deve al fatto che non sanno scrivere per il teatro. Nessuno nega che in questi ultimi venti anni gli scrittori italiani si slan fatti uno stile che resiste alla pagina — i risultati raggiunti sono anzi ammi revoli — ma il sospetto è legittimo: se non scrivono per il teatro è perchè non sanno. Quelli che sanno hanno sempre scritto e scrivono. Una commedia riuscita rende cento volte di più che un libro egualmente riuscito. Non c'è dunque bisogno di altri allettamenti: c'è quello sovrano della pronta cassa. • Fulchignoni dice: diamo commissione di comporre un'opera di teatro a cinque scrittori da scegliersi tra i seguenti: Alvar, Bacchelli, Brancati, Bernari, Bilenchi, Buzzati, Comisso, Gadda, Gatto, Longanesi, Maccari, Palazzeschi, Rossi, Tofanelli, Zavattini. E perchè escludere — diciamo noi — Baldini, Civinini, Malaparte, Vit¬ SS}" I torini, Piovene, Savinio, Bonsanti, Cabella, Dessi, Caldaroni, Bardi, Barrili, Angloletti e tanti altri? Ma, siamo giusti, a costoro chi ha mai vietato e chi vieta di scrivere per il teatro? Ci vuol proprio la commissione? A che serve la commissione ? Se si tratta di trovare un garante finanziario in caso di insuccesso o di mezzo fiasco, allora è meglio non farne nulla. Se l'opera vale, frutta. E come! Niente paura, dunque. Gli scrittori che sanno fare il teatro hanno grandissimo interesse a farlo. Lo facciano. Lo strano è che Fulchignoni, che vuole la commissione per gli scrittori italiani, ha poi l'aria di rimproverare a Bontcmpelli di aver scritto Cenerentola su commissione del Maggio Fiorentino. E lo stesso Fulchignoni non ha fatto rappresentare pochi mesi fa un suo lavoro scritto su commissione, un atto che, fatte le debite proporzioni, ha avuto su per giù lo stesso successo di Cenerentola'! E dunque? Non gli bastano questi due esempi lampanti a Fulchignoni per accorgersi della inutilità della sua proposta? La verità è che chi sa scrivere per il teatro, scrive. Un infortunio può capitare a chiunque, piccolo o grande che sia, scrittore e non scrittore. Ma scrivere un'opera teatrale non è la stessa cosa che scrivere un romanzo. E non c'è commissione, per quanto vistosa sia, che possa fare del più nobile degli scrittori un uomo di teatro. s. s.

Luoghi citati: Firenze, Roma