Colonne italiane all'inseguimento del nemico

Colonne italiane all'inseguimento del nemico Nella zona di Crasny Lutsc Colonne italiane all'inseguimento del nemico e a e t a i a i a e . a o e e l i (Da uno dei nostri inviati) Bacino del Donez, 25 luglio. Da dodici giorni, ormai, le colonne dell'Armata italiana marciano verso i nuovi obiettivi, lun go strade egualmente uniformi, come quelle percorse fin qui, su e giù per le identiche dune gibbose, in uno stesso paesaggio giallo di grano e verde di granoturco, listato dalle linee nere delle cimi niere e punteggiato dalle piramidi rossastre delle scorie. Solo il cielo è cambiato. Chiuso e pesante, sembra uno di quei cieli che si incontrano nei racconti di Gogol o di Oorki; un cielo di piombò che neppur i venti della steppa riescono a smuovere. La luce che ne scende è piatta e livida, non dà rilievo al paesaggio e alle cose, aumenta la monotonia. Non dar tregua al nemico Le colonne, malgrado il nemico e le sue insidie, tengono un vero ruolino di marcia; tanti chilometri al giorno, tante ore per il rancio, tante per il riposo nei punti di bivacco. Si bivacca per lo più ai margini di questi paesi dell'estrema Ucrai na, nascosti tra le piramidi di sco rie oppure sommersi tra gli alberi, rare zone d'qfiibra nella pianura assolata e calda. E dopo ogni bivacco, quando l'alba non ha ancora striato l'orizzonte, gli .uomini accendono il fuoco per il caffè, avvoltolano le tende, risai gono sugli autocarri per la nuova tappa. Dove hanno bivaccato questa notte t All'ingresso di un villag gio il cui nome, nella grafia russa, è difficile a decifrare. E' un villaggio mezzo agricolo e mezzo industriale. Le molte ciminiere gli tracciano attorno un arco nero segnato dalle massiccie torri di legno delle miniere, dai depositi e dalle case degli operai simili a caserme. A sud invece, sfociando liberamente verso i campi, si distendono le isbe dei contadini, bianche di calce, con i tetti di paglia, le persiane verdi a intarsi rossi e bianchi. Le nostre colonne ne hanno superati molti, di villaggi consimili, dove industria e agricoltura, le ?niniere e il grano si accostano e spesso si confondono in un contrasto di colori, saporito e inatteso. Ne supereranno altri ancora. Dove vanno T Oltre, per ora, oltre l'intrico delle fortificazioni campali sovietiche che rendono la marcia dura, lenta e insidiata. La mèta, il luogo di attestamento, il futuro punto di impiego, nessuno li conosce, nessuno si interessa di conoscerli. Per il momento hanno un compito: non dare tre gua al. nemico, incalzarlo, tagliarne e minacciarne la via di ritirata, cambiare, come ho già detto, questa ritirata in fuga; la fuga in rotta. Fino a ieri l'altro, il nemico ancora resisteva alle colonne nostre e alle colonne germaniche, reagì con rabbiosa violenza e con scatti belluini. Esattamente come la belva braccata da ogni parte che rovescia a destra e a sinistra in su e in giù le sue zampate furiose. Da ieri il nemico accusa una controazione reattiva. Qv Iche se gno di sbandamento inco,,lincia a manifestarsi qua e là. Tra i nuclei di resistenza non si notano quei legami, quella cooperazione che resero difficili i nostri primi giorni di marcia. oulamznbqtcdgclauctabnlosbncpcpco.sprdcctlclLpo . d ¬ e z, si à ai. o a oS. aa ao a o apo lae. a el La caccia agli sbandati Sembrano — e spesso in realtà lo sono — completamente isolali. Nostri reparti di motociclisti^ di truppe autocarrate, danno instancabilmente la caccia a questi gruppi sbandati che l'intricata zona mineraria e i numerosi boschetti nascondono con relativa /acilita. Sono battute il cui svolgimento è quasi sempre 'dentico; un assaggio del terreno sospetto a mezzo di bombe a mano e di piccoli mortai da accompagnamento da parte nostra, e una risposta rabbiosa da parte russa. Poi lo scontro, che comincia e prosegue con alternative di .silenzio e riprese improvvise di raffiche di mitragliatrici e di tiri di mortai. E i nostri che si avvicinano restringendo sempre più il cerchio di morsa, e neutralizzando con tiri incrociati tentativi di evasione, mentre i russi finiscono per perdere il controllo, sparano, sparano all'impazzata fino all'esaurimento delle munizioni. Infine un lungo si/enato, un nuovo lancio di bombe a mano a titolo di assaggio e l'apparire dei pochi superstiti, uomini sparuti dal volto macerato dalla fatica, dalla fame e dall'usura. Mentre si svolgono simili scontri, altri nostri reparti di avanguardia si spingono avanti in esplorazione. I dati da essi raccolti e comunicati al Comando sono concordi: il nemico non si ritira più, fugge. I segni della fuga sono quelli di un enorme disordine sulla strada, con carri e carrette rovesciati per le scarpate o abbandonati in mezzo afta massicciata e da per tutto una ab- cmsstcgofèsrcmnslpnpStns bondante seminagione di elmetti, fucili, maschere antigas, casse di munizioni e di viveri. E per contrasto, ponti e viadotti non distrutti, miniere non sabotate, fabbriche ferme e deserte ma con i macchinari in buono stato, come se da un momento all'altro gli operai dovessero ritornarvi dopo un giorno di riposo; e infine villaggi dove la vita continua normale, la gente ai campi, i ragazzi in mezzo alla strada, le galline che razzolano nei cortili e il bestiame che pascola nei prati. Esattamente il contrario di quanto succedeva fino a ieri l'altro, fino a ieri; distruzioni e incendi ovunque, distruzioni metodiche razionali quasi sadiche e grandi razzie nei villaggi. Per contro nulla o quasi che particolarmente ricordi il passaggio di un esercito in ritirata; niente fucili, niente maschere antigas e tanto meno casse di munizioni abbandonate. I sovietici si portavano tutto dietro con cura meticolosa, e armi e suppellettili, e cose utili e cose inutili. Perfino i bossoli delle cartucce sparate, i nastri usati delle mitragliatrici, le cassette vuote delle granate. E primi ad essere trasportati, i documenti militari che, in mole imponente causa la colossale burocrazia sovietica, esistono presso opni unità, per piccola che essa .sta. Quando non li potevano trasportare, perchè occupavano interi autocarri, li bruciavano. Gli ordini del giorno, le carte geografiche e gli altri documenti miilitari caduti nel passato nelle mani dei tedeschi e degli alleati erano per lo più fogli di carta bruciacchiata. Paolo Zappa

Persone citate: Gogol, Paolo Zappa