La legge morale di Filippo Burzio

La legge morale U^REUGIONEMKAWT La legge morale Vedemmo in un recente aitalo(t proposito de l'opera <li E Kant sulla religione, common Ut a dal Porri) come a nostro avviso, il problema del m«Z - così arduo e angosciante, anzi insolubile per la ragione, uSiana, nell'ipo^i di un Dio buono od onnipotente -svanisca addirittura se appellasi adotti quella veduta, così vicina e conforme «Ha nostra esperienza, di un Attività (culminante, o meno, in Dio) che operi in seno a una Realtà più vasta non coincidente con essa, uè — per ora almenu — totalmonto dominata _ da essa. In questa veduta demiurgica, il male perde quel carattere di iniquo mistero elio da tanti secoli sconvolge la coscienza e tormenta la ragione : esso diventa semplicemente correlativo all'esistenza di correnti diverse e contrastanti nel mondo. Ce bi 'sogno di esemplificare un asecr zione così semplice, una realta così nota? Ecco il male, storico o umano, che possiamo, alla buo na, distinguere in iniquità uitr, riorti (o individuale) e in mmu slizia esterna (o sociale): ebbene, il primo nasce dal r^rsiste re o dal preponderare, nell'immensa maggioranza degli uomini, di impulsi e appetiti (piacére, potenza, ricchezza), per soddisfare i quali non si esita a mentire, perseguitare, uccidere ; quanto al secondo, ecco Socrate e Cristo che muoiono —■ questi giusti per eccellenza — perchè la loro sublime novità morale è- in contrasto con gl'interessi (reali, o creduti tali) di forze preesistenti: interessi politici di Pilato, o religiosi del Sinedrio, o sociali del regime ateniese. A sua volta il male ohe possiamo chiamar tuittirale (terremoti, eruzioni, alluvioni) nasce dall'interferenza di leggi e sviluppi fisici con opportunità umane, non armonizzate da __„ -tt„i li ; . , t-, una Volontà onnipotente Dov e, in tutto questo, il « problema », ìl «mistero»? Certo, farebbe pia- cere, sarebbe, meglio, che la san- tità e l'eroismo vincessero seni pre; prevalessero subito sull'ottusità e sulla cattiveria: ma questo è, se mai, il. desiderio di una Realtà migliore, e niente affatto una contraddizione, un assurdo, un mistero della Realtà esistente. Come mai Kant non ha acceduto a questa veduta, e ha insistito nel considerare, tradizionalmente, il male come un arduo problema? Concludevamo l'articolo precedente osservando come, per Kant, l'onnipotenza di Dio fosse richiesta dalla « esigenza morale » che giustizia sia fatta: nonché da quell'altra « esigenza », che anche il male si trasformi in bene, nel trionfo finale di un supposto « piano immanente e provvidenziale », sottostante al disordine o all'iniquità superficiali, senza del quale «ci sarebbe da disperare della vita e dell'universo». E' la famosa prova inorale- di Kant: La ragione ascende a Dio, non dalla considerazione dell'ordine naturale, ma da quella delle relazioni di giustizia che, nella vita sociale, si manifestano cosi illusorie (homo Uomini lupus), da non farci davvero pensare ad un giusto reggitore... non appena gli uomini cominciarono a riflettere sul giusto e sull'Ingiusto... giudicarono non essere indifferente che uno ei sia condotto rettamente o falsamente, quantunque fino alla fine ■ della sua vita egli non abbia ricevuto, almeno visibilmente, alcuna felicità per le sue virtù, nè alcun castigo per i euoì misfatti... L'uomo sentiva che non doveva esedre così, e giunse poco a poco a concepire una Causa suprema che conciliasse la natura con la legge morale, per dare una soluzione a tale irregolarità, ripugnante alla coscienza... Questa prova morale soddisfa l'animo nostro perchè, se non ha valore oggettivo nemmeno ha valore illusorio, e si presenta come un postulato della nostra ragione... Ebbene, a nostro avviso, bÌ60- ?na dir chiaramente due cose : ) non si tratta di un postulato della ragione, perchè — nella lotta fra le zone superiori e quelle inferiori dell'Essere ; fra 1 nobili impulsi dell'Attività e le bestiali resistenze dell'Inerzia — non è razionalmente « necessario » che i primi debbano vincere; 2) se anche 61 trattasse di un postulato razionale, non vorrebbe ancora dire che ad esso debba necessariamente uniformarsi la realtà esterna. E, a questo proposito, mi viene in mente (e mi sembra calzi a pennello) la risposta data, se non erro, da Fresnel, a chi gli obbiettava certe difficoltà inerenti alla teoria della luce: Za Natura non. s'impaccia delle vostre, difficoltà analitiche. Potete, cioè, benissimo non saper risolvere certe equazioni, e il fenomeno avviene lo stesso, e in modo semplice ; ossia, è la niente umana che ha torto, o che, per lo meno, è immatura. Ben più importante e fecondo che perdersi in queste logomachie, in questi logoranti sforzi per tentar d'imporre alla realtà esterna certo pretese categorie dei nostro intendimento (siano esse di*natura logica, o di natura morale) — è constatare, cioè sperimentare in noi lo slancio attivo, la sua direzione, le sue invenzioni; e sopratutto, è continuarlo : qui sì che operiamo veramente sul vivo, e costruiamo buI granito della più irrefutabile esperienza, benché siamo (e non potremmo non essere) in pieno soggettivismo! Perchè il soggettivismo dovrebbe essere « autoillusionismo », come sembra temere il Poggi, polemizzando col Pastore? Autoillusionismo, se mai, può proprio essere il vostro ; ed è anzi per questo che vi facciamo riserve. * * In questa sede di vera, e non d'illusoria, certezza, anche le due « esigenze » kantiane, a cui abbiamo ripetutamente accennato, I trovano del resto una sufficiente, se pur non integrale, soddisfazione: 1) necessità — dice Kant f— che giustizia sia fatta, che «l'iniquo non possa impunemente ^prevalere sul buouo. Ma il buo- T e i e a a e e a no opera in una sfera diversa e superiore al malvagio, l'Attività creatrice gl'illumina e. infiora la via, egli giunge a inebrianti in tuizioni ed a gioie supreme a cui l'iniquo non perverrà mai, rice vendo così il suo premio nel cor so stesso della 6iia azione, secon do quella che è la maggiore no vita e scoperta demiurgica (per quel tanto che vi può essere di nuovo sotto il sole) : la felicità ìnsita nell'attività buona, quan do questa sia demiurgicamente praticata ed intesa, con distacco e con magicità. 2) E quanto alla, seconda ir esigenza » kantiana: necessità che anche il male si converta in bene, nel sicuro trionfo del n piano immanente e provvidenziale della natura e della storia questo ci sembra veramente che sia pretendere troppo: so il trionfo è sicuro, perchè garantito dall'onnipotenza divina, allóra non c'è più merito, e forse nemmeno più scopo ! No, no: in questa nostra collaborazione con l'Attività, nella grande, e sotto tanti aspetti misteriosa lotta per la redenzione e sublimazione del Cosmo, tutto quel che si può da noi sostenere non è la presuntuosa affermazio- tmapbinDramtrna rlì imo .. " " "1" I\v"ila.^.V^ll**'. b,e.nsi [qtimida manifestazione di una «speranza»; quella speranza così nobilmente espressa dal Boutroux (e non a. caso cito qui un insigne conoscitore di Kant, che è caro anche al Poggi): La natura visibile è, universalmente, dissociazione, dispersione, degradazione, distruzione... Ora, è *°precisamente contro questa « log-1 '"ge di natura» che protesta la ra-[augione umana... essa medita, fra ! '»tanti elementi che sembrano di-le sparati, l'introduzione di un'armo-\denia... La realizzazione di un tal i fipvi trlozil'Inenune, è possibile? Bisogna riconoscere ch'esso oltrepassa il piano della natura: ma già la vita ci offre l'abbozzo di una sintesi armoniosa, e relativamente persistente, di sostanze e di proprietà... Per analogia con la vita, noi possiamo concepire un Essere in cui tutto ciò che è « positivo », tutto ciò che costituisce una forma possibile di esistenza e di perfezione si unirebbe e sussisterebbe... Se questa idea, che supera l'esperien- iza, non s'impone meccanicamente L„'0 gpirlt0| ^ è 0 M8ai con. forme alla ragione umana... L'es sere che rappresenta questa idea è quello che le religioni chiamano Dio... Così, dunque, anche la prova kantiana, la «prova morale» dell'esistenza di un Dio onnipotente —• legata alla soluzione del preteso « problema del male » — ci è apparsa debolmente fondata; e noi abbiamo creduto nostro dovere di dirlo. Dovere di sincerità, ma insieme anche speranza di far del bene, in un momento critico della storia umana. A che scopo, infatti, assumemmo, nel corso di tutti questi nostri scritti «teologici», un atteggiamento he ci ha valso incomprensioni e lastlaratrrataLComsidagunipele ninostmcobastè teranerodoseblprimproveri, quasi che avessimo £ocommesso una cattiva azione; e inquando nessuno, per la \crità, cilstobbligava a dire la nostra su|scquesto argomento? E' stato for-l se per il gusto gratuito (che sarebbe sadico, e diciamo pure satanico) di sminuire l'Essere supremo, negandogli qualcuno degli attributi a lui conferiti dalla pietà tradizionale ; e così scoraggiare e rattristare gli uomini, insidiati in una loro fede consolatrice? Sarebbe altrettanto stupido e iniquo, da parte nostra, averlo fatto, quanto, da parte altrui, sospettarlo. No, a parte sempre il dovere della sincerità, il motivo che ci ha mossi è stato diverso, e in certo modo anzi opposto: non sussiste il pericolo di privare gli uomini della fede tradizionale, perchè questa fede essi l'hanno, nella loro grande maggioranza, perduta. E fu proprio l'insostenibilità di dogmatismi che volevano troppo provare, creando troppe contraddizioni ed assurdi (quali il problema del male), a provocar quell'ondata di ateismo.e di materialismo, dilagante nel mondo contemporaneo in proporzioni forse mai viste finora, e in strati sociali finora mai intaccati ; quell'ondata, che minaccia di trasformare la terra in un inferno. Alleggerite il fardello, buttate zavorra, se vorrete riprendere quota.' Non dichiarate « necessario » quello che è solo « possibile » ; accontentatevi di dare dele speranze serie, anziché delle certezze illusorie: se no l'uomo radantifugtrptepddintusgdemdatnpamo segcotogsovfocodntouarocmPcmbbgungquando si accorge che queste so-\p' irli- • * .I>no mal fondate, si scoraggia e si ribella ; ed è peggio. Per cercare Iddio si possono seguir varie vie, ad es. la via mistica, o la via della rivelazione: noi abbiamo discusso qui una delle vie razionali più illustri, la via kantiana. Su questa via razionale, e in confronto all'abisso del determinismo materialistico, da cui stiamo legittimamente uscendo. la certezza di una libera Attività creatrice operante nel mondo, la speranza di un Dio, sia puro non onnipotente — speranza e certezza oggi « razionalmente » concesse al pensiero contemporaneo — rappresentano già uri immenso e consolante progresso: A noi, oggi, lo spettacolo così del mondo storico come dell'universo fisico (coi loro «disordini», come li chiama Kant) ispira irresistibilmente l'idea di una potenza non illimitata dell'Attività creatrice; e per di più questa idea presenta il vantaggio di eliminare una quantità di difficoltà, di contraddizioni, di assurdi: sarà possibile, domani, procederò oltre, verso una più positiva concezione del divino? Sì, ciò è tutt'altro che escluso, perchè la mente umana è limitata, e non ha certo dato fondo fin d'ora a un universo che è misterioso: ma, se ciò avverrà, sarà probabilmente tenendo conto delle nuove acquisizioni, delle nuove esperienze, dei nuovi bisogni. Filippo Burzio dddgd La legge morale U^REUGIONEMKAWT La legge morale Vedemmo in un recente aitalo(t proposito de l'opera <li E Kant sulla religione, common Ut a dal Porri) come a nostro avviso, il problema del m«Z - così arduo e angosciante, anzi insolubile per la ragione, uSiana, nell'ipo^i di un Dio buono od onnipotente -svanisca addirittura se appellasi adotti quella veduta, così vicina e conforme «Ha nostra esperienza, di un Attività (culminante, o meno, in Dio) che operi in seno a una Realtà più vasta non coincidente con essa, uè — per ora almenu — totalmonto dominata _ da essa. In questa veduta demiurgica, il male perde quel carattere di iniquo mistero elio da tanti secoli sconvolge la coscienza e tormenta la ragione : esso diventa semplicemente correlativo all'esistenza di correnti diverse e contrastanti nel mondo. Ce bi 'sogno di esemplificare un asecr zione così semplice, una realta così nota? Ecco il male, storico o umano, che possiamo, alla buo na, distinguere in iniquità uitr, riorti (o individuale) e in mmu slizia esterna (o sociale): ebbene, il primo nasce dal r^rsiste re o dal preponderare, nell'immensa maggioranza degli uomini, di impulsi e appetiti (piacére, potenza, ricchezza), per soddisfare i quali non si esita a mentire, perseguitare, uccidere ; quanto al secondo, ecco Socrate e Cristo che muoiono —■ questi giusti per eccellenza — perchè la loro sublime novità morale è- in contrasto con gl'interessi (reali, o creduti tali) di forze preesistenti: interessi politici di Pilato, o religiosi del Sinedrio, o sociali del regime ateniese. A sua volta il male ohe possiamo chiamar tuittirale (terremoti, eruzioni, alluvioni) nasce dall'interferenza di leggi e sviluppi fisici con opportunità umane, non armonizzate da __„ -tt„i li ; . , t-, una Volontà onnipotente Dov e, in tutto questo, il « problema », ìl «mistero»? Certo, farebbe pia- cere, sarebbe, meglio, che la san- tità e l'eroismo vincessero seni pre; prevalessero subito sull'ottusità e sulla cattiveria: ma questo è, se mai, il. desiderio di una Realtà migliore, e niente affatto una contraddizione, un assurdo, un mistero della Realtà esistente. Come mai Kant non ha acceduto a questa veduta, e ha insistito nel considerare, tradizionalmente, il male come un arduo problema? Concludevamo l'articolo precedente osservando come, per Kant, l'onnipotenza di Dio fosse richiesta dalla « esigenza morale » che giustizia sia fatta: nonché da quell'altra « esigenza », che anche il male si trasformi in bene, nel trionfo finale di un supposto « piano immanente e provvidenziale », sottostante al disordine o all'iniquità superficiali, senza del quale «ci sarebbe da disperare della vita e dell'universo». E' la famosa prova inorale- di Kant: La ragione ascende a Dio, non dalla considerazione dell'ordine naturale, ma da quella delle relazioni di giustizia che, nella vita sociale, si manifestano cosi illusorie (homo Uomini lupus), da non farci davvero pensare ad un giusto reggitore... non appena gli uomini cominciarono a riflettere sul giusto e sull'Ingiusto... giudicarono non essere indifferente che uno ei sia condotto rettamente o falsamente, quantunque fino alla fine ■ della sua vita egli non abbia ricevuto, almeno visibilmente, alcuna felicità per le sue virtù, nè alcun castigo per i euoì misfatti... L'uomo sentiva che non doveva esedre così, e giunse poco a poco a concepire una Causa suprema che conciliasse la natura con la legge morale, per dare una soluzione a tale irregolarità, ripugnante alla coscienza... Questa prova morale soddisfa l'animo nostro perchè, se non ha valore oggettivo nemmeno ha valore illusorio, e si presenta come un postulato della nostra ragione... Ebbene, a nostro avviso, bÌ60- ?na dir chiaramente due cose : ) non si tratta di un postulato della ragione, perchè — nella lotta fra le zone superiori e quelle inferiori dell'Essere ; fra 1 nobili impulsi dell'Attività e le bestiali resistenze dell'Inerzia — non è razionalmente « necessario » che i primi debbano vincere; 2) se anche 61 trattasse di un postulato razionale, non vorrebbe ancora dire che ad esso debba necessariamente uniformarsi la realtà esterna. E, a questo proposito, mi viene in mente (e mi sembra calzi a pennello) la risposta data, se non erro, da Fresnel, a chi gli obbiettava certe difficoltà inerenti alla teoria della luce: Za Natura non. s'impaccia delle vostre, difficoltà analitiche. Potete, cioè, benissimo non saper risolvere certe equazioni, e il fenomeno avviene lo stesso, e in modo semplice ; ossia, è la niente umana che ha torto, o che, per lo meno, è immatura. Ben più importante e fecondo che perdersi in queste logomachie, in questi logoranti sforzi per tentar d'imporre alla realtà esterna certo pretese categorie dei nostro intendimento (siano esse di*natura logica, o di natura morale) — è constatare, cioè sperimentare in noi lo slancio attivo, la sua direzione, le sue invenzioni; e sopratutto, è continuarlo : qui sì che operiamo veramente sul vivo, e costruiamo buI granito della più irrefutabile esperienza, benché siamo (e non potremmo non essere) in pieno soggettivismo! Perchè il soggettivismo dovrebbe essere « autoillusionismo », come sembra temere il Poggi, polemizzando col Pastore? Autoillusionismo, se mai, può proprio essere il vostro ; ed è anzi per questo che vi facciamo riserve. * * In questa sede di vera, e non d'illusoria, certezza, anche le due « esigenze » kantiane, a cui abbiamo ripetutamente accennato, I trovano del resto una sufficiente, se pur non integrale, soddisfazione: 1) necessità — dice Kant f— che giustizia sia fatta, che «l'iniquo non possa impunemente ^prevalere sul buouo. Ma il buo- T e i e a a e e a no opera in una sfera diversa e superiore al malvagio, l'Attività creatrice gl'illumina e. infiora la via, egli giunge a inebrianti in tuizioni ed a gioie supreme a cui l'iniquo non perverrà mai, rice vendo così il suo premio nel cor so stesso della 6iia azione, secon do quella che è la maggiore no vita e scoperta demiurgica (per quel tanto che vi può essere di nuovo sotto il sole) : la felicità ìnsita nell'attività buona, quan do questa sia demiurgicamente praticata ed intesa, con distacco e con magicità. 2) E quanto alla, seconda ir esigenza » kantiana: necessità che anche il male si converta in bene, nel sicuro trionfo del n piano immanente e provvidenziale della natura e della storia questo ci sembra veramente che sia pretendere troppo: so il trionfo è sicuro, perchè garantito dall'onnipotenza divina, allóra non c'è più merito, e forse nemmeno più scopo ! No, no: in questa nostra collaborazione con l'Attività, nella grande, e sotto tanti aspetti misteriosa lotta per la redenzione e sublimazione del Cosmo, tutto quel che si può da noi sostenere non è la presuntuosa affermazio- tmapbinDramtrna rlì imo .. " " "1" I\v"ila.^.V^ll**'. b,e.nsi [qtimida manifestazione di una «speranza»; quella speranza così nobilmente espressa dal Boutroux (e non a. caso cito qui un insigne conoscitore di Kant, che è caro anche al Poggi): La natura visibile è, universalmente, dissociazione, dispersione, degradazione, distruzione... Ora, è *°precisamente contro questa « log-1 '"ge di natura» che protesta la ra-[augione umana... essa medita, fra ! '»tanti elementi che sembrano di-le sparati, l'introduzione di un'armo-\denia... La realizzazione di un tal i fipvi trlozil'Inenune, è possibile? Bisogna riconoscere ch'esso oltrepassa il piano della natura: ma già la vita ci offre l'abbozzo di una sintesi armoniosa, e relativamente persistente, di sostanze e di proprietà... Per analogia con la vita, noi possiamo concepire un Essere in cui tutto ciò che è « positivo », tutto ciò che costituisce una forma possibile di esistenza e di perfezione si unirebbe e sussisterebbe... Se questa idea, che supera l'esperien- iza, non s'impone meccanicamente L„'0 gpirlt0| ^ è 0 M8ai con. forme alla ragione umana... L'es sere che rappresenta questa idea è quello che le religioni chiamano Dio... Così, dunque, anche la prova kantiana, la «prova morale» dell'esistenza di un Dio onnipotente —• legata alla soluzione del preteso « problema del male » — ci è apparsa debolmente fondata; e noi abbiamo creduto nostro dovere di dirlo. Dovere di sincerità, ma insieme anche speranza di far del bene, in un momento critico della storia umana. A che scopo, infatti, assumemmo, nel corso di tutti questi nostri scritti «teologici», un atteggiamento he ci ha valso incomprensioni e lastlaratrrataLComsidagunipele ninostmcobastè teranerodoseblprimproveri, quasi che avessimo £ocommesso una cattiva azione; e inquando nessuno, per la \crità, cilstobbligava a dire la nostra su|scquesto argomento? E' stato for-l se per il gusto gratuito (che sarebbe sadico, e diciamo pure satanico) di sminuire l'Essere supremo, negandogli qualcuno degli attributi a lui conferiti dalla pietà tradizionale ; e così scoraggiare e rattristare gli uomini, insidiati in una loro fede consolatrice? Sarebbe altrettanto stupido e iniquo, da parte nostra, averlo fatto, quanto, da parte altrui, sospettarlo. No, a parte sempre il dovere della sincerità, il motivo che ci ha mossi è stato diverso, e in certo modo anzi opposto: non sussiste il pericolo di privare gli uomini della fede tradizionale, perchè questa fede essi l'hanno, nella loro grande maggioranza, perduta. E fu proprio l'insostenibilità di dogmatismi che volevano troppo provare, creando troppe contraddizioni ed assurdi (quali il problema del male), a provocar quell'ondata di ateismo.e di materialismo, dilagante nel mondo contemporaneo in proporzioni forse mai viste finora, e in strati sociali finora mai intaccati ; quell'ondata, che minaccia di trasformare la terra in un inferno. Alleggerite il fardello, buttate zavorra, se vorrete riprendere quota.' Non dichiarate « necessario » quello che è solo « possibile » ; accontentatevi di dare dele speranze serie, anziché delle certezze illusorie: se no l'uomo radantifugtrptepddintusgdemdatnpamo segcotogsovfocodntouarocmPcmbbgungquando si accorge che queste so-\p' irli- • * .I>no mal fondate, si scoraggia e si ribella ; ed è peggio. Per cercare Iddio si possono seguir varie vie, ad es. la via mistica, o la via della rivelazione: noi abbiamo discusso qui una delle vie razionali più illustri, la via kantiana. Su questa via razionale, e in confronto all'abisso del determinismo materialistico, da cui stiamo legittimamente uscendo. la certezza di una libera Attività creatrice operante nel mondo, la speranza di un Dio, sia puro non onnipotente — speranza e certezza oggi « razionalmente » concesse al pensiero contemporaneo — rappresentano già uri immenso e consolante progresso: A noi, oggi, lo spettacolo così del mondo storico come dell'universo fisico (coi loro «disordini», come li chiama Kant) ispira irresistibilmente l'idea di una potenza non illimitata dell'Attività creatrice; e per di più questa idea presenta il vantaggio di eliminare una quantità di difficoltà, di contraddizioni, di assurdi: sarà possibile, domani, procederò oltre, verso una più positiva concezione del divino? Sì, ciò è tutt'altro che escluso, perchè la mente umana è limitata, e non ha certo dato fondo fin d'ora a un universo che è misterioso: ma, se ciò avverrà, sarà probabilmente tenendo conto delle nuove acquisizioni, delle nuove esperienze, dei nuovi bisogni. Filippo Burzio dddgd La legge morale U^REUGIONEMKAWT La legge morale Vedemmo in un recente aitalo(t proposito de l'opera <li E Kant sulla religione, common Ut a dal Porri) come a nostro avviso, il problema del m«Z - così arduo e angosciante, anzi insolubile per la ragione, uSiana, nell'ipo^i di un Dio buono od onnipotente -svanisca addirittura se appellasi adotti quella veduta, così vicina e conforme «Ha nostra esperienza, di un Attività (culminante, o meno, in Dio) che operi in seno a una Realtà più vasta non coincidente con essa, uè — per ora almenu — totalmonto dominata _ da essa. In questa veduta demiurgica, il male perde quel carattere di iniquo mistero elio da tanti secoli sconvolge la coscienza e tormenta la ragione : esso diventa semplicemente correlativo all'esistenza di correnti diverse e contrastanti nel mondo. Ce bi 'sogno di esemplificare un asecr zione così semplice, una realta così nota? Ecco il male, storico o umano, che possiamo, alla buo na, distinguere in iniquità uitr, riorti (o individuale) e in mmu slizia esterna (o sociale): ebbene, il primo nasce dal r^rsiste re o dal preponderare, nell'immensa maggioranza degli uomini, di impulsi e appetiti (piacére, potenza, ricchezza), per soddisfare i quali non si esita a mentire, perseguitare, uccidere ; quanto al secondo, ecco Socrate e Cristo che muoiono —■ questi giusti per eccellenza — perchè la loro sublime novità morale è- in contrasto con gl'interessi (reali, o creduti tali) di forze preesistenti: interessi politici di Pilato, o religiosi del Sinedrio, o sociali del regime ateniese. A sua volta il male ohe possiamo chiamar tuittirale (terremoti, eruzioni, alluvioni) nasce dall'interferenza di leggi e sviluppi fisici con opportunità umane, non armonizzate da __„ -tt„i li ; . , t-, una Volontà onnipotente Dov e, in tutto questo, il « problema », ìl «mistero»? Certo, farebbe pia- cere, sarebbe, meglio, che la san- tità e l'eroismo vincessero seni pre; prevalessero subito sull'ottusità e sulla cattiveria: ma questo è, se mai, il. desiderio di una Realtà migliore, e niente affatto una contraddizione, un assurdo, un mistero della Realtà esistente. Come mai Kant non ha acceduto a questa veduta, e ha insistito nel considerare, tradizionalmente, il male come un arduo problema? Concludevamo l'articolo precedente osservando come, per Kant, l'onnipotenza di Dio fosse richiesta dalla « esigenza morale » che giustizia sia fatta: nonché da quell'altra « esigenza », che anche il male si trasformi in bene, nel trionfo finale di un supposto « piano immanente e provvidenziale », sottostante al disordine o all'iniquità superficiali, senza del quale «ci sarebbe da disperare della vita e dell'universo». E' la famosa prova inorale- di Kant: La ragione ascende a Dio, non dalla considerazione dell'ordine naturale, ma da quella delle relazioni di giustizia che, nella vita sociale, si manifestano cosi illusorie (homo Uomini lupus), da non farci davvero pensare ad un giusto reggitore... non appena gli uomini cominciarono a riflettere sul giusto e sull'Ingiusto... giudicarono non essere indifferente che uno ei sia condotto rettamente o falsamente, quantunque fino alla fine ■ della sua vita egli non abbia ricevuto, almeno visibilmente, alcuna felicità per le sue virtù, nè alcun castigo per i euoì misfatti... L'uomo sentiva che non doveva esedre così, e giunse poco a poco a concepire una Causa suprema che conciliasse la natura con la legge morale, per dare una soluzione a tale irregolarità, ripugnante alla coscienza... Questa prova morale soddisfa l'animo nostro perchè, se non ha valore oggettivo nemmeno ha valore illusorio, e si presenta come un postulato della nostra ragione... Ebbene, a nostro avviso, bÌ60- ?na dir chiaramente due cose : ) non si tratta di un postulato della ragione, perchè — nella lotta fra le zone superiori e quelle inferiori dell'Essere ; fra 1 nobili impulsi dell'Attività e le bestiali resistenze dell'Inerzia — non è razionalmente « necessario » che i primi debbano vincere; 2) se anche 61 trattasse di un postulato razionale, non vorrebbe ancora dire che ad esso debba necessariamente uniformarsi la realtà esterna. E, a questo proposito, mi viene in mente (e mi sembra calzi a pennello) la risposta data, se non erro, da Fresnel, a chi gli obbiettava certe difficoltà inerenti alla teoria della luce: Za Natura non. s'impaccia delle vostre, difficoltà analitiche. Potete, cioè, benissimo non saper risolvere certe equazioni, e il fenomeno avviene lo stesso, e in modo semplice ; ossia, è la niente umana che ha torto, o che, per lo meno, è immatura. Ben più importante e fecondo che perdersi in queste logomachie, in questi logoranti sforzi per tentar d'imporre alla realtà esterna certo pretese categorie dei nostro intendimento (siano esse di*natura logica, o di natura morale) — è constatare, cioè sperimentare in noi lo slancio attivo, la sua direzione, le sue invenzioni; e sopratutto, è continuarlo : qui sì che operiamo veramente sul vivo, e costruiamo buI granito della più irrefutabile esperienza, benché siamo (e non potremmo non essere) in pieno soggettivismo! Perchè il soggettivismo dovrebbe essere « autoillusionismo », come sembra temere il Poggi, polemizzando col Pastore? Autoillusionismo, se mai, può proprio essere il vostro ; ed è anzi per questo che vi facciamo riserve. * * In questa sede di vera, e non d'illusoria, certezza, anche le due « esigenze » kantiane, a cui abbiamo ripetutamente accennato, I trovano del resto una sufficiente, se pur non integrale, soddisfazione: 1) necessità — dice Kant f— che giustizia sia fatta, che «l'iniquo non possa impunemente ^prevalere sul buouo. Ma il buo- T e i e a a e e a no opera in una sfera diversa e superiore al malvagio, l'Attività creatrice gl'illumina e. infiora la via, egli giunge a inebrianti in tuizioni ed a gioie supreme a cui l'iniquo non perverrà mai, rice vendo così il suo premio nel cor so stesso della 6iia azione, secon do quella che è la maggiore no vita e scoperta demiurgica (per quel tanto che vi può essere di nuovo sotto il sole) : la felicità ìnsita nell'attività buona, quan do questa sia demiurgicamente praticata ed intesa, con distacco e con magicità. 2) E quanto alla, seconda ir esigenza » kantiana: necessità che anche il male si converta in bene, nel sicuro trionfo del n piano immanente e provvidenziale della natura e della storia questo ci sembra veramente che sia pretendere troppo: so il trionfo è sicuro, perchè garantito dall'onnipotenza divina, allóra non c'è più merito, e forse nemmeno più scopo ! No, no: in questa nostra collaborazione con l'Attività, nella grande, e sotto tanti aspetti misteriosa lotta per la redenzione e sublimazione del Cosmo, tutto quel che si può da noi sostenere non è la presuntuosa affermazio- tmapbinDramtrna rlì imo .. " " "1" I\v"ila.^.V^ll**'. b,e.nsi [qtimida manifestazione di una «speranza»; quella speranza così nobilmente espressa dal Boutroux (e non a. caso cito qui un insigne conoscitore di Kant, che è caro anche al Poggi): La natura visibile è, universalmente, dissociazione, dispersione, degradazione, distruzione... Ora, è *°precisamente contro questa « log-1 '"ge di natura» che protesta la ra-[augione umana... essa medita, fra ! '»tanti elementi che sembrano di-le sparati, l'introduzione di un'armo-\denia... La realizzazione di un tal i fipvi trlozil'Inenune, è possibile? Bisogna riconoscere ch'esso oltrepassa il piano della natura: ma già la vita ci offre l'abbozzo di una sintesi armoniosa, e relativamente persistente, di sostanze e di proprietà... Per analogia con la vita, noi possiamo concepire un Essere in cui tutto ciò che è « positivo », tutto ciò che costituisce una forma possibile di esistenza e di perfezione si unirebbe e sussisterebbe... Se questa idea, che supera l'esperien- iza, non s'impone meccanicamente L„'0 gpirlt0| ^ è 0 M8ai con. forme alla ragione umana... L'es sere che rappresenta questa idea è quello che le religioni chiamano Dio... Così, dunque, anche la prova kantiana, la «prova morale» dell'esistenza di un Dio onnipotente —• legata alla soluzione del preteso « problema del male » — ci è apparsa debolmente fondata; e noi abbiamo creduto nostro dovere di dirlo. Dovere di sincerità, ma insieme anche speranza di far del bene, in un momento critico della storia umana. A che scopo, infatti, assumemmo, nel corso di tutti questi nostri scritti «teologici», un atteggiamento he ci ha valso incomprensioni e lastlaratrrataLComsidagunipele ninostmcobastè teranerodoseblprimproveri, quasi che avessimo £ocommesso una cattiva azione; e inquando nessuno, per la \crità, cilstobbligava a dire la nostra su|scquesto argomento? E' stato for-l se per il gusto gratuito (che sarebbe sadico, e diciamo pure satanico) di sminuire l'Essere supremo, negandogli qualcuno degli attributi a lui conferiti dalla pietà tradizionale ; e così scoraggiare e rattristare gli uomini, insidiati in una loro fede consolatrice? Sarebbe altrettanto stupido e iniquo, da parte nostra, averlo fatto, quanto, da parte altrui, sospettarlo. No, a parte sempre il dovere della sincerità, il motivo che ci ha mossi è stato diverso, e in certo modo anzi opposto: non sussiste il pericolo di privare gli uomini della fede tradizionale, perchè questa fede essi l'hanno, nella loro grande maggioranza, perduta. E fu proprio l'insostenibilità di dogmatismi che volevano troppo provare, creando troppe contraddizioni ed assurdi (quali il problema del male), a provocar quell'ondata di ateismo.e di materialismo, dilagante nel mondo contemporaneo in proporzioni forse mai viste finora, e in strati sociali finora mai intaccati ; quell'ondata, che minaccia di trasformare la terra in un inferno. Alleggerite il fardello, buttate zavorra, se vorrete riprendere quota.' Non dichiarate « necessario » quello che è solo « possibile » ; accontentatevi di dare dele speranze serie, anziché delle certezze illusorie: se no l'uomo radantifugtrptepddintusgdemdatnpamo segcotogsovfocodntouarocmPcmbbgungquando si accorge che queste so-\p' irli- • * .I>no mal fondate, si scoraggia e si ribella ; ed è peggio. Per cercare Iddio si possono seguir varie vie, ad es. la via mistica, o la via della rivelazione: noi abbiamo discusso qui una delle vie razionali più illustri, la via kantiana. Su questa via razionale, e in confronto all'abisso del determinismo materialistico, da cui stiamo legittimamente uscendo. la certezza di una libera Attività creatrice operante nel mondo, la speranza di un Dio, sia puro non onnipotente — speranza e certezza oggi « razionalmente » concesse al pensiero contemporaneo — rappresentano già uri immenso e consolante progresso: A noi, oggi, lo spettacolo così del mondo storico come dell'universo fisico (coi loro «disordini», come li chiama Kant) ispira irresistibilmente l'idea di una potenza non illimitata dell'Attività creatrice; e per di più questa idea presenta il vantaggio di eliminare una quantità di difficoltà, di contraddizioni, di assurdi: sarà possibile, domani, procederò oltre, verso una più positiva concezione del divino? Sì, ciò è tutt'altro che escluso, perchè la mente umana è limitata, e non ha certo dato fondo fin d'ora a un universo che è misterioso: ma, se ciò avverrà, sarà probabilmente tenendo conto delle nuove acquisizioni, delle nuove esperienze, dei nuovi bisogni. Filippo Burzio dddgd

Persone citate: Kant, Pastore, Porri, Socrate